Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



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03 giugno 2012

achieve the Islamic conquest (fath) of Egypt for the second time, and make all Christians convert to Islam, or else pay the jizya,


Il candidato presidenziale dei Fratelli Musulmani ha dichiarato che “completerà la conquista islamica dell'Egitto, per la seconda volta, e obbligherà tutti i cristiani a convertirsi all'islam, o a pagare la jizya”, o a emigrare.

 Secondo il popolare sito egiziano El Bashayer, Muhammad Morsi, il candidato presidenziale dei Fratelli Musulmani ha dichiarato che “completerà la conquista islamica dell’Egitto, per la seconda volta, e obbligherà tutti i cristiani a convertirsi all’islam, o a pagare la jizya”, la tassa che in base all’islam devono pagare i fedeli delle altre fedi, cristiani ed ebrei, i cosiddetti “dhimmi”. In Egitto molti dei cristiani copti (18 milioni, secondo le cifre della Chiesa copta, una dozzina di milioni secondo altre fonti) che costituiscono il popolo originario del Paese (copto significa egiziano in greco) hanno votato al primo turno delle presidenziali per l’avversario di Morsi, Ahmed Shafiq.
Su di loro Morsi ha detto: “Devono sapere che la conquista sta arrivando, e l’Egitto sarà islamico, e che dovranno pagare la jizya o emigrare”. 

 According to the popular Egyptian website, El Bashayer, Muhammad Morsi, the Muslim Brotherhood presidential candidate, just declared that he will "achieve the Islamic conquest (fath) of Egypt for the second time, and make all Christians convert to Islam, or else pay the jizya," the traditional Islamic tax, or financial tribute, required of non-Muslim "dhimmis." In Egypt many of the Coptic Christians (18 millions, according to the Coptic Church, some 12 millions according to other sources) which constitute the original people of the country (Coptic means Egyptian in Greek) at the first round of the presidential elections voted for Morsi’s opponent, Ahmed Shafiq. About them Morsi said: "They need to know that conquest is coming, and Egypt will be Islamic, and that they must pay jizya or emigrate." 



Tutti quelli che stoltmente hanno gioito nel veder cadere Mubarak, dittatore cattivo, si rendono ora conto di cosa hanno festeggiato? Di cosa è stato scatenato?
 
No perchè sta succedendo lo stesso in Libia, ed è successo lo stesso in Iran dopo la caduta dell'Impero Persiano.
E succederà lo stesso in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe.

Qualcuno alzerà un dito per difendere 18milioni di egiziani?
Quando la smetteremo di credere nella favola scritta col sangue non nostro che tutte le religioni in fondo sono uguali, che l'Islam dopotutto va bene, è solo un modo di chiamare Dio diversamente.

Non potrà essere solo un caso, no, se dovunque salgano partiti Islamici al governo le libertà di tutti gli altri vengono pesantemente limitate ?
Se ne renderà conto qualcuno?

L'Islam ha una certa impostazione, politica e religione sono indissolubilmente legate.
È la sua natura, basta fare spallucce.




Ah, ma i Mussulmani sono sempre stati tolleranti e aperti a tutte le religioni...


Trovatemi oggi un'altra persona che minaccia in questo modo 18.000.000 di persone e ha anche i poteri per attuare le sue minacce. Ahmadinejad escluso.
(Ah, Ahmadinejad... cosa mai avranno in comune Ahmadinejad e Morsi? Ma tu guarda... ma tu guarda... )

Chi altri?

09 maggio 2012

Il loro paese.

Choc in Gran Bretagna: 9 uomini condannati per lo stupro di oltre 600 ragazzine

Le vittime prelevate nelle case di accoglienza da una rete di stupratori, drogate e violentate. Due sono morte



MILANO - Centinaia di ragazzine, 631 per l'esattezza, sono state sistematicamente violentate in Inghilterra nel corso degli ultimi cinque anni da una rete organizzata di uomini che le prelevava dalle case di accoglienza per minori. Lo scrive oggi il Times che svela una dimensione molto più grave delle violenze sessuali perpetrate dal gruppo di nove uomini di origine pakistane che martedì sono stati giudicati colpevoli da una corte di Liverpool. Le case di accoglienza per minori, che danno ospitalità a 1800 ragazze, hanno registrato - scrive il Times - 631 casi di adolescenti tra i 12 e i 16 anni "usate" per fare sesso, di cui 187 solo negli ultimi dieci mesi. UN DRAMMA CHE SI POTEVA EVITARE - Una notizia che ha sconvolto l'Inghilterra. E non solo. Secondo il Times, due di queste ragazzine provenienti dai centri di Manchester e Rochdale sarebbero morte a seguito degli abusi sessuali. Le ragazzine venivano prelevate dai centri, drogate o ubriacate e poi trasportate in giro in appartamenti, locali, pub e taxi di Greater Manchester, Lancashire e West Yorkshire (nord dell'Inghilterra). Una delle vittime ha raccontato che «gli uomini si passavano le ragazze come una palla». Secondo l'accusa, a volte le ragazzine sarebbero state costrette ad avere sesso con più uomini in uno stesso giorno. In un caso, una ragazzina di 15 anni è stata costretta a stare in un solo giorno con 60 uomini di origini asiatiche. Le vittime venivano adescate con la scusa di portarle fuori per una pizza o un kebab. Questo dramma avrebbe potuto essere «limitato» e fermato anni fa, se fosse stato dato seguito a una prima denuncia nel 2008 di un responsabile dei servizi di assistenza sociale che aveva parlato di «prove evidenti di sfruttamento sessuale organizzato nelle case di accoglienza per ragazze minori».
LE TESTIMONI NON CREDUTE - Nello stesso periodo la testimonianza di una ragazzina 15enne, che aveva denunciato di essere stata violentata da decine di uomini era stata considerata poco attendibile dalla polizia. Per il processo presso il tribunale di Liverpool la polizia ha interrogato 56 uomini e ne ha arrestati 26. I nove uomini giudicati colpevoli - Adil Khan, Mohammed Amin, Abdul Rauf, Mohammed Sajid. Abdul Aziz, Abdul Qayyum, Hamid Safi and Kabeer Hassanieri - hanno tra i 22 e i 59 anni, otto sono britannici di origine pakistana, un altro è un richiedente asilo afghano. Alcuni di loro si sono difesi dicendo che nel loro paese: «è legale fare sesso con ragazzine minorenni»*¹. La polizia di Manchester, la procura e i servizi sociali di Rochdale hanno presentato le loro scuse ieri per tutti gli errori che hanno «portato dei bambini a finire nelle mani dei violentatori».


 *¹ Ed è legale anche se le minorenni non sono consenzienti. E siamo sul limite della pedofilia.

A parte l'incredibile numero di violenze effettuate prima che qualcuno se ne accorgesse... 
Ma la loro difesa...

Otto sono cittadini britannici, uno afghano. Alcuni di loro, quindi più di uno, quindi per forza almeno uno dei cittadini britannici, dicono che nel loro paese, che è il Regno Unito, «è legale fare sesso con ragazzine minorenni».
Ora, non sono un giurista inglese, quindi potrei sbagliarmi, ma sono abbastanza sicuro che nel loro paese, il Regno Unito,  «fare sesso con ragazzine minorenni» non sia legale.
Tanto che li hanno arrestati, nel loro paese, il Regno Unito.
Qualcosa non quadra.
Che si siano sbagliati sulle leggi del loro paese, il Regno Unito?
Che errore pacchiano, dai, va bene, la legge non ammette ignoranza, ma dai, poverini, credevano fosse legale nel loro paese, che è il Regno Unito. Io  propongo una deroga, si sono confusi, sono appena tornati... Se avessero saputo che nel loro paese, che è il Regno Unito, è un crimine violentare le adolescenti, sono sicuro non lo avrebbero mai fatto.

Oppure, altra possibile interpretazione, che non si siano sbagliati sulla legge del loro paese, che è il Regno Unito, e siamo noi ad aver sbagliato paese?
Ma sono cittadini britannici, nati e cresciuti in Inghilterra, cribbio, dev'essere quello il loro paese.
Eppure a quanto pare non si sentono affatto britannici, perchè altrimenti nel loro paese sarebbe illegale violentare una adolescente.
Se nel loro paese «è legale fare sesso con ragazzine minorenni», significa solo che il loro paese NON è il Regno Unito.
Nonostante ci siano nati, cresciuti, ci lavorino, ci siano andati a scuola*², si siano sposati*³, ne parlino la lingua, etc...
E sono loro stessi ad affermarlo, non il leghista di turno.




Come diceva Napolitano? Ius Soli?
Certo, certo, Ius Soli...

*² *³ In realtà è possibilissimo che siano andati ad una scuola coranica e che la moglie sia arrivata impacchettata, magari minorenne, dal loro paese.


Ma già lo disse Cameron, anche se forse è tardi.
Ad esempio.




Che persone simpatiche. Dei veri giovialoni!

30 aprile 2012

L'Egitto fa il bis in pochi giorni

Il tribunale egiziano ha archiviato per "mancanza di prove" il processo - a carico di "ignoti" - sul massacro di Maspero del 9 ottobre scorso, in cui sono morti 27 cristiani copti e oltre 320 sono rimasti feriti. La sentenza è arrivata il 24 aprile, quando i giudici nominati dal ministero della Giustizia hanno deciso di chiudere il procedimento; illustrando il verdetto Sarwat Hammad ha sottolineato che "mancano gli elementi" per poter procedere "all'identificazione dei colpevoli" che hanno assassinato la recluta Mohammad Shata e nove manifestanti, tutti cristiani copti, a colpi di arma da fuoco, quindi hanno tentato di fare irruzione in un edificio governativo e assaltato elementi dell'esercito.

I giudici hanno lasciato cadere anche le accuse contro 28 copti e l'attivista musulmano Alaa Abdel-Fatah, arrestato in precedenza, pure in questo caso per mancanza di prove. Molti degli arrestati sono stati fermati dopo il massacro del 9 ottobre, alcuni dei quali non erano nemmeno presenti sul luogo al momento della tragedia ma sono stati indentificati e presi solo perché "cristiani".

Il paradosso è che, secondo la magistratura egiziana, sarebbero stati dei cristiani e sparare e ammazzare i propri confratelli. Dalle immagini diffuse su internet all'indomani della tragedia appariva al contrario evidente il coinvolgimento dell'esercito, che ha aperto il fuoco contro i manifestanti pacifici e investito con i propri mezzi le persone in piazza.

Commentando la decisione dei giudici, l'avvocato Said Fayez ha affermato sarcastico all'agenzia Aina: "Sono felice di sapere che abbiamo potuto provare l'innocenza degli imputati copti, che avrebbero [secondo l'accusa] ucciso i propri fratelli copti". Egli aggiunge che i diritti delle vittime e dei familiari sono stati negati da un sistema giudiziario fallimentare. Ancora più dure le parole di Vivian Magdi, fidanzata di Michael Mosad, ucciso durante la protesta da un mezzo militare che lo ha investito e schiacciato. "Aver archiviato un caso - sottolinea la donna - in cui nessuno era imputato è una vera e propria farsa". E conclude: "fin da subito abbiamo chiesto che il procedimento fosse seguito da un tribunale internazionale, perché in Egitto per i martiri è impossibile ricevere giustizia"

Fonte

Sarà discriminazione questa?
Certo, non ai livelli europei, ma discriminazione anche questa a me pare.

Choice and Prejudice: Discrimination Against Muslims in Europe

 Fonte

Certo qualcuno farà notare ad Amnesty che forse tanto discriminati non sono se continuano a restare in Europa a vivere, anzi, non solo restano ma addirittura arrivano. Quindi o io ho frainteso il significato di discriminare o forse tutta questa discriminazione non c'è.
Di contro, in Egitto, i Copti sono vessati e tartassati, subiscono nell'indifferenza occidentale le più umilianti vessazioni tanto da essere costretti a scappare dall'Egitto, già, scappare, abbandonare tutto perchè il clima è resto davvero invivibile dalle continue discriminazioni.







Etc...


Secondo voi Amnesty perde tempo a raccontare di queste mezze discriminazioni? Di queste storie poco credibili, senza vittime vere, senza veri aguzzini, senza leggi veramente discriminatorie?

No.


Amen.

Non è un problema se Amnesty non ne parla, avranno i loro motivi.
Che mi piacerebbe sapere, questo si, ma sono sicuro che sono validissimi e sensati.
Mi rifiuto di pensare che non ci sia un vero motivo sotto.




Sovrano Gesù,
proteggimi e vieni in aiuto alla mia debolezza
Abba Barsanufio (V-VI sec.)


28 aprile 2012

Rivoluzione, se... rivoluzione d'Egitto



Fare sesso con la moglie morta? In Egitto presto sarà possibile, anche legalmente. La notizia è riportata dal Daily Mail, che riprende quanto apparso su alcuni media egiziani. I mariti potranno 'consumare' con le mogli defunte fino a sei ore dopo il decesso di queste ultime.

La nuova legge dovrebbe essere inserita all'interno di un pacchetto di misure che stanno per essere approvate dal Parlamento (a maggioranza islamista). Fra queste, anche l'abbassamento a 14 anni dell'età minima per contrarre matrimonio e l'abolizione dei diritti all'istruzione e al lavoro per le donne.

Immediata la presa di posizione del National Council for Women egiziano, organizzazione che difende i diritti delle donne, che ha lanciato una campagna contro questi 'cambiamenti'. Secondo il National Council for Women, l'emarginazione e l'indebolimento dello status delle donne potrebbero influire negativamente sullo sviluppo umano dell'Egitto.


 Ma no, ma davvero?
Ma non doveve essere la rivoluzione di primavera? La rinascita dei diritti dopo la terribile dittatura di Mubarak? Il trionfo della democrazia, etc...

Ma tutti i somari che di questo periodo, un anno fa, esultava e giubilava, ora, che diranno?

Che era imprevedibile, che non si poteva... ma per piacere.
Si sapeva che avrebbe preso questa piega, lo sapevano tutti, in molti lo avevano già denunciato...

Vabbè, tanto mica ci abitano loro in Egitto, si arrangeranno.




Comunque dopo la Libia e l'Egitto quali altri stati saranno dati in pasto all'Islam (ma moderato, oh!)

Da notare come il cuore di ogni articolo in rete, al momento, sia solo sul sesso con il cadavere... mah...

22 marzo 2012

Sheik Abdul Aziz bin Abdullah


If the pope called for the destruction of all the mosques in Europe, the uproar would be cataclysmic. Pundits would lambaste the church, the White House would rush out a statement of deep concern, and rioters in the Middle East would kill each other in their grief. But when the most influential leader in the Muslim world issues a fatwa to destroy Christian churches, the silence is deafening.
On March 12, Sheik Abdul Aziz bin Abdullah, the grand mufti of Saudi Arabia, declared that it is “necessary to destroy all the churches of the region.” The ruling came in response to a query from a Kuwaiti delegation over proposed legislation to prevent construction of churches in the emirate. The mufti based his decision on a story that on his deathbed, Muhammad declared, “There are not to be two religions in the [Arabian] Peninsula.” This passage has long been used to justify intolerance in the kingdom. Churches have always been banned in Saudi Arabia, and until recently Jews were not even allowed in the country. Those wishing to worship in the manner of their choosing must do so hidden away in private, and even then the morality police have been known to show up unexpectedly and halt proceedings.
This is not a small-time radical imam trying to stir up his followers with fiery hate speech. This was a considered, deliberate and specific ruling from one of the most important leaders in the Muslim world. It does not just create a religious obligation for those over whom the mufti has direct authority; it is also a signal to others in the Muslim world that destroying churches is not only permitted but mandatory.



Ovviamente l'articolo parla poi della non reazione di Obama essendo un giornale americano, a noi, sinceramente, non interessa entrare in questa polemica. O forse si?


Fonte

The Grand Mufti (Arabic: مفتي عام‎) is the highest official of religious law in a Sunni or Ibadi Muslim country. The Grand Mufti issues legal opinions and edicts, fatāwā, on interpretations of Islamic law for private clients or to assist judges in deciding cases. The collected opinions of the Grand Mufti serve as a valuable source of information on the practical application of Islamic law as opposed to its abstract formulation. The Grand Mufti's fatāwā (plural of "fatwā") are not binding precedents in areas of civil laws regulating marriage, divorce, and inheritance. In criminal courts, the Grand Mufti's recommendations are generally not binding either.

Non il primo pirla che parla, allora.
Deve averci proprio studiato sopra, ragionato molto, vagliato bene la legge islamica per poter giungere, finalmente, a questa interessante conclusione.

Mi riserbo la possibilità di non ritenere simpatica ne amichevole una persona del genere e con lui chiunque approva le sue parole.
Più in generale trovo quantomeno sgradevole, non stupida o in errore, per carità,  qualunque persona che ritenga sia giusto dare fuoco ad una Chiesa.
In realtà non avrei grossissimi problemi sull'azione in se stessa, è che mi trovo spesso, o comunque con una certa frequenza, a frequentare quel genere di locali.
Mi scoccerebbe, ecco, trovarmi in mezzo ad un rogo perché presi dalla foga si sono dimenticati di avvisare dell'imminente incendio. Una questione meramente personale.

Ora, provando ad uscire dalla mia opinione, palesemente di parte e non generalizzabile, cerchiamo di guardare con obiettività e imparzialità la proposta.

1) È scientificamente provato che la combustione produce CO2 ed altri gas serra. Diciamo no agli incendi delle Chiese per salvare l'ambiente.
2) È risaputo che ai Cristiani, specie ai sacerdoti, spesso anziani, piace passare del tempo nelle Chiese. Per dire no ai pensionati senza nulla da fare, diciamo no alla combustione delle Chiese.
3) Fonti certe ci dicono che non solo i sacerdoti, ma i fedeli in generale, abbiano a cuore questi edifici. Bruciare le Chiese potrebbe infastidirli. Se anche te pensi che dare fastidio sia fastidioso, unisciti al coro, no alle Chiese-Falò
4) Il fuoco scioglie il ghiaccio. Dai un contributo anche te alla causa dell'Orso Palù, l'Orso Polare più coccoloso del pianeta. Di di no all'innalzamento delle temperature, di di no ai caminetti cristiani.
5) Storici romani accertano che, quando i cristiani bruciano, spesso urlano superando la soglia di decibel dannosa per i timpani. Per proteggere il tuo udito, aiutaci a non farli strillare.

Ci sono motivazioni universali per dire di no a tutto questo. Unisciti alla campagna.


E non dimenticare, il Corano è un libro di pace.



Non merita nessun commento più serio di quello che ho scritto.
In realtà ci si potrebbe fermare alle prime righe dell'articolo riportato, qualunque commento ulteriore è un offesa all'intelligenza di chi legge.
Ritengo chiunque in grado di giungere alle giuste conclusioni.

06 dicembre 2011

Togliete alle donne ogni dignità e saranno docili. Se necessario, uccidetele.

«Una donna deve accettare la propria condizione, altrimenti è una donnaccia». Jasvinder ha 15 anni quando sua mamma le mostra la foto di un uomo che non conosce ma che dovrà sposare perché non ha scelta, perché la sua famiglia ha deciso così.
Lei fugge di casa per scampare al suo destino: non vuole abbandonare il Regno Unito, dove è nata, e non vuole cominciare una vita in India. Quando si decide a fare una telefonata per sentire la voce dei suoi, per lei non c’è nessuna clemenza: «Ci hai disonorato, per noi è come se fossi morta».
Jasvinder non è morta ed è oggi la fondatrice dell’associazione Karma Nirvana. Difende le vittime di «crimini d’onore»: ragazzine promesse in spose a uomini che non hanno mai visto, anche a nove anni o poco più. Rinchiuse in casa, da mattina a sera, se si rifiutano di accettare il matrimonio combinato. Minacciate, sequestrate, malmenate, sfregiate con l’acido, mutilate o uccise. A volte solo per aver indossato un paio di jeans, per un filo di rimmel di troppo, per un ombelico scoperto e più spesso per aver detto di no a un marito imposto dalla famiglia. Eppure questo non è il Pakistan, qui non siamo in Iran né nella Sicilia del secolo scorso.
Questa è l’avanzata, multietnica e tollerante Gran Bretagna. Ed è per questo che i numeri forniti dall’Organizzazione per i diritti delle donne iraniane e curde (Ikwro) fanno ancora più impressione: i crimini d’onore sono in rapido aumento, addirittura cresciuti del 47% in un solo anno, tra il 2009 e il 2010 in molte aree del Paese. Almeno 2.823 «incidenti» nel 2010, registrati nelle 39 stazioni di polizia che hanno partecipato alla statistica e che sommati ai 500 in cui sono intervenuti agenti di altre aree porta a oltre 3.300 il totale. A Londra sono passati da 235 a 495, a Manchester da 105 a 189. Dati agghiaccianti frutto anche del coraggio di molte ragazzine che hanno cominciato a rompere il muro e denunciare di più. Ma Jasvinder Sanghera, oggi felicemente sposata con un uomo che si è scelta da sola e madre di tre figlie, è convinta che le cifre reali, quelle che includono le denunce mai arrivate per paura di ritorsioni, potrebbero essere quattro volte più alte.
«Tradizione», «onore»: sono queste le parole che rimbombano nelle vite di migliaia di giovani donne britanniche di origini turche, curde, iraniane o pakistane. Parole che spesso si trasformano in prigione, percosse, violenza estrema. Banaz Mahmod è la Hina d’Inghilterra. Come la giovane di origini pakistane uccisa nel Bresciano per il suo stile di vita troppo «occidentale», Banaz è stata malmenata, violentata e strangolata nel 2006 - aveva appena 20 anni - da due cugini per ordine del padre e dello zio che non approvavano il suo fidanzamento d’amore e volevano che la ragazza rispettasse l’accordo siglato per lei dalla famiglia da quando aveva sedici anni: un matrimonio combinato e il ruolo di moglie e madre sottomessa.
Il supposto «onore» di alcune famiglie vale più della vita. Ma se è vero che i crimini di questo genere sono frutto della «tradizione» più che della religione, è anche vero che la crescita dell’estremismo in Gran Bretagna ha alimentato un fenomeno capace di raggiungere lo scopo dei fondamentalisti: relegare le donne all’unico ruolo di mogli accondiscendenti e silenti. Non è un caso che, oltre a indù e sikh, gli aguzzini peggiori siano soprattutto islamici, spesso iraniani, la seconda comunità più numerosa del Regno Unito dopo gli indiani. Il dilagare della sharia fai-da-te a Londra e dintorni sembra aver creato un humus ideale per questi delitti.
La scorsa estate decine di sobborghi della capitale sono stati riempiti di volantini che più espliciti non si può: «State entrando in una zona sotto il controllo della sharia». Poi tanto di simboli ben evidenti sulle «regole islamiche imposte»: niente alcol, niente fumo o droga, niente musica o concerti, niente scommesse, niente pornografia o prostituzione.
L’estremista Anjem Choudary, predicatore d’odio nella tollerante Gran Bretagna, ha rivendicato la campagna, annunciando che è solo il primo passo per la «creazione di un Emirato islamico». Prima che diventasse uno strenuo difensore della legge islamica, pare che Choudary fumasse regolarmente cannabis e abbia provato l’Lsd, oltre che aver sperimentato relazioni fugaci con molte donne. Ma le sue parole bastano a condannare le giovani donne islamiche d’Inghilterra a un destino peggiore di un burka.

Fonte



Ritengo che 3300 vittime dei delitti d'onore siano troppe.
Ritengo che 3300 vittime dei delitti d'onore in Inghilterra siano un fallimento culturale.

Ritengo che un incremento annuo del 47% sia sintomatico di una società con dei problemi.
Ritengo che un incremento annuo del 47% in Inghilterra sia sintomatico di una società che ha fallito.

30 novembre 2011

Togliete alle donne ogni dignità e saranno docili.

Pochi giorni fa i salafiti hanno colpito Iqbal Gharbi, la prima docente di psicologia all’università tunisina della Zaytouna, ovvero l’università islamica di Tunisi che vanta una tradizione di studi e ricerca che mirano a coniugare islam e laicità. La Gharbi è una fautrice di una interpretazione in chiave moderna dell’islam e del testo coranico. Nominata dal governo di transizione direttrice responsabile di Radio Zaitouna si è vista occupare l’ufficio da un gruppo di uomini, sempre con barba lunga e tunica bianca, che si sono identificati come membri del “Comitato tunisino per la promozione del bene e la proibizione del male”
 [...]
Amel Grami, docente di Religioni comparate all’Università della Manouba, che ha denunciato non solo il peggioramento della condizione della donna dopo la rivoluzione, ma anche i numerosi casi di violenza. In un recente articolo ha scritto: «Niente più paura dopo oggi… questo è stato il motto subito dopo avere cacciato la dittatura, ma purtroppo il cerchio della paura è tornato a soffocarci. […] Non pensavamo che la dittatura avrebbe lasciato il posto a una nuova dittatura così rapidamente, non avremmo mai immaginato che la nuova dittatura, dopo la rivoluzione di cui siamo stati orgogliosi, fosse all’insegna del velo integrale e delle sale di preghiera nell’università» [...]
D’altronde un movimento islamico che tra i suoi candidati aveva Souad Abderrahim, una donna senza velo potrebbe anche schierarsi contro chi vorrebbe imporre il niqab nelle università tunisine… ma sarà difficile. La Abderrahim che ha dichiarato che al-Nahdha «non interverrà sullo stile di vita dei tunisini e delle tunisine, non intaccherà i diritti acquisiti delle donne e non ha piani segreti per l'islamizzazione del Paese», al contempo ha già sollevato polemiche nel momento in cui ha affermato che «vergogna per i paesi arabi musulmani che mostrano clemenza per donne che compiono atti abominevoli fuori dal matrimonio». «Si tratta di peccatrici - ha affermato la neoeletta -, che eticamente non avrebbero diritto di esistere»
 [...]
 
Fonte

E passa tutto come se fosse giusto e naturale. In fondo è una religione di pace e amore.

Pero' poi scatta un vespaio se un somaro che conta picche parla di togliere i libri per far tornare le donne a partorire.
Ok, va benissimo, ma resta sempre un somaro che conta picche.
Mentre a 1000km da casa nostra non si tratta di somari che contano picche che dicono stronzate, ma gente che è al potere e che comincia ad agire.

La differenza e' la stessa esistente tra un marmocchio che ti spara con le dita e fa <bang> con la bocca impiastricciata di marmellata o nutella e un rapinatore che ti punta la pistola contro e non vuol sentir ragioni.

Certo, a prendersela con il pupo non si rischia nulla.



Oppure questo.

la punizione. Uno, due, tre, dieci colpi per spezzare quella donna che gli stava sfuggendo, che «voleva cambiare vita», che aveva smesso di portare il velo, si sforzava di parlare italiano, frequentava altre mamme e aveva trovato negli ambienti della parrocchia, tra i volontari della Caritas e il gruppo ricreativo per i bambini, aiuto, solidarietà e parole nuove.
Fonte
E' forse meno grave un somaro che agisce di uno che parla?

Perchè allora ci si indigna di più per il secondo?

15 novembre 2011

Ayman Nabil Labib.

Evon Loga Gabrieul could no longer hold back the tears for her 17-year-old son, Ayman Nabil Labib, who was beaten to death by classmates on October 16 in an unsolved murder case that has raised the specter of sectarian violence in this industrial corner of Minya, a governorate in southern Egypt. 
Ayman was Christian and the boys who allegedly killed him are Muslims.
“It was because he was wearing the cross and refused to take it off, they killed him,” said the mother, Evon, who toured her son’s room leaving the other eight female relatives mourning his death in the hallway.
 
Fonte


Ogni tanto la rabbia, lo sconforto, il dolore mi toglono le parole di mano.
Questo è uno di quei momenti.

“ [...]
We pray for everyone, we prayed after the Qiddissin church bomb blast took place, we prayed when Maspero took place, we always pray that God makes this country safe for everyone
[...] ”

Cristo triumphans

06 novembre 2011

Shari'a portami via II.

Distruzione e morti ammonticchiati negli obitori: è la scena che si presenta nelle città del nordest della Nigeria, teatro venerdì di una serie di sanguinosi attentati rivendicati da un gruppo islamico che, secondo l'ultimo bilancio, hanno causato almeno 65 morti. Alcune fonti parlano invece di oltre 80 morti.
 Gli attacchi coordinati hanno preso di mira le sedi della polizia e le chiese nelle città di Damataru e Potiskum, dove si registrano la gran parte delle vittime. Secondo i residenti, sei chiese sono state attaccate (una è rimasta completamente distrutta dalle fiamme), così come una moschea.
[...]
"Le strade sono deserte, ho perso il conto delle vittime. Ho visto almeno 80 cadaveri all'obitorio", ha riferito all'agenzia Reuters un testimone.
[...]

Fonte


Venerdì di sangue nel nord della Nigeria. Con una serie di attacchi coordinati, miliziani armati della setta fondamentalista islamica Boko Haram (letteralmente: “Vietare l’educazione occidentale”), hanno messo a ferro e fuoco con bombe a mano e sventagliate di mitra interi quartieri a Damaturu.
[...]
L’obbiettivo di Boko Haram, è quello di imporre la sharia (la legge islamica) in tutta la Nigeria.
[...]
Boko Haram è stato fondato nel 2002 dallo sceicco Ustaz Mohammed Yusuf che predica non solo il divieto di educare con sistemi non islamici, ma sostiene, tra l’altro, che la terra è piatta, come c’è scritto nelle sacre scritture, e che la pioggia è un dono di Dio e non c’entra niente l’evaporazione dell’acqua.

Fonte



Se un uomo che non sapesse nulla di Islam, di Shari'a, di Integralisti, di Islam Moderato, etc... leggesse queste parole, converrebbe facilmente che la Shari'a tanto voluta da questi Boko Haram non sia compatibile con la cultura occidentale.
Altrimenti non avremmo letto tutto questo, semplicemente perchè non sarebbe mai successo nulla.

Invece la realtà ci racconta che nell'occidentalissima Nigeria(!) c'è chi uccide pur di imporre la propria religione agli altri, propria religione che è incompatibile con uno stile di vita e con i valori, negativi molti, positivi di più, occidentali.

La realtà ci racconta questo.
Ci racconta ancora una volta questo.

E non crediamo che la Shari'a in Libia sarà "moderata" o che quella tunisina sarà "all'occidentale".
La Shari'a, in quanto basata sul Corano che e' rivelato direttamente da Dio parola per parola è infallibile e immutabile, ogni sua edulcorazione è blasfema e inaccettabile.

E anche questi sono fatti.
Quindi chi a proposito della Libia fa spallucce, chi minimizza questo problema, chi per ignoranza o per malafede finge che non sia nulla di grave si rende in qualche modo complice di individui che la pensano come i Boko.


PS: da notare una simpatica cosa, negli articoli che vi ho segnalato.
Il corriere parla di "alcune" chiese distrutte e si affretta a dire che anche "alcune" moschee.
Avvenire parla di 6 chiese e una moschea.
Stanno parlando della stessa cosa?

PPS: ovviamente mi fido della versione di chi fornisce numeri precisi e non quantità vaghe.

26 ottobre 2011

Shari'a portami via.

A fare chiarezza ci prova il primo ministro del Cnt Mahmoud Jibril che ha spiegato che questo processo può durare da una settimana a un mese. Il presidente del Cnt si porta già avanti e annuncia senza mezzi termini che la Libia
"come nazione musulmana la sharia è alla base della legislazione: tutte le leggi che contraddicono i principi dell’Islam sono annullate".

Fonte


Occhi puntati.
Ora stiamo a vedere che succede.
E prepariamoci al peggio.


Un interessante articolo sulla Shari'a è qui---> Si, si proprio qui.


Ricordo inoltre che la Shari'a, per stessa ammissione degli Islamici non può convivere con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, in quanto non condivide praticamente nulla di quest'ultima.
Con tutte le conseguenze che ne conseguono pagate dai non mussulmani e dalle donne.

06 agosto 2011

Indifendibili diritti e immoralita' dilagante.

Le pistole ad acqua inquietano l'Iran

Conservatori(n.d.l. Integralisti sarebbe forse meglio, non avendo questi nulla a che vedere con i conservatori per come li intendiamo noi) indignati per battaglia nel parco fra uomini e donne. Raduni improvvisati che sfidano il regime

GERUSALEMME - Una ragazza iraniana spruzza gli amici con una pistola ad acqua, e ride con la bocca spalancata e la nuca all'indietro, mentre ciuffi di capelli neri sfuggono al velo inzuppato. Un uomo dalla barba incolta digrigna i denti mentre regge un cannone giallo e arancione. Una donna in chador nero, sotto un sole da 40 gradi, rovescia addosso a un'altra una bottiglia d'acqua.
Un ragazzo in abiti occidentali punta l'arma di plastica alla tempia della sua vittima, già fradicia sotto una pioggia di gavettoni. Festa in un parco di Teheran, la settimana scorsa. Una sorta di flash mob , un raduno tra sconosciuti lanciato via Facebook e durato alcune ore. Niente slogan politici, solo schizzi e risate, con centinaia di partecipanti. Ma quando le foto sono finite sul web hanno scatenato la rabbia dei conservatori, con proteste anche in Parlamento. La polizia è scattata in azione per punire quei comportamenti «anormali» e «immorali», e diversi giovani sono stati arrestati. Uno dopo l'altro, ripresi di spalle dalla tv di Stato, hanno confessato il loro crimine. «Era un evento molto intimo, molto più intimo di quanto avrebbe dovuto essere».

Non era la prima volta. Una settimana fa, una flash mob di gente in abiti bruttissimi e buffi s'è riunita in un altro parco di Teheran per una sorta di carnevale fuori stagione. A gennaio, si sono radunati in un giardino pubblico «gli iraniani con i capelli ricci». E poi battaglie di vernice, di bolle di sapone, incontri per far volare gli aquiloni. Foto e video ogni volta appaiono su Facebook , formalmente bandito in Iran ma al quale si riesce comunque ad accedere. Le autorità della Repubblica islamica tentano di impedire da 32 anni i rapporti tra giovani dei due sessi, di controllarne l'abbigliamento e il taglio di capelli in nome della morale islamica.

Una recente vignetta dell'agenzia di Stato Fars raffigura due donne: la prima in chador (velata «come si deve») ha un cervello da far invidia ad Einstein; l'altra, «mal velata» (come molte ragazze con le pistole ad acqua) ha un cervello di gallina. Ma sono strategie poco efficaci su un 65% della popolazione che ha meno di 35 anni. Un simbolo della battaglia contro la censura è diventato in questi giorni un bimbo di 5 anni, Farnood. In un programma tv per bambini, la presentatrice gli ha chiesto: «Cosa fai nel tempo libero?». Lui risponde che va in bagno, si abbassa le mutande e si lava da solo. La donna arretra di qualche passo, finge di non aver capito: «Accendi la lavatrice da solo? No no no, non si fa». Il video del bambino «immorale» è diventato virale.

Nonostante gli arresti, nuove «guerriglie dell'acqua» sono state annunciate a Teheran, Isfahan e Karaj. Il loro sito Twitter ricorda che nella tradizione zoroastriana - che la Repubblica islamica inutilmente ha cercato di estirpare - esiste una festa di mezza estate denominata Tiregan, in cui adulti e bambini nuotano e si spruzzano l'un l'altro. Una festa gioiosa. Alcuni, come il blogger Fetnegar, sperano che «queste battaglie possano risvegliare il Movimento Verde», con proteste come quelle del 2009 contro il presidente Ahmadinejad. Altri esprimono fastidio: «Ci sono prigionieri politici che fanno scioperi della fame, e noi stiamo a parlare di pistole ad acqua». Continuano gli arresti e i processi di intellettuali, attivisti, giornalisti ritenuti oppositori del regime. Nonostante tutto, gli iraniani rivendicano la gioia di vivere.
Fonte


Di questo pero' non scandalizziamoci. Scandalizziamoci piuttosto di chi in italia vuole una legge, udite bene, contro il burqua! Orrore.
Vero, in Iran non usano il burqua, "solo" chador e niqab.
Pero' mi pare evidente, e questa e' solo una prova in piu', che non si tratta, com ci raccontano Bindi e compagnia bella, di una questione di autodeterminazione delle donne, del loro diritto di poter indossare, se lo vogliono, anche il velo integrale e cazzate varie in salsa neo-femminista(?)-politically correct.

La questione e' su un altro piano, secondo me.
Un piano differente dalla sola liberta' di una donna di NON indossare questi indumenti(e questa si che e' una lotta da fare, ma a quanto pare alla Bindi interessa poco o nulla delle donne o almeno di queste donne, che sono in fin dei conti i sogetti deboli che dovrebbero essere tutelati dallo stato)

Il piano sul quale va afforntato il problema e' piu' che altro sui significati.
Sul significato che questi indumenti rappresentano, sul carico di valori che la storia gli ha attribuito.
Finche' nel mondo anche solo una donna verra maltrattata e picchiata, finanche uccisa, per non aver indossato questi abiti, ognuno di questi indumenti sara' macchiato del sangue di quella donna e, secondo me, non puo' essere indossato.
O meglio, chi lo fa, anche in piena liberta', e' complice di quel crimine.
Un po' come e' successo per le svastiche. Un simbolo macchiato per sempre dalla storia. Chiunque ne indossi una fara' pensare subito ai nazisti non certo ai millenni di cultura che l'hanno usata prima di loro.
Ed e' lo stesso per il velo, che da 32 anni a questa parte e' simbolo della oppressione culturale dei regimi islamici.


Queste sono donne Iraniane oggi.


Queste sono studentesse universitarie iraniane prima del '79.


Avete visto come erano tristi prima di conoscere il salvifico uso del velo islamico? Facciamo bene qui in italia a portare avanti la loro lotta per la liberta' nell'uso di questi gai indumenti!

15 luglio 2011

A proposito del Sudan.

Nel Sud Kordofan, in Sudan, sta accadendo qualcosa di terribile che potrebbe essere considerato simile al genocidio attuato da Omar al Bashir in Darfur. Un’immagine satellitare mostra un’area in cui sono state appena scavate delle tombe. E il sospetto che si tratti di fosse comuni in cui sono stati gettati i corpi dei Nuba, un gruppo etnico di neri africani che si oppone al dominio degli arabi nel Sudan, è quasi una certezza. Cinque testimoni oculari (rimasti anonimi per ragioni di sicurezza) parlano di almeno cento cadaveri scaricati dai camion e nascosti sottoterra.
A dare la notizia è stato il Satellite Sentinel Project (SSP), il progetto nato dall’iniziativa della star hollywoodiana George Clooney in collaborazione con l’Onu e l’Università di Harvard, che consente di osservare l’evolversi della situazione in Sudan su internet: “Le immagini mostrano i dettagli e le caratteristiche delle atrocità e degli assassini descritti da almeno cinque testimoni oculari” ha spiegato all’Associated Press Nathaniel A. Raymond dell’Harvard Humanitarian Initiative che analizza le immagini dell’SSP. Le tre fosse comuni, che misurano 26 metri per cinque,  sono visibili vicino ad una scuola nel villaggio di Tilo nei pressi di Kadugli, la capitale del Sud Kordofan, dove dal 5 giugno si susseguono gli scontri tra l’esercito di Khartoum e i membri dell’esercito ribelle che si è schierato con il Sud Sudan nella decennale guerra civile, costata due milioni di morti e finita con la nascita della nuova nazione il 9 luglio scorso.  Secondo le Nazioni Unite almeno 73mila persone sarebbero fuggite dalla regione nell’ultimo mese e mezzo.
Un rappresentante del partito al governo in Sudan ha smentito categoricamente la notizia: “Sono soltanto voci per metterci in cattiva luce – ha dichiarato Rabbie A. Atti, portavoce del National Congress Party -, se ci sono dei sospetti su quelle foto basta recarsi sul posto e verificare qual è la realtà. L’area è accessibile a chi vuole andarci”.  Ma sia i giornalisti che gli osservatori internazionali e le ong sostengono che le autorità del Sud Kordofan impediscono l’accesso alla zona per impedire che le atrocità commesse vengano rese pubbliche.
Il governatore dello Stato, Ahmed Haroun, che è accusato dal Tribunale penale internazionale  di crimini contro l’umanità nei confronti della popolazione civile, qualche mese fa ha sospeso il referendum che doveva determinare la volontà della popolazione sulla secessione. Da lì sono cominciati gli scontri.   Della zona fa parte la contesa regione di Abyei, ricca di petrolio, cui il Sudan di Bashir non vuole assolutamente rinunciare.
Eric Reeves, professore allo Smith College in Massachussetts, ha passato undici anni in Sudan per documentare i crimini che sono stati commessi in Darfur. Ora segue con attenzione gli avvenimenti in Sud Kordofan: “Sono settimane che arrivano notizie di omicidi mirati nelle montagne Nuba. Ora quest’immagine potrebbe dare la conferma dell’esistenza di una pulizia etnica.  Stanno sterminando il popolo Nuba”.

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Pero' queste son cose che si sapevano da tempo.
E a parte questa rubrichetta un po' sfigata del corriere.it e immagino un articolino imboscato da qualche parte, non so quanta eco avra' la notizia.


20 aprile 2011

Sottosviluppo arabo figlio della shari'a ?

Uno dei libri recenti più importanti per capire quanto sta succedendo in Medio Oriente è stato scritto prima che le rivolte scoppiassero. Ma le conclusioni sono profetiche.
«Con poche eccezioni – si legge nelle ultime pagine – i Paesi della regione non sono competitivi sui mercati globali dei prodotti e servizi industriali; le loro società civili sono troppo poco organizzate, e troppo represse, per fornire i contrappesi politici necessari a sostenere un regime democratico. Se i governi dittatoriali della regione dovessero magicamente cadere, lo sviluppo di un forte settore privato e di società civili potrebbe richiedere decenni». Così scrive l’economista statunitense di origine turca Timur Kuran, professore alla Duke University e uno dei maggiori studiosi mondiali di sociologia dell’economia, nel suo nuovo volume The Long Divergence. How Islamic Law Held Back the Middle East («La lunga divergenza. Come la legge islamica ha tenuto indietro il Medio Oriente», Princeton University Press, Princeton - Oxford 2011).
Kuran è noto ai sociologi per la sua teoria della falsificazione delle preferenze, secondo la quale il conformismo sociale spinge molti a esprimere un pubblico consenso a tesi di cui non sono intimamente convinti, creando illusioni ottiche che sono poi smentite da rivoluzioni impreviste – come quella iraniana del 1979, sorprendente per chi prendeva per buoni sondaggi sulla presunta popolarità dello scià – ovvero da risultati elettorali: quanti in Italia insistono che «nessuno dei loro amici vota Berlusconi», stupendosi poi dei voti che lo stesso Berlusconi raccoglie nelle elezioni? Il fenomeno di cui si occupa Kuran in questo volume è simmetrico alla falsificazione delle preferenze: il conformismo sociale spinge molti musulmani a ripetere la tesi secondo cui la legge islamica, la shari’a, sarebbe la soluzione di tutti i problemi dei loro Paesi, se solo i governi non fossero corrotti o poco islamici e la applicassero fedelmente. Ma – si chiede Kuran – se fosse il contrario? Se la shari’a non fosse la soluzione ma, precisamente, il problema?
Kuran è il contrario di un nemico dell’islam. Dal 1993 al 2007 è stato titolare all’Università della California del Sud della cattedra Re Feisal di studi islamici, finanziata dall’Arabia Saudita. Nel libro chiarisce infatti ripetutamente che non considera l’islam di per sé un fattore di sottosviluppo economico e culturale, e che la shari’a dei primi secoli islamici garantiva lo sviluppo dell’economia e del commercio in un quadro giuridico che non solo era superiore a quello dell’Arabia pre-islamica ma non sfigurava neppure al paragone con l’Europa del tempo. Cita gli studi dello storico dell’economia Angus Maddison (1926-2010) secondo cui nell’anno 1000 il Medio Oriente islamico contribuiva al Prodotto Interno Lordo (Pil) mondiale per il 10%, paragonato al 9% dell’Europa cristiana. Ma secondo lo stesso studioso nel 1700 la quota del Pil mondiale del Medio Oriente era scesa al 2%, meno di un decimo dell’Europa, che era arrivata al 22%.
Che cosa era successo nel frattempo? È nota la domanda dello storico Bernard Lewis sulle sconfitte militari islamiche che iniziano alla fine del secolo XVII e che nessuno nel mondo musulmano aveva previsto: «Che cosa è andato storto?». Kuran riformula la stessa domanda per l’economia. Le due risposte che Lewis rileva nel mondo islamico per la politica, applicate all’economia, sono per Kuran entrambe insoddisfacenti. La prima postula – appunto – che la decadenza dell’islam derivi dal suo allontanamento dalla shari’a. Ma la «divergenza» sfavorevole, il gap con l’Europa si manifesta prima che alcuni Paesi islamici – anzitutto l’Impero Ottomano – comincino ad adottare soluzioni giuridiche diverse dalla shari’a, non dopo. La seconda, al contrario, considera l’islam come particolarmente avverso al commercio e alla finanza, e cita come prova il divieto dell’usura. Al contrario, argomenta Kuran, lo stesso Muhammad (570 o 571-632) era un mercante, il Corano loda il commercio e il divieto dell’usura c’era anche nell’Europa cristiana del Medioevo. Né convince Kuran la terza spiegazione, terzomondista o marxista, secondo cui sono stati i colonialisti europei la causa del sottosviluppo mediorientale. I dati di Maddison non lasciano scampo: l’economia europea batteva dieci a uno quella del Medio Oriente già nell’anno 1700, prima del colonialismo e quando l’arretramento militare e territoriale dell’islam successivo al fallito assedio di Vienna del 1683 era appena iniziato. Queste sconfitte militari sono del resto – o così pensa Kuran – l’effetto e non la causa del ritardo economico.
Il problema principale che Kuran identifica è quello del diritto commerciale. La shari’a si occupa anche dei contratti di società, e le forme societarie che conosce per imprese commerciali sono varianti o analogie di quella che in Europa è la società in accomandita, in cui si associano soci accomandanti – che conferiscono capitale, ma non interferiscono nell’amministrazione della società – e soci accomandatari, che gestiscono di fatto la società. A seconda che gli accomandatari – cioè i mercanti – contribuiscano o meno anche loro capitale, e non solo lavoro, al pari degli accomandanti – cioè dei meri finanziatori – la shari’a parla di musharaka o di mudaraba.
Non si devono sottovalutare, insiste Kuran, i pregi di queste accomandite musulmane, che hanno funzionato egregiamente per diversi secoli. Tuttavia nella shari’a erano insiti fin dall’origine anche i loro problemi, irrilevanti in sistemi commerciali relativamente semplici, drammatici quando il commercio diventa internazionale e complesso. L’accomandita islamica può essere sciolta su richiesta di uno qualsiasi dei soci. Cosa più grave ancora, si scioglie quando muore un socio. Non gli subentrano automaticamente gli eredi, e anche se c’è l’accordo di questi ultimi per continuare – o meglio rifondare – la società le difficoltà pratiche sono enormi, perché un musulmano ricco ha diverse mogli e molti figli, e la shari’a impone – prima che questo avvenga in Europa – una distribuzione egualitaria delle quote ereditarie. È vero che la shari’a si applica necessariamente solo ai musulmani. I non musulmani che vivono in un Paese islamico possono sceglierla per i loro contratti, ma non sono obbligati a farlo. La pena di morte per l’apostasia, e i sospetti che gravano su chi si associa a un non musulmano come potenziale apostata, sconsigliano però le società fra i mercanti musulmani e i cristiani e gli ebrei che pure, liberi dai vincoli della shari’a, operano con grande successo nei Paesi islamici – un successo che è anche alla radice di secolari invidie e ostilità.
L’accomandita è una società di persone, non di capitali. La shari’a è di per sé ostile alla personalità giuridica concessa a entità che – per usare la formula, ripresa da Kuran, del giurista e uomo politico settecentesco britannico Edward Thurlow (1731-1806) – «non hanno corpi che possano essere puniti né anime che possano essere condannate». Con grande fatica sulla tradizionale base dell’accomandita s’inserisce nel mondo islamico l’idea di una responsabilità limitata dei soci, che è però cosa diversa da una responsabilità limitata della società. Questa non ha personalità giuridica e può sempre essere attaccata per i debiti di un singolo socio. Perfino quando nel 1851 il sultano turco Abdulmecit (1823-1861) fonda la prima società per azioni del mondo islamico, di cui egli stesso è il principale azionista, la società di trasporto marittimo Sirket-i Hayriye, questa presenta sì la grande innovazione delle azioni liberamente commerciabili, ma non ha personalità giuridica. I soci sono responsabili per i debiti della società solo nei limiti delle loro quote, ma la società resta responsabile senza limiti per i debiti dei soci.
Secondo Kuran è nel momento in cui gli affari si fanno internazionali e complessi, con la nascita della modernità, che un sistema di diritto commerciale che prevede soltanto variazioni dell’accomandita non può reggere. Prima le banche italiane, poi le compagnie coloniali inglesi e olandesi permettono a migliaia di imprenditori e investitori di mettersi insieme non per la durata della loro vita ma – vendendo e trasferendo quote e azioni – per secoli, realizzando progetti commerciali e industriali di lungo periodo che hanno bisogno della responsabilità limitata delle società e della forma della moderna società per azioni. Questa forma in Medio Oriente non si sviluppa fino al secolo XX: non per caso, ma perché la shari’a non la permette. E se su altri punti la shari’a è interpretata e aggirata – secondo Kuran l’efficacia del divieto dell’usura è sopravvalutata – la personalità giuridica delle società cozza contro il suo carattere individualistico e i suoi stessi principi fondamentali.
Per la verità, aggiunge Kuran, esistono in Medio Oriente istituzioni permanenti: nella forma del waqf, la fondazione pia costituita da un donatore per rendere servizi di pubblica utilità e di cui può nominare amministratore uno solo dei suoi discendenti, aggirando il principio dell’uguaglianza fra gli eredi. Ma il waqf, tuttora pilastro dell’economia dei Paesi islamici, dovrebbe servire in teoria a fini caritativi o pubblici, non di commercio privato. E – se dura nel tempo – è però rigido, perché le norme stabilite da chi lo ha costituito non possono essere cambiate dai successivi amministratori, che non ne sono i proprietari.
Nel secolo XX, naturalmente, le cose sono cambiate. Oggi in quasi tutti i Paesi del Medio Oriente ci sono società di capitali a responsabilità limitata, azioni, borse e grandi capitalisti. Gli stessi fondamentalisti islamici non protestano troppo, concentrando i loro strali sull’usura e sulle banche, le quali devono adottare misure cosmetiche per presentarsi come «banche islamiche» senza essere però nella sostanza troppo diverse dalle banche occidentali. In alcuni Paesi il lungo ritardo sembra essere in via di recupero. Il tasso di crescita dell’economia turca è più alto di quello di molti Paesi dell’Unione Europea.
Eppure, sostiene Kuran, la shari’a non ha smesso di fare danni. Anche se ci sono le società per azioni e le borse, rimane una mentalità ostile alla crescita di una società civile distinta dallo Stato, e una diffidenza nei confronti di istituzioni private di grandi dimensioni che sole possono opporsi a uno statalismo che ingenera fatalmente inefficienza e corruzione. La buona notizia per Kuran è che si può mantenere un’identità islamica – come proprio l’attuale Turchia dimostrerebbe – cambiando mentalità e marcia in campo economico e politico. La cattiva notizia, secondo l’economista, è che per uscire da questa mentalità ci vorranno decenni, e che non si comincerà neppure a venirne fuori se non si diffonderà la consapevolezza del «ruolo che la classica legge islamica ha avuto nell’impedire la modernizzazione organizzativa e nell’instupidire le imprese musulmane del Medio Oriente». Al contrario, nel mondo arabo «l’idea che responsabili del sottosviluppo siano gli stranieri continua a essere condivisa dalla maggioranza della popolazione, compresi gli stessi laicisti che pure considerano la legge islamica arretrata e obsoleta».
Con le rivolte mediorientali del 2011, scoppiate dopo che Kuran aveva finito di scrivere il suo libro – dove forse mancano una riflessione sul rapporto fra la la shari’a e la teologia che la sostiene, e un’analisi di quanto la legge islamica sia stata davvero rispettata nei comportamenti individuali e sociali (è questa la critica che, dal versante di un islam conservatore, rivolge a Kuran l’economista dell’Università di Brunei Shamin Ahmad Siddiqi) – i giovani di molti Paesi si sono ribellati contro gli effetti. Ma, finché manca un’identificazione delle cause, si può dubitare che le rivolte impostino davvero una soluzione del problema di un secolare sottosviluppo.

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17 febbraio 2011

Li dovreste odiare. Sono infedeli, miscredenti.

Un giornalista della Bbc infiltrato nell'istituto di Birmingham che forma la classe dirigente musulmana. L'estremismo tra i banchi. "Voi non siete come la gente lì fuori. Dovete rifiutare i loro costumi per non perire all'inferno".
L’uomo è magro, di un pallore vagamente spettrale e si accarezza la barba curata e lunga. Ha un’età indefinibile, che potrebbe essere compresa tra i venticinque e i cinquant’anni. Cammina in mezzo alla stanza silenziosa vestito con una tunica chiara che arriva fino a piedi. Un piccolo cappello di lana bianca. La sua voce ha il suono dell’acciao contro la parete di una caverna profondissima e i ragazzi intorno a lui, circa venti, hanno l’attenzione nervosa di chi si sente a disagio. Hanno undici anni e sono seduti nei banchi della Darul Uloom Islamic High School di Birmingham, West Midlands, Inghilterra centrale. «Voi non siete come i non musulmani che vedete lì fuori». Indica un punto indefinito oltre la finestra. «Quanto male c’è nelle strade. Persone che non portano correttamente l’hijab, gente che fuma. Li dovreste odiare. Odiare quelli come loro. Sono infedeli, miscredenti». La parola che usa con disprezzo è «Kuffar». Una telecamera nascosta da un giornalista della Bbc che si è infiltrato nella scuola per quattro mesi registra tutto. Il filmato integrale andrà in onda su Channel 4 questa sera. Il titolo sarà: lezioni di odio e di violenza.
Sono passati esattamente nove giorni da quando il primo ministro David Cameron ha spiegato che in Gran Bretagna «il multiculturalismo di Stato ha fallito lasciando i giovani musulmani vulnerabili al radicalismo».
La Darul Uloom fa parte di un gruppo di istituti noti nel mondo come le «Eton dell’Islam» che hanno l’obiettivo di formare la prossima generazione di leader musulmani. Il regolamento della scuola secondaria, sottoposto anche alle autorità inglesi, prevede che all’interno delle mura si insegnino la tolleranza e l’integrazione. Nel 2009 gli ispettori governativi hanno certificato che ogni cosa è in ordine.
L’uomo non si ferma. Parla con calma. Attacca gli ebrei, i cristiani, gli atei. Dice che «gli hindu sono senza intelletto e bevono la piscia delle mucche». Ha pupille vaghe come quelle di un cieco. Insegna che «i miscredenti sono le peggiori creature del mondo. Bevono, ascoltano musica. I musulmani che non adottano costumi islamici saranno torturati con un forcone rovente nell’aldilà». La lezione è finita.
I responsabili della scuola, a cui è stato sottoposto il filmato, giurano che l’uomo non era un insegnate, ma uno studente anziano. E che tra l’altro è già stato espulso. «La sue idee non rappresentano la politica dell’istituto». Il reporter della Bbc si chiama Osman, è musulmano e racconta che da bambino, nella madrassa che frequentava, lo riempivano di botte. «Hanno distrutto la fiducia in me. Ma io so che l’Islam è un’altra cosa».
La tv inglese stasera manderà in onda un secondo filmato. Anche questo girato di nascosto. Stavolta da una giornalista del Daily Mail dentro una madrassa all’interno della moschea Jamia di Keighley, West Yorkshire. La scena è simile. Solo che i bambini questa volta sono seduti per terra. E sono più piccoli. Hanno sei anni. L’uomo che cammina in mezzo a loro - barba e tunica - sembra un falò attorno al quale ci si raduna in cerca di saggezza e di calore, ma la scena cambia all’improvviso. L’insegnante si avvicna senza motivo a un ragazzino paralizzato dal terrore. Lì per lì non si capisce perché abbia paura. E’a scuola. Un posto apparentemente sicuro. Ma l’insegnate lo colpisce con uno schiaffo, con l’indifferenza creata dall’abitudine. Si sposta, prende a calci un altro bambino. Un terzo lo strattona per la maglia. Le immagini sono sfuocate e inequivocabili. D’istinto si prova una pietà opprimente che si concentra sul corpo magro e debole dei ragazzi. La loro smorfia d’angoscia non è di paura o di schifo, piuttosto di vergogna. Come se a sbagliare fossero loro. Il comitato direttivo della Jamia messo di fronte alle immagini ha reagito spiegando che «sarà intrapresa ogni azione per tutelare l’incolumità dei bambini, la nostra disponibilità a cooperare è totale». La reporter del Daily Mail si chiama Tazeen Ahmad, è musulmana, ha lunghi capelli neri, e racconta che sua madre l’ha educata leggendo il Corano e insegnandole la tolleranza. «Le scuole dovrebbero essere sottoposte a una maggiore sicurezza, ma io lo so che l’Islam è un’altra cosa».


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14 gennaio 2011

Islam: quali Diritti dell’uomo?


Le difficoltà di molti cristiani del Medio Oriente e dell’Asia che vivono in Paesi musulmani, le limitazioni del diritto di culto, le uccisioni di cristiani in Iraq, l’uso della Blasphemy Law come strumento per limitare la libertà religiosa in Pakistan, l’atteggiamento anti-cristiano di gruppi fondamentalisti musulmani in Oriente e in Occidente ed altre situazioni simili hanno aperto da noi il dibattito sulla concezione che il mondo musulmano ha dei diritti umani e in particolare della libertà religiosa.

Se ci si rifà al momento della promulgazione della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo del 1948, non è difficile notare che furono pochi gli Stati con popolazione a maggioranza musulmana che parteciparono fin dall’inizio alla sua elaborazione e che molti aderirono alle Nazioni Unite solo più tardi e si trovarono perciò obbligati a ratificarne in qualche modo il contenuto, spesso con una generica adesione di principio presente nelle loro costituzioni. Inoltre sono rari i Paesi che hanno ratificato e firmato l’insieme degli accordi, protocolli e convenzioni che ne esplicitano il contenuto e gli conferiscono valore giuridico.

È noto, infatti, che a suo tempo l’Arabia Saudita si astenne dal voto definitivo, poiché rifiutava l’articolo 18 che riconosce la libertà di coscienza, compresa quella di cambiare religione. Ma la cosa che più sorprende è il fatto che il mondo musulmano abbia voluto esprimere in maniera totalmente autonoma una propria concezione dei diritti umani tramite la promulgazione di «dichiarazioni» proprie quali la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo nell’islam, promulgata nel 1981 per iniziativa del Consiglio Islamico per l’Europa, e la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo nell’islam approvata al Cairo il 4 agosto 1990 dai Ministri degli Esteri dei 45 Stati che aderiscono all’Organizzazione della Conferenza Islamica.

Nei due testi la questione della libertà religiosa viene affrontata in maniera diversa, anche se non è difficile rilevare il comune sostrato. La Dichiarazione di Parigi esprime, infatti, la salvaguardia delle minoranze religiose, affermando che «la condizione religiosa delle minoranze è fondata sul principio coranico: "Non c’è costrizione nella religione" (Cor. 2, 256)» (art. 10), e sottolinea che «ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia» (art. 12), citando poi la frase coranica: «A voi la vostra religione, a me la mia» (Cor. 109, 6). Tuttavia ad essa aggiunge un’affermazione che rende tutto il discorso ambiguo: «Fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. La Dichiarazione del Cairo d’altro canto afferma che «l’islam è la religione della natura dell’uomo» (art. 10), sottintendendo con ciò che va applicato ancor oggi per i non musulmani il «regime di minoranze protette» (dhimma).

Si lascia così immutato il quadro classico della shar’îa nell’ambito dell’organizzazione della società e si prendono le distanze da una visione egualitaria del pluralismo religioso e dalla laicità dello Stato, che è un principio fondante per molti Stati moderni. In fondo, questi testi si rifanno alla visione della libertà religiosa ad intra e ad extra sviluppatasi nel mondo musulmano con l’evoluzione della scienza del diritto che ha limitato, col passare del tempo, la libertà di dibattito e di opinione, assai ricca nei primi secoli, all’interno dell’islam stesso e presente, anche nella sua forma apologetica, negli incontri con esponenti delle altre religioni.

Con l’avvento della modernità e il nascere degli Stati nazionali, il desiderio di coesione tra le varie espressioni della società ha portato molte nazioni a maggioranza musulmana a sottolineare l’importanza della libertà religiosa e di una certa laicità dello Stato. Così è stato per il nascente Bangladesh o prima ancora con la promulgazione in Indonesia del Pancasila, anche se non sono mancati qua e là negli anni passati tentativi – come nel Pakistan di Ziaul-Haqq, nell’Arabia Saudita, in Iran e in Sudan – di riattivare nella legislazione elementi del diritto tradizionale, proprio in materia di libertà religiosa.

Ma non mancano ancor oggi capi di Stato musulmani che riaffermano il principio della libertà religiosa, come ha fatto alcuni giorni or sono la premier del Bangladesh Sheikh Hasina, la quale, partecipando a una festività indù, ha dichiarato che «la laicità (dello Stato del Bangladesh) non significa assenza di religione. Significa che gli appartenenti a a tutte le religioni hanno il diritto di praticare la propria, come è rammentato nel Sacro Corano».
Francesco Zannini
 
 
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13 novembre 2010

Pagare con il sangue.

Punjab, donna cristiana condannata a morte per blasfemia
Per la prima volta una donna viene condannata a morte per questo “reato” in Pakistan. La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986 dal dittatore pakistano Zia-ul Haq ed è diventata uno strumento di discriminazioni e violenze. La norma del codice penale pakistano punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e con la condanna a morte chi insulta Maometto.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Il Pakistan ha "varcato una linea" condannando a morte una donna cristiana per blasfemia. Asia Bibi, madre di due bambini, operaia agricola di 37 anni, ha ricevuto la sua sentenza da un tribunale del Punjab domenica sera. E’ stata giudicata colpevole di blasfemia, commessa di fronte ad alcuni colleghi di lavoro, in una discussione molto animata avvenuta nel giugno 2009 a Ittanwali. Alcune delle donne che lavoravano con lei cercavano di convincerla a rinunciare al cristianesimo e a convertirsi all’islam. Durante la discussione, Bibi ha risposto parlando di come Gesù sia morto sulla croce per i peccati dell’umanità, e ha chiesto alle altre donne che cosa avesse fatto Maometto per loro.
Le musulmane si sono offese, e dopo aver picchiato Bibi l’hanno chiusa in una stanza. Secondo quanto raccolto da “Release International” una piccola folla si è radunata e ha cominciato a insultare lei e i bambini. L’organizzazione caritativa, che sostiene i cristiani perseguitati, ha detto che su pressione dei leader musulmani locali è stata sporta denuncia per blasfemia contro la donna. Il direttore di “Release International”, Andy Dipper, ha espresso il suo shock verso la sentenza di domenica. “Il Pakistan ha varcato una linea – ha detto – condannando a morte una donna per blasfemia”. Bibi inoltre è stata multata dell’equivalente di due anni e mezzo di del suo stipendio.
Un’altra donna cristiana, Martha Bibi (non è parente di Asia), è sotto processo per blasfemia a Lahore. Secondo i dati della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. La legge sulla blasfemia costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.


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Essere Cristiani significa pagarlo con il sangue.
Mi e' rimbombato dentro.

Ma e' cosi'. Non c'è altro calice.

Non posso pero' non chiedermi: io, al suo posto, che farei? Io cosa posso fare? Io cosa faccio?
Di fronte a queste persone, questi martiri, mi sento ancora piu' piccolo.
E un po' meno Cristiano.
Il mio sangue? La mia testimonianza?
A volte rifiuto persino di sporcarmi le mani.

11 novembre 2010

Baghdad, strage nelle case dei cristiani.

Trattati come il peggiore dei nemici. Li hanno massacrati, dieci giorni fa, mentre pregavano in chiesa: 58 fedeli uccisi, tra cui tre sacerdoti. Li hanno attaccati l’altra notte e all’alba di ieri mentre dormivano nei loro letti: sei morti e 33 feriti. Bombe, 13, e colpi di mortaio a ripetizione contro le loro abitazioni, ormai “fronte” indifeso di una guerra unilaterale e vile.


«Cosa possiamo fare? Ci stanno dando la caccia casa per casa», dice affranto il patriarca caldeo Emmanuel Delly. Cosa possono fare? La comunità locale non ce la fa più. Nessun posto è più sicuro, nemmeno casa. E la gente si chiede perché è finita dritta nel mirino di al-Qaeda. Della cellula irachena di al-Qaeda.

Sono quelli di al-Qaeda che hanno minacciato, il 31 ottobre, dopo l’attacco alla cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad, di colpire i cristiani ovunque, dentro e fuori il Paese. Sono quelli di al-Qaeda che stanno mantenendo la folle promessa, in un’escalation di violenza senza precedenti. La seconda ondata di attentati contro l’indifesa comunità cristiana è iniziata l’altra notte nei quartieri di Amiriya e di al-Mansour, nella parte occidentale della capitale. Tre abitazioni sono state bersagliate da ordigni esplosivi artigianali e granate a mano lanciati da un gruppo di terroristi. Secondo il vicario episcopale siro-cattolico, monsignor Pios Kasha, tre persone sono rimaste ferite, tra cui un bambino di quattro mesi. Poi all’alba, tra le quattro e le sei, la strage. Due ore di autentico inferno. Prima sono state fatte esplodere alcune bombe proprio sull’uscio di quattro abitazioni nel distretto meridionale di al-Dora (quello a maggiore presenza cristiana). Gli edifici sono stati parzialmente distrutti dalla potenza delle esplosioni. Poco più tardi, altri ordigni e colpi di mortaio hanno raggiunto le case cristiane nelle zone orientali di Zaytouna e di Camp Sara. Case di famiglie che erano tornate recentemente a vivere nel loro Paese. È stata presa di mira anche una chiesa, che è rimasta gravemente danneggiata.

La gente vuole andarsene. «Negli ultimi due anni mia moglie ha cercato più volte di convincermi ad abbandonare il Paese ma non ero d’accordo – racconta Raed Wissan, cristiano di Dora –. Oggi credo abbia ragione: non voglio sentirmi colpevole se accadrà qualcosa di male ai miei figli». La comunità è ormai una pedina sulla scacchiera di al-Qaeda. I terroristi, che hanno perso terreno e bastioni in Iraq, colpiscono la minoranza più fragile per seminare il caos. La strategia in atto nel Paese è lampante. Come conferma Philippe Najm, procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede: «Stiamo assistendo al tentativo di trasformare lo scontro politico in scontro religioso, etnico e confessionale, utilizzando il popolo per raggiungere questo scopo». Restare, in queste condizioni, è sempre più difficile. Anche perché «nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest’ondata di violenza che ci travolge», spiega monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad. «Il terrore bussa alle nostre porte. Le famiglie sono sconvolte – aggiunge – Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo». Quindi l’appello: «Chiediamo un pronto intervento della Comunità internazionale e supplichiamo il Papa e la Chiesa universale di venire in nostro aiuto. Oggi non possiamo fare altro che sperare e pregare in lacrime».

Il Consiglio di sicurezza dll’Onu si è detto «sconcertato» dagli attacchi ai cristiani in Iraq. Cristiani che sono l’«avamposto della democrazia nel Paese», ha commentato l’ambasciatore francese. La Farnesina ha «condannato con forza», l’ondata di violenza e Franco Frattini (che ai primi di dicembre sarà a Baghdad) ha «sollecitato una discussione a Bruxelles in occasione del prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri». Gli occhi del mondo devono tornare sull’Iraq.

L'appello dell'arcivescovo di Baghdad.
Un accorato appello al Papa, alla Chiesa universale e alla comunità internazionale è stato lanciato attraverso l'agenzia vaticana Fides, da monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad,  "Il terrore - ha detto Matoka - bussa alle nostre porte. Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo. Il paese è in preda alla distruzione e al terrorismo. I cristiani soffrono sempre più e vogliono abbandonare il paese. Non abbiamo più parole". Nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest'ondata di violenza che ci travolge - denuncia l'arcivescovo - Ci sono poliziotti davanti alle chiese, ma oggi sono le case dei nostri fedeli a essere aggredite. Sono state colpite famiglie cristiane caldee, siro-cattoliche, assire e di altre confessioni, nel distretto di Doura". Quindi ha affermato: "Un profondo sconforto avvolge la nostra comunità. L'ondata di attacchi è sempre più forte. Dieci giorni fa la strage nella nostra cattedrale. Oggi hanno colpito le nostre case. Le famiglie piangono, tutti vogliono fuggire. È terribile".

Bertone. Il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, auspica che "le autorità irachene prendano in seria considerazione" la situazione dei cristiani nel Paese, dopo la nuova ondata di attacchi a Baghdad questa mattina. Rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della presentazione a Roma del primo bilancio della fondazione della Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, il "primo ministro" vaticano ha ricordato che "è una sofferenza indicibile quella delle comunità cristiane sparse nel mondo e in questo momento soprattutto in Iraq".

L'attentato di oggi, ha proseguito, "è un fatto molto doloroso. Stiamo riflettendo, come ha già fatto il Sinodo dei vescovi su questo grosso problema della persecuzione dei cristiani. Questa sofferenza indicibile delle comunità cristiane sparse nel mondo è, in questo momento, soprattutto in Iraq. Ma pensiamo anche ad altri paesi come il Pakistan e altri". Il Vaticano, ha spiegato Bertone, è "riconoscente perchè sia il governo francese che quello italiano hanno messo a disposizione mezzi per trasportare i feriti più gravi".

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Circa gli infedeli (coloro che non si sottomettono all’Islam) essi sono “gli inveterati nemici” dei musulmani [Sura 4:101]
I musulmani devono “arrestarli, assediarli e preparare imboscate in ogni dove” [Sura 9:95]
I musulmani devono anche “ circondarli e metterli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate, cercate i nemici dell’Islam senza sosta” [Sura 4:90]
“Combatteteli finché l’Islam non regni sovrano” [Sura 2:193]
“tagliate loro le mani e la punta delle loro dita” [Sura 8:12]
Un musulmano deve “combattere per la causa di Allah con la devozione a Lui dovuta” [Sura 22:78]
I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro [Sura 9:123]
I musulmani devono essere “brutali con gli infedeli” [Sura 48:29]
Un musulmano può uccidere ogni persona che desidera se è per “giusta causa” [Sura 6:152]- Allah ama coloro che “combattono per la Sua causa” [Sura 6:13]
Chiunque combatta contro Allah o rinunci all’Islam per abbracciare un’altra religione deve essere “messo a morte o crocifisso o mani e piedi siano amputati da parti opposte” [Sura 5:34]
“Chiunque abiuri la sua religione islamica, uccidetelo”. [Sahih Al-Bukhari 9:57] “Assassinate gli idolatri ogni dove li troviate, prendeteli prigionieri e assediateli e attendeteli in ogni imboscata” [Sura 9:5]
“Prendetelo (l’infedele n.d.t.) ed incatenatelo ed esponetelo al fuoco dell’inferno” [Sura 69:30]
“Instillerò il terrore nel cuore dei non credenti, colpite sopra il loro collo e tagliate loro la punta di tutte le dita” [Sura 8:12]

Mi si obbiettera' che anche nella Bibbia, Dio e' Il signore degli eserciti, che anche nella Bibbia sono presenti scenedi violenza varia, di uccisioni, che non sono solo prerogativa del Corano, etc..

Verissimo.
Non lo nego. Sarei bugiardo. La Bibbia e' piena di termini militari, di guerre, di uccisioni.
2010 anni fa, pero', mi pare successe qualcosa che merita di essere quantomento ricordato, non fosse altro che stravolse totalmente il mondo, compreso l'Antico Testamento. Non ve lo dico, provate ad immaginare a cosa mi riferisco.
Cambia il modo di Dio di rapportarsi con l'uomo.
Viene dato pieno compimento alle Scritture.
Qualunque interpretazione, quindi, che prescinde da questo, non e' veritiera.
Qualunque lettura della Bibbia che non viene fatta attraverso la lente di Cristo non puo' essere Cristiana. Strano, neh?

Non esiste quindi nessun parallelismo, nessun punto di similarita' tra Corano e Bibbia.

Non stiamo parlando della stessa cosa. Di due sfumature dello stesso colore.
Sono il bianco  e il nero.

Questi stanno applicando alla lettera queste Sure e sono buoni Islamici.
Non esiste altra chiave di lettura.

Le religioni non sono uguali. Non sono lo stesso brodo.
Non sono la stessa salsa.

Anzi, oso di piu'. L'islam non e' una religione, non solo quello almeno. Non ammette divisione tra politica e fede, l'Islam e' Integralista per sua natura.
E' un sistema politico teocratico, che vede Dio non come Padre, ma come dominatore.

Non sono un islamista. Pero' leggo. E ho uno sguardo libero e mi guardo intorno.
E vorrei sbagliarmi, in questo caso.








Una chicca OT. Petroldollari in azione. E cervelli in modalita' OFF.

09 novembre 2010

Dichiarazione islamica dei diritti dell'uomo (Approved by ONU) Parte Seconda

Articolo 13
Il lavoro è un diritto garantito dallo stato e dalla società ad ogni persona abile a lavorare. Ognuno è libero di scegliere il lavoro che ritiene migliore e che soddisfa i propri interessi e quelli della società. Il lavoratore ha il diritto alla salute e alla sicurezza nonché ad ogni altra garanzia sociale. Non gli può essere assegnato un lavoro al di là delle proprie capacità né si può assoggettarlo a violenza o sfruttamento. Egli ha il diritto - senza alcuna discriminazione tra maschi e femmine - ad un equo salario per il suo lavoro così come alle vacanze e alle promozioni che merita. Da parte sua, egli è tenuto a impegnarsi meticolosamente nel suo lavoro. Nel caso in cui i lavoratori e gli impiegati siano in disaccordo su questa o quella materia, lo stato interverrà per risolvere il conflitto, confermare i diritti e assicurare la giustizia in modo equo.

Articolo 14
Ognuno ha il diritto a guadagni legittimi senza monopolio, inganno o violenza sugli altri. L'usura (riba) è assolutamente vietata.

Articolo. 15
a) Ognuno ha il diritto alla proprietà acquisita in modo legittimo ed eserciterà i relativi diritti senza pregiudizio per se stesso, gli altri o la società in generale. L'espropriazione non è consentita tranne che per esigenze di pubblico interesse e dietro pagamento di un immediato ed equo indennizzo.
b) La confisca e la riduzione della proprietà è proibita tranne che per necessità dettata dalla legge.


Articolo 16
Ognuno ha il diritto di godere dei frutti dellapropria produzione scientifica, letteraria, artistica o tecnica nonché di proteggere gli interessi morali e materiali che ne derivano, a condizione che tale produzione non sia contraria ai principi della Shari'ah.
He... devo aggiungere altro? Si spiega da solo.
Non esiste liberta' di parola. Ne' di ricerca. Ne' di altro.


Art. 17
a) Ognuno ha il diritto di vivere in un ambiente sano, immune dal vizio e dalla corruzione morale, in un ambiente che favorisca il suo autosviluppo; incombe alla stato e alla società in generale il dovere di rispettare tale dirtto.
Chi decide cos'è il vizio? Indovinate...L'omosessualita', per esempio, e' viziosa? etc..
b) Ognuno ha il diritto all'assistenza medica e a ogni pubblica agevolazione fornita dalla società e dallo stato nei limiti delle loro risorse disponibili.
c) Lo stato assicurerà il diritto dell'individuo a una vita dignitosa che gli consenta di rispondere a tutte le esigenze proprie e a quelle dei suoi dipendenti, compresa l'alimentazione, il vestiario, l'alloggio, l'educazione, le cure mediche e ogni altro bisogno essenziale.

Articolo 18
a) Ognuno ha il diritto di vivere nella sicurezza per sé, la propria religione, i propri dipendent, il proprio onore e la propria proprietà.
Negli Emirati Arabi, ad esempio, proprio qualche settimana fa sono stati arrestati 2 preti e un po' di fedeli, cristiani, per aver osato dire una messa. Di nascosto, perche' e' reato. E non si possono introdurre bibbie. E se hai croci al collo, te la fanno togliere.
b) Ognuno ha il diritto alla privacy nella conduzione dei sui affari, nella sua casa, in famiglia e per questo attiene alla sua proprietà e alla sua rete di relazioni. Non è consentito svolgere spionaggio su di esso, porlo sotto sorveglianza o infamare il suo buon nome. Lo stato deve proteggerlo da interferenze arbitrarie.
c) L'abitazione privata è assolutamente inviolabile. Non vi si può accedere senza permesso dei suoi abitanti o in maniera illegale, né può essere demolita o confiscata e il suo arredamento asportato.

Articolo 19
a) Tutti gli individui sono eguali di fronte alla legge, senza distinzione tra il legislatore e il cittadino.
b) Il diritto di ricorrere alla giustizia è garantito a tutti.
c) La responsabilità è strettamente personale.
d) Non c'è crimine o punizione al di fuori di quanto previsto dalla Shari'ah. Un imputato è innocente fino a che la sua colpa non sia provata in equo processo nel quale egli disponga di tutte le garanzie della difesa.
...

Articolo 20
Non è consentito arrestare illegalmente un individuo o restringere la sua libertà, esiliarlo o punirlo. Non è consentito assoggettarlo a tortura fisica o psicologica o a qualsiasi forma di umiliazione, crudeltà o indegnità. Non è consentito sottoporre un individuo ad esperimenti medici o scientifici senza il suo consenso o a rischio della sua salute o della sua vita. Né è consentito promulgare leggi di emergenza che prevedano interventi d'autorità per tali azioni.

Articolo 21
La presa di ostaggi sotto qualsiasi forma e per qualsiasi motivo è espressamente vietata.

Articolo 22
a) Ognuno ha il diritto di esprimere liberamente la propria opinione in un modo che non contravvenga ai principi della Shari'ah.
Vi ricordate la blogger iraniana fatta fuori dal regime? Avete presente i giornalisti costretti a fuggire dai loro paesi, perche' su di loro pende una condanna a morte? Tutto regolare. Di che ci preoccupiamo?

b) Ognuno ha il diritto di sostenere ciò che è giusto e propagandare ciò che è buono e mettere in guardia contro ciò che è sbagliato e malvagio in conformità con le norme della Shari'ah Islamica.
c) L'informazione è una necessità vitale per la società. Essa non può essere sfruttata o distorta in modo tale da violare la sanità e la dignità dei Profeti, minare i valori morali e etici o disintegrare, corrompere o inquinare la società o indebolirne la fede.
d) Non è consentitto suscitare odio nazionalistico o ideologico o comunque incitare a qualsiasi forma di discriminazione razziale.
Questo articolo e' tutto una perla.

Articolo 23
a) Autorità è fiducia; il suo abuso o il suo malevolo esercizio è assolutamente vietato, affinché i diritti umani fondamentali possano essere garantiti.
b) Ognuno ha il diritto di partecipare, direttamente o indirettamente alla amministrazione dei pubblici affari del suo paese. Egli ha anche il diritto di assumere cariche pubbliche con le disposizioni della Shari'ah.
Hei, hei, hei, ma l'articolo 1? Tutti gli uomini sono uguali.. E qui mi si dice che solo con le disposizioni della Shari'ah si puo' accedere alle cariche pubbliche. Adesso, non sono un esperto, ma posso immaginare che la Shari'ah sia poco tenera in merito? Posso avere qualche sospetto che la vita di un politico non islamico, o comunque non conforme alla Shari'ah sia quantomeno difficile?

Articolo 24
Tutti i diritti e le libertà enunciate nelle presente Dichiarazione sono soggette alla Shari'ah Islamica.

Articolo 25
La Shari'ah Islamica è la sola fonte di riferimento per l'interpretazione di qualsiasi articolo della presente Dichiarazione.
Ma non potecate dirmelo prima? Io sto qui a leggermi tutto, a commentarlo piu' o meno bene, e voi mi dite che questo foglietto posso usarlo per pulirmi il culo, tanto voi avete la Shari'ah. Pardon, NOI abbiamo la Shari'ah. Siamo anche noi nell'ONU.














Ditemi voi se e' normale tutto questo.
Se e' tollerabile.
Se vivreste mai in uno stato con delle leggi del genere?
Io no.

Lascereste che i vostri figli vivano in uno stato con delle leggi del genere?
Io no.
E lo sapete che in Inghilterra esistono i tribunali islamici che possono giudicare chi lo richiede secondo la Shari'ah.

E chiunque approva, appoggia, preferisce la Shari'ah, non puo' che rinnegare i diritti universli dell'uomo. Non dimentichiamocelo mai.