Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



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22 maggio 2012

VERGOGNA totale

(18 maggio 2012) 

Riforma La legge sulla Protezione civile

Una calamità distrugge la casa? Da oggi lo Stato non paga i danni

L' assicurazione Sarà necessario stipulare una polizza di assicurazione per coprire i rischi di eventi naturali


ROMA - La calamità naturale sarà a carico del cittadino. In caso di terremoto, alluvione, tsunami e qualsivoglia altra catastrofe, non sarà più lo Stato a pagare i danni. A ricostruire l' edificio crollato o pieno di crepe, casa o azienda che sia, dovrà provvedere il proprietario. A sue spese. O stipulando, previdente, una relativa polizza di assicurazione. La novità, enunciata chiaramente, si trova nel decreto legge n.59 sulla riforma della Protezione Civile pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. In cui si afferma che «al fine di consentire l' avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, possono essere estese tutte le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di fabbricato appartenente a privati». E questo per poter «garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione». Cosa che lo Stato non può più permettersi per cronica carenza di fondi. La normativa non ha effetto immediato[grazie 'ar cazzo N.d.L.]: il decreto legge prevede infatti «un regime transitorio anche a fini sperimentali». Entro 90 giorni dovrà essere emanato un regolamento che stabilisca modalità a termini per l' avvio del regime assicurativo. Ed è poi probabile che i tempi si allunghino. O che si trovino dei correttivi. Ma la tendenza è quella. Confermata dalle parole di Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile: «Quella sull' Aquila è stata l' ultima azione di intervento sulla popolazione» ha detto ieri ai Giovani imprenditori di Confindustria. «Purtroppo per il futuro dovremo pensare alle assicurazioni perché lo Stato non è più in grado di fare investimenti sulle calamità: gli aquilani sono stati gli ultimi a ricevere assistenza». Su questa linea procede anche la norma che riduce la durata dello stato di emergenza, ossia del periodo in cui lo Stato si accolla le spese: 60 giorni, con un' unica proroga di altri 40. Fine delle emergenze pluriennali. Per adesso l' assicurazione sarà soltanto di tipo volontario (con agevolazioni fiscali). E già questo principio potrebbe porre dei problemi giuridici in quanto sancisce la disparità tra cittadini che vivono in zone a rischio e quelli che hanno la fortuna di abitare in aree sismiche o soggette a pericoli idrogeologici. Senza contare che le compagnie di assicurazioni, nel primo caso, pretenderebbero premi molto costosi. La soluzione potrebbe essere rendere l' assicurazione obbligatoria per tutti. Con un costo calcolato in circa 100 euro per abitazione. Secondo Adolfo Bertani, presidente del Cineas (Consorzio universitario specializzato nella cultura del rischio), questa «è una svolta epocale perché si introduce anche in Italia la responsabilità diretta del cittadino nella tutela dei propri beni e di una nuova cultura di rispetto del territorio. Si passa da welfare state alla welfare community».

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Sarà...

Ma a questo punto, mi chiedo io, che senso ha  lo Stato?
Su quale patto sociale si fonda?
Che cos'è lo Stato?

Quanti lo sapevano?

Questa mossa mi sembra davvero una porcata epocale, poi si da contro a chi abbozza tendenze separatiste o federaliste perchè bisogna aiutare il Sud.
Nord e Sud devono aiutarsi nel cammino verso la crescita.
Chi ha più soldi è giusto che paghi più delle fasce deboli.
Accogliamo e diamo una casa agli immigrati, dobbiamo essere generosi.
Chi più ha più dia.
Ciascuno si responsabilizzi per aiutare, etc...

Che van bene, per carità, sono sicuramente esigenze che non possono essere ignorate in uno Stato.
Ed è compito dello Stato risolvere criticità, se possibile.

Ma allora chi è vittima di catastrofi naturali?
S'arrangi perchè se l'è cercata?



Non capisco, allora tutta la storia della solidrietà, di aiutare i più deboli, le fasce meno fortunate, gli immigrati, etc erano solo cazzate populiste?
A quanto pare...

E così finalmente cadde il velo.


È la definitiva manifestazione dell'"aiutiamo tutti eccetto che noi".
È la morte dell'essenza dello Stato, che priva del seno i propri figli per allattarne altri.

Patria? Mah...



 Da notare poi il tempismo...Manco l'avessero chiamata.

28 aprile 2012

Rivoluzione, se... rivoluzione d'Egitto



Fare sesso con la moglie morta? In Egitto presto sarà possibile, anche legalmente. La notizia è riportata dal Daily Mail, che riprende quanto apparso su alcuni media egiziani. I mariti potranno 'consumare' con le mogli defunte fino a sei ore dopo il decesso di queste ultime.

La nuova legge dovrebbe essere inserita all'interno di un pacchetto di misure che stanno per essere approvate dal Parlamento (a maggioranza islamista). Fra queste, anche l'abbassamento a 14 anni dell'età minima per contrarre matrimonio e l'abolizione dei diritti all'istruzione e al lavoro per le donne.

Immediata la presa di posizione del National Council for Women egiziano, organizzazione che difende i diritti delle donne, che ha lanciato una campagna contro questi 'cambiamenti'. Secondo il National Council for Women, l'emarginazione e l'indebolimento dello status delle donne potrebbero influire negativamente sullo sviluppo umano dell'Egitto.


 Ma no, ma davvero?
Ma non doveve essere la rivoluzione di primavera? La rinascita dei diritti dopo la terribile dittatura di Mubarak? Il trionfo della democrazia, etc...

Ma tutti i somari che di questo periodo, un anno fa, esultava e giubilava, ora, che diranno?

Che era imprevedibile, che non si poteva... ma per piacere.
Si sapeva che avrebbe preso questa piega, lo sapevano tutti, in molti lo avevano già denunciato...

Vabbè, tanto mica ci abitano loro in Egitto, si arrangeranno.




Comunque dopo la Libia e l'Egitto quali altri stati saranno dati in pasto all'Islam (ma moderato, oh!)

Da notare come il cuore di ogni articolo in rete, al momento, sia solo sul sesso con il cadavere... mah...

13 aprile 2012

Tituli 0 - S.Luigi 1

Viterbo, scompaiono i cinema E si dirà messa in sala: per evitare l'Imu

Chiusi il Lux, l'Azzurro, il Metropolitan, il San Leonardo. E adesso il Trieste: contratto scaduto con la Curia, che sembra intenzionata a trasformare lo spazio in luogo di culto


ROMA - Il cinema Lux. L'Azzurro. Il Metropolitan. Il Corso. Il San Leonardo. E l'ultimo caduto: il cinema teatro Trieste. Una via crucis sui luoghi perduti della vita culturale. Una sorta di funerale pubblico in programma il prossimo 21 aprile a Viterbo: La tappa più dolorosa è di fresca chiusura: il Trieste, che ha salutato i suoi spettatori pochi giorni fa con una proiezione gratuita di «The Artist», era l'ultimo spazio in città dove vedere film d'autore e spettacoli teatrali. Sala strapiena, commozione, racconta l'esercente Michele Sessa, che con il padre Paolo da vent'anni gestiva la sala parrocchiale che tra un film e l'altro ospitava spettacoli e laboratori teatrali.

Il pubblico in sala al «Trieste» durante una delle ultime proiezioni
I Sessa hanno restituito le chiavi alla Curia, il contratto era scaduto. Erano certi lo avrebbero rinnovato. Invece il vescovo, raccontano gli animatori del Comitato che si è formato in città in difesa del Trieste, ha fatto sapere che si riprendono le mura.
Qualcuno racconta che il sabato il vescovo ha in programma di celebrarci la Messa, trasformando quel cinema-teatro da 200 posti in un luogo di culto. Forse la ricostruzione in chiave anti-Imu è eccessiva, resta il fatto che Viterbo, città d'arte, centro storico bellissimo, perde uno spazio che offriva alternative serali ai tanti studenti anche fuorisede, oltre che ai residenti. «Il Trieste era rinato nel 1992 proprio con l'idea di assicurare alternative al nulla ai giovani: in accordo con il parroco di allora, don Sebastiano Fasone, lo gestivamo come spazio aperto alla città» ricorda Michele Sessa. «Le mura sono della Curia, hanno diritto di farne ciò che vogliono. Ma tra poco, quando chiuderà per ristrutturazione anche il cinema Genio, di proprietà comunale, qui in città non resterà nulla».
Chi vuole vedere un film a Viterbo deve prendere la macchina arrivare alla multisala di Vitorchiano, oppure fermarsi al Trento, altra sala parrocchiale dal futuro incerto. La crisi della sale indipendenti (spesso ospitate in edifici religiosi) è drammatica. Non va meglio per il teatro: quello comunale è chiuso per ristrutturazione, non si sa quando riaprirà. Bisogna spingersi a Tuscania. «Per questo ci stiamo attivando», spiegano gli animatori del Comitato «Cinema Trieste aperto», che hanno attivato un gruppo su Facebook. «Chiudere spazi per la cultura è un danno, la città rischia di morire».
Il 21 sperano di chiamare a raccolta tanti viterbesi, fedeli cinefili e non solo. L'amministrazione, raccontano con rammarico, per ora tace. Parlano invece i simpatizzanti del Trieste che rimbalzano tra radio (se n'è occupata RadioDue con Caterpillar) e Twitter. Dove Giovanni Veronesi ha lanciato un appello per il cinema Trieste: non lasciatelo morire». Il regista lancia una proposta: «Dobbiamo farlo riaprire a costo di occuparlo come il Valle». Ma non tutti a Viterbo sono pronti a seguirlo in un'eventuale occupazione. «Non siamo contro la Curia, sia chiaro». In fondo è pur sempre la città dei Papi.

Fonte

Tituli 0

Inutile sottolineare che il titolo si basa tutto su un "Qualcuno racconta"che potrebbe tranquillamente essere l'amico di mio cuggino che fa karate e se glielo dico io poi lui ti picchia.
Ma vabbè, lo sappiamo.

S.Luigi 1

Il resto dell'articolo, tutto l'articolo, parla invece di un tema interessante, la scomparsa delle sale indipendenti o comunque la loro difficoltà a sopravvivere.
Nel caso specifico probabilmente la Curia non ha rinnovato il contratto perchè non doveva essere particolarmente in attivo o perchè il canone era troppo basso, e mi pare legittima come scelta, dopotutto i soldi non crescono sugli alberi, nemmeno in Vaticano.
Tralasciamo il fatto che almeno una parte di chi si lamenta ora per la morte della cultura, etc... avrà anche manifestato affinchè la chiesa paghi l'IMU su tutto il possibile (nella pratica non cambia nulla, quello che veniva pagato prima verrà pagato anche adesso, e ciò che era esente prima è esente adesso, però è il concetto che si manda in cortocircuito da solo, pretendi cultura da chi vuoi mazziare?).

Come fare a gestire un cinema parrocchiale?
Come cavolo fanno gli altri cinema parrocchiali a funzionare, se ne esistono che funzionano? Sono sicuro che i multisala non sono solamente a Viterbo e dintorni, magari sono anche a Vimercate,  e che in ogni caso la concorrenza è forte ovunque.
Come fa un cinema, diciamo a Concorezzo, vicino a Vimercate, a sopravvivere e a continuare a proporre cultura?

Limitando le spese non pagando gli stipendi a chi ci lavora, facile.
Schiavismo? Servitù?
Volontariato.
Un esercito di volontari.
Adolescenti, universitari, adulti e pensionati che ogni giorno si danno da fare per tenere viva questa realtà.
Il bello è che nostro il cinema non si limita a vivacchiare, non annaspa sotto il pelo dell'acqua con difficoltà, spinto nell'abisso dalle Torri, stretto da debiti a da scarse entrate a corto di energie.
Se la cava egregiamente, certo, non utili stellari, non il giro di spettatori delle Torri ma si tira avanti senza preoccuparsi troppo.
E il cuore di tutto questo sono proprio i volontari (e il palinsesto teatrale, in effetti).

Non certo stacanovisti, pazzi furibondi votati alla causa della cultura fino alla morte.
Vedo mio fratello, un turno ogni due settimane circa, fatto senza particolare entusiasmo, ma fatto bene.
Oppure penso a me fino all'anno scorso, che ogni tanto qualche turno lo saltavo per dimenticanza, ma 6-7 orette al mese le trovavo senza salti acrobatici o virtuosismi dell'agenda.
E questo per citare "i meno meglio".
E penso a tutti gli altri che tutt'ora dedicano come minimo qualche sera, anche qualche Sabato sera, della loro vita per tenere aperto un cineteatro di provincia con professionalità e serietà ineccepibili.
Baristi, palchisti, macchinisti, cassieri, le sciure della pulizia, chi organizza tutto il palinsesto, chi tiene i conti, chi commenta i film d'essai, chi aggiorna il sito internet...
E un cineteatro va avanti sul loro lavoro, sul loro lavoro volontario, senza mugugni, senza occupazioni, senza rumore.

Niente concessioni, niente contratti, solo l'affetto per un luogo, l'amore per il bello e la convinzione che le cose belle meritino i nostri sforzi, con gioia.

Quindi chi protesta per la chiusura del Trieste non pensi nemmeno per un istante ad occuparlo, se lo tolga dalla mente; venga a Concorezzo al S. Luigi a vedere come si fa.
O in un'altra delle centinaia di sale che vivono rombando con lo stesso motore, con il medesimo carburante.
Poi tornino a Viterbo, gli concedo due settimane per organizzarsi, contarsi, guardarsi in faccia  e poi vadano dal parroco e si propongano di tenere loro aperto il cinema una sola sera a settimana.
Il Lunedì sera, cinema d'essai, tutto qua.
Fatto, il cinema è salvato, poi magari negli anni il gruppo si affiata, cresce, prende fiducia e si implementa la proiezione del Venerdì, del Sabato, poi due film a settimana, i volontari diventano 100, lo si apre tutte le sere...
Basta farlo.

Citare Kennedy sarebbe fin troppo banale, ma evidentemente la banalità è andata persa.


"Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi.
Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese."
O meglio

"Non chiedetevi cosa può fare il vostro X per voi.
Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro X."
Con X=cinema, città, scuola, comune, etc...


Ovviamente questo funziona se esiste un concetto di società alla base, una cultura della comunità, una comunità. Chi fa il volontario non cresce dal nulla. Anche i funghi anno bisogno come minimo di una spora e di parecchia acqua.
Oggi, nelle nostre città, acqua e spore dove stanno, se ci stanno?

Ovviamente, questo è il nostro cinema.

16 marzo 2012

Manca metà.

Torno ancora su Kony2012 ma solo per partire subito per la tangente, perdonatemi.

Riassunto della faccenda e antefatto.
Una ONLUS Statunitense ha girato e messo in rete un video, fatto benissimo per convincere le persone, un po' meno per informarle, dove sostanzialmente si chiede l'aiuto del popolo del web per convincere i politici ad intervenire in Uganda per fermare un signore della guerra, Kony appunto, che ha seminato panico e distruzione per 26 anni.
Bello, yeah, armiamoci e partite.

Il video esalta per i primi 10 minuti almeno, e nei 10 minuti conclusivi,(oltre il 50% dei 30 minuti di durata) il potere del web2.0 la potenza della comunicazione, la forza del popolo unito, di un movimento dal basso, di etc...
Verissimo, nulla da eccepire.
Se però mi è permesso dire la mia, questo ragionamento, per giusto che sia, è manchevole di una gamba, o di un remo.
E una barca a remi senza un remo è condannata a girare in circolo per l'eternità, cosa che, a mio parere, non dev'essere particolarmente piacevole.
Quindi un remo è potere, e ci siamo, ma l'altro, quello che manca?
L'altro è RESPONSABILITÀ.
Parola strana responsabilità. Bella e un po' minacciosa.
Responsabilità.

Innegabile il fatto che il popolo se si muove unito ha un grande potere, bisogna anche vedere se ha la responsabilità per poterlo utilizzare BENE.
Perché decidere, se non si decide bene, è una bella fregatura.

Supponiamo di essere in un futuro prossimo alternativo, 2015d.C. .
Finalmente democrazia, anzi, Democrazia.
Il popolo, grazie al web 2.0(c'è stato uno stallo nelle ricerche) può prendere parte direttamente ai processi decisionali, o meglio, è l'unico soggetto autorizzato a prenderli. Insomma, tutti votano tutto.
30.000.000 decidono che sia necessario un forte intervento per spazzare via Kony. Quel maledetto ha la pellaccia dura e coriacea ed è riuscito a scampare per ben 3 anni continuando ad arruolare bambini soldato in Uganda.
La decisione è presa, i 30.000.000 esultano, finalmente si pone fine alla questione. Il popolo è riuscito dove i governi hanno fallito.
Gli F-22(si, li abbiamo comprati, sigh) si alzano in volo, scaricano 5-6 tonnellate di missili sul rifugio di Kony e sul kilometro circostante. Un cratere unico, fumo e i 5000 soldati di Kony in purea. 5000 soldati bambino, le vittime di Kony.
Il comando militare, imbarazzato, fa sapere la notizia, doveva essere solo il bunker di Kony, da solo, invece era una base con tutto il suo esercito di minori.
Peccato.
Il web si mobilita, raccolte 40.000.000 approvazioni per inviare le condoglianze.
E 50.000.000 per farla pagare al responsabile.
Ma chi è il responsabile?
Il pilota? No, decide l'esercito.
L'esercito? No, ha deciso il popolo.
Il popolo quindi.
Ma in che proporzione? 5.000 a testa? 0,00016 a testa? Chi è il responsabile?
Boh.

Nel caso specifico, quindi tornando nella realtà, non si parla di nessun bombardamento, ma di un intervento diretto degli USA tramite l'invio di uomini(in realtà tutto questo è già avvenuto...misteri della fede).
Non cambia però la dinamica. Sotto pressione di un elevato numero di persone disinformate e senza le competenze per prendere una decisione, si vuole spronare il governo ad agire.
Rimango sempre perplesso.

Sono tutti pronti ad assumersi le proprie responsabilità?


Il web è un mezzo estremamente potente, vero, ma questo potere difficilmente si concilia con la responsabilità ad esso collegata.
E grazie al cielo, quindi, che al momento questo potere non viene esaltato come si vorrebbe.






Anche su questo manifesto avrei da ridire.
È la dimostrazione che tutto in questo movimento ruota attorno esclusivamente agli USA. È rivolta ai politici USA e ai loro elettori. Non riguarda noi e nemmeno l'Uganda.



PPS: una curiosa partizione del popolo:
Una maggioranza schiacciante è quella che vota berlusconi, guarda studio aperto e non si perde un cinepanettone, ama il becero calcio, non legge giornali, non si informa, si fa manipolare dall'alto, non è critica.
Poi c'è l'altra maggioranza schiacciante, quella che redime, che non vota berlusconi, che non guarda studio aperto, al cinema solo film d'essai, solo libri impegnati, che non guarda la tv e nel caso solo programmi intelligenti, che non ama il grezzo calcio, etc...

Ma la verità è che il popolo è uno solo, che fa tutte le cose sopra indicate e che statisticamente non prende la decisione migliore, ma solo quella media.

13 marzo 2012

'(O)NU spasso proprio.

"L'ONU IN CAMPO - Nel frattempo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, è intervenuto per sottolineare che il governo siriano sta facendo un uso «sproporzionato» della forza in alcune città. Non solo: per il numero uno del palazzo di vetro, Damasco è responsabile di un «assalto militare» e di «operazioni vergognose». Ban Ki Moon ha poi esortato Assad a dare una risposta all'inviato speciale dell'Onu, Kofi Annan, che domenica ha chiesto la cessazione delle violenze e l'apertura di corridoi umanitari. Al tempo stesso il vertice delle Nazioni Unite auspica che il Consiglio di sicurezza riesca ad uscire dall'impasse sin qui creata dai veti di Cina e Russia e che sulla Siria inizi a parlare con voce sola. Annan, nel frattempo arrivato ad Ankara, ha sottolineato che «ie uccisioni di civili devono fermarsi adesso» e che «il mondo deve mandare un messaggio chiaro, che questa situazione è inaccettabile». Mentre Ban Ki Moon parlava a New York, al Consiglio dei diritti umani dell'Onu di Ginevra Paulo Pinheiro, presidente della Commissione d'inchiesta internazionale sulla Siria, ha presentato il suo rapporto: «L'esodo continua verso il Libano, la Giordania e la Turchia - ha spiegato Pinheiro -. La situazione disperata dei civili deve essere affrontata con urgenza assoluta». «È imperativo interrompere il ciclo di violenza in Siria - ha aggiunto - e scongiurare un escalation degli scontri armati in una guerra civile»."



In Siria è un anno che si spara sulla folla a cannonate e l'ONU cosa dice?
Che si fa un uso sproporzionato della forza.
A parte il fatto che una dichiarazione del genere sottintende l'esistenza di una soglia sotto la quale cannoneggiare la propria gente possa essere ritenuto "proporzionato", è la reazione in se stessa che è da alienati dal mondo.





07 marzo 2012

Il coraggio di essere

"La vera festa della donna è il coraggio di essere donna e di imporsi come tale ogni giorno, infischiandosene del giudizio. Sostiene «non del tutto a torto» (ormai parlo come Monti, scusate) una mia cara amica: il mondo avido e violento di voi maschi etero ha miseramente fallito, ora tocca a noi donne e ai gay costruirne uno più umano."



Direi che da maschio etero avido e violento(e anche insensibile e cafone) delle parole di Gramellini me ne infischio.
Però da maschio etero la cosa un po' mi infastidisce.
In pratica le donne devono essere donne ogni giorno, imponendosi(?) come tali.
Mentre gli uomini non va bene che siano tali(sono avidi e violenti) ma dovrebbero essere checche.
E la parità dei sessi?
Ovvero, un uomo non dovrebbe essere uomo ogni giorno imponendosi(?) come tale? Esattamente come vale per le donne?
A quanto pare no.
Perché uomo maschio è sinonimo di avidità e violenza.

Eppure Gramellini fino alla fine sembrava portare avanti un pensiero ragionevole.
La donna torni a fare la donna, che abbia priorità da donna, ruoli da donna, sia se stessa, non una copia di un uomo.
Poi con un salto mortale doppio male eseguito atterra di faccia e combina l'irreparabile.
L'uomo la smetta di fare l'uomo.
Incappando nello stesso errore che ha denunciato poche parole prima ma a parti inverse.

Ma un mondo dove ciascuno è libero di essere pienamente se stesso e di compiersi nella verità di se non è sufficientemente umano?
È necessario eliminare una categoria di uomini, i maschi eterosessuali, per essere più umani?



Le donne siano donne, gli uomini siano uomini e per carità, i gay siano gay.
Non col mio culo.

30 novembre 2011

Togliete alle donne ogni dignità e saranno docili.

Pochi giorni fa i salafiti hanno colpito Iqbal Gharbi, la prima docente di psicologia all’università tunisina della Zaytouna, ovvero l’università islamica di Tunisi che vanta una tradizione di studi e ricerca che mirano a coniugare islam e laicità. La Gharbi è una fautrice di una interpretazione in chiave moderna dell’islam e del testo coranico. Nominata dal governo di transizione direttrice responsabile di Radio Zaitouna si è vista occupare l’ufficio da un gruppo di uomini, sempre con barba lunga e tunica bianca, che si sono identificati come membri del “Comitato tunisino per la promozione del bene e la proibizione del male”
 [...]
Amel Grami, docente di Religioni comparate all’Università della Manouba, che ha denunciato non solo il peggioramento della condizione della donna dopo la rivoluzione, ma anche i numerosi casi di violenza. In un recente articolo ha scritto: «Niente più paura dopo oggi… questo è stato il motto subito dopo avere cacciato la dittatura, ma purtroppo il cerchio della paura è tornato a soffocarci. […] Non pensavamo che la dittatura avrebbe lasciato il posto a una nuova dittatura così rapidamente, non avremmo mai immaginato che la nuova dittatura, dopo la rivoluzione di cui siamo stati orgogliosi, fosse all’insegna del velo integrale e delle sale di preghiera nell’università» [...]
D’altronde un movimento islamico che tra i suoi candidati aveva Souad Abderrahim, una donna senza velo potrebbe anche schierarsi contro chi vorrebbe imporre il niqab nelle università tunisine… ma sarà difficile. La Abderrahim che ha dichiarato che al-Nahdha «non interverrà sullo stile di vita dei tunisini e delle tunisine, non intaccherà i diritti acquisiti delle donne e non ha piani segreti per l'islamizzazione del Paese», al contempo ha già sollevato polemiche nel momento in cui ha affermato che «vergogna per i paesi arabi musulmani che mostrano clemenza per donne che compiono atti abominevoli fuori dal matrimonio». «Si tratta di peccatrici - ha affermato la neoeletta -, che eticamente non avrebbero diritto di esistere»
 [...]
 
Fonte

E passa tutto come se fosse giusto e naturale. In fondo è una religione di pace e amore.

Pero' poi scatta un vespaio se un somaro che conta picche parla di togliere i libri per far tornare le donne a partorire.
Ok, va benissimo, ma resta sempre un somaro che conta picche.
Mentre a 1000km da casa nostra non si tratta di somari che contano picche che dicono stronzate, ma gente che è al potere e che comincia ad agire.

La differenza e' la stessa esistente tra un marmocchio che ti spara con le dita e fa <bang> con la bocca impiastricciata di marmellata o nutella e un rapinatore che ti punta la pistola contro e non vuol sentir ragioni.

Certo, a prendersela con il pupo non si rischia nulla.



Oppure questo.

la punizione. Uno, due, tre, dieci colpi per spezzare quella donna che gli stava sfuggendo, che «voleva cambiare vita», che aveva smesso di portare il velo, si sforzava di parlare italiano, frequentava altre mamme e aveva trovato negli ambienti della parrocchia, tra i volontari della Caritas e il gruppo ricreativo per i bambini, aiuto, solidarietà e parole nuove.
Fonte
E' forse meno grave un somaro che agisce di uno che parla?

Perchè allora ci si indigna di più per il secondo?

24 novembre 2011

La Libia è reale

e in quanto tale continua ad esistere, anche se noi non ne parliamo.
Ma cosa succede oggi in Libia? Chi ha vinto le elezioni democratiche?
Chi sta finalmente guidando il paese oramai in pace verso il meritato boom che le era precluso dalla presenza del dittatore Gheddafi?
Mistero. Non ne parla più nessuno. Come se la Libia fosse stato un passeggero sghiribizzo primaverile, assopito con il caldo dell'estate e definitivamente sfiorito sotto le piogge autunnali.
Invece no, la La libia c'è ancora e non se la passa di certo bene. Anzi, sicuramente, se dovessimo tornare indietro di 365giorni da oggi, noteremmo un deciso peggioramento.

Ma vediamo bene cosa sta succedendo...

Doveva avere un radioso avvenire di sviluppo economico e democrazia grazie anche al sostegno alla stabilizzazione della comunità internazionale. Invece, a poche settimane dalle visite trionfali a Tripoli e Bengasi di Nicolas Sarkozy, David Cameron, Recep Erdogan e Anders Fogh Rasmussen, la Libia sembra aver perso interesse per la comunità internazionale.
I leader politici occidentali non ne parlano quasi più e, a quanto sembra, neppure se ne interessano anche se i ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno sottolineato con preoccupazione che «saccheggi e vendette ancora continuano». L’ipotesi di impegnare i tredici Paesi che avevano preso parte alla Guerra contro Gheddafi in una missione di addestramento e stabilizzazione resta però congelata da veti incrociati.  Il Qatar, che ha speso miliardi di dollari per finanziare i ribelli e inviato  clandestinamente 5mila suoi soldati a prendere Tripoli, vuole il commando di una forza di pace internazionale alla quale nessuno sembra però voler partecipare agli ordini di Doha. I qatarini sono poco apprezzati anche a Bengasi per il loro evidente sostegno agli estremisti islamici che cominciano a dettare condizioni agli esponenti del Consiglio nazionale di transizione.

Tra i molti esponenti libici che accusano il Qatar di ingerenza anche l'ex ministro degli Esteri di  Gheddafi passato da subito dalla parte dei ribelli, Abdel Rahman Shalgham. «La Libia non sarà un pezzo dell’emirato del Qatar - ha affermato - il Consiglio Nazionale di Transizione ha accettato dal paese imposizioni che la maggior parte dei libici avrebbe rifiutato». L'ex premier del Cnt, Mahmoud Jibril ha accusato il Qatar di «aver giocato un ruolo più grande delle sue capacità in Libia» e di aver sostenuto le milizie islamiste dello sceicco Ali al-Salabi.

Anche gli esponenti libici contribuiscono non poco al caos che sembra dilagare nell’ex regno di Gheddafi.  «Siamo contrari alla presenza di basi militari straniere in Libia così come alla presenza di contractors stranieri per la protezione dei giacimenti petroliferi», ha affermato il premier in pectore del Cnt libico, Abdurrahim al-Keib, in un'intervista alla tv araba al-Jazira. «Esistono in Libia sistemi e organismi addetti alla protezione dei siti petroliferi siamo in grado di proteggerli benissimo da soli».  Anche se in Europa se ne parla poco o nulla la guerra in Libia non sembra infatti essere conclusa e del resto proprio il Cnt chiese invano alla Nato di prolungare le operazioni fino alla fine dell’anno.
Il Fronte di liberazione, organismo fondato e guidato dal secondogenito di Gheddafi, Seif al-Islam, controllerebbe tutto il Sud del Paese secondo la propaganda dei seguaci del Colonnello e sarebbe in grado di colpire anche in Tripolitania e Cirenaica. La cattura di Saif al-Islam e di Abdullah al-Senussi (quest’ultima non confermata), capo dell'intelligence del regime di Muhammar Gheddafi, sembrano aver concluso la guerra tra il Cnt e il regime del Colonnello anche se la conferma che saranno processati in Libia e non dal Tribunale Penale Internazionale dell’Aja lascia aperti molti dubbi. In ogni caso non è detto che con la loro cattura sia terminata anche la conflittualità in un Paese che rischia di sprofondare nel caos. Soprattutto a causa delle forti divisioni interne al Cnt dove da più parti emergono critiche pesanti alla tribù di Misurata, accusata dai cirenaici di prepotenze e di cercare di imporre la sua leadership.

Un confronto tribale che si sta spostando sul campo di battaglia. Dopo gli scontri sporadici tra bande rivali a Tripoli, in ottobre, la scorsa settimana si è combattuto nei dintorni di Zawiya dove si susseguono gli scontri tra due milizie armate che hanno provocato almeno 13 morti. Una delle milizie in campo, i cui membri fanno parte della tribù Werchefana, sono accusati di far parte della resistenza lealista e  potrebbero essere appoggiati dai clan della tribù warfalla di Bani Walid, ultima roccaforte del raìs a cadere insieme a Sirte. Oggetto del contendere è una caserma delle forze di Gheddafi piena zeppa di armi e munizioni, un vero tesoro in un momento in cui la Libia, priva di controllo a frontiere terrestri, spazi marittimi e aerei  è un vero paradiso per chi voglia arricchirsi trafficando armi come confermano i rapporti delle autorità algerine e tunisine che intercettano quasi ogni giorno carichi di armi dirette alle milizie di al-Qaeda nel Maghreb.

Come accadeva durante la guerra le informazioni fornite dal Cnt restano inaffidabili e in buona parte false ma pare evidente il fallimento del piano di smilitarizzare le bande e costituire l’embrione di un esercito libico. A questo proposito il 15 novembre è fallito il tentativo dei vertici militari libici di nominare un nuovo capo dell'esercito sono fallite miseramente.  «Ci sono ancora troppe divergenze», ha detto il colonnello Nasser Busnina. Trecento ufficiali e soldati, ai quali si sono aggiunti decine di "katayeb", i miliziani civili, si erano riuniti nella base aerea di Benina (Bengasi) ma il caos si è rapidamente impadronito della riunione. Alcuni partecipanti hanno manifestato disappunto per la presenza di alcuni ufficiali in tribuna mentre altri si sono opposti al termine di "formazione" di un esercito nazionale che era all'ordine del giorno, preferendogli quello di "riorganizzazione”.
Numerosi ufficiali si erano uniti ai ribelli durante la guerra ma vengono considerati con diffidenza e ostilità dalle milizie civili tribali che aspirano al controllo della sicurezza. Per questo il 20 novembre 150 ufficialihanno nominato il generale di divisione Khalifa Belgacem Haftar “nuovo comandante in capo" dell'esercito libico senza l’avvallo del premier, Abdulrahim el-Keib o del Cnt. Riuniti nella citta orientale di al-Baida hanno scelto all'unanimità il generale Haftar "per la sua anzianità di servizio, esperienza e capacità di comando così come per gli sforzi che ha fatto per sostenere la rivoluzione del 17 febbraio", ha dichiarato il generale Fraj Bunseira, capo del Consiglio Militare di al-Baida che a questo punto diventa l’ennesimo movimento libico. La notizia è stata accolta con un freddo silenzio a Tripoli. Il generale Haftar ha frequentato l'accademia militare di Bengasi ha proseguito l'addestramento nell'allora Unione Sovietica, e abbandonò Gheddafi negli anni '90 durante il conflitto tra la Libia e il Ciad. Trasferitosi negli Stati Uniti è tornato in Libia a marzo per unirsi agli insorti.

La vicenda fotografa il caos che regna in Libia nonostante il Cnt sia riuscito martedì a nominare un governo provvisorio la cui credibilità è tutta da verificare. «È rappresentato tutto il Paese», ha sottolineato il premier Abdulrahim el Keib annunciando la lista dei ministri, che comprende l'ex executive dell'Eni Abdulrahman Ben Yezza, nel ruolo chiave di titolare del Petrolio e il capo militare dei ribelli di Zintan, Osama al-Juwali, alla Difesa. Altri esponenti provengono da Misurata e dall'est del Paese, come Ashour Bin Hayal, nominato a sorpresa titolare degli Esteri. Il governo libico non ha riservato posti agli estremisti islamici sostenuti dal Qatar, in primis Abdelhakim Belhaj, che pretendeva alcuni ministeri. Vedremo come la prenderanno a Doha. Mentre veniva completata la compagine di governo a Tripoli una serie di incomprensioni hanno scatenato una furiosa sparatoria tra i vari gruppi.
Come ha dichiarato Saif al-Islam ai miliziani di Zintan che lo hanno catturato, «ora considerate quelli delle montagne, di Misurata o Bengasi vostri fratelli, ma dategli qualche mese, al massimo un anno e scoprirete la verità». Considerata l’attuale situazione, una facile profezia.
Fonte


Una delle guerre più anomale che ricordi.
Combattuta con il beneplacito della sinistra nostrana, non voluta dalla Lega e subita, sotto le pressioni di Napolitano, da Berlusconi e applaudita da Fo e tollerata da Vendola.

Probabilmente, annoverando anche Iraq e Afghanistan, la più ingiusta delle tre guerre del XXI secolo, quella dai tratti più marcatamente neoimperialisti.
Eppure combattuta nel silenzio della pubblica opinione.

Sarà che pur di colpire un amico di berlusconi, questa è la mia personalissima impressione, ci siamo tirati una bella, pesante, insanguinata zappa sui piedi. Forse è per questo che nessuno ne parla.
Qualcuno di voi si ricorda le dichiarazioni di Gino Strada? No.
Non ha detto niente? Nemmeno.
Si è espresso contro la guerra e... "Dai Gino, stavolta non ci serve il tuo pacifismo, stavolta ci va bene, ma no, non puoi capire, stai sereno, son cose nostre, dai, su, non fare così... dai, tranquillo... Pace forever, eh, si! Yeah! Amore e fiori, Oh yeah... dai, ciao...grandissimo Gino, mitico, mitico..."

E così, nel silenzio assoluto, sotto l'amorevole e silenziosa protezione dei media, in Libia si continua a combattere. E a morire.

Ed è tutto reale. Anche se non se ne parla.





PS: indovinate un po' come saranno le future esportazioni di petrolio? 
PPS: forse era (anche)per questo che il silvio, con un autogol mediatico, faceva tanto l'amicone del rais. 
PPPS: e forse è per questo che lo UK era così interessato a sganciare le bombe.
PPPPS: e vogliamo parlare di Egitto? Ahahahaa... 

06 novembre 2011

Shari'a portami via II.

Distruzione e morti ammonticchiati negli obitori: è la scena che si presenta nelle città del nordest della Nigeria, teatro venerdì di una serie di sanguinosi attentati rivendicati da un gruppo islamico che, secondo l'ultimo bilancio, hanno causato almeno 65 morti. Alcune fonti parlano invece di oltre 80 morti.
 Gli attacchi coordinati hanno preso di mira le sedi della polizia e le chiese nelle città di Damataru e Potiskum, dove si registrano la gran parte delle vittime. Secondo i residenti, sei chiese sono state attaccate (una è rimasta completamente distrutta dalle fiamme), così come una moschea.
[...]
"Le strade sono deserte, ho perso il conto delle vittime. Ho visto almeno 80 cadaveri all'obitorio", ha riferito all'agenzia Reuters un testimone.
[...]

Fonte


Venerdì di sangue nel nord della Nigeria. Con una serie di attacchi coordinati, miliziani armati della setta fondamentalista islamica Boko Haram (letteralmente: “Vietare l’educazione occidentale”), hanno messo a ferro e fuoco con bombe a mano e sventagliate di mitra interi quartieri a Damaturu.
[...]
L’obbiettivo di Boko Haram, è quello di imporre la sharia (la legge islamica) in tutta la Nigeria.
[...]
Boko Haram è stato fondato nel 2002 dallo sceicco Ustaz Mohammed Yusuf che predica non solo il divieto di educare con sistemi non islamici, ma sostiene, tra l’altro, che la terra è piatta, come c’è scritto nelle sacre scritture, e che la pioggia è un dono di Dio e non c’entra niente l’evaporazione dell’acqua.

Fonte



Se un uomo che non sapesse nulla di Islam, di Shari'a, di Integralisti, di Islam Moderato, etc... leggesse queste parole, converrebbe facilmente che la Shari'a tanto voluta da questi Boko Haram non sia compatibile con la cultura occidentale.
Altrimenti non avremmo letto tutto questo, semplicemente perchè non sarebbe mai successo nulla.

Invece la realtà ci racconta che nell'occidentalissima Nigeria(!) c'è chi uccide pur di imporre la propria religione agli altri, propria religione che è incompatibile con uno stile di vita e con i valori, negativi molti, positivi di più, occidentali.

La realtà ci racconta questo.
Ci racconta ancora una volta questo.

E non crediamo che la Shari'a in Libia sarà "moderata" o che quella tunisina sarà "all'occidentale".
La Shari'a, in quanto basata sul Corano che e' rivelato direttamente da Dio parola per parola è infallibile e immutabile, ogni sua edulcorazione è blasfema e inaccettabile.

E anche questi sono fatti.
Quindi chi a proposito della Libia fa spallucce, chi minimizza questo problema, chi per ignoranza o per malafede finge che non sia nulla di grave si rende in qualche modo complice di individui che la pensano come i Boko.


PS: da notare una simpatica cosa, negli articoli che vi ho segnalato.
Il corriere parla di "alcune" chiese distrutte e si affretta a dire che anche "alcune" moschee.
Avvenire parla di 6 chiese e una moschea.
Stanno parlando della stessa cosa?

PPS: ovviamente mi fido della versione di chi fornisce numeri precisi e non quantità vaghe.

18 ottobre 2011

V per Pagliaccio

Guardando i cortei e le varie manifestazioni degli ultimi tempi, ed in particolare quella di Sabato scorso a Roma, non ho potuto non notare un fiorire sempre più rigoglioso di maschere di Guy Fawkes, quelle del film V per Vendetta, per capirci.


Il film, carino, racconta le gesta di una "vittima del sistema", quello si dittatoriale e corrotto, una oligarchia alla Orwell, una societa' controllata dall'alto ad ogni livello. Il nostro eroe si prodiga per combattere questo governo corrotto e, tra omicidi e demolizioni varie, alla fine riesce far crollare i cattivissimi e a riportare la democrazia e la libertà in Gran Bretagna.
Il film funziona, i cattivi sono davvero cattivi: vengono a prenderti a casa manganellate a gogo, sacchetto nero in testa e tanti saluti. Se osi contraddire o protestare le autorita', o se sei gay o immigrato(mi pare), questa e' la tua fine.
Una vera dittatura nazi/comunista fatta e finita, nessuna libertà in cambio di quiete e pace, dove la figura di V  spicca salvifica e positiva e l'uso della violenza diventa quasi indispensabile contro un governo del genere.
Nel film.


Nella realtà?
Il fatto stesso che questo film esista, non sia proibito ne' messo all'indice ci pone un grado di libertà superiore a quello concesso nel film.
Ed così è per mille altre cose.


L'indossare la maschera oggi e qui perde ogni significato in questo contesto che ha poco da condividere con UK 2019. 
In Iran avrebbe senso; in Cina, in Nord Corea. 
Probabilmente anche a Cuba. 
Ed e' per questo che dubito fortemente che si possa impunemente guardare, vendere, diffondere V per Vendetta in questi regimi che non sono molto distanti da quello nel film.
Se hai visto la pellicola(o letto il fumetto), allora vivi in un contesto non paragonabile a quel mondo e immedesimarti, vestendo i suoi panni, in V e' un esercizio che va bene solo a carnevale o con spirito comunque carnevalesco.
Nel momento in cui lo fai con convinzione, con serietà, si scade nel patetico e nell'infantile.

Nel film la maschera ha un significato particolare. E' l'identità dietro alla quale si può combattere il regime, e' la difesa del mio viso, del mio volto, il tutore della mia libertà. Se protesti o contesti senza maschera, anche solo urlando uno slogan, vanno a guardarsi le registrazioni, ti identificano e nottetempo vengono a trovarti a casa. La maschera diventa quindi sussidio indispensabile.


Oggi, invece, mi sembra che chi la indossi la usi come legittimazione della propria protesta, immaginandosi una dittatura che non esiste, difendendosi da rappresaglie che non arriveranno mai, sentendosi un po' V per qualche ora a pochi metri da casa propria. 
Rivoluzionari della Domenica pomeriggio.
Rovesciatori di dittature in democrazia.










« I popoli non dovrebbero temere i propri governi: sono i governi che dovrebbero temere i loro popoli. i popoli dovrebbero essere il proprio governo.»


Mio personale punto di vista. Se poi si vuole combattere, vediamo pure questi due soggetti come in conflitto. Io preferisco vederli in sinergia. Che poi sia più facile la prima via e' un altro paio di maniche. Di sicuro seguendo la seconda si vive meglio.



PS: Nulla da dire sulla legittimità delle proteste di Sabato. A volto scoperto, con cognizione di causa.
Mi repelle il mondo della finanza e delle banche.
 

15 giugno 2011

Farsi infinocchiare. Lo state facendo giusto.

Legislatura 16º - Disegno di legge N. 2462

Art. 1.
(Finalità)
    1. La presente legge disciplina, nel rispetto dei princìpi di sostenibilità di cui all’articolo 3-quater del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.  152, e successive modificazioni, e della normativa comunitaria, le modalità di governo della risorsa idrica per i diversi usi, le modalità di regolazione e di gestione del servizio idrico integrato e le modalità di sviluppo delle dotazioni infrastrutturali idriche.

[...]

Art. 9.
(Affidamento e revoca della gestione)
    1. L’Assemblea d’ambito, nel rispetto del principio di unitarietà, efficienza, efficacia ed economicità affida la gestione del servizio idrico integrato secondo le disposizioni in materia di servizi pubblici locali. L’erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell’Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio:
        a) a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o gli enti pubblici che la controllano.
        b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi di cui alla lettera c), le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio, l’apporto al capitale sociale, l’attribuzione di specifici compiti operativi e un piano di gestione pluriennale del servizio, comprensivo di impegni monitorabili e sanzionabili in materia di investimenti, manutenzioni, evoluzione tariffaria e indici di qualità connessi alla gestione del servizio; in tal caso, il successivo riaffidamento della gestione è comunque effettuato attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica, a cui la società mista pubblica e privata è ammessa a partecipare, nel rispetto dei princìpi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei princìpi generali relativi ai contratti pubblici;
        c) a società di capitali individuate attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica nel rispetto dei princìpi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei princìpi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei princìpi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità.

Art. 10.
(Tariffa del servizio idrico integrato)
    1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato.
    2. L’Autorità, di concerto con le Regioni, con apposito regolamento da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce la metodologia per la determinazione della tariffa per usi civili e industriali nonché le modalità per la revisione periodica, tenendo conto:
        a) della qualità del servizio idrico fornito, dell’uso razionale della risorsa, con penalizzazione per gli usi impropri e gli sprechi;
        b) del costo delle opere e degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria;
        c) dei costi di gestione delle opere e degli impianti;
        d) dei contributi ai costi di gestione delle aree di salvaguardia, ai costi necessari a garantire la cura del territorio, la manutenzione dei bacini idrografici, la tutela dei corpi idrici, in particolare nei territori montani;
        e) della remunerazione dell’attività industriale, secondo i criteri stabiliti dall’Autorità;
        f) della quota della tariffa da destinare agli investimenti e della quota della tariffa da versare nel fondo di cui all’articolo 15.
    3. La tariffa deve incentivare il risparmio idrico e l’uso efficiente della risorsa.

(ovvero la tariffa deve aumentare, cosi' chi e' virtuoso nel risparmio e nell'uso efficiente ci guadagna, mentre chi ne fa un pessimo uso spende di piu', ed e' incentivato ad adottare misure di risparmio. Questa e' la mia interpretazione, sfido voi a trovarne un'altra. Da apprezzare la perifrasi e lo stile politicamente corretto che hanno usato, ancora una volta, per infinocchiare i cittadini, cioe' noi.)

Fonte

Tipico del governo(sono loro che la vogliono privatizzare la nostra acqua).
Se ne fotte delle decisioni del popolo.
Entra da una parte, ed esce dall'altra, il nostro volere. Si abroga una legge ed eccone pronta un'altra che dice esattamente le stesse cose.
Clamoroso.


Volete proprio sapere chi sono quelle cacche che hanno proposto una legge che va contro le nostre decisioni, e piu' in generale contro quello che PD e IdV giustamente sostengono da mesi?

Eccole qui le cacche --->  CLICCA QUA


14 giugno 2011

Ricordati che dopo la matita c’è la vita.

Ovvero, hai voluto la bicicletta, adesso pedala.

Mi riferisco, naturalmente, al terzo quesito del referendum di due giorni fa.
Abbiamo scelto di dire di no al nucleare, di optare per una strada verde, di puntare forte sul solare e sull'eolico.
Il che comporta la scelta di fonti di energia rinnovabili, con la creazione della fantomatica rete energetica intelligente dove tutti produciamo e immettiamo nel sistema una porzione di energia. Quindi piuttosto che comprarsi la macchina nuova, mi aspetto che uno decida di istallare sul proprio tetto un bel pannello fotovoltaico. E mi aspetto che a fare questa scelta non siano in pochi, ma almeno il 52% degli aventi diritto, in coerenza con le loro legittime convinzioni, magari facendo anche un piccolo sacrificio economico, ma daltronde, per la salute e il futuro della terra questo e altro.
E comporta anche un significativo risparmio energetico, che si concretizza con la scelta di elettrodomestici solo di classe AAA o migliori, la scelta di accorgimenti adeguati nella realizzazione della propria casa,anche se questo significa spendere di piu', o nel caso uno la casa l'abbia gia', la realizzazione degli stessi nel breve periodo, la decisione di fare a meno del condizionatore, vera macchina divora energia, per tutta questa estate,riscoprendo nel calore  l'energia luminosa solare buona che attraverso dinamiche naturali si converte in termica, l'impegno di spegnere costantemente i led degli elettrodomestici spenti e l'attenzione nello spegnere sempre la luce quando si esce da un locale, l'abitudine di usare un po' di meno il PC preferendo a facebook(tanto per dire) un sano giretto per le vie del paese, rinunciando alla televisione, magari anche solo una sera a settimana, per cominciare, fino a non usarla piu' del tutto oltre il calar del sole.
E comporta l'adozione di uno stile di vita sobrio, sveglliandosi presto la mattina in concomitanza con il sole, in modo da sfruttare al meglio l'energia che esso ci dona, e andando a letto presto la sera con la consapevolezza che molto probabilmente l'energia elettrica che si consuma dopo il tramonto non proviene da fonti rinnovabili e che quindi e' coerente non utilizzarla.
E comporta anche l'interruzione immediata delle importazioni di corrente elettrica dalla Francia e da ogni altro paese che sfrutta il nucleare, sistema che l'Italia tutta rifiuta legittimamente e rigetta, in quanto pericoloso per l'ambiente e per la vita. E noi non facciamo affari con i mercanti di morte.

E questo post e' serio.
Abbiamo scelto di intraprendere una strada verde, e che strada verde sia.
E non si puo' che partire da noi e non si puo' che partire da subito.
Lo abbiamo scelto noi.

Ricordati che dopo la matita c'è la vita.

Altrimenti sei un quaquaraqua'.



PS: Non affannatevi pero' a risparmiare l'acqua. Continueremo molto probabilmente(lo stato non investe, non ha soldi, dovrebbe fare tagli da altre parti e non sia mai) a sprecarne almeno il 30% in ogni istante. Una falla in un tubo perde 24h su 24, anche quando te non usi l'acqua. Quindi rimuovete pure il frangigetto che avete istallato, magari con convinzione, sotto il rubinetto e riprendete a lavarvi i denti con l'acqua che va. Sono ininfluenti, praticamente. E ricordati che quel 30% e' in parte, almeno, merito tuo. Ma va bene cosi'. E' una scelta nostra.

10 giugno 2011

Vogliamo parlarne?



10.06|18:57
arrotoxieta
Vogliamo parlare dei miliardi e miliardi di esseri umani di cui nessuno sa esattamente che fare? Forse su questo pianeta si potrebbe vivere in 2-3 miliardi al massimo. Siamo 7. Questo è il vero problema del presente, e del futuro. Le "rivoluzioni arabe" non sono altro che questo: collasso sociale dovuto all'eccesso di popolazione. Ne vedremo sempre di più. Altro che dromedari.

Fonte
(dai commenti del corriere che sono una fonte inesauribile di cattiveria e malafede)


Ogni volta che leggo o sento commenti di questo genere mi sento un po' disorientato. E devo dire che mi succede non cosi' raramente, purtroppo.
E' una posizione profondamente inconciliabile con praticamente tutto, eppure magari viene sostenuta con fermezza. Bah.

C'è da sottolineare che questi luminari della scienza delegano volentieri ad altri il doveroso impegno di lasciare questo mondo.
Loro sono sicuramente parte degli eletti, ci mancherebbe...

Mai uno che, resosi conto che l'uomo e' l'ineluttabile tumore del mondo, si decida a fare la sua parte per il bene della natura gettandosi da un ponte. E' da merde non fare proprio nulla per salvare il mondo. E scusate se e' poco.

15 aprile 2011

Son tutti froci cor culo dell'artri - Parte II

Nimby, gli italiani
si scoprono anti-rinnovabili


Aumento delle proteste soprattutto per le centrali a biomasse: «Vengono scambiate per inceneritori»




MILANO – E a pensare che sono nate da un'idea di Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica, che da sempre è un fervente sostenitore delle centrali a biomasse, perché producono energia da materiali di origine organica senza aumentare l'anidride carbonica presente nell'aria. Ma ad essere guardati con sospetto, scontando gli effetti perversi provocati dalla cultura Nimby (not in my back yard, «non nel mio giardino») ora sono anche gli impianti eolici (sono 29 le contestazioni riscontrate nel 2010) e fotovoltaici (nove manifestazioni di protesta da parte di comitati di varia estrazione nell'anno passato). L'INDAGINE – A rivelarlo l'Osservatorio Nimby, il termometro delle contestazioni ambientali in Italia, promosso dall'istituto di ricerca Aris. Che mette subito in risalto come la nascita di fenomeni spontanei, la creazione di comitati in seno alla società civile, spesso la sponda dei partiti politici, stia aumentando anno per anno la massa critica (e la capillarità sul territorio) delle contestazioni in materia ambientale. Nell'occhio del ciclone soprattutto il settore elettrico (il 58% del monte complessivo dei fenomeni di agitazione provengono da qui), a seguire i rifiuti (nel 32,5% dei casi) e molto di meno – e questo è un paradosso – le infrastrutture (5,3%) e gli impianti industriali (4,1%), quelli che teoricamente presentano un maggiore impatto ambientale.
LE RAGIONI – Popolo disinformato o semplicemente animato da una smania di rivalsa nei confronti di una classe politica che percepisce distante? Oppure una patria di sobillatori pronti a contestare ogni progetto sul territorio? Dice Alessandro Beulcke, presidente Aris, che il tutto è frutto di una serie di concause: «poca comunicazione, media disinformati, aziende reticenti, scarsa partecipazione ai progetti e soprattutto politica del consenso a breve termine». Se i corpi intermedi non svolgono il ruolo di depositari delle richieste dal basso e finiscono per canalizzare il dissenso, colpa è anche della poca conoscenza riguardo all'impatto ambientale degli impianti. Scrive il report di Aris che «le centrali a biomasse vengono confuse con gli inceneritori e la logica della contestazione tout court colpisce soprattutto i progetti ancora da realizzare (nel 62,8% dei casi, ndr.), spesso in attesa di ricevere le autorizzazioni necessarie o addirittura al mero stato di ipotesi».
LA POLITICA – Il termine chiave qui è Nimto (Not in my term of office, «non durante il mio mandato elettorale»), il trionfo del consenso a breve termine: sono sempre più i movimenti politici sul territorio a strumentalizzare la sindrome Nimby per fini elettorali. Ingolfando così la macchina amministrativa e provocando una serie di veti incrociati tra gli enti pubblici interessati alla realizzazione di un'opera in una determinata comunità. E se nella percezione dell'opinione pubblica i campioni del dissenso sono da sempre movimenti ambientalisti e no-global (culturalmente più vicini alla sinistra, per questo definita antagonista) la ricerca Aris finisce per smentire anche quest'ultimo luogo comune: le giunte comunali di centro-destra sono contrarie percentualmente quasi come quelle di centro-sinistra (19,1% contro 20,8%). Ma i campioni del Nimby sono soprattutto le liste civiche, che nascono trasversalmente agli schieramenti e alle ideologie e finiscono per polarizzare la protesta, sedimentando le spinte carsiche provenienti dalla società civile.


Fonte


Siamo pieni di soluzioni che restan tali solo se le osserviamo da lontano.
Quando si avvicinano di tot kilometri ecco la metamorfosi. Problemi.
Salvo poi compiere la metamorfosi in senso inverso appena raggiungono una adeguata distanza.



Un fenomeno che ha del magico.