Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



Visualizzazione post con etichetta Domande. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Domande. Mostra tutti i post

22 maggio 2012

VERGOGNA totale

(18 maggio 2012) 

Riforma La legge sulla Protezione civile

Una calamità distrugge la casa? Da oggi lo Stato non paga i danni

L' assicurazione Sarà necessario stipulare una polizza di assicurazione per coprire i rischi di eventi naturali


ROMA - La calamità naturale sarà a carico del cittadino. In caso di terremoto, alluvione, tsunami e qualsivoglia altra catastrofe, non sarà più lo Stato a pagare i danni. A ricostruire l' edificio crollato o pieno di crepe, casa o azienda che sia, dovrà provvedere il proprietario. A sue spese. O stipulando, previdente, una relativa polizza di assicurazione. La novità, enunciata chiaramente, si trova nel decreto legge n.59 sulla riforma della Protezione Civile pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale. In cui si afferma che «al fine di consentire l' avvio di un regime assicurativo per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati a qualunque uso destinati, possono essere estese tutte le polizze assicurative contro qualsiasi tipo di fabbricato appartenente a privati». E questo per poter «garantire adeguati, tempestivi ed uniformi livelli di soddisfacimento delle esigenze di riparazione e ricostruzione». Cosa che lo Stato non può più permettersi per cronica carenza di fondi. La normativa non ha effetto immediato[grazie 'ar cazzo N.d.L.]: il decreto legge prevede infatti «un regime transitorio anche a fini sperimentali». Entro 90 giorni dovrà essere emanato un regolamento che stabilisca modalità a termini per l' avvio del regime assicurativo. Ed è poi probabile che i tempi si allunghino. O che si trovino dei correttivi. Ma la tendenza è quella. Confermata dalle parole di Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile: «Quella sull' Aquila è stata l' ultima azione di intervento sulla popolazione» ha detto ieri ai Giovani imprenditori di Confindustria. «Purtroppo per il futuro dovremo pensare alle assicurazioni perché lo Stato non è più in grado di fare investimenti sulle calamità: gli aquilani sono stati gli ultimi a ricevere assistenza». Su questa linea procede anche la norma che riduce la durata dello stato di emergenza, ossia del periodo in cui lo Stato si accolla le spese: 60 giorni, con un' unica proroga di altri 40. Fine delle emergenze pluriennali. Per adesso l' assicurazione sarà soltanto di tipo volontario (con agevolazioni fiscali). E già questo principio potrebbe porre dei problemi giuridici in quanto sancisce la disparità tra cittadini che vivono in zone a rischio e quelli che hanno la fortuna di abitare in aree sismiche o soggette a pericoli idrogeologici. Senza contare che le compagnie di assicurazioni, nel primo caso, pretenderebbero premi molto costosi. La soluzione potrebbe essere rendere l' assicurazione obbligatoria per tutti. Con un costo calcolato in circa 100 euro per abitazione. Secondo Adolfo Bertani, presidente del Cineas (Consorzio universitario specializzato nella cultura del rischio), questa «è una svolta epocale perché si introduce anche in Italia la responsabilità diretta del cittadino nella tutela dei propri beni e di una nuova cultura di rispetto del territorio. Si passa da welfare state alla welfare community».

Pagina 022.023



Sarà...

Ma a questo punto, mi chiedo io, che senso ha  lo Stato?
Su quale patto sociale si fonda?
Che cos'è lo Stato?

Quanti lo sapevano?

Questa mossa mi sembra davvero una porcata epocale, poi si da contro a chi abbozza tendenze separatiste o federaliste perchè bisogna aiutare il Sud.
Nord e Sud devono aiutarsi nel cammino verso la crescita.
Chi ha più soldi è giusto che paghi più delle fasce deboli.
Accogliamo e diamo una casa agli immigrati, dobbiamo essere generosi.
Chi più ha più dia.
Ciascuno si responsabilizzi per aiutare, etc...

Che van bene, per carità, sono sicuramente esigenze che non possono essere ignorate in uno Stato.
Ed è compito dello Stato risolvere criticità, se possibile.

Ma allora chi è vittima di catastrofi naturali?
S'arrangi perchè se l'è cercata?



Non capisco, allora tutta la storia della solidrietà, di aiutare i più deboli, le fasce meno fortunate, gli immigrati, etc erano solo cazzate populiste?
A quanto pare...

E così finalmente cadde il velo.


È la definitiva manifestazione dell'"aiutiamo tutti eccetto che noi".
È la morte dell'essenza dello Stato, che priva del seno i propri figli per allattarne altri.

Patria? Mah...



 Da notare poi il tempismo...Manco l'avessero chiamata.

10 maggio 2012

CorSera e Scienza

C'è luce su un pianeta alieno

Una super-Terra che dista 41 anni luce dal nostro pianeta con rocce e acqua in superficie


MILANO - È la prima luce di un pianeta alieno . L’ha raccolta il telescopio spaziale Spitzer della Nasa e viene emessa da una super-Terra che ruota attorno alla stella 55 Cancri in 18 ore, lontana da noi 41 anni luce. Il pianeta che porta la sigla “55 Cancri e” era già stato scoperto diventando noto per le sue caratteristiche che lo descrivevano come un pianeta roccioso con acqua in superficie in uno stato supercritico tra il liquido e il gassoso. Il tutto circondato da una compatta atmosfera gassosa. Finora un metodo adottato per rilevare la presenza di un pianeta intorno ad una stella era quello di valutare l’attenuazione della sua luminosità provocata dal passaggio del corpo planetario. Adesso, invece, Spitzer è riuscito a misurare quanta luce infrarossa viene emessa direttamente dal pianeta stesso.  
IL RILEVAMENTO - «Il rilevamento rappresenta un passo storico nella ricerca dei segni della vita su altri pianeti», ha commentato Bill Danchi , lo scienziato alla guida delle ricerche col telescopio. Attraverso la valutazione dei dati raccolti si è precisato meglio anche il suo identikit: è il doppio della nostra Terra ma ha una massa otto volte superiore. Inoltre volge alla stella madre sempre la stessa faccia (come la nostra Luna) per cui su di essa la temperatura è stata calcolata in circa 2000 gradi Kelvin (circa 1727 gradi centigradi). La faccia nascosta e scura ha una temperatura decisamente più bassa perché gli astronomi ritengono che l’atmosfera troppo esile del pianeta non sia in grado di trasportare il calore dalla faccia calda a quella buia. L’osservatorio Spitzer era stato lanciato il 25 agosto 2003 e la sua sensibilità era stata concepita soprattutto per studiare le atmosfere dei pianeti extrasolari. Funzionando molto bene, la sua vita in orbita era stata estesa oltre il periodo stabilito ed alla Nasa sono contenti della decisione perché ha consentito di raggiungere un risultato molto importante. Ora aspettano il lancio del supertelescopio “James Webb” che partirà nel 2018 e che, specializzato nell’osservazione infrarossa, potrà scandagliare ancora più dettagliatamente il mondo alieno di “55 Cancri e” regalandosi, speriamo, qualche sorpresa in più.


Ma un giornalista che fa articoli scientifici non dovrebbe essere laureato in una facoltà scientifica?
O aver fatto almeno il liceo scientifico.
No perchè egridano vendetta di fronte al mondo.

Come specificato nell'articolo stesso, si tratta di radiazioni infrarosse, quindi "luce" è inappropriato.
E vengono emesse da un qualunque corpo che ha una temperatura sopra lo 0K. Quindi non c'è luce su un pianeta alieno. Semplicemente è la prima volta che si usano gli infrarossi, emessi spontaneamente da qualunque corpo , per cercare un pianeta. Ok fare titoli effetto ma qua si esagera. Colpa del titolista, vero, ma anche l'autore nella prima frase riporta impunemente lo stesso concetto. Mah.

Quel "MA" scritto forse senza pensarci troppo spalanca un abisso di ingnoranza senza fondo.
"è il doppio della nostra Terra ma ha una massa otto volte superiore"
Cavoli, nonostante sia solo il doppio, ha una massa otto volte superiore, chissa' che densità, chissa' di cosa sarà fatto... Platino ed oro e basta. Che stranezza! Che bizzarria!

No.

C'è una cosa che si chiama geometria che ogni persona mediodotata dovrebbe saper usare.

Il doppio è riferito al diamentro, grandezza lineare.
Otto volte superiore si riferisce alla massa e, a parità di densità, anche al volume. Ed è una grandezza cubica.
Se la terra ha diametro X, avrà volume X³(idealizziamo)
Se il pianeta ha diametro doppio, 2X, avrà volume 2³X³. 8X³. Otto volte superiore!
"È il doppio della nostra Terra ma ha una massa otto volte superiore."
Ma? Ma?
Ma "ma"non era avversativa?


Mah!






In un articolo scientifico, inserito in una rubrica dedicata, non sono errori tollerabili.



06 maggio 2012

Ma che triste.



PADOVA. Dopo otto anni di battaglie legali contro i rumori prodotti dal patronato, di cui 35 denunce personali al parroco don Francesco Tondello della chiesa di San Paolo Apostolo, due procedimenti civili, una decina di denunce ai parrocchiani e quattro denunce ad altrettanti minorenni, Silvia Cesarin, residente vicino al campetto sportivo del patronato, ha spuntato una vittoria che potrebbe mandare sul lastrico la parrocchia e tutte le sue attività sportive. Secondo un’ordinanza del tribunale infatti entro 6 mesi (a partire da marzo scorso) la parrocchia deve mettere a norma il campetto di via Giovanni Bertacchi con fondo d’erba sintetica e barriere fonoassorbenti per un costo di 42 mila euro. A suo carico anche le spese legali (15 mila euro).
Per la realtà religiosa, già gravemente indebitata con le banche per tenere testa alle continue denunce della donna, significherebbe bancarotta. In altre parole la fine di qualsiasi attività ludica, ricreativa e sociale per i bambini e i ragazzi del rione. Per la signora Cesarin in ballo c’è la salute e non è disposta a passarci sopra. Nonostante, su 13 appartamenti che affacciano sul campo, sia l’unica a lamentare rumori molesti, non indietreggia di un passo dalla sua posizione: quel patronato è una fabbrica di urla, rumori e confusione. Esattamente quella che possono produrre dei bambini della scuola materna e dei ragazzi dai 6 ai 18 anni.
Il patronato, ottemperando ad un’altra sentenza del tribunale, aveva già stabilito gli orari del campetto facendoli coincidere con quelli del patronato: 15-19 d’estate e 16-18 d’inverno. Questo proprio per venire incontro il più possibile alle esigenze della vicina. Il piccolo rettangolo di erba naturale, dove si gioca a calcetto o a pallavolo, è recintato, dunque è impossibile accedervi fuori dagli orari del patronato. Ma la donna non si è detta soddisfatta e ha ingaggiato il duello legale che, lo scorso marzo, ha portato all’ordinanza che ora preoccupa non poco. Tanto che parrocchiani, animatori e genitori si sono costituiti nel Comitato Patronando per dare man forte a don Francesco e difendere l’unico luogo di riferimento per i loro figli.
Dopo la “sconfitta” legale, il comitato ha scritto una lunga lettera indirizzata alle autorità ecclesiastiche e civili (vescovo, vicario generale e cittadino, prefetto e sindaco) per chiedere aiuto. «Il patronato», ricordano, «sorge dal 1968 in una zona densamente abitata ed è dotato di un campetto dedicato a diverse attività all’aperto. Per le lamentele di una sola persona su 13 si è creato un clima di tensione: basti pensare che le feste di compleanno sono state interrotte dall'intervento delle forze dell’ordine. Il patronato non vuole garantirsi l'esistenza nell'illegalità, e neppure avere un trattamento di privilegio, ma concentrare la propria attività nel fine sociale e religioso che si è prefisso, senza dover impiegare quantità di denaro nelle spese legali “stornandolo” da altre serie necessità della parrocchia».
Pesa una questione di fondo che potrebbe creare un precedente per tutte le comunità religiose e gli stessi luoghi pubblici: «Il rumore di bambini che giocano è un pericolo per la quiete e la salute pubblica?».

 Fonte

Ignoranza, tanto tempo libero e totale mancanza di buonsenso.
Brutto mix.

Un capolavoro poi il monologo delirante che ci da un ritratto esaustivo del soggetto in questione:
 «Ai miei tempi - continua la commercialista - le festicciole si facevano in casa. Alcuni di quei genitori riuniti in comitato sanno che i loro figli hanno frequentato la mia casa, durante le feste organizzate da mia figlia. E io mi mettevo ai fornelli, magari dopo una lunga giornata di lavoro. Ora evidentemente è più facile prendere in affitto un campo o una stanza e lasciare i giovani in autogestione: non importa se poi fumano spinelli, bevono vodka e le ragazze vestono in maniera poco conveniente e si fanno sbaciucchiare. In questi anni ho ricevuto minacce, una volta pure un proiettile, perciò ho dovuto assoldare un detective. Forse però queste cose non le sa quell'abbronzatissimo sacerdote che altro non ha da fare che mettersi in posa e rilasciare interviste...».

Festicciuole? Ma non era un campo da calcio con rumori quotidiani, etc...?
Lasciare i giovani in autogestione?
Si fanno sbaciucchiare(addrittura?)
Si vestono in maniera poco conveniente(pofferbacco)?
Ha dovuto assoldare un detective, minacciata dalla terribile gang dell'oratorio, capeggiata dall'"Abbronzatissimo Sacerdote" in persona.

Mi pare che questa abbia una gran voglia di rompere i le palle per motivi tutti suoi. Un discorso allucinato, tra il bigotto e il nostalgico, tra il rimpianto dei bei tempi andati e lo sfacelo della gioventù di oggi...

otto anni di battaglie legali contro i rumori prodotti dal patronato, di cui 35 denunce personali al parroco don Francesco Tondello della chiesa di San Paolo Apostolo, due procedimenti civili, una decina di denunce ai parrocchiani e quattro denunce ad altrettanti minorenni,

Quanto è triste una storia del genere?




Nella convinzione che in appello la sentenza venga ribaltata.

24 aprile 2012

Gli ideali che il mondo occidentale ha difeso - cioè le nozioni che esso ha santificato - sono il liberalismo e la democrazia: non identici né inseparabili. Il termine liberalismo è il più chiaramente ambiguo, ed ha perso una parte del favore di cui godeva; ma la democrazia è al culmine della sua popolarità. Quando una parola è diventata così universalmente sacra come " democrazia " per noi, io comincio a domandarmi se, significando troppe cose, essa significhi ancora qualcosa. Forse la potremmo paragonare ad un imperatore merovingio; quando la si invoca, viene fatto di cercare il maestro di palazzo.
Alcuni sono arrivati fino ad affermare, come cosa intuitiva, che la democrazia è l'unico regime compatibile con il cristianesimo; d'altra parte, anche coloro che simpatizzano con il governo nazista non rinunziano a usare questa parola. Se qualcuno si risolvesse ad attaccare la democrazia, potrei rendermi conto di ciò che essa significa. In un certo senso, l'Inghilterra e l'America sono indubbiamente più democratiche della Germania; tuttavia i fautori d'un sistema totalitario possono sostenere con argomenti plausibili che la nostra non è una democrazia, ma un'oligarchia finanziaria. Christopher Dawson ritiene che gli Stati non dittatoriali, oggi, non difendono il liberalismo, ma la democrazia, e prevede l'avvento, in tali Stati, di un tipo di democrazia totalitaria. Io condivido le sue previsioni; ma esaminando non soltanto gli Stati non dittatoriali, ma anche le società alle quali essi appartengono, trovo che la sua affermazione non rende giustizia all'influenza che il liberalismo esercita ancora sulla nostra mentalità e sul nostro atteggiamento verso gran parte della vita. Che il liberalismo possa concludersi in qualche cosa di assai diverso dal liberalismo stesso è implicito nella sua natura, poiché esso tende a lasciar sfuggire delle energie piuttosto che ad accumularle, ad allentare piuttosto che a tendere. È un movimento più dichiarato nella sua spinta iniziale che nella meta, che prende l'avvio da qualcosa di definito più che indirizzarvisi. Il nostro punto di partenza ci è più chiaro e reale di quello d'arrivo, il quale, una volta raggiunto, potrà differire in molti modi dalla nostra immagine vaga. Distruggendo le tradizioni sociali di un popolo, dissolvendo in fattori individuali la naturale coscienza collettiva, concedendo libertà alle opinioni più sciocche, sostituendo l'istruzione all'educazione, incoraggiando l'abilità piuttosto che la saggezza, gli “arrivisti” a preferenza dei qualificati, introducendo il principio del “farsi strada” come unica alternativa ad una apatia senza speranza, il liberalismo può aprire le porte a ciò che è la sua stessa negazione: il controllo artificiale, meccanico e brutale che è il disperato rimedio al suo caos.
Voglio che sia chiaro che io parlo di liberalismo in un senso molto più ampio di quel che può venire dedotto, dalla storia di un partito politico, e più ampio di quanto non sia stato mai usato nelle controversie ecclesiastiche. È vero che le tendenze del liberalismo possono venir illustrate più chiaramente dalla storia della religione anziché dalla politica, dove i principi vengono diluiti dalla necessità e l'osservazione oggettiva viene confusa dai particolari e distratta da riforme, ognuna delle quali è valida solo nel proprio ambito ristretto. In religione, il liberalismo può venire definito come un abbandono progressivo di elementi storici del cristianesimo che appaiono superflui, sorpassati, intrecciati a pratiche o ad abusi che è legittimo attaccare. Ma risentendo il suo cammino più della spinta iniziale che dell'attrazione di una meta, esso s'affloscia dopo una serie di assalti, e non avendo più nulla da distruggere, resta anche senza bersaglio e senza stendardo. Tuttavia il liberalismo religioso non m'interessa più particolarmente del liberalismo politico; m'interessa invece un atteggiamento mentale che in determinate circostanze può diventare universale ed impadronirsi ugualmente di amici e di nemici. Mi sarò espresso molto male se avrò dato l'impressione di considerare il liberalismo semplicemente come qualcosa da rifiutare e da estirpare, come un male per cui esiste una sola, semplice, alternativa. È un elemento negativo necessario; e quando ne avrò detto il peggio, avrò detto soltanto che è sconsigliabile far servire un elemento negativo ad un fine positivo.
Liberalismo e conservatorismo, quando vengono opposti l'uno all'altro, possono essere entrambi da respingere: se il liberalismo può significare il caos, il conservatorismo può significare la pietrificazione. Il nostro eterno quesito è "che cosa dev'essere distrutto?" e "che cosa dev'essere conservato?". Né il liberalismo né il conservatorismo, che non sono filosofie e forse si riducono ad abiti mentali, bastano a guidarci.

[...]

Se dunque il liberalismo scomparirà dalla filosofia di vita di un popolo, che cosa resterà di positivo? Non ci rimarrà che il termine "democrazia", una parola che per la generazione presente conserva ancora una risonanza di "libertà". Ma il totalitarismo può mantenere i termini libertà e democrazia e dar loro un significato diverso: e il suo diritto di far questo non può venir negato così facilmente come pensa chi è infiammato dalle passioni politiche. Noi corriamo il pericolo di trovarci senza nient'altro da sostenere fuorché la nostra avversione per ogni istituzione tedesca o russa: una avversione che, essendo frutto di campagne di stampa scandalistiche e di prevenzioni, può avere due risultati ad un tempo, che sembrano a tutta prima incompatibili. Può condurci a rifiutare eventuali progressi pur di non seguire l'esempio di uno o di entrambi quei paesi; e con altrettanta probabilità può renderci imitatori à rebours, facendoci accettare senza critiche tutto o quasi tutto ciò che un'altra nazione rifiutai.

[...]

La mia tesi sinora è stata semplice: una società liberale o negativa non può che avviarsi ad un declino di cui non vediamo la fine, oppure (sia come risultato di una catastrofe o no) ritornare ad una forma positiva che con ogni probabilità sarà efficiente e laica. Per provar timore di fronte ad una simile evoluzione non occorre pensare che questo laicismo somiglierà da vicino ad un qualsiasi sistema politico passato o presente: la capacità degli anglosassoni di diluire la propria religione supera certamente quella di ogni altra nazione. Ma, a meno di accontentarsi di una o dell'altra di queste prospettive, l'unica alternativa che ci resta è la creazione di una società cristiana positiva. Questa terza soluzione farà presa soltanto su coloro che sono uniti in un comune giudizio della situazione presente, e che capiscono come le conseguenze di una società completamente laica sarebbero rifiutate anche da chi non dà un'importanza capitale alla sopravvivenza del cristianesimo di per se stesso.

[...]

A questo punto è necessario sia chiaro che con la qualifica di "cristiano" io non intendo uno Stato i cui capi vengono scelti per i loro meriti, ed ancor meno per la loro eminenza, di cristiani. Un governo di santi finirebbe per diventare troppo scomodo. Non nego che uno Stato cristiano possa ricavare qualche vantaggio dal fatto che i suoi funzionari più autorevoli siano cristiani. Questo accade qualche volta anche ai nostri tempi. Ma pure se oggi tutte le persone che ricoprono le più alte cariche fossero cristiani devoti ed ortodossi, non per questo dovremmo aspettarci che il modo di trattare gli affari pubblici fosse molto diverso. Il cristiano e l'incredulo non si comportano né possono comportarsi molto diversamente nell'esercizio del loro ufficio, perché il contegno degli uomini di Stato è determinato non tanto dalla loro personale devozione, quanto dalla mentalità diffusa nel popolo che governano. Accettiamo pure l'affermazione - di F. S. Oliver - dopo quel che avevano già detto al riguardo Bulow e Disraeli - che i veri uomini di Stato sono ispirati soltanto dal desiderio istintivo del potere e dall'amor patrio: quel che conta non è tanto il cristianesimo degli uomini di Stato quanto che essi siano obbligati, dal carattere e dalle tradizioni del popolo che governano, a realizzare le loro ambizioni e contribuire alla prosperità ed al prestigio del loro paese entro una cornice cristiana. Potranno trovarsi spesso costretti a compiere atti non cristiani; ma non dovranno mai tentare una difesa delle loro azioni facendo ricorso a principi non cristiani.
Coloro che oggi governano, o aspirano a governare, possono dividersi in tre categorie, con una classificazione che non tiene conto delle differenze tra fascismo, comunismo e democrazia. Vi sono quelli che hanno accolto o adattato una filosofia, sia di Marx o di S. Tommaso; quelli che, combinando inventiva ed eclettismo, hanno creato una filosofia propria (priva generalmente della profondità e della consistenza che ci si attende da una dottrina di vita); infine coloro che adempiono ai propri compiti senza alcuna filosofia apparente. lo non pretendo che i governanti di uno Stato cristiano siano filosofi, né che tutte le volte che devono prendere una decisione abbiano presente la massima che un'esistenza virtuosa è il fine di ogni società umana - virtuosa... vita est congregationis humanae finis - ; ma non li vorrei autodidatti, né vorrei che fossero passati in gioventù soltanto per quel sistema di istruzione, eterogenea o specializzata, che passa per educazione: in una parola la loro educazione dovrebbe essere cristiana. Il proposito di un'educazione cristiana non sarebbe soltanto di creare uomini e donne pii: un sistema inteso troppo rigidamente a questo solo fine sarebbe oscurantista. Un'educazione cristiana abituerebbe in primo luogo gli uomini a pensare secondo categorie cristiane, pur non costringendoli alla fede e non imponendo loro l'obbligo di professioni di fede insincere.
Ciò che i governanti crederebbero sarebbe meno importante delle credenze alle quali essi sarebbero costretti a conformarsi. L'uomo di Stato scettico ed indifferente, obbligato a lavorare entro una cornice cristiana, potrebbe svolgere opera più efficace di un cristiano devoto il quale dovesse costringere la propria azione entro una cornice laica. Al primo, infatti, si chiederebbe una politica che servisse al governo di una società cristiana.


T. S. Eliot, L'idea di una società cristiana


01 aprile 2012

Sei solo un somaro.

MILANO - Ha iniziato vendendo a molti giornali italiani (Libero, circuito QN, quotidiani locali del gruppo L’Espresso e Il Piccolo di Trieste) interviste a scrittori famosi (da Philip Roth a John Grisham, passando per Paul Auster e Gore Vidal, fino al Nobel per la letteratura del 2009 Herta Muller), ai quali attribuiva dichiarazioni perlomeno sorprendenti («Obama? Una grandissima delusione», fece dire a Roth alla fine del 2009 su Libero) ma tutte inventate *1; poi, una volta sbugiardato a livello planetario da un’indagine del New Yorker dell’aprile del 2010, iniziata dopo l’intervista (questa sì vera) rilasciata un mese prima dallo stesso Roth a Repubblica (nella quale ammetteva di non aver mai parlato con Libero), nel giugno del 2010 Tommaso Debenedetti ha raccontato allo spagnolo El Paisla sua verità. Ovvero, che è stato tutto uno scherzo, orchestrato *2 «per dimostrare che in Italia fare informazione culturale seria è impossibile, perché è tutto falso» *3. Un giochetto di cui Debenedetti, professore di italiano e storia in una scuola di Roma, figlio di Antonio e nipote di Giacomo Debenedetti (entrambi scrittori e critici letterari), si dice soddisfatto al punto di autoproclamarsi «il campione italiano della menzogna per aver inventato un genere nuovo di informazione» *4
e di annunciare il suo sbarco sul web «dove spero di poter pubblicare nuovi falsi». Detto, fatto. Lo scorso anno Debenedetti ha creato falsi profili su Facebook di Mario Vargas Llosa, Almudena Grandes, Abraham B.Yeoshua, Umberto Eco e altri «per dimostrare la vulnerabilità del social network» e poi, complice la crescente popolarità, è sbarcato anche su Twitter, dove si è inventato account tarocchi (@presMarioMonti; @CardBertone; @MinistroMontoro) per annunciare morti illustri (nell’ordine, Fidel Castro, Papa Benedetto XVI e il regista Pedro Almodovar) e per esprimere giudizi politici sull’attacco Usa contro i civili afghani (come @PresHamidKarzai) e sui documenti pubblicati dal giornale inglese Guardian contro il presidente siriano Assad (come @PresAssadSyria).
L'INTERVISTA - «Twitter funziona bene per le notizie false – racconta oggi Debenedetti proprio al Guardian – perché i social media sono la fonte di informazione meno verificabile del mondo, ma i news media ci credono per il loro bisogno di rapidità nelle informazioni. Non ho fatto quello che ho fatto per soldi, visto che ho sempre preso fra i 20 e i 40 euro ad intervista, ma per dimostrare quanto debole fosse l’informazione in Italia. Qui non si controlla nulla, *5 soprattutto se quello che scrivi è vicino alla loro linea politica: ecco perché a Libero, che è di destra, è piaciuta la storia di Roth che attaccava Obama. Ad un certo punto ho avuto anche il sospetto che i direttori sapessero che le interviste erano finte, ma che le prendessero comunque». Dopo essere stato scoperto, Debenedetti ha chiuso con le interviste e si è messo a scrivere mail ai giornali, fingendosi Umberto Eco che criticava la guerra in Libia con l’International Herald Tribune («dopo che l’hanno pubblicata, li ho chiamati per farglielo sapere») e lo scrittore marxista Paco Ignacio Taibo che celebrava il Papa sull’Avvenire (che mise la testimonianza in prima pagina, prima di ricevere la chiamata di Debenedetti che ne rivendicava la paternità). Ma, più ancora di Facebook («dove hai un accesso limitato per via degli “amici”», spiega ancora il professore), la vera svolta è stata Twitter, dove il finto giornalista ha iniziato la sua cinguettante avventura come Henning Mankell, costringendo il vero scrittore svedese a negare sui giornali di casa le considerazioni a lui attribuite sul finto account.*5
LA VERITA' SU TWITTER - «Su Twitter puoi essere sicuro che la gente ti seguirà e il social network è usato come una vera fonte di informazioni in tempo reale e senza controllo. Prendete il caso di Montoro (al secolo Cristobal Montoro, ministro delle finanze spagnolo spesso usato da Debenedetti per i suoi finti tweet, ndr): lui ha ripetuto più volte che quell’account a suo nome è falso, eppure 3mila persone continuano a seguirlo. È tutto così facile».


*1 Non è truffa? Se io compro qualcosa, mi aspetto che sia effettivamente quello che mi hai detto essere. Se non lo è, mi stai truffando. Non sei furbo, sei un criminale.

*2 Scherzo? Orchestrato? Diffondere informazioni false non è uno scherzo, ripeto, si chiama truffa. Non è una cosa da neoeroi o di cui vantarsi.

*3 Calma, ci sono stati già casi di persone interessate a smascherare la scarsa professionalità dei giornali. Hanno inventato una notizia e appena ha cominciato a diffondersi tra le testate, hanno subito smascherato la fola, loro stessi, dimostrando così la loro tesi. Qui mi pare che questo ci abbia marcito sopra per anni, vendendo, e creando lui stesso disinformazione. Si è comportato esattamente come, se non peggio, i media che vuole accusare. Ma da che pulpito?

*4 Qui siamo al delirio puro. Soddisfatto di essere il più grande contapalle d'italia? Tesoro, guarda, stai prendendo un granchio. C'è poco da essere fieri e soddisfatti. Mi pare che questo soggetto abbia totalmente perso il senno e/o ogni etica professionale.
L'oggetto poi della sua soddisfazione è poi clamoroso. Non ha inventato un "nuovo tipo di informazione". Ha riproposto il solito tipo di disinformazione. 
Emblematico il fatto che ritenga inventare interviste un normale strumento di informazione. È convinto veramente di stare informando?
È come se un medico somministrasse curaro al paziente per protestare contro i casi di malasanità e poi, non soddisfatto, si dice orgoglioso di aver inventato un nuovo metodo di cura del paziente.
Boh. Totale deriva.

*5 Ennò, nel momento in cui io compro qualcosa, a prescindere dal prezzo, mi aspetto che quella cosa sia effettivamente quella che mi viene venduta. Non posso pensare ogni volta che mi venga venduta qualcosa tocchi a me dimostrare che sia effettivamente quella cosa. Se compro della ricotta al supermercato, foss'anche iperscontata, mi aspetto di trovare, dentro la confezione, della ricotta. Magari scarsa, non eccelsa, ma ricotta. Se trovo dentro del polistirolo non è sintomo della mia creduloneria o della scarsa attenzione degli italiani nel fare la spesa. Si tratta di truffa. Poi il produttore può raccontare che si tratta di una analisi di mercato per risolvere il problema della fame nel mondo e la pace in medio oriente, ma la verità del fatto resta una. Mi hai venduto come ricotta qualcosa che ricotta non è. Io non voglio estinguere la fame nel mondo. Non voglio risolvere la crisi mediorientale. Voglio solo mangiarmi la mia benedetta ricotta.

*6 Bellissimo esempio di onestà intellettuale. Bravo.

L'ultimo paragrafo poi è tutto un capolavoro, merita di esere riletto per intero.
LA VERITA' SU TWITTER - «Su Twitter puoi essere sicuro che la gente ti seguirà e il social network è usato come una vera fonte di informazioni in tempo reale e senza controllo. Prendete il caso di Montoro (al secolo Cristobal Montoro, ministro delle finanze spagnolo spesso usato da Debenedetti per i suoi finti tweet, ndr): lui ha ripetuto più volte che quell’account a suo nome è falso, eppure 3mila persone continuano a seguirlo. È tutto così facile».
Il problema, e forse a debenedetti sfugge, è che twitter, come ogni cosa in questo mondo, FA PARTE di questo mondo.
Non ha senso parlare di Verità su twitter, come se fosse una cosa slegata o disgiunta dalla realtà.
Il grosso problema è che il paragrafo dovrebbe intitolarsi LA VERITÀ NEL MONDO.
Esiste ancora?
Ovvio, è facile truffare, inventarsi una "verità". Sicuramente più semplice che cercarla.

Il problema è che non c'è possibilità di paragone tra una "verità" e LA Verità.
Le due cose non sono ambivalenti, interscambiabili senza problema.
Una vera intervista di Eco(che personalmente non apprezzo) non è paragonabile ad una falsa intervista ad Eco. Non sono due informazioni con lo stesso valore, con la stessa importanza.

La Verità, come in tutte le cose, è una sola.
Dovremmo tutti cercarla, sinceramente e appassionatamente.
Basterebbe questo sforzo, prima ancora della risposta.


30 marzo 2012

Dubbi esistenziali.




È più utile che una moltitudine di uomini viventi in società sia governata da uno solo piuttosto che da molti.

Fatte queste premesse* è opportuno ricercare che cosa sia più utile ad una provincia, o ad una città: se essere governata da molti o da uno solo. Questo sì può ricavare partendo dallo stesso fine del governo. L'intenzione di qualsiasi governante deve essere rivolta a procurare il benessere di ciò che ha preso a governare. È compito proprio del nocchiero, per esempio, condurre integra la nave nel porto di salvezza, preservandola dai pericoli del mare. Ora il bene della moltitudine associata è che si conservi la sua unità, ossia la pace; poiché, quando questa venga a mancare, finisce l'utilità della vita sociale, perché la moltitudine in disaccordo è gravosa a se stessa. Dunque il reggitore della moltitudine deve tendere soprattutto a procurare l'unità della pace. E non c'è bisogno di discutere se si debba mantenere la pace nella moltitudine a lui soggetta: sarebbe come se un medico volesse discutere se debba guarire il malato che gli è affidato. Nessuno infatti deve discutere il fine al quale deve tendere, ma solo i mezzi occorrenti al fine. Perciò l'Apostolo (Efes. IV, 3), nel raccomandare l'unità del popolo fedele, dice: " Siate solleciti a conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace".

Un governo dunque sarà tanto più utile quanto più sarà efficace nel conservare l'unità della pace. Infatti diciamo che è più utile ciò che conduce maggiormente al fine. Ora, è evidente che quanto è uno per essenza può garantire l'unità più di molti individui, così come la causa più efficace del riscaldamento è ciò che è caldo per natura. Perciò è più utile il governo di uno solo che quello di molti.

Di più; è evidente che persone diverse in nessun modo possono conservare una collettività, se sono del tutto in disaccordo tra loro. Infatti, perché possano governarla in qualche modo, fra di esse è necessaria una certa unione; allo stesso modo che più persone non riuscirebbero a dirigere una nave in un'unica direzione, se in qualche maniera non fossero unite. Ora, di più soggetti si dice che si uniscono in quanto si avvicinano all'uno. Dunque governa meglio uno che diversi che si avvicinano all'unità.

Ancora: le cose che sono conformi alla natura si trovano nelle condizioni migliori; la natura infatti opera il meglio in ogni singola cosa. Orbene, ogni governo naturale dipende da uno solo. Nell'insieme delle membra una soltanto le muove tutte: il cuore. E fra le parti dell'anima una sola facoltà principale presiede: la ragione. Anche le api hanno un solo re e in tutto l'universo un solo Dio è Creatore e reggitore di tutte le cose. E questo avviene secondo ragione. Infatti ogni moltitudine deriva dall'unità. Perciò, se è vero che le cose dovute all'arte devono imitare quelle dovute alla natura, e l'opera dell'arte è tanto migliore quanto più è simile alla natura, ne consegue di necessità che tra le collettività umane la migliore è quella che è governata da uno solo.

E questo emerge anche dall'esperienza. Infatti le province o le città che non sono governate da uno solo sono travagliate dai dissensi e si agitano lontane dalla pace, cosicché sembra adempiersi ciò che il Signore lamenta per bocca del profeta Geremia (XII, 10): " I molti pastori hanno devastato la mia vigna ". Invece le province e le città governate da un solo re godono la pace, fioriscono nella giustizia e sono allietate dall'abbondanza dei beni. Perciò il Signore come grande dono al suo popolo promise che gli avrebbe dato un solo capo e che ci sarebbe stato un solo principe in mezzo a loro.


Come il dominio di uno solo è il migliore Quando è giusto, così quando è ingiusto costituisce il dominio peggiore; e questo si dimostra con molte ragioni e argomenti.

Come il governo di un re è il migliore, così quello di un tiranno è il peggiore. Alla politia infatti si contrappone la democrazia; poiché entrambe, infatti, come appare da ciò che abbiamo detto, sono governi di molti; all’aristocrazia poi si contrappone l’oligarchia: ambedue sono governi di pochi; alla monarchia infine si contrappone la tirannide: e ambedue sono governi di uno solo. Ora, noi sopra abbiamo dimostrato che il regime regale è il migliore governo. Se dunque è vero che alla cosa migliore si contrappone quella peggiore, ne discende di necessità che la tirannide sia il peggior governo.
Ancora: le forze unite sono più efficaci a produrre l'effetto che non disperse e divise. Infatti molti individui uniti insieme possono trasportare quello che, individualmente, nessuno di essi potrebbe trasportare. Dunque: come è più utile che la virtù operante il bene sia una, perché sia più efficace a operare il bene, così è più nocivo che la virtù operante il male sia una piuttosto che divisa
Ora, la virtù di chi è ingiustamente a capo opera per il male della società, volgendo il bene comune della moltitudine verso il proprio bene privato. Perciò come nel governo giusto tanto più il governo è utile, quanto più chi governa si adegua all'unità — cosicché il regime monarchico è migliore dell'aristocrazia e l'aristocrazia della " politia " — così per converso sarà anche nel governo ingiusto: cosicché quanto più chi governa si adegua all'unità tanto più il suo governo è dannoso. La tirannide dunque è peggiore dell'oligarchia e l'oligarchia della democrazia.
Di più: un governo è ingiusto, perché, disprezzato il bene comune della moltitudine, ricerca il bene privato di chi governa. Un governo dunque è tanto più ingiusto, quanto più si allontana dal bene comune. Ora, nell'oligarchia, nella quale si ricerca il bene di pochi, ci si allontana di più dal bene comune che nella democrazia, nella quale si ricerca il bene di molti; e ancora di più ci si allontana dal bene comune nella tirannide, nella quale si ricerca il bene di uno solo; infatti all'universalità è più vicino il molto che il poco, e più il poco che l'unico. Quindi il governo del tiranno è il più ingiusto. Questo è ugualmente chiaro per chi consideri l'ordine della divina provvidenza la quale dispone ogni cosa nel modo migliore. Infatti nelle cose il bene proviene da un'unica causa, come se tutte le cose che possono concorrere a fare il bene fossero riunite insieme; il male invece sorge distintamente da difetti particolari. Nel corpo infatti non c'è bellezza, se tutte le membra non sono disposte armonicamente, mentre si ha bruttezza quando un qualsiasi membro sia disarmonico. E così la bruttezza viene in modi diversi da più cause, mentre la bellezza in un modo solo e da una sola causa perfetta
E così avviene in tutte le cose buone e cattive, come se Dio avesse disposto che il bene col provenire da una causa sola sia più forte, il male invece col provenire da più cause sia più debole. È bene dunque che un regime, se giusto, sia monarchico, affinché sia più forte. Se invece tende all'ingiustizia, è meglio che sia di molti, affinché sia più debole e i molti si ostacolino a vicenda. Fra i governi ingiusti dunque il più tollerabile è la " democrazia ", il peggiore la tirannide '.
La stessa cosa apparirà chiara, soprattutto se si considerino i mali che derivano dai tiranni. Il tiranno infatti, poiché disprezzato il bene comune, ricerca il proprio, necessariamente graverà sui sudditi in modi diversi, a seconda delle diverse passioni cui è soggetto e i diversi beni a cui mira. Se egli è posseduto dalla cupidigia, rapina i beni dei sudditi, conforme alle parole di Salomone (Prov. XXIX, 3): " Il re giusto fonda la terra, l'uomo avaro la distrugge ". Se invece soggiace all'ira, per un nonnulla sparge sangue, onde per bocca di Ezechiele (XXII, 27) è detto: " I suoi principi sono come lupi rapaci e sanguinari "; è un regime quindi che il sapiente consiglia di fuggire, " State lontani dall'uomo che ha il potere di uccidere " (Eccl. IX, 18), poiché uccide non per la giustizia, ma per esercitare il potere secondo la corrotta inclinazione della volontà. Così dunque non c'è alcuna sicurezza ed ogni cosa è incerta, quando chi governa prescinde dal diritto, mancando qualsiasi stabilità quanto è così affidato al volere, per non dire al capriccio
1 Per non trovare l'Autore in contraddizione con se stesso, avendo egli sopra (cap. 2) affermato la superiorità del regime monarchico, dobbiamo tenere ben presente il contesto. Nel primo caso si parla del regime politico in assoluto, ossia in mezzo a un popolo che vive in situazione di normale moralità; qui invece egli parla di una società dissoluta di un altro.
E non solo grava sui sudditi nelle cose corporali, ma ostacola anche il loro bene spirituale, perché chi aspira più a primeggiare che ad essere utile, impedisce ogni progresso dei sudditi, sospettando che qualsiasi loro preminenza sia di ostacolo al suo ingiusto dominio.
Ecco perché i tiranni sospettano più dei buoni che non dei cattivi e la virtù altrui fa sempre loro paura. Questi tiranni dunque cercano di impedire che i sudditi, divenuti virtuosi, nutrano pensieri magnanimi e non sopportino più il loro ingiusto dominio, che tra i sudditi si stringano patti di amicizia; e che godano così reciprocamente del beneficio della pace. In questo modo, non avendo fiducia gli uni negli altri, non possono organizzare nulla contro il suo dominio. Perciò i tiranni seminano discordia tra i sudditi, fomentano litigi e proibiscono tutto ciò che fomenta l'alleanza tra gli uomini, come nozze, conviti e altre cose simili, per mezzo delle quali tra gli uomini si crea solidarietà e fiducia. Cercano di impedire che diventino potenti, o ricchi; poiché sospettando dei sudditi secondo la coscienza della propria malizia, come essi usano la potenza e la ricchezza per nuocere, così temono che la potenza e la ricchezza dei sudditi siano usate contro di loro. Per questo Giobbe (XV, 21) dice del tiranno: " Il suono del tiranno è sempre nelle sue orecchie e anche quando c'è pace (cioè nessuno attenta contro di lui) egli sospetta sempre insidie ". Da questo deriva che, siccome i capi con animo perverso detestano la virtù verso cui invece dovrebbero stimolare i sudditi, sotto il tiranno si trovano pochi virtuosi. Infatti secondo la sentenza di Aristotele, gli uomini forti si trovano presso coloro che rendono onore ai più forti; e d'altra parte, come dice Cicerone, " le cose che tutti disprezzano sono sempre nascoste e non fioriscono mai ".
Inoltre è naturale che gli uomini, cresciuti nel timore, facciano tralignare gli animi nel servilismo e diventino pusillanimi davanti a ogni opera virile e forte; e questo appare evidente dall'esperienza delle province che sono state a lungo sotto i tiranni.
Per questo l'Apostolo (Coloss.; III, 21) ammonisce: " Padri, non provocate all'esasperazione i vostri figli, affinché non diventino pusillanimi ".
Considerando dunque questi danni della tirannide il re Salomone (Prov. XXVIII, 12) scrive: " Quando regnano gli empi si ha la rovina degli uomini ", perché i sudditi, per la cattiveria dei tiranni, tralasciano la pratica delle virtù; e aggiunge (Prov. XXIX, 2); "Quando gli empi hanno assunto il comando il popolo geme come ridotto in schiavitù "; e ancora (Prov. XXVIII, 28): " Quando predominano gli empi si nascondono gli uomini ", per sfuggire alla crudeltà dei tiranni. E non c'è da meravigliarsi, perché l'uomo quando governa senza seguire la ragione, ma secondo le proprie passioni sregolate, non differisce in nulla dalle belve; per questo Salomone (Prov. XXVIII, 15) afferma: "Un principe empio è un leone ruggente e un orso famelico sopra un popolo infelice". Ecco perché gli uomini si nascondono ai tiranni come a belve crudeli, ed essere soggetto a un tiranno sembra lo stesso che essere atterrato sotto i piedi di una belva inferocita.

S. Tommaso d'Aquino
Principi non negoziabili sulla società e sulla politica
Solito mio dilemma.
Democrazia o Dispotismo?
Posto che il despota sia una persona giusta, sarebbe indubbiamente più snella, veloce e quindi efficace una forma di governo di indirizzo dispotico.
I problemi stanno nella definizione di "giusto" e nel definire gli ambiti di azione di un despota, che non possono essere infiniti ma limitati da una serie di paletti decisi democraticamente ogni tot anni, modificabili solo democraticamente e solo ogni tot anni, entro i quali però l'agilità di manovra di un singolo permette di percorrere più strada.
Democraticamente si traccia un solco all'interno del quale il despota può muoversi con un certo grado di libertà.
Sicuramente perfezionabile.
Decisamente delirante.
Forse poco condivisibile.
Ovvio, poi, il despota perfetto sono naturalmente Io, mica gli altri.
E questo vale per ciascuno. 
* E’ necessario che gli uomini, vivendo in societa’, siano governati diligentemente da qualcuno



---- CONTINUA ----


17 marzo 2012

«Che cosa non va nel mondo?»

 A questa domanda si può rispondere subito: ciò che non funziona, ciò che è sbagliato, è che non ci domandiamo che cosa sia giusto.



12 marzo 2012

We Will Fight War.

KONY 2012

Dubbi e perplessità.

1) Sembra che prima di Kony in Africa fosse tutto fragole e panna, e che dopo Kony tornerà ad essere fragole e panna.

2) Mi scandalizza il successo che ha questo video che sembra essere davvero una novità, una cosa mai vista prima. Dovrei credere che davvero abbia successo perchè per molti la realtà è una novità?

3) Cosa principale. Nel video sostanzialmente Invisible Children richiede di sesibilizzare l'opinione pubblica per favorire la rimozione di Kony.
Mi chiedo io, ma secondo gli 80milioni di persone che condividono e divulgano, come pensate che Invisible Children voglia "rimuovere" Kony? Offrendogli un soggiorno a vita da qualche parte nei Caraibi?
Mi pare che il video chieda sostanzialmente un intervento degli USA.

Quindi:
4) Esistono guerre giuste?



Ah, già, poi anche perchè:
La motivazione che ha spinto Obama ad inviare le truppe in Uganda addirittura 24 anni dopo la nascita dello LRA (tenuto inoltre conto che il gruppo ha perso gradualmente il suo potenziale offensivo e si stima che attualmente Kony controlli solo 200/400 guerriglieri) può essere letta alla luce di un rinnovato interesse da parte degli USA alla regione centrale dell’Africa, nell’ottica di una stabilizzazione della regione e, soprattutto, di una diminuzione della crescente, anche su questa scacchiera, influenza di Shabaab. Le milizie somale, affiliate dal 2007 al network qaedista, infatti potrebbero rappresentare il vero obiettivo del dispiegamento di truppe americane nel nord dell’Uganda. Non a caso, l’invio delle truppe statunitensi è avvenuto simultaneamente all’inizio dell’intervento militare del Kenya in Somalia per combattere gli Shabaab (16 ottobre); l’amministrazione USA potrebbe aver quindi beneficiato di tale situazione favorevole per dispiegare il proprio contingente.
Negli ultimi anni, le attività delle milizie Shabaab anche al di fuori del territorio somalo (nel luglio 2010, un duplice attacco suicida ha causato la morte di 76 persone a Kampala, in Uganda), a cui si aggiunge l’instabilità politica ed economica dell’intera regione, hanno reso l’organizzazione islamista una delle principali minacce alla sicurezza del Corno d’Africa.
In questo ambito, l’obiettivo ultimo della decisione Obama potrebbe rispondere ad esigenze connesse alla sicurezza nazionale statunitense, cercando di evitare che sia gli Shabaab che gli elementi del panorama somalo connessi ad al-Qaeda possano rendersi protagonisti di ulteriori attacchi.
Ma va bene così.
Se il grand' Obama comanda,
Facciam la guerra a Libia e Uganda.



Andate al minuto 17:06 del video.


Marionette soldato.

16 novembre 2011

E come no?


SOCRATE - E allora, che significa tutto questo discorso? Un uomo che fa della, ginnastica deve, forse, badare alla lode o al biasimo, insomma all'opinione degli altri oppure solo a quella del suo medico o del suo allenatore?

CRITONE
- Solo a quella di quest'ultimo.

SOCRATE
- Quindi egli dovrà temere o compiacersi non del biasimo o della lode di tutti ma di uno solo.

CRITONE
- È, chiaro.

SOCRATE - Allora, in questo caso, nel suo regime di vita, nei suoi allenamenti, nella sua dieta, egli dovrà seguire soltanto il consiglio di chi se ne intende, dell'esperto e non quello di tutti quanti gli altri.

CRITONE
- Naturalmente.

SOCRATE
- Bene. Ma se gli disobbedisse, se non tenesse in alcun conto i suoi consigli e le sue lodi e badasse, invece, ai discorsi della gente che non se ne intende, non credi che sarebbe danneggiato?

CRITONE - E come no?

SOCRATE - E che genere di danno? Quali le conseguenze per chi disobbedisse?

CRITONE - È chiaro un danno fisico; è il corpo, infatti, che ne andrebbe di mezzo.

SOCRATE
- Benissimo. E, dunque, Critone, lo stesso è per le altre cose, senza bisogno di passarle in rassegna e quindi anche sul giusto e l'ingiusto, sul brutto e sul bello, sul buono e sul cattivo, che sono l'oggetto del nostro ragionamento, ci potremmo chiedere se dobbiamo seguire o temere l'opinione della gente, oppure solo quella di uno che se ne intende, - ammesso che vi sia (N.D.R.: e vi sarà...) -, che dobbiamo, quindi, rispettare e temere più di tutti gli altri. E se noi non gli ubbidissimo, rovineremmo e distruggeremmo ciò che diventa migliore con la giustizia e si corrompe con l'ingiustizia, o non è così?

CRITONE
- A me sembra di sì, Socrate.

---------------------------------------------------

A trovarlo, uno che se ne intende, un Maestro di Vita.
Però, trovatolo, sarebbe oggettivamente da autolesionisti non seguirlo.

09 novembre 2011

Finalmente al cuore.


Mississippi, si vota sullo status di persona per l'embrione 
 
È nato come un movimento marginale, animato da una manciata di entusiasti sostenitori ma senza troppe probabilità di arrivare alla ribalta nazionale. Alla vigilia del voto di oggi, il referendum che chiede agli elettori del Mississippi di dichiarare «persona» un ovulo fecondato ha invece ricevuto attenzione in tutt’America e all’estero, e persino il supporto «incondizionato» del più probabile candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney.

La realtà è che il quesito sull’embrione ha ottime probabilità di essere approvato in Mississippi, dove sarà presente sulle schede insieme ai nomi degli aspiranti governatore. E se l’iniziativa passerà il test dello Stato del Sud verrà catapultata nel dibattito politico nazionale, e con ogni probabilità arriverà sul banco della Corte Suprema. Troppa enfasi su questa battaglia contro l’aborto legale negli Usa non è in realtà gradita a tutti i gruppi americani di difesa della vita.

La Conferenza episcopale americana, ad esempio, ha lodato l’iniziativa e lasciato completa libertà di decisione ai fedeli, in base alla loro coscienza. Ma ha anche ammonito che la strategia potrebbe rivelarsi controproducente. Come ha spiegato ad Avvenire il vescovo di Jackson, la capitale del Mississippi, Joseph Latino: «Da molti anni i vescovi cattolici degli Stati Uniti si adoperano per promuovere un emendamento alla Costituzione federale che rispetti la vita umana dal momento del concepimento. La sentenza che ha legalizzato l’aborto nel 1973 è una sentenza federale, non statale. Preferiamo quindi continuare con questi sforzi piuttosto che tramite ben intenzionate e nobili iniziative come quella del Mississippi». Pur definendo il referendum «lodevole», dunque, il vescovo teme che possa «danneggiare i nostri sforzi a livello nazionale».

Non la pensa così Stephen Crampton, avvocato e fra i fondatori del gruppo “Liberty Counsel”, che promuove il referendum. «Mentre aspettiamo che sia il momento giusto di sferrare un attacco legale alla sentenza della Corte Suprema, Roe contro Wade, centinaia di migliaia di vite vengono spezzate – spiega via posta elettronica da Jackson –. Abbiamo il dovere di difenderle come possiamo, al livello dove è più facile farlo, vale a dire quello statale».

È certo che una vittoria dei sì in Mississippi costringerebbe il movimento per la vita americana (che per ora si concentra sul far approvare leggi che limitano i casi in cui l’aborto è ammesso e che ne proibiscono il finanziamento pubblico) a prendere atto della nuova strategia. Altri otto Stati, fra cui Florida, Montana e Ohio, sono infatti pronti a porre ai loro elettori la stessa domanda nel novembre 2012, l’anno delle elezioni presidenziali. La posizione di Romney, inoltre, ne garantirà l’ammissione nei dibattiti degli aspiranti alla Casa Bianca, mentre il supporto che ha ricevuto da parte di molti democratici del Sud, compreso il candidato governatore del Mississippi Johnny Dupree, ne farà un tema difficile da relegare all’interno delle linee di partito.

Se però il referendum fallisse in Mississippi, uno degli Stati della Bible Belt, la fascia più religiosa del Paese e forse lo Stato più conservatore sui temi sociali, allora la spinta per la ridefinizione della parola «persona» nelle costituzioni statali subirebbe un duro contraccolpo.

Attualmente negli Stati Uniti non esiste infatti una legge che determini quando cominci la vita umana. Ma molti precedenti federali stabiliscono che i diritti di un feto inizino quando è in grado di sopravvivere all’esterno dell’utero materno, un traguardo che il progresso scientifico ha anticipato fino alla 20esima settimana di gestazione.





Da una parte sono d'accordo con questo referendum, ovviamente nella speranza che questo status venga finalmente riconosciuto.
Alla fine, questa domanda, raggiunge finalmente il cuore della questione sull'aborto.
Se l'embrione è un essere umano è sbagliato in ogni caso ucciderlo.
Se l'embrione non è un essere umano, non c'è nulla di sbagliato nell'ucciderlo.
Punto.
Se ci fate caso, la posizione della Chiesa in merito parte proprio da questo punto. Parte, anzi, solo da questo punto; riconoscendo all'embrione la dignità di persona ed elevandolo allo status di Uomo la naturale conseguenza non può che essere un chiaro e netto no all'aborto. No ad un omicidio per un proprio tornaconto.
Posizione più che legittima, anzi, doverosa e coerente con la visione cristiana della vita e dell'uomo.

Porre finalmente al centro del dibattito il centro del problema, quindi, non può che giovare una seria trattazione della questione, senza fraintendimenti e senza incomprensioni.
Tutto il parlare che si fa sull'argomento, purtroppo, evita accuratamente(e forse di proposito) di addentrarsi così in profondità limitandosi a galleggiare in superficie e facendo passare il si o il no come due opzioni ambivalenti e puramente morali, il che, anche per colpa loro, forse, sega le gambe a chi è contrario all'aborto che ha come unico serio argomento proprio il riconoscere nell'embrione una persona.
(Anche chiamare l'aborto IVG, nome più asettico, aiuta ad allontanarci dal cuore del problema, ma questo è più che altro una mia impressione)

Se da una parte non posso non accogliere con favore, dicevo, questo referendum, dall'altra mi chiedo se questo strumento sia il più adeguato.
Possiamo infatti relegare alla decisione del popolo l'attribuzione dello status di persona ad un soggetto?
La natura dell'embrione non cambia sia che vinca il si sia che vinca il no.
La natura dell'embrione è quella a prescindere e una decisione che non la rispetti sarebbe sbagliata in un senso quanto nell'altro.
Preferirei si giungesse ad una definizione dell'embrione basata sulla natura intrinseca, scientifica, se si riuscisse e non su un voto, quindi come se fosse una questione arbitraria.
Mi sembra quindi che ridurre la questione, fondamentale, di cosa sia un Uomo ad una questione di quorum e voto sia un modo sbagliato di affrontare il problema.
Mi rendo anche conto che un approccio scientifico al problema forse non è nemmeno possibile e forse nemmeno il più corretto.
Siamo su un terreno, quello della bioetica, scivoloso e incerto, in quella terra di nessuno tra fisica e metafisica che è un po' il campo di molti e di nessuno allo stesso tempo(ed è per questo che il parere della Chiesa in merito è altrettanto autorevole di quello di altri scienziati).

Che fare quindi?
Boh.
Si sta a vedere che succede, certo.
Però possiamo riprendere ad interrogarci sul cuore della questione aborto che è però più grande della questione aborto, e andrebbe affrontato senza pensare ultimamente all'aborto, ma alla domanda in se stessa.


Perché un embrione dovrebbe essere considerato un Uomo a tutti gli effetti?

O

Cosa rende un Uomo Uomo?






"La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. E una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra i quanti hanno visto eppure hanno creduto."
1905, G.K.Chesterton.




------------------------------------------------------------------------------------------
------------------------------------------------------------------------------------------

07 novembre 2011

Noi

Se un cane dovesse improvvisamente mettersi a parlare, anzi  no, se un cane dovesse mettersi a parlare non necessariamente d'improvviso e a dare evidenti segni di doti intellettuali, di pensiero, di emozioni, lo tratteremmo come se fosse un cane qualunque?

E se un cammello dovesse improvvisamente mettersi a parlare, anzi  no, se un cammello dovesse mettersi a parlare non necessariamente d'improvviso e a dare evidenti segni di doti intellettuali, di pensiero, di emozioni, lo tratteremmo come se fosse un cammello qualunque?

E se una scimmia dovesse improvvisamente mettersi a parlare, anzi  no, se una scimmia dovesse mettersi a parlare non necessariamente d'improvviso e a dare evidenti segni di doti intellettuali, di pensiero, di emozioni, perché c'è chi vorrebbe trattarla come se fosse una scimmia qualunque?