Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



30 dicembre 2010

La sagra della vergogna


LO AFFERMANO FONTI DEL PAESE

Nigeria, 8o morti in scontri
tra cristiani e musulmani

Gli incidenti alla vigilia di Natale. Un funzionario: «Abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos»

Nigeria, 8o morti in scontri
tra cristiani e musulmani
Gli incidenti alla vigilia di Natale. Un funzionario: «Abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos»
MILANO - Almeno 80 persone sono morte negli attentati e negli scontri della vigilia di Natale tra giovani cristiani e musulmani nella Nigeria centrale. Lo affermano fonti ufficiali nigeriane.
Sabato la polizia aveva parlato di 32 morti, con un centinaio di feriti. «Finora abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos», ha dichiarato Daniel Gambo, funzionario dell'agenzia per le emergenze nigeriana. Il capo di stato maggiore delle forze armate ha detto che due persone sono state arrestate lunedì a Jos, capitale dello stato del Plateau, per possesso di dinamite e armi.
(Fonte Ansa).

Fonte

Un po' come dire che verso la meta' del secolo scorso ci furono, in europa centrale, qualche milione di morti negli scontri tra nazisti ed ebrei.
Ok, non e' proprio questo l'esempio perfetto ma rende abbastanza l'idea della idiozia insita nel titolo. Non sono affatto scontri. Le vittime non sono equamente distribuite. Cosi' come i violenti, non sono da ambo le parti. C'è da dire che ogni tanto anche i cristiani alzano le mani, non sono dei santi. Non tutti, almeno. Ma sfido chiunque nella loro situazione a subire e basta.

E che una bomba in una Chiesa possa rientrare nella categoria "incidenti" lo trovo quantomento disgustoso.


Per chi volesse sapere come vanno i fatti, come si svolgono quelli che qui si vogliono far passare come tafferugli tra giovani facinorosi che si lasciano un po' prendere la mano da una parte e dall'altra, ecco qui .

 Mi chiedo pero' se il giornalista del corriere abbia scritto per ignoranza o deliberatamente.

22 dicembre 2010

LA SFERA E LA CROCE

Avevo iniziato a scrivere una mia "recensione", piu' che altro un commento a seguito della lettura di questo libro.
"recensione" che pero' impallidisce dopo poche righe di quest'altra, per poi scioglersi e liquefarsi del tutto.
Quindi lasciamo fare ad altri quindi, sicuramente piu' competenti di me.







In una celebre caricatura G.K. Chesterton, in groppa a un ronzino che scompare sotto la sua mole portentosa, brandisce allegramente una penna a mo’ di lancia: e non si capisce se il caricaturista avesse in mente san Giorgio, Sancho Panza, o tutti e due.
Uno dei motivi per cui lo scrittore inglese viene oggi riscoperto nel nostro Paese è sicuramente il suo stile inconfondibile: polemista e apologeta, difensore della ragione e della fede, in Chesterton confluiscono il buonsenso di san Tommaso e il buonumore di san Francesco – il Bue Muto e Fratello Somaro – ai quali lo scrittore inglese dedicò due studi nella maturità. Questa serena complementarietà assume forme ben più vivaci nel romanzo giovanile La sfera e la croce, appena tornato nelle nostre librerie in una traduzione nuova e finalmente integrale.
La storia è presto detta: come in un poema dove ci si batte per l’onore dell’amata, il cattolico Evan Mac Jan sfida all’arma bianca l’ateo James Turnbull, reo di aver pubblicato un articolo carico di basse insinuazioni sulla verginità della Madonna. Turnbull accetta subito e ringrazierebbe Dio, se ci credesse, perché finalmente ha incontrato qualcuno per cui esistono ancora il vero e il falso, le idee hanno peso e le conseguenze tagliano come il filo di una lama.
Ma la grigia e torpida Londra ha un sentire tutt’altro che epico e blocca i due sfidanti ogni volta sguainano le spade. Costretti a una fuga continua, il romanzo – come già L’osteria volante e L’uomo che fu Giovedì – si trasforma in un rocambolesco susseguirsi di avventure on the road tra inseguimenti, storie d’amore, incontri inquietanti e ostacoli sempre maggiori, fino allo scontro con il mondo intero! A scendere in campo, infatti, sarà niente meno che il dottor Lucifero, con un vascello volante che pare uscito da Peter Pan e una clinica fin troppo simile a un campo di rieducazione: una «reclusione scientifica» dove nulla manca al benessere degli imprigionati, a parte lo scopo delle loro azioni.
Tutto per cancellare ogni traccia del duello. E della questione che ne è alla base: esiste una qualche verità? E, se esiste, potrà essere tanto importante da giustificare che ci si batta per essa? Nella comune lotta per la sopravvivenza delle domande Mac Jan e Turnbull, il fanatico e il razionalista, impareranno a stimarsi fino a considerarsi fratelli, «fratelli d’arme».
E mentre la compiaciuta autoreferenzialità del dottor Lucifero si esprime nella chiusa perfezione della sfera, l’infinito scontro tra i due contendenti si rispecchierà in quell’«eterna contraddizione» che è la croce, con le sue linee che si aprono in ogni direzione e custodiscono nel mezzo Colui che venne a portare la spada (Mt 10,34). Colui che chiese di prendere posizione. Chesterton posizione la prese praticamente su ogni argomento e così pure i suoi più cari nemici-amici. E abbracciò i suoi rivali, anche se sparò a vista alle loro idee. Una lezione che gli ha guadagnò la stima di tutti e che ancora oggi risplende fino a noi.


GILBERT KEITH CHESTERTON
La sfera e la croce
Morganti, pagine 330, euro 15
 
fonte



21 dicembre 2010

MORALITA', NON MORALISMO

La riscoperta dell'etica

Ora che finalmente ci si sente meno condi­zionati dall’attualità, dato che si è (alme­no parzialmente) conclusa la vicenda del voto di fiducia al governo Berlusconi, è possibile tornare ad aprire una seria riflessione sul­l’' etica pubblica' e sulla sua attuale, profonda crisi. Colpisce quali e quante riflessioni siano state dedicate a questo tema nelle ultime set­timane e a tanti diversi livelli (dagli editoriali alle interviste sui giornali, da opere saggistiche a conferenze nelle scuole, dalle omelie a lezio­ni e seminari universitari). Colpisce indubbia­mente il tono nostalgico con cui alcuni parte­cipanti ad appassionati dibattiti hanno ricor­dato epoche della vita politica italiana, gene­ralmente etichettate come quelle della Prima Repubblica, ritenendole politicamente ben più nobili dell’attuale (epoche che, a chi le ha dav­vero vissute, appaiono invece molto meno lim­pide di quanto non si voglia far credere). E col­pisce soprattutto il moltiplicarsi delle 'invet­tive': e, si sa, l’invettiva è l’anticamera del mo­ralismo, cioè della peggior deformazione che si possa immaginare dell’autentica moralità. È per questo che chi, come noi, crede profon­damente nell’esistenza e soprattutto nella ne­cessità dell’etica pubblica ha il dovere di dis­sociarsi da tutti coloro che parlano di questa dimensione dell’etica, senza averne però un’a­deguata consapevolezza teoretica.

L’etica pubblica, infatti, è esigente. È esigen­te almeno sotto tre profili. In primo luogo, chi crede nell’etica pubblica non può non crede­re alla sua assolutezza: non è possibile, infat­ti, elogiare l’etica pubblica e nello stesso tem­po cedere a tentazioni relativistiche. Se l’eti­ca è relativa non può non esserlo in tutte le sue dimensioni e quindi anche a livello pubblico. Se nella vita privata si pensa che le scelte eti­che siano plurime e insindacabili, non si ve­de perché non debbano essere parimenti plu­rime e insindacabili le scelte etiche pubbli­che. Per criticare come immorali le scelte pub­bliche dei politici, dobbiamo avere la serena coscienza che è legittimo criticare anche le scelte immorali dei privati. Il relativismo eti­co corrode la vita sociale, esattamente come corrode (anche se molti non vogliono am­metterlo) la vita individuale. Secondo profilo, peraltro strettamente con­nesso al precedente.

Non è possibile tematiz­zare l’etica pubblica se si separa radicalmen­te, come oggi va di moda fare, il diritto dalla morale o se si riduce il diritto a mera proce­dura formale, moralmente neutrale. Con que­sto non s’intende dire che ci sia sempre un’as­soluta coincidenza tra diritto e morale, dato che è evidente che molti comportamenti pri­vati, pur moralmente condannabili (ricordia­mo l’esempio classico della golosità) non a­vendo rilevanza sociale sono da ritenere giu­ridicamente irrilevanti. Se però tra diritto e morale si pone un rigido steccato, secondo gli insegnamenti delle principali correnti del po­sitivismo giuridico, arriviamo rapidamente al­l’atrofizzazione etica della vita sociale, in tut­te le sue dimensioni. Esempio eclatante è quello del deficit di etica che sta contrasse­gnando l’economia in questi ultimi anni in contesti giuridico-formali pensati come pu­ramente funzionali; un deficit che ha prodot­to non solo la crisi finanziaria che tutti cono­sciamo, ma una vera e propria crisi morale del capitalismo, da cui non si sa esattamente co­me si potrà venir fuori. Il terzo profilo è probabilmente quello decisi­vo, per chi abbia davvero a cuore l’etica pub­blica. Si tratta di riconfigurare la stessa perce­zione di ciò che chiamiamo 'pubblico'.

La mo­dernità ha appreso da Machiavelli che la scien­za politica non ha per suo oggetto il bene co­mune, ma 'il potere', per come lo si può con­quistare, per come lo si deve gestire, per come si può evitare di perderlo. Fino a quando que­sto paradigma, in tutte le sue innumerevoli va­rianti, resterà quello dominante, ogni perora­zione per l’etica pubblica suonerà inevitabil­mente come falsa e ipocrita. Fino a quando non si cesserà di pensare al potere come auto­referenziale e non si ricondurrà la dimensione di ciò che è 'pubblico' a incentrarsi sul bene umano oggettivo, sul bene di tutti e non sem­plicemente di una classe politica, di un’etnia o di una confessione religiosa, la stessa espres­sione 'etica pubblica' resterà vuota di senso, per quanto possa apparire a molti irrinuncia­bile e affascinante. Non è l’etica pubblica ad avere un valore in sé, bensì gli esseri umani: e questo loro 'valore' è davvero un assoluto non negoziabile.
Francesco D'Agostino
 
 
 
Perfettamente allineato al leopensierio. Il che, in fondo, e' del tutto irrilevante.

18 dicembre 2010

Narnia, le cronache di una conversione.




Esce oggi sugli schermi il film Il viaggio del veliero, terzo episodio della saga cinematografica de Le Cronache di Narnia, tratta dall’omonimo capolavoro dello scrittore anglo-irlandese C. S. Lewis, ed è subito polemica.
«Narnia film di fede?» titolava nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica, sostenendo - anche attraverso le dichiarazioni di qualche attore - che una lettura cristiana dell’opera è una forzatura a fini commerciali, visto il clima di buoni sentimenti pre-natalizi, e una concessione indebita ad un sedicente «religiosamente corretto» che secondo il quotidiano starebbe prendendo sempre più piede. Perplessità sono state espresse dal buon Liam Neeson, che dà la voce al leone Aslan, e che pur ammettendo che tale personaggio ha evidenti simbolismi cristologici afferma che «rappresenta anche Maometto, Budda e i grandi leader spirituali»; e dal co-produttore del film Mark Johnson che a detta di Repubblica avrebbe sostenuto che «la resurrezione esiste in così tante religioni, in una forma o nell'altra, che è difficile definirla come un'esclusiva del cristianesimo».
Eppure è innegabile che l’opera di Lewis, al pari del Signore degli Anelli del suo grande amico Tolkien, è una grande epica religiosa e cristiana. Il Ciclo di Narnia prese il via con il romanzo Il leone, la strega e l’armadio, seguito da Il Principe Caspian, e quindi - tra il 1950 e il 1956 - furono in tutto sette i libri che uscirono, e che ebbero uno straordinario successo in tutto il mondo. Da allora generazioni di lettori, giovani e non solo, hanno attinto a tutta la bellezza e il fascino delle imprese dei quattro fratelli, del leone Aslan, e di altri indimenticabili personaggi, come quell’Eustachio Scrubb protagonista del Viaggio del veliero la cui vicenda rappresenta, con un simbolismo in realtà molto intuibile, il cammino della conversione e la salvezza rispetto alla triste sorte (diventare draghi, ovvero mostri) che ci riserverebbe l’essere schiavi del peccato.
Un tema che era molto caro al suo autore: C. S. Lewis, irlandese protestante di Belfast, nel nord dell’Irlanda, ferocemente anti-cattolico, poi ateo militante, infine convertito al Cristianesimo (nella Chiesa Alta Anglicana) grazie al suo migliore amico, il fervente cattolico J. R. R. Tolkien. Il suo itinerario spirituale fu complesso e tormentato, e quando infine giunse all’ammissione dell’esistenza di Dio, si definì il «convertito più riluttante di tutta l’Inghilterra». Ben presto tuttavia divenne uno degli scrittori cristiani più apprezzati della sua generazione, un’apologeta acuto quanto appassionato, autore di testi famosissimi come Le Lettere di Berlicche.
Lewis divenne un appassionato apologeta del Cristianesimo, e il modo che scelse per raccontare la propria conversione non si limitò alla saggistica, ma trovò il luogo più appropriato nell’allegoria, nel racconto fantastico. Questo tipo di narrativa offrì a Lewis la possibilità di descrivere, con il linguaggio del mito, lo scenario complesso, contraddittorio ma affascinant, della condizione umana, così come andava facendo il suo amico Tolkien. Entrambi avevano intrapreso il cammino della Mitopoiesi, ovvero della costruzione di miti, descrivendo mondi che, all’interno del romanzo, hanno una loro piena coerenza.
Lewis si affidò alla ragionevolezza delle fiabe in un mondo apparentemente razionale ma in realtà solo razionalistico, e più folle e intriso di male e di ingiustizia di qualsiasi racconto di orchi e draghi o streghe. Quella contenuta nelle favole è d’altra parte una ragionevolezza e una saggezza antica: queste storie meravigliose collocate nel magico reame del «c’era una volta» e della narrativa per l’infanzia hanno le loro radici nei racconti popolari. Dietro l’apparenza del racconto per ragazzi si cela un ciclo epico in cui si fondono grandi temi: un mosaico di miti e di simboli, che correttamente decifrati svelano al lettore più accorto come ogni elemento narrativo sia funzionale alla rappresentazione grandiosa e terribile dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, tra Dio e il Nemico. Nell’opera di Lewis l’intento non è affatto equivocabile: prendere profondamente sul serio questa evidenza, prendere cioè sul serio il Cristianesimo stesso.



Articolo di Paolo Gulisano del 17 dicembre 2010

Quanto voglio bene a quest'uomo! 



17 dicembre 2010

Airone, fai il bravo



Un golletto puo' anche farcelo, non mi offendo. Ma poi basta.

16 dicembre 2010

Perche' non votero' MAI la sinistra.


Proviamo a liofilizzare quello che e' successo negli schieramenti politici negli ultimi tempi.
Parte dei senatori della maggioranza sono passati all'opposizione.
Parte dei senatori dell'opposizione, sono passati alla maggioranza.
Piu' o meno.
Si tratta della stessa medesima cosa, in fin dei conti.
Personaggi che sono stati votati in quanto membri di un certo schieramento (in italia ricordo che non si possono votare i singoli senatori) sono passati all'altro schieramento.
Easy.
Tradimento? Mancanza di etica? Spostamento legittimo? Non mi interessa.
I fatti sono questi. E alla fine sono i fatti che contano.

Non ne parlerei qui, come non ne ho parlato prima e come difficilmente parlo di politica Italiana, se non fosse per un buffo e curioso strascico che questi eventi hanno comportato.

Quando chi si e' spostato dalla maggioranza all'opposizione l'ha fatto, dalla maggioranza sono piovute critiche, scomposte, sguaiate, urlate, ma tutto sommato pulite. Si parlava di tradimento, di bassezza politica, di colpo infame. E tante'.
Dall'opposizione, ovviamente, invece, voci di lode e plauso. Finalmente rinsaviti, il lume della ragione s'è acceso in loro. Quelli che prima erano schiavi del padrone, finalmente alzano gli occhi e vedono la luce.
Tutte posizioni legittime, daltronde sta nel gioco delle parti. Mi sarei meravigliato se fosse successo altrimenti.
Da notare come tutte le accuse/apprezzamenti, sono rimasti sul piano morale, senza alzare eccessivamente i toni. O almeno, a me e' parso cosi'.

Quando invece due giorni fa, un giorno fa, quand'è stata votata la fiducia? Dicevamo, quando due giorni fa tre, e dico tre senatori sono passati dall'opposizione alla maggioranza, apriti cielo.
Dalla maggioranza, boh, non ho avuto tutto questo tempo libero per sentire cos'hanno detto.
Dall'opposizione, invece, anche se di tempo comunque non ne avevo, fiumi di parole. Strepiti, urla sguaiate. Prezzolati! Corrotti! Puttani! Al soldo del nemico! Venduti!
Ahi... qui il piano si sposta dal morale al legale. Il che, a mio avviso non e' legittomo.
Lo chiamo giocare sporco. Andare oltre a quella linea che delimita il gioco delle parti, che appunto, gioco non e' piu'.
E ritengo che non siano paragonabili le reazioni dei due schieramenti di fronte al voltafaccia di alcuni loro membri.
Proprio non mi e' piaciuto, anzi, proprio mi ha fatto schifo come certi elementi del PD e del mondo sinistrorso in genere hanno reagito. Non lo tollero. Stesso livello, stessa bassezza di certe uscite, tanto deplorevoli, dell'attuale maggiornaza. Non siete poi cosi' diversi.

Se uno fa un passo a sinistra, sicuramente e' rinsavito, sicuramente s'è tolto il giogo del silvio padrone, sicuramente ragiona.
Se uno fa un passo, ma anche solo un passettino verso destra, he... corrotto, pagato, verme, uomo(ma si e' ancora umani se si passa dall'altra parte) del nemico, ipnotizzato, lobotomizzato, etc..

Mi e' sempre piu' chiaro perche' non votero' MAI questa sinistra.
Doppiopesismo, autoincensazione , autoinnalzamento ad unico punto di riferimento morale etico culturale e ragionevole d'italia, conseiderazione delle posizioni altrui, dell'altrui spirito critico e dell'altrui intelligenza prossima allo sterco di porco.

E poi ci chiediamo come mai silvio continua a vincere.
Non credo che la maggioranza di oggi si impegni a vincere. A loro basta non perdere.
A farli vincere, tanto, ci pensano gli altri.





E a difendermi, tanto, ci pensa il mio ombrello verde.

C.L. Lewis

Ci sono altri mondi oltre il nostro? O intelligenze diverse, se non addirittura superiori?
Sono alcune delle domande che rimbalzano appena spuntano gli Ufo o un satellite sbarca su pianeti lontanissimi. E se davvero queste realtà esistono, potrebbero aver vissuto un’esperienza entusiasmante e tormentata simile alla nostra con un Dio che si è incarnato, è morto ed è risorto? Questi interrogativi frullavano anche nella mente di un professore di letteratura inglese di Oxford, un certo Clive Staples Lewis, il «convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra», come si era definito. «Supponiamo – dichiarò in un’intervista del 1950 – che ci sia una terra come Narnia. E che il Figlio di Dio diventi in questa un Leone, come è diventato un Uomo nel nostro mondo. Quindi immaginiamo cosa succede». La sua immaginazione ha, così, creato le avventure dei quattro fratelli Pevensie che ripercorrono i grandi temi della fede, non come in un «catechismo in briciole» ma attraverso una piacevole storia per bambini partendo dall’«immagine di un fauno, un fauno che porta un ombrello, una regina su una slitta e un magnifico leone». In un secondo tempo, i vari personaggi del fantasy sono stati letti secondo i canoni di una vera allegoria cristiana. Se nel «Leone, la strega e l’armadio» i lettori del romanzo e gli spettatori del film hanno assistito a una rivisitazione del mistero degli «ultimi giorni di Cristo», nel «Viaggio del veliero» si imbatteranno in altri temi religiosi, come la vita sacramentale della Chiesa. La storia narra di Edmund e Lucy, due dei fratelli Pevensie, che insieme allo spigoloso e irascibile cugino, Eustachio Scrubb, per magia vengono trasportati da un antico quadro appeso al muro su un veliero in mezzo al mare. Al timone ritrovano il valoroso Principe Caspian alla ricerca di 7 amici di suo padre, che erano stati precedentemente allontanati dal perfido zio, il re Miraz. Edmund e Lucy, attraverso una serie incredibile di peripezie vissute come ragazzi «umili e credenti», cercano di condurre il miscredente Eustachio sul grande «Veliero». Esso rappresenta «l’equipaggio» della Chiesa che lotta contro le seduzioni della Strega Bianca, la quale cerca di ostacolarli in tutti i modi. Il giovane Eustachio, per quanto caratterialmente difficile, dimostra come non sia facile essere pazienti, temperanti e comprensivi quando l’amore è lontano chilometri dal proprio cuore. Solo diventando più caritatevoli, il Signore (il Leone Aslan) corre in aiuto. Ed è proprio il Leone a guidare il ragazzo su un alto monte, metafora di Dio che conduce la persona pentita sul «monte» della sua sapienza, stimolando e spronando la sua anima a togliersi l’abito logoro del peccato – come la «pelle squamosa» di Eustachio, tramutato in drago a causa della sua cupidigia – e a vestirsi di abiti nuovi. Lewis, infine, con l’allusione al banchetto eucaristico, ricorda che avvicinarsi ad esso col cuore irato non fa raggiungere né la pacificazione e neppure la grazia dello Spirito Santo. Chi invece si riconcilia con Dio è invitato da un agnello a mangiare con lui del pesce arrostito in segno di comunione. Aslan infine rivela a Lucy due grandi segreti. Il primo: per raggiungere il «suo Regno bisogna attraversare un fiume, ma non c’è da temere perché egli è colui che costruisce il ponte» (cfr. Apocalisse 22, 1-2). Il secondo segreto è che il Leone è presente anche nel nostro mondo, con un nome diverso.


Da Avvenire

11 dicembre 2010

Chi ben comincia

...ben comincia.
1-3 al bernareggio, in casa loro. Prima di campionato.

Inutile dire che non e' per nulla merito mio, anzi...
Ma si fa quel che si puo'.

09 dicembre 2010

Il presepe (o presepio) è una rappresentazione della nascita di Gesù, derivata da tradizioni medievali.

Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto.
Il presepe moderno indica una ricostruzione tradizionale della natività di Gesù Cristo durante il periodo natalizio: si riproducono quindi tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l'asinello agli agnelli, e così via. La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica.



Direi che e' ora di tirarlo fuori.

06 dicembre 2010

Si spiega il successo di certi programmi tv.

Un italiano su due non legge. Nemmeno un libro l'anno. Insomma non rientra nemmeno in quella categoria poco onorevole del «lettore debole» (per gli esperti in questa categoria rientrano quelli che si sciroppano ben tre volumi l'anno). Insomma siamo ancora un Paese dove la cultura è un orticello di pochi e dove la lettura non rientra nelle priorità della vita quotidiana. Eppure già si parla di «boom di lettori nel 2010». A seguire i dati proposti dall'Istat, infatti, sono un milione in più gli italiani che si sono avvicinati alla lettura quest'anno. Si arriva così a quasi metà della popolazione italiana che si dichiara lettrice, anche se di «almeno un libro», e si scopre che dal 1995 sono oltre 5 milioni gli italiani che hanno cominciato a leggere. I lettori forti restano però il 15%. Oggi legge il 46, 8% degli italiani con più di sei anni, quasi due punti percentuali in più rispetto allo scorso anno quando erano il 45, 1%.
Questo secondo l'indagine Istat 2010 presentata nella giornata inaugurare della Fiera della piccola e media editoria «Più libri più liberi», ospitata al Palazzo dei Congressi di Roma.
Nel 2010 sono stati oltre 26, 4 milioni gli italiani con più di 6 anni che hanno dichiarato di leggere nel tempo libero (+1, 7% sul 2009). Rispetto al 1995 si è registrato un aumento di 7, 7%, vale a dire oltre 5 milioni e mezzo di italiani e il trend si conferma in questi ultimi anni in crescita.
Inoltre, dall'indagine emerge che il lettore del 2010 è giovane (65, 4% nella fascia 11-14 anni, con 42 punti percentuali in più rispetto agli anziani over 75), è per lo più donna (53, 1% rispetto al 40, 1% degli uomini) e in tutte le fasce di età le lettrici superano sempre i lettori, risiede al Nord (per il 54% rispetto al 35, 2% del Mezzogiorno), ha alti titoli di studio (laureati oltre l'80%), ricopre alti incarichi (è dirigente, imprenditore, libero professionista, quadro per oltre il 62%) o è studente (65, 2%). Ma, il rapporto tra gli italiani e il libro è ancora debole e occasionale. Degli oltre 26, 4 milioni di italiani che leggono, i lettori forti (più di 12 libri l'anno) sono solo 4 milioni, il 15, 1% dei lettori e il 7, 1% della popolazione con più di 6 anni. La maggioranza è composta di lettori deboli (oltre 11, 7 milioni), cioè quelli che hanno letto al massimo 3 libri in un anno (in media un libro ogni 4 mesi!). Il limite strutturale della crescita è che i nuovi lettori sono soprattutto deboli.
Restano ancora ampie differenze territoriali. Guida la classifica il Trentino Alto Adige con il 57, 9% della popolazione che legge almeno un libro all'anno. Agli ultimi posti invece la Basilicata (31, 4%), la Sicilia (32, 8%) e la Campania (33. 3%). Anche nel lungo periodo (se si considera il trend dal 1995) rimane inalterato il differenziale tra Nord e Sud.
Comunque, come sottolinea il presidente dell'associazione Italiana Editori (Aie), Marco Polillo: «Mi sembrano dati incoraggianti dal momento che evidenziano una crescita costante dei lettori nel lungo periodo. Se però andiamo a esaminare il numero di libri che gli italiani leggono effettivamente scopriamo un'altra realtà: i lettori forti in Italia sono solo il 15%. Credo quindi che ci sia ancora molto da lavorare perché l'Italia si metta al passo con gli altri paesi europei, dove realmente libro e lettura sono considerati elementi di grande forza e importanza».

Fonte





PS: Iniziato Ortodossia.
Ci sarebbe da citarne ogni 5-6 righe. Di una intensita' impensabile. Fortemente consigliato.

PPS: mio fratello rientra nei lettori forti. Non puo' che essere una burla... e di pessimo gusto pergiunta.

05 dicembre 2010

Pesca allo squalo



 3-0 e il condroitto di qualche chilo l'abbiamo portato a casa.

03 dicembre 2010

VERSO LA DIAGNOSI PREIMPIANTO
Il sì dei giudici della Corte di Cassazione di Lipsia ha aperto il dibattito
di Paul De Maeyer
Tratto dal sito ZENIT, Agenzia di notizie l'1 dicembre 2010
Nella Germania della cancelliera democristiana Angela Merkel (CDU), il dibattito politico sulla cosiddetta “diagnosi preimpianto” o PID (acronimo inglese di “Preimplantation Diagnosis”, nota anche come PDG o “Preimplantation Genetic Diagnosis”) prende slancio.
La PID viene eseguita nelle primissime fasi della vita di un embrione creato in vitro, cioè nel momento in cui è costituito da appena otto cellule. Una o al massimo due delle cellule vengono prelevate e poi analizzate per individuare eventuali anomalie cromosomiche, difetti genetici o per stabilire se sarà compatibile come donatore di sangue, midollo o tessuti per un fratellino o una sorellina malata (i cosiddetti “designer babies” o “bébés-medicaments”).
Ad aprire il dibattito sulla prassi, messa al bando dalla legge sulla protezione degli embrioni (Embryonenschutzgesetz o EschG) del 1991, è stata una sentenza emessa il 6 luglio scorso dalla Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof o BGH), con sede a Lipsia. Secondo il tribunale, che ha assolto il ginecologo Matthias Bloechle, non si può proibire il ricorso alla PID di embrioni creati in vitro ed impedire a genitori con una predisposizione a gravi difetti genetici di optare per la selezione embrionale. Nel 2005 e 2006, il medico aveva seguito nel suo centro di medicina della riproduzione o “Kinderwunschzentrum” a Berlino tre coppie con una predisposizione a malattie genetiche, delle quali una aveva già una figlia handicappata, e trasferito nell'utero delle donne in questione solo embrioni rivelatisi “sani” dopo una PID.
Mentre l'Associazione dei medici tedeschi – la Bundesärztekammer – e il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger (FDP, liberali) hanno accolto con soddisfazione la sentenza, i movimenti pro vita, molti politici dei partiti democristiani CDU e CSU, e la Chiesa cattolica sono rimasti “costernati”. In una presa di posizione, la Conferenza dei Vescovi Tedeschi (Deutsche Bischofskonferenz o DBK) ha dichiarato che scartare e uccidere embrioni con difetti genetici è inaccettabile e “contraddice la nostra comprensione dell'essere umano”. Per il delegato del governo tedesco per le persone disabili, Hubert Hüppe, la tecnica della PID significa che “le persone con un handicap vengono scartate ancora prima della nascita”. Un giudizio simile lo ha pronunciato anche la presidente dei Cristiano-Democratici per la Vita (CDL), Mechthild Löhr: saranno ormai i medici e i genitori a decidere se una vita concreta “merita di essere vissuta” o no (Die Tagespost, 8 luglio).
In un'intervista con la Domradio di Colonia, padre Josef Schuster, gesuita e professore di Teologia morale alla Facoltà teologica di Sankt Georgen, a Francoforte sul Meno, ha espresso inoltre i suoi timori per una “rottura della diga” (Dammbruch). Secondo l'accademico, non si può arginare la prassi (Domradio, 7 luglio). Proprio come nel caso del cosiddetto “aborto terapeutico”, si rischia infatti di finire sul temuto “slippery slope” (piano scivoloso), ovvero dalla diagnosi di patologie gravi a quelle meno gravi, dalla diagnosi di una malattia alla suscettibilità ad una data malattia, o ancora dalla malattia a certe caratteristiche somatiche (ad esempio il sesso del nascitura), fino alla creazione di veri e propri bambini “su misura” secondo i gusti o anche le necessità dei futuri genitori.
Riunita in congresso a Karslruhe, nel Baden-Württemberg, la CDU (Unione Cristiano-Democratica) ha seguito la linea della cancelliera Angela Merkel e ha votato due settimane fa – il 16 novembre – a favore di un divieto della diagnosi preimpianto. La discussa tecnica ha però anche i suoi sostenitori in seno alla formazione democristiana, fra i quali la vicepresidente della CDU ed ex ministro per la Famiglia, Ursula von der Leyen, e l'attuale titolare, Kristina Schröder, che la promuovono per le coppie geneticamente predisposte. Il “no” alla PID, approvato sul filo di lana da una maggioranza davvero strettissima di congressisti (il 51% contro il 49% ovvero 408 delegati su 799) dimostra come il tema spacchi il partito. Una realtà che rispecchia la profonda spaccatura in seno alla società tedesca sulla liceità della tecnica. Questa divisione costringe sia i sostenitori che gli oppositori a questa prassi medica a costruire maggioranze trasversali in vista di una prossima votazione nel Bundestag (la Camera Bassa federale).
Come ha scritto il capo redattore della Augsburger Allgemeine Zeitung (19 novembre), Markus Günther, “non bisogna demonizzare i sostenitori della PID”, ma comunque la tecnica “apre la porta alla selezione di esseri umani” e aumenta le pressioni sulle coppie, che in caso della nascita di un figlio handicappato o con la sindrome di Down rischiano ormai di doversi giustificare. Secondo l'autore, “il desiderio di voler controllare e decidere autonomamente tutto è forse vecchio quanto l'umanità ma contraddice i fondamenti della Conditio humana”.
Il 27 novembre, in occasione della “Veglia di preghiera per la vita nascente”, il vescovo della diocesi di Fulda (in Assia), monsignor Heinz Josef Algermissen, ha criticato la recente giurisprudenza delle corti tedesche in materia di bioetica. Nell'omelia pronunciata nel Duomo di Fulda, il presule ha respinto espressamente la sentenza del 6 luglio, la quale ha “di fatto autorizzato la diagnosi preimpianto, per impedire la nascita [... ] di bambini malati”. Per monsignor Algermissen, ci troviamo davanti ad un “meccanismo di rimozione molto sofisticato”. “Vengono rimosse infatti – così ha detto il presule - la risposta alla domanda fondamentale e decisiva sulla personalità della vita umana non ancora nata e la verità che l'embrione si sviluppa come essere umano e non verso un essere umano”. Il presule ha ricordato anche l'istruzione “Dignitas Personae” della Congregazione per la Dottrina della Fede (resa pubblica il 12 dicembre 2008), che nel numero 37 chiede il coraggio di “opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati, che hanno la dignità di persona, creati anch'essi ad immagine di Dio” (Kathnet, 27 novembre).
Non va dimenticato inoltre che la PID non è infallibile e che il rischio di errori è sempre dietro l'angolo, nel senso sia di “falsi positivi” che di “falsi negativi” (l'embrione viene impiantato ma il bambino nasce poi con la patologia che doveva essere evitata). Per le patologie cromosomiche, la percentuale di errori può essere dell'ordine del 15%. Lo ha ricordato nel 2008 il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e copresidente di Scienza & vita, in un'intervista ad Avvenire (8 maggio 2008). Sempre nel 2008, una coppia di genitori australiani aveva fatto causa contro il centro IVF (In Vitro Fertilizzazione) della Monash University di Melbourne (Stato di Victoria). Il loro figlio – uno dei primi bambini australiani concepiti in vitro ad essere sottoposti alla PID per la presenza di un tumore ereditario – è nato comunque con il gene difettoso (The Herald Sun, 20 gennaio 2008).






Il diritto ad una vita dignitosa, si perde guadagna  con questa via?

02 dicembre 2010

Si, si, si si!




titolo: Il ritorno di Don Chisciotte

autore: Gilbert Keith Chesterton

traduzione di Paolo Morganti

anno: 2011

pagine: 288

ISBN: 978-88-95916-12-5

prezzo: 15.00

stato: uscita prevista marzo 2011


Michael Herne è il meticoloso e solitario bibliotecario di Abbey Seawood. Quando la figlia di lord Ashley, proprietario della tenuta, decide di mettere in scena con alcuni suoi amici una commedia intitolata Blondel il Trovatore, egli si trova costretto a vestire i panni di un re del Medio Evo. Nonostante le poche battute che dovrà recitare, il bibliotecario inizierà un’accurata e trascinante ricerca storica sulla cultura di quel periodo storico. Il guaio si presenterà quando, dopo la recita, Herne, che ha preso troppo sul serio il suo personaggio, si rifiuterà di togliersi il costume da re e deciderà di vivere alla maniera medioevale. Lo scrittore inglese fa di questo personaggio buffo e romantico il suo Don Chisciotte, colui che smette i panni moderni e decide di assumere un’identità di pazzo, in un mondo che sente non appartenergli. Non manca l’alter ego di Sancho Panza, impersonato dal buono, colto e concreto Douglas Murrel. Il libro, per gli argomenti e l’ambientazione, è il seguito ideale del capolavoro di Chesterton, Uomovivo.