Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



30 marzo 2012

Dubbi esistenziali.




È più utile che una moltitudine di uomini viventi in società sia governata da uno solo piuttosto che da molti.

Fatte queste premesse* è opportuno ricercare che cosa sia più utile ad una provincia, o ad una città: se essere governata da molti o da uno solo. Questo sì può ricavare partendo dallo stesso fine del governo. L'intenzione di qualsiasi governante deve essere rivolta a procurare il benessere di ciò che ha preso a governare. È compito proprio del nocchiero, per esempio, condurre integra la nave nel porto di salvezza, preservandola dai pericoli del mare. Ora il bene della moltitudine associata è che si conservi la sua unità, ossia la pace; poiché, quando questa venga a mancare, finisce l'utilità della vita sociale, perché la moltitudine in disaccordo è gravosa a se stessa. Dunque il reggitore della moltitudine deve tendere soprattutto a procurare l'unità della pace. E non c'è bisogno di discutere se si debba mantenere la pace nella moltitudine a lui soggetta: sarebbe come se un medico volesse discutere se debba guarire il malato che gli è affidato. Nessuno infatti deve discutere il fine al quale deve tendere, ma solo i mezzi occorrenti al fine. Perciò l'Apostolo (Efes. IV, 3), nel raccomandare l'unità del popolo fedele, dice: " Siate solleciti a conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace".

Un governo dunque sarà tanto più utile quanto più sarà efficace nel conservare l'unità della pace. Infatti diciamo che è più utile ciò che conduce maggiormente al fine. Ora, è evidente che quanto è uno per essenza può garantire l'unità più di molti individui, così come la causa più efficace del riscaldamento è ciò che è caldo per natura. Perciò è più utile il governo di uno solo che quello di molti.

Di più; è evidente che persone diverse in nessun modo possono conservare una collettività, se sono del tutto in disaccordo tra loro. Infatti, perché possano governarla in qualche modo, fra di esse è necessaria una certa unione; allo stesso modo che più persone non riuscirebbero a dirigere una nave in un'unica direzione, se in qualche maniera non fossero unite. Ora, di più soggetti si dice che si uniscono in quanto si avvicinano all'uno. Dunque governa meglio uno che diversi che si avvicinano all'unità.

Ancora: le cose che sono conformi alla natura si trovano nelle condizioni migliori; la natura infatti opera il meglio in ogni singola cosa. Orbene, ogni governo naturale dipende da uno solo. Nell'insieme delle membra una soltanto le muove tutte: il cuore. E fra le parti dell'anima una sola facoltà principale presiede: la ragione. Anche le api hanno un solo re e in tutto l'universo un solo Dio è Creatore e reggitore di tutte le cose. E questo avviene secondo ragione. Infatti ogni moltitudine deriva dall'unità. Perciò, se è vero che le cose dovute all'arte devono imitare quelle dovute alla natura, e l'opera dell'arte è tanto migliore quanto più è simile alla natura, ne consegue di necessità che tra le collettività umane la migliore è quella che è governata da uno solo.

E questo emerge anche dall'esperienza. Infatti le province o le città che non sono governate da uno solo sono travagliate dai dissensi e si agitano lontane dalla pace, cosicché sembra adempiersi ciò che il Signore lamenta per bocca del profeta Geremia (XII, 10): " I molti pastori hanno devastato la mia vigna ". Invece le province e le città governate da un solo re godono la pace, fioriscono nella giustizia e sono allietate dall'abbondanza dei beni. Perciò il Signore come grande dono al suo popolo promise che gli avrebbe dato un solo capo e che ci sarebbe stato un solo principe in mezzo a loro.


Come il dominio di uno solo è il migliore Quando è giusto, così quando è ingiusto costituisce il dominio peggiore; e questo si dimostra con molte ragioni e argomenti.

Come il governo di un re è il migliore, così quello di un tiranno è il peggiore. Alla politia infatti si contrappone la democrazia; poiché entrambe, infatti, come appare da ciò che abbiamo detto, sono governi di molti; all’aristocrazia poi si contrappone l’oligarchia: ambedue sono governi di pochi; alla monarchia infine si contrappone la tirannide: e ambedue sono governi di uno solo. Ora, noi sopra abbiamo dimostrato che il regime regale è il migliore governo. Se dunque è vero che alla cosa migliore si contrappone quella peggiore, ne discende di necessità che la tirannide sia il peggior governo.
Ancora: le forze unite sono più efficaci a produrre l'effetto che non disperse e divise. Infatti molti individui uniti insieme possono trasportare quello che, individualmente, nessuno di essi potrebbe trasportare. Dunque: come è più utile che la virtù operante il bene sia una, perché sia più efficace a operare il bene, così è più nocivo che la virtù operante il male sia una piuttosto che divisa
Ora, la virtù di chi è ingiustamente a capo opera per il male della società, volgendo il bene comune della moltitudine verso il proprio bene privato. Perciò come nel governo giusto tanto più il governo è utile, quanto più chi governa si adegua all'unità — cosicché il regime monarchico è migliore dell'aristocrazia e l'aristocrazia della " politia " — così per converso sarà anche nel governo ingiusto: cosicché quanto più chi governa si adegua all'unità tanto più il suo governo è dannoso. La tirannide dunque è peggiore dell'oligarchia e l'oligarchia della democrazia.
Di più: un governo è ingiusto, perché, disprezzato il bene comune della moltitudine, ricerca il bene privato di chi governa. Un governo dunque è tanto più ingiusto, quanto più si allontana dal bene comune. Ora, nell'oligarchia, nella quale si ricerca il bene di pochi, ci si allontana di più dal bene comune che nella democrazia, nella quale si ricerca il bene di molti; e ancora di più ci si allontana dal bene comune nella tirannide, nella quale si ricerca il bene di uno solo; infatti all'universalità è più vicino il molto che il poco, e più il poco che l'unico. Quindi il governo del tiranno è il più ingiusto. Questo è ugualmente chiaro per chi consideri l'ordine della divina provvidenza la quale dispone ogni cosa nel modo migliore. Infatti nelle cose il bene proviene da un'unica causa, come se tutte le cose che possono concorrere a fare il bene fossero riunite insieme; il male invece sorge distintamente da difetti particolari. Nel corpo infatti non c'è bellezza, se tutte le membra non sono disposte armonicamente, mentre si ha bruttezza quando un qualsiasi membro sia disarmonico. E così la bruttezza viene in modi diversi da più cause, mentre la bellezza in un modo solo e da una sola causa perfetta
E così avviene in tutte le cose buone e cattive, come se Dio avesse disposto che il bene col provenire da una causa sola sia più forte, il male invece col provenire da più cause sia più debole. È bene dunque che un regime, se giusto, sia monarchico, affinché sia più forte. Se invece tende all'ingiustizia, è meglio che sia di molti, affinché sia più debole e i molti si ostacolino a vicenda. Fra i governi ingiusti dunque il più tollerabile è la " democrazia ", il peggiore la tirannide '.
La stessa cosa apparirà chiara, soprattutto se si considerino i mali che derivano dai tiranni. Il tiranno infatti, poiché disprezzato il bene comune, ricerca il proprio, necessariamente graverà sui sudditi in modi diversi, a seconda delle diverse passioni cui è soggetto e i diversi beni a cui mira. Se egli è posseduto dalla cupidigia, rapina i beni dei sudditi, conforme alle parole di Salomone (Prov. XXIX, 3): " Il re giusto fonda la terra, l'uomo avaro la distrugge ". Se invece soggiace all'ira, per un nonnulla sparge sangue, onde per bocca di Ezechiele (XXII, 27) è detto: " I suoi principi sono come lupi rapaci e sanguinari "; è un regime quindi che il sapiente consiglia di fuggire, " State lontani dall'uomo che ha il potere di uccidere " (Eccl. IX, 18), poiché uccide non per la giustizia, ma per esercitare il potere secondo la corrotta inclinazione della volontà. Così dunque non c'è alcuna sicurezza ed ogni cosa è incerta, quando chi governa prescinde dal diritto, mancando qualsiasi stabilità quanto è così affidato al volere, per non dire al capriccio
1 Per non trovare l'Autore in contraddizione con se stesso, avendo egli sopra (cap. 2) affermato la superiorità del regime monarchico, dobbiamo tenere ben presente il contesto. Nel primo caso si parla del regime politico in assoluto, ossia in mezzo a un popolo che vive in situazione di normale moralità; qui invece egli parla di una società dissoluta di un altro.
E non solo grava sui sudditi nelle cose corporali, ma ostacola anche il loro bene spirituale, perché chi aspira più a primeggiare che ad essere utile, impedisce ogni progresso dei sudditi, sospettando che qualsiasi loro preminenza sia di ostacolo al suo ingiusto dominio.
Ecco perché i tiranni sospettano più dei buoni che non dei cattivi e la virtù altrui fa sempre loro paura. Questi tiranni dunque cercano di impedire che i sudditi, divenuti virtuosi, nutrano pensieri magnanimi e non sopportino più il loro ingiusto dominio, che tra i sudditi si stringano patti di amicizia; e che godano così reciprocamente del beneficio della pace. In questo modo, non avendo fiducia gli uni negli altri, non possono organizzare nulla contro il suo dominio. Perciò i tiranni seminano discordia tra i sudditi, fomentano litigi e proibiscono tutto ciò che fomenta l'alleanza tra gli uomini, come nozze, conviti e altre cose simili, per mezzo delle quali tra gli uomini si crea solidarietà e fiducia. Cercano di impedire che diventino potenti, o ricchi; poiché sospettando dei sudditi secondo la coscienza della propria malizia, come essi usano la potenza e la ricchezza per nuocere, così temono che la potenza e la ricchezza dei sudditi siano usate contro di loro. Per questo Giobbe (XV, 21) dice del tiranno: " Il suono del tiranno è sempre nelle sue orecchie e anche quando c'è pace (cioè nessuno attenta contro di lui) egli sospetta sempre insidie ". Da questo deriva che, siccome i capi con animo perverso detestano la virtù verso cui invece dovrebbero stimolare i sudditi, sotto il tiranno si trovano pochi virtuosi. Infatti secondo la sentenza di Aristotele, gli uomini forti si trovano presso coloro che rendono onore ai più forti; e d'altra parte, come dice Cicerone, " le cose che tutti disprezzano sono sempre nascoste e non fioriscono mai ".
Inoltre è naturale che gli uomini, cresciuti nel timore, facciano tralignare gli animi nel servilismo e diventino pusillanimi davanti a ogni opera virile e forte; e questo appare evidente dall'esperienza delle province che sono state a lungo sotto i tiranni.
Per questo l'Apostolo (Coloss.; III, 21) ammonisce: " Padri, non provocate all'esasperazione i vostri figli, affinché non diventino pusillanimi ".
Considerando dunque questi danni della tirannide il re Salomone (Prov. XXVIII, 12) scrive: " Quando regnano gli empi si ha la rovina degli uomini ", perché i sudditi, per la cattiveria dei tiranni, tralasciano la pratica delle virtù; e aggiunge (Prov. XXIX, 2); "Quando gli empi hanno assunto il comando il popolo geme come ridotto in schiavitù "; e ancora (Prov. XXVIII, 28): " Quando predominano gli empi si nascondono gli uomini ", per sfuggire alla crudeltà dei tiranni. E non c'è da meravigliarsi, perché l'uomo quando governa senza seguire la ragione, ma secondo le proprie passioni sregolate, non differisce in nulla dalle belve; per questo Salomone (Prov. XXVIII, 15) afferma: "Un principe empio è un leone ruggente e un orso famelico sopra un popolo infelice". Ecco perché gli uomini si nascondono ai tiranni come a belve crudeli, ed essere soggetto a un tiranno sembra lo stesso che essere atterrato sotto i piedi di una belva inferocita.

S. Tommaso d'Aquino
Principi non negoziabili sulla società e sulla politica
Solito mio dilemma.
Democrazia o Dispotismo?
Posto che il despota sia una persona giusta, sarebbe indubbiamente più snella, veloce e quindi efficace una forma di governo di indirizzo dispotico.
I problemi stanno nella definizione di "giusto" e nel definire gli ambiti di azione di un despota, che non possono essere infiniti ma limitati da una serie di paletti decisi democraticamente ogni tot anni, modificabili solo democraticamente e solo ogni tot anni, entro i quali però l'agilità di manovra di un singolo permette di percorrere più strada.
Democraticamente si traccia un solco all'interno del quale il despota può muoversi con un certo grado di libertà.
Sicuramente perfezionabile.
Decisamente delirante.
Forse poco condivisibile.
Ovvio, poi, il despota perfetto sono naturalmente Io, mica gli altri.
E questo vale per ciascuno. 
* E’ necessario che gli uomini, vivendo in societa’, siano governati diligentemente da qualcuno



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29 marzo 2012

La vera misura dell'uomo

Cari fratelli e sorelle!
«Benedetto sei tu, Signore Dio… Benedetto il tuo nome glorioso e santo» (Dn 3, 52). Questo inno di benedizione del Libro di Daniele risuona oggi nella nostra liturgia invitandoci ripetutamente a benedire e lodare Dio. Siamo parte della moltitudine di quel coro che celebra il Signore incessantemente. Ci uniamo a questo insieme di azioni di grazie, ed offriamo la nostra voce gioiosa e fiduciosa che cerca di consolidare nell'amore e nella verità il cammino della fede.
«Benedetto sia Dio» che ci riunisce in questa piazza emblematica, affinché ci immergiamo più profondamente nella sua vita. Provo una grande gioia nell’essere oggi tra voi e presiedere questa Santa Messa nel cuore di questo Anno giubilare dedicato alla Vergine della Carità del Cobre.
Saluto cordialmente il Cardinale Jaime Ortega y Alamino, Arcivescovo di L'Avana, e lo ringrazio per le cordiali parole che mi ha rivolto a nome di tutti. Estendo il mio saluto ai Signori Cardinali, ai miei fratelli Vescovi di Cuba e di altri Paesi che hanno voluto partecipare a questa solenne celebrazione. Saluto anche i sacerdoti, i seminaristi, i religiosi e tutti i fedeli qui convenuti, come pure le Autorità che ci accompagnano.
Nella prima lettura che è stata proclamata, i tre giovani, perseguitati dal sovrano babilonese, preferiscono affrontare la morte bruciati dal fuoco piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede. Essi trovarono la forza di «lodare, glorificare e benedire Dio» nella convinzione che il Signore del cosmo e della storia non li avrebbe abbandonati alla morte ed al nulla. In effetti, Dio non abbandona mai i suoi figli, non li dimentica mai. Egli sta al di sopra di noi ed è capace di salvarci con il suo potere. Allo stesso tempo, è vicino al suo popolo, e per mezzo del suo Figlio Gesù Cristo ha voluto porre la sua dimora tra noi.
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,31). Nel brano del Vangelo che è stato proclamato, Gesù si rivela come il Figlio di Dio Padre, il Salvatore, l'unico che può mostrare la verità e dare la vera libertà. Il suo insegnamento provoca resistenza ed inquietudine tra i suoi interlocutori, ed Egli li accusa di cercare la sua morte, alludendo al supremo sacrificio della Croce, ormai vicino. Ma li esorta a credere, a rimanere nella sua Parola, per conoscere la verità che redime ed onora.
In effetti, la verità è un anelito dell'essere umano, e cercarla suppone sempre un esercizio di autentica libertà. Molti, tuttavia, preferiscono le scorciatoie e cercano di evitare questo compito. Alcuni, come Ponzio Pilato, ironizzano sulla possibilità di poter conoscere la verità (cfr Gv 18,38), proclamando l'incapacità dell'uomo di raggiungerla o negando che esista una verità per tutti. Questo atteggiamento, come nel caso dello scetticismo e del relativismo, produce un cambiamento nel cuore, rendendo freddi, vacillanti, distanti dagli altri e rinchiusi in se stessi. Persone che si lavano le mani come il governatore romano e lasciano correre il fiume della storia senza compromettersi.
D'altra parte, ci sono altri che interpretano male questa ricerca della verità, portandoli all'irrazionalità e al fanatismo, per cui si rinchiudono nella «loro verità» e cercano di imporla agli altri. Sono come quei legalisti accecati che, vedendo Gesù colpito e sanguinante, gridano infuriati: «Crocifiggilo!» (cfr Gv 19,6). In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l'uomo con un'innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l'irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici.
Inoltre, la verità sull'uomo è un presupposto ineludibile per raggiungere la libertà, perché in essa scopriamo i fondamenti di un'etica con la quale tutti possono confrontarsi e che contiene formulazioni chiare e precise sulla vita e la morte, i doveri ed i diritti, il matrimonio, la famiglia e la società, in definitiva, sulla dignità inviolabile dell'essere umano. Questo patrimonio etico è quello che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui.
Il Cristianesimo, ponendo in risalto i valori che sostengono l'etica, non impone, ma propone l'invito di Cristo a conoscere la verità che rende liberi. Il credente è chiamato a rivolgerlo ai suoi contemporanei, come lo fece il Signore, anche davanti all’oscuro presagio del rifiuto e della Croce. L'incontro personale con Colui che è la verità in persona ci spinge a condividere questo tesoro con gli altri, specialmente con la testimonianza.
Cari amici, non esitate a seguire Gesù Cristo. In Lui troviamo la verità su Dio e sull'uomo. Egli ci aiuta a sconfiggere i nostri egoismi, ad uscire dalle nostre ambizioni e a vincere ciò che ci opprime. Colui che opera il male, colui che commette peccato, è schiavo del peccato e non raggiungerà mai la libertà (cfr Gv 8,34). Solo rinunciando all'odio e al nostro cuore indurito e cieco, saremo liberi, ed una nuova vita germoglierà in noi.
Con la ferma convinzione che Cristo è la vera misura dell'uomo, e sapendo che in Lui si trova la forza necessaria per affrontare ogni prova, desidero annunciarvi apertamente il Signore Gesù come Via, Verità e Vita. In Lui tutti troveranno la piena libertà, la luce per capire in profondità la realtà e trasformarla con il potere rinnovatore dell'amore.
La Chiesa vive per rendere partecipi gli altri dell’unica cosa che possiede, e che non è altro che Cristo stesso, speranza della gloria (cfr Col 1,27). Per poter svolgere questo compito, essa deve contare sull'essenziale libertà religiosa, che consiste nel poter proclamare e celebrare anche pubblicamente la fede, portando il messaggio di amore, di riconciliazione e di pace, che Gesù portò al mondo. E’ da riconoscere con gioia che sono stati fatti passi in Cuba affinché la Chiesa compia la sua ineludibile missione di annunciare pubblicamente ed apertamente la sua fede. Tuttavia, è necessario proseguire, e desidero incoraggiare le autorità governative della Nazione a rafforzare quanto già raggiunto ed a proseguire in questo cammino di genuino servizio al bene comune di tutta la società cubana.
Il diritto alla libertà religiosa, sia nella sua dimensione individuale sia in quella comunitaria, manifesta l'unità della persona umana che è, nel medesimo tempo, cittadino e credente. Legittima anche che i credenti offrano un contributo all'edificazione della società. Il suo rafforzamento consolida la convivenza, alimenta la speranza in un mondo migliore, crea condizioni propizie per la pace e per lo sviluppo armonioso e, contemporaneamente, stabilisce basi solide sulle quali assicurare i diritti delle generazioni future.
Quando la Chiesa mette in risalto questo diritto, non sta reclamando alcun privilegio. Pretende solo di essere fedele al mandato del suo divino Fondatore, cosciente che dove Cristo si rende presente, l'uomo cresce in umanità e trova la sua consistenza. Per questo, essa cerca di offrire questa testimonianza nella sua predicazione e nel suo insegnamento, sia nella catechesi come negli ambienti formativi ed universitari. È da sperare che presto giunga anche qui il momento in cui la Chiesa possa portare nei vari campi del sapere i benefici della missione che il suo Signore le ha affidato e che non può mai trascurare.
Esempio illustre di questo lavoro fu l'insigne sacerdote Félix Varela, educatore e maestro, figlio illustre di questa città di L'Avana che è passato alla storia di Cuba come il primo che ha insegnato al suo popolo a pensare. Il Padre Varela ci presenta la strada per una vera trasformazione sociale: formare uomini virtuosi per forgiare una nazione degna e libera, poiché questa trasformazione dipenderà dalla vita spirituale dell'uomo; infatti, «non c'è patria senza virtù» (Lettere ad Elpidio, lettera sesta, Madrid 1836, 220). Cuba ed il mondo hanno bisogno di cambiamenti, ma questi ci saranno solo se ognuno è nella condizione di interrogarsi sulla verità e si decide a intraprendere il cammino dell'amore, seminando riconciliazione e fraternità.
Invocando la materna protezione di Maria Santissima, chiediamo che ogni volta che partecipiamo all'Eucaristia diventiamo anche testimoni della carità che risponde al male con il bene (cfr Rm 12, 21), offrendoci come ostia viva a chi con amore offrì se stesso per noi. Camminiamo alla luce di Cristo, che può disperdere la tenebra dell'errore. Supplichiamolo che, con il valore e il vigore dei santi, giungiamo a dare una risposta libera, generosa e coerente a Dio, senza paure, né rancori. Amen.


 Riporto un passaggio.

In realtà, chi agisce irrazionalmente non può arrivare ad essere discepolo di Gesù. Fede e ragione sono necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l'uomo con un'innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l'irrazionalità, ma l’ansia della verità quello che promuove la fede cristiana. Ogni essere umano deve scrutare la verità ed optare per essa quando la trova, anche a rischio di affrontare sacrifici.



Non è un segreto la mia stima per questo uomo.
Ecco perché.
È il seme di tutto il suo pontificato.

22 marzo 2012

Sheik Abdul Aziz bin Abdullah


If the pope called for the destruction of all the mosques in Europe, the uproar would be cataclysmic. Pundits would lambaste the church, the White House would rush out a statement of deep concern, and rioters in the Middle East would kill each other in their grief. But when the most influential leader in the Muslim world issues a fatwa to destroy Christian churches, the silence is deafening.
On March 12, Sheik Abdul Aziz bin Abdullah, the grand mufti of Saudi Arabia, declared that it is “necessary to destroy all the churches of the region.” The ruling came in response to a query from a Kuwaiti delegation over proposed legislation to prevent construction of churches in the emirate. The mufti based his decision on a story that on his deathbed, Muhammad declared, “There are not to be two religions in the [Arabian] Peninsula.” This passage has long been used to justify intolerance in the kingdom. Churches have always been banned in Saudi Arabia, and until recently Jews were not even allowed in the country. Those wishing to worship in the manner of their choosing must do so hidden away in private, and even then the morality police have been known to show up unexpectedly and halt proceedings.
This is not a small-time radical imam trying to stir up his followers with fiery hate speech. This was a considered, deliberate and specific ruling from one of the most important leaders in the Muslim world. It does not just create a religious obligation for those over whom the mufti has direct authority; it is also a signal to others in the Muslim world that destroying churches is not only permitted but mandatory.



Ovviamente l'articolo parla poi della non reazione di Obama essendo un giornale americano, a noi, sinceramente, non interessa entrare in questa polemica. O forse si?


Fonte

The Grand Mufti (Arabic: مفتي عام‎) is the highest official of religious law in a Sunni or Ibadi Muslim country. The Grand Mufti issues legal opinions and edicts, fatāwā, on interpretations of Islamic law for private clients or to assist judges in deciding cases. The collected opinions of the Grand Mufti serve as a valuable source of information on the practical application of Islamic law as opposed to its abstract formulation. The Grand Mufti's fatāwā (plural of "fatwā") are not binding precedents in areas of civil laws regulating marriage, divorce, and inheritance. In criminal courts, the Grand Mufti's recommendations are generally not binding either.

Non il primo pirla che parla, allora.
Deve averci proprio studiato sopra, ragionato molto, vagliato bene la legge islamica per poter giungere, finalmente, a questa interessante conclusione.

Mi riserbo la possibilità di non ritenere simpatica ne amichevole una persona del genere e con lui chiunque approva le sue parole.
Più in generale trovo quantomeno sgradevole, non stupida o in errore, per carità,  qualunque persona che ritenga sia giusto dare fuoco ad una Chiesa.
In realtà non avrei grossissimi problemi sull'azione in se stessa, è che mi trovo spesso, o comunque con una certa frequenza, a frequentare quel genere di locali.
Mi scoccerebbe, ecco, trovarmi in mezzo ad un rogo perché presi dalla foga si sono dimenticati di avvisare dell'imminente incendio. Una questione meramente personale.

Ora, provando ad uscire dalla mia opinione, palesemente di parte e non generalizzabile, cerchiamo di guardare con obiettività e imparzialità la proposta.

1) È scientificamente provato che la combustione produce CO2 ed altri gas serra. Diciamo no agli incendi delle Chiese per salvare l'ambiente.
2) È risaputo che ai Cristiani, specie ai sacerdoti, spesso anziani, piace passare del tempo nelle Chiese. Per dire no ai pensionati senza nulla da fare, diciamo no alla combustione delle Chiese.
3) Fonti certe ci dicono che non solo i sacerdoti, ma i fedeli in generale, abbiano a cuore questi edifici. Bruciare le Chiese potrebbe infastidirli. Se anche te pensi che dare fastidio sia fastidioso, unisciti al coro, no alle Chiese-Falò
4) Il fuoco scioglie il ghiaccio. Dai un contributo anche te alla causa dell'Orso Palù, l'Orso Polare più coccoloso del pianeta. Di di no all'innalzamento delle temperature, di di no ai caminetti cristiani.
5) Storici romani accertano che, quando i cristiani bruciano, spesso urlano superando la soglia di decibel dannosa per i timpani. Per proteggere il tuo udito, aiutaci a non farli strillare.

Ci sono motivazioni universali per dire di no a tutto questo. Unisciti alla campagna.


E non dimenticare, il Corano è un libro di pace.



Non merita nessun commento più serio di quello che ho scritto.
In realtà ci si potrebbe fermare alle prime righe dell'articolo riportato, qualunque commento ulteriore è un offesa all'intelligenza di chi legge.
Ritengo chiunque in grado di giungere alle giuste conclusioni.

17 marzo 2012

«Che cosa non va nel mondo?»

 A questa domanda si può rispondere subito: ciò che non funziona, ciò che è sbagliato, è che non ci domandiamo che cosa sia giusto.



16 marzo 2012

Manca metà.

Torno ancora su Kony2012 ma solo per partire subito per la tangente, perdonatemi.

Riassunto della faccenda e antefatto.
Una ONLUS Statunitense ha girato e messo in rete un video, fatto benissimo per convincere le persone, un po' meno per informarle, dove sostanzialmente si chiede l'aiuto del popolo del web per convincere i politici ad intervenire in Uganda per fermare un signore della guerra, Kony appunto, che ha seminato panico e distruzione per 26 anni.
Bello, yeah, armiamoci e partite.

Il video esalta per i primi 10 minuti almeno, e nei 10 minuti conclusivi,(oltre il 50% dei 30 minuti di durata) il potere del web2.0 la potenza della comunicazione, la forza del popolo unito, di un movimento dal basso, di etc...
Verissimo, nulla da eccepire.
Se però mi è permesso dire la mia, questo ragionamento, per giusto che sia, è manchevole di una gamba, o di un remo.
E una barca a remi senza un remo è condannata a girare in circolo per l'eternità, cosa che, a mio parere, non dev'essere particolarmente piacevole.
Quindi un remo è potere, e ci siamo, ma l'altro, quello che manca?
L'altro è RESPONSABILITÀ.
Parola strana responsabilità. Bella e un po' minacciosa.
Responsabilità.

Innegabile il fatto che il popolo se si muove unito ha un grande potere, bisogna anche vedere se ha la responsabilità per poterlo utilizzare BENE.
Perché decidere, se non si decide bene, è una bella fregatura.

Supponiamo di essere in un futuro prossimo alternativo, 2015d.C. .
Finalmente democrazia, anzi, Democrazia.
Il popolo, grazie al web 2.0(c'è stato uno stallo nelle ricerche) può prendere parte direttamente ai processi decisionali, o meglio, è l'unico soggetto autorizzato a prenderli. Insomma, tutti votano tutto.
30.000.000 decidono che sia necessario un forte intervento per spazzare via Kony. Quel maledetto ha la pellaccia dura e coriacea ed è riuscito a scampare per ben 3 anni continuando ad arruolare bambini soldato in Uganda.
La decisione è presa, i 30.000.000 esultano, finalmente si pone fine alla questione. Il popolo è riuscito dove i governi hanno fallito.
Gli F-22(si, li abbiamo comprati, sigh) si alzano in volo, scaricano 5-6 tonnellate di missili sul rifugio di Kony e sul kilometro circostante. Un cratere unico, fumo e i 5000 soldati di Kony in purea. 5000 soldati bambino, le vittime di Kony.
Il comando militare, imbarazzato, fa sapere la notizia, doveva essere solo il bunker di Kony, da solo, invece era una base con tutto il suo esercito di minori.
Peccato.
Il web si mobilita, raccolte 40.000.000 approvazioni per inviare le condoglianze.
E 50.000.000 per farla pagare al responsabile.
Ma chi è il responsabile?
Il pilota? No, decide l'esercito.
L'esercito? No, ha deciso il popolo.
Il popolo quindi.
Ma in che proporzione? 5.000 a testa? 0,00016 a testa? Chi è il responsabile?
Boh.

Nel caso specifico, quindi tornando nella realtà, non si parla di nessun bombardamento, ma di un intervento diretto degli USA tramite l'invio di uomini(in realtà tutto questo è già avvenuto...misteri della fede).
Non cambia però la dinamica. Sotto pressione di un elevato numero di persone disinformate e senza le competenze per prendere una decisione, si vuole spronare il governo ad agire.
Rimango sempre perplesso.

Sono tutti pronti ad assumersi le proprie responsabilità?


Il web è un mezzo estremamente potente, vero, ma questo potere difficilmente si concilia con la responsabilità ad esso collegata.
E grazie al cielo, quindi, che al momento questo potere non viene esaltato come si vorrebbe.






Anche su questo manifesto avrei da ridire.
È la dimostrazione che tutto in questo movimento ruota attorno esclusivamente agli USA. È rivolta ai politici USA e ai loro elettori. Non riguarda noi e nemmeno l'Uganda.



PPS: una curiosa partizione del popolo:
Una maggioranza schiacciante è quella che vota berlusconi, guarda studio aperto e non si perde un cinepanettone, ama il becero calcio, non legge giornali, non si informa, si fa manipolare dall'alto, non è critica.
Poi c'è l'altra maggioranza schiacciante, quella che redime, che non vota berlusconi, che non guarda studio aperto, al cinema solo film d'essai, solo libri impegnati, che non guarda la tv e nel caso solo programmi intelligenti, che non ama il grezzo calcio, etc...

Ma la verità è che il popolo è uno solo, che fa tutte le cose sopra indicate e che statisticamente non prende la decisione migliore, ma solo quella media.

13 marzo 2012

'(O)NU spasso proprio.

"L'ONU IN CAMPO - Nel frattempo il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, è intervenuto per sottolineare che il governo siriano sta facendo un uso «sproporzionato» della forza in alcune città. Non solo: per il numero uno del palazzo di vetro, Damasco è responsabile di un «assalto militare» e di «operazioni vergognose». Ban Ki Moon ha poi esortato Assad a dare una risposta all'inviato speciale dell'Onu, Kofi Annan, che domenica ha chiesto la cessazione delle violenze e l'apertura di corridoi umanitari. Al tempo stesso il vertice delle Nazioni Unite auspica che il Consiglio di sicurezza riesca ad uscire dall'impasse sin qui creata dai veti di Cina e Russia e che sulla Siria inizi a parlare con voce sola. Annan, nel frattempo arrivato ad Ankara, ha sottolineato che «ie uccisioni di civili devono fermarsi adesso» e che «il mondo deve mandare un messaggio chiaro, che questa situazione è inaccettabile». Mentre Ban Ki Moon parlava a New York, al Consiglio dei diritti umani dell'Onu di Ginevra Paulo Pinheiro, presidente della Commissione d'inchiesta internazionale sulla Siria, ha presentato il suo rapporto: «L'esodo continua verso il Libano, la Giordania e la Turchia - ha spiegato Pinheiro -. La situazione disperata dei civili deve essere affrontata con urgenza assoluta». «È imperativo interrompere il ciclo di violenza in Siria - ha aggiunto - e scongiurare un escalation degli scontri armati in una guerra civile»."



In Siria è un anno che si spara sulla folla a cannonate e l'ONU cosa dice?
Che si fa un uso sproporzionato della forza.
A parte il fatto che una dichiarazione del genere sottintende l'esistenza di una soglia sotto la quale cannoneggiare la propria gente possa essere ritenuto "proporzionato", è la reazione in se stessa che è da alienati dal mondo.





12 marzo 2012

We Will Fight War.

KONY 2012

Dubbi e perplessità.

1) Sembra che prima di Kony in Africa fosse tutto fragole e panna, e che dopo Kony tornerà ad essere fragole e panna.

2) Mi scandalizza il successo che ha questo video che sembra essere davvero una novità, una cosa mai vista prima. Dovrei credere che davvero abbia successo perchè per molti la realtà è una novità?

3) Cosa principale. Nel video sostanzialmente Invisible Children richiede di sesibilizzare l'opinione pubblica per favorire la rimozione di Kony.
Mi chiedo io, ma secondo gli 80milioni di persone che condividono e divulgano, come pensate che Invisible Children voglia "rimuovere" Kony? Offrendogli un soggiorno a vita da qualche parte nei Caraibi?
Mi pare che il video chieda sostanzialmente un intervento degli USA.

Quindi:
4) Esistono guerre giuste?



Ah, già, poi anche perchè:
La motivazione che ha spinto Obama ad inviare le truppe in Uganda addirittura 24 anni dopo la nascita dello LRA (tenuto inoltre conto che il gruppo ha perso gradualmente il suo potenziale offensivo e si stima che attualmente Kony controlli solo 200/400 guerriglieri) può essere letta alla luce di un rinnovato interesse da parte degli USA alla regione centrale dell’Africa, nell’ottica di una stabilizzazione della regione e, soprattutto, di una diminuzione della crescente, anche su questa scacchiera, influenza di Shabaab. Le milizie somale, affiliate dal 2007 al network qaedista, infatti potrebbero rappresentare il vero obiettivo del dispiegamento di truppe americane nel nord dell’Uganda. Non a caso, l’invio delle truppe statunitensi è avvenuto simultaneamente all’inizio dell’intervento militare del Kenya in Somalia per combattere gli Shabaab (16 ottobre); l’amministrazione USA potrebbe aver quindi beneficiato di tale situazione favorevole per dispiegare il proprio contingente.
Negli ultimi anni, le attività delle milizie Shabaab anche al di fuori del territorio somalo (nel luglio 2010, un duplice attacco suicida ha causato la morte di 76 persone a Kampala, in Uganda), a cui si aggiunge l’instabilità politica ed economica dell’intera regione, hanno reso l’organizzazione islamista una delle principali minacce alla sicurezza del Corno d’Africa.
In questo ambito, l’obiettivo ultimo della decisione Obama potrebbe rispondere ad esigenze connesse alla sicurezza nazionale statunitense, cercando di evitare che sia gli Shabaab che gli elementi del panorama somalo connessi ad al-Qaeda possano rendersi protagonisti di ulteriori attacchi.
Ma va bene così.
Se il grand' Obama comanda,
Facciam la guerra a Libia e Uganda.



Andate al minuto 17:06 del video.


Marionette soldato.

07 marzo 2012

Il coraggio di essere

"La vera festa della donna è il coraggio di essere donna e di imporsi come tale ogni giorno, infischiandosene del giudizio. Sostiene «non del tutto a torto» (ormai parlo come Monti, scusate) una mia cara amica: il mondo avido e violento di voi maschi etero ha miseramente fallito, ora tocca a noi donne e ai gay costruirne uno più umano."



Direi che da maschio etero avido e violento(e anche insensibile e cafone) delle parole di Gramellini me ne infischio.
Però da maschio etero la cosa un po' mi infastidisce.
In pratica le donne devono essere donne ogni giorno, imponendosi(?) come tali.
Mentre gli uomini non va bene che siano tali(sono avidi e violenti) ma dovrebbero essere checche.
E la parità dei sessi?
Ovvero, un uomo non dovrebbe essere uomo ogni giorno imponendosi(?) come tale? Esattamente come vale per le donne?
A quanto pare no.
Perché uomo maschio è sinonimo di avidità e violenza.

Eppure Gramellini fino alla fine sembrava portare avanti un pensiero ragionevole.
La donna torni a fare la donna, che abbia priorità da donna, ruoli da donna, sia se stessa, non una copia di un uomo.
Poi con un salto mortale doppio male eseguito atterra di faccia e combina l'irreparabile.
L'uomo la smetta di fare l'uomo.
Incappando nello stesso errore che ha denunciato poche parole prima ma a parti inverse.

Ma un mondo dove ciascuno è libero di essere pienamente se stesso e di compiersi nella verità di se non è sufficientemente umano?
È necessario eliminare una categoria di uomini, i maschi eterosessuali, per essere più umani?



Le donne siano donne, gli uomini siano uomini e per carità, i gay siano gay.
Non col mio culo.

06 marzo 2012

A proposito della vicenda Hack-Parrocchia.

Da quel che mi pare aver capito della vicenda, comune e parrocchia hanno stipulato un contratto per l'utilizzo del teatro.
L'edificio è di proprietà della parrocchia, ma ospita eventi organizzati dal comune. È evidente che un paese di 6000 e rotti abitanti non si possa concedere il lusso di due strutture, per cui una ce n'è e con quella ci si arrangia e fino all'altro ieri le cose andavano sufficientemente bene.
Il comune può organizzare qualunque tipo di evento? No. Nel contratto esiste la clausola per cui se un evento è contrario alla dottrina della Chiesa la Parrocchia può rifiutarsi di ospitarlo (o così almeno pare).

L'assessore organizza questo evento, riesce ad invitare addirittura Margherita Hack, astronoma, per presentare il suo libro di bioetica che del tratta testamento biologico.
L'assessore organizza questo evento Venerdì 6 Aprile.

La Parrocchia si oppone, in quanto trova che l'evento rientri tra quelli che la clausola gli concede di rifiutare e in quanto il giorno scelto per l'evento è proprio Venerdì Santo, uno dei giorni più densi di significato e di passione per i Cattolici. Più del Natale o dell'Epifania, per intenderci. Una giornata dove normalmente ogni parrocchia sospende tutte le attività per permettere a tutti i parrocchiani di partecipare alle celebrazioni. Oratori chiusi, bar chiusi, incontri sospesi e, guardacaso, cinema e teatri chiusi.

La notizia fa il giro del mondo: censura!


La posizione della Parrocchia a mio avviso è legittima per entrambe le motivazioni.
La più ovvia è quella della data. Mi pare sacrosanto che una struttura di proprietà della parrocchia resti chiusa quel giorno. Ora, non conosco bene i dettagli di quel particolare teatro, ma posso fare un paragone con il cineteatro S. Luigi di Concorezzo. Il programma della  stagione è stato definito da inizio stagione, come logica impone, e tutte le date di teatri e proiezioni sono già programmate e definite da tempo. Suppongo che gli eventi del comune si infilino nei buchi o che ci siano giorni definiti per gli eventi o che comunque ci si metta d'accordo per tempo e un mese prima non mi pare sia "per tempo". Suppongo, non ho letto il contratto.
Se quel Venerdì era libero forse è perché il teatro aveva intenzione di stare chiuso, esattamente come il cinema di Concorezzo che non ha in programma nessuna proiezione e lo ha definito da Settembre.
In ogni caso si poteva scegliere un altro giorno, non mi pare che la Hack abbia particolari premure. Si poteva anticipare o posticipare. Curioso che l'assessore non abbia pensato a questo. Dopotutto bastava un colpo di telefono ai gestori del cinema(sono 6000 abitanti, vuoi che non si conoscano? L'assessore alla cultura(mi pare) e il gestore del cinema? ma va la...)
Inoltre parrebbe che i gestori del teatro ne siano venuti a conoscenza solo il 26 Febbraio e solo leggendo la locandina dell'evento su un giornale locale.


Più controversa, forse, è l'altra questione.
La presentazione dei un libro è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No.
La presentazione di un libro di Margherita Hack è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No. *
La presentazione di un libro di bioetica è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No.
Ma allora?
Allora: sappiamo che questo personaggio, simpatico e un po' tenero non si è mai risparmiato esternazioni poco tenere sul Vaticano e sulla Chiesa. Intolleranti, bigotti, oscurantisti, etc...
Possiamo dire che parte della sua fama le derivi proprio da questa sua poca tolleranza della Chiesa.
Ma allora la Chiesa è intollerante e poco aperta al dialogo, anzi, rifugge ogni confronto da chi la pensa in modo diverso?
Direi di no, come sempre fa più notizia un albero che cade che una foresta che cresce. E i media si sa han bisogno di rumore.
Ma allora almeno QUEL parroco, non la Chiesa tutta, è intollerante?
Nemmeno.
Probabilmente QUEL parroco semplicemente non aveva intenzione di avere come ospite QUEL giorno QUELLA persona.



Postilla.
Ovvero la versione di Leo della questione:

la Hack ha scritto un libro che nessuno si fila.(E' una astronoma, che scrive di bioetica, forse non la persona più preparata in merito...).
Se si organizzasse la presentazione in un teatro con più di 200 posti in una paese con più di 6000 anime ne verrebbe fuori una sala semideserta, un flop.
Allora che si fa? Si cerca una sala parrocchiale di un paese sperduto, magari con qualche clausola che ci permetta di gridare "all'inquisizione, all'inquisizione", si fissa la data il Venerdì Santo, giusto per essere sicuri.
Si aspetta il normale rifiuto.
Si monta un caso.
Si fa sapere a tutti che la Hack ha scritto un libro.
Si attende che un teatro più grande si offra di accogliere l'evento, a spese proprie.
Si osserva compiaciuti la sala di 600 posti gremita.
Gli editori gongolano.
Mi pare buon marketing.

Se quanto sopra NON vi sfagiola, chiedetevi come mai la Hack si sia trovata costretta a cercare un buco nella programmazione di un teatro di un paesello di 6000 persone.
Sinceramente, fosse una delle menti più brillanti che abbiamo in Italia, non avrebbe potuto ambire a palchi un filino più prestigiosi?


* In effetti, a ben guardare sembra proprio che la Hack, se c'è possibilità di insultare i credenti  pare non si faccia troppe remore.