Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



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06 marzo 2012

A proposito della vicenda Hack-Parrocchia.

Da quel che mi pare aver capito della vicenda, comune e parrocchia hanno stipulato un contratto per l'utilizzo del teatro.
L'edificio è di proprietà della parrocchia, ma ospita eventi organizzati dal comune. È evidente che un paese di 6000 e rotti abitanti non si possa concedere il lusso di due strutture, per cui una ce n'è e con quella ci si arrangia e fino all'altro ieri le cose andavano sufficientemente bene.
Il comune può organizzare qualunque tipo di evento? No. Nel contratto esiste la clausola per cui se un evento è contrario alla dottrina della Chiesa la Parrocchia può rifiutarsi di ospitarlo (o così almeno pare).

L'assessore organizza questo evento, riesce ad invitare addirittura Margherita Hack, astronoma, per presentare il suo libro di bioetica che del tratta testamento biologico.
L'assessore organizza questo evento Venerdì 6 Aprile.

La Parrocchia si oppone, in quanto trova che l'evento rientri tra quelli che la clausola gli concede di rifiutare e in quanto il giorno scelto per l'evento è proprio Venerdì Santo, uno dei giorni più densi di significato e di passione per i Cattolici. Più del Natale o dell'Epifania, per intenderci. Una giornata dove normalmente ogni parrocchia sospende tutte le attività per permettere a tutti i parrocchiani di partecipare alle celebrazioni. Oratori chiusi, bar chiusi, incontri sospesi e, guardacaso, cinema e teatri chiusi.

La notizia fa il giro del mondo: censura!


La posizione della Parrocchia a mio avviso è legittima per entrambe le motivazioni.
La più ovvia è quella della data. Mi pare sacrosanto che una struttura di proprietà della parrocchia resti chiusa quel giorno. Ora, non conosco bene i dettagli di quel particolare teatro, ma posso fare un paragone con il cineteatro S. Luigi di Concorezzo. Il programma della  stagione è stato definito da inizio stagione, come logica impone, e tutte le date di teatri e proiezioni sono già programmate e definite da tempo. Suppongo che gli eventi del comune si infilino nei buchi o che ci siano giorni definiti per gli eventi o che comunque ci si metta d'accordo per tempo e un mese prima non mi pare sia "per tempo". Suppongo, non ho letto il contratto.
Se quel Venerdì era libero forse è perché il teatro aveva intenzione di stare chiuso, esattamente come il cinema di Concorezzo che non ha in programma nessuna proiezione e lo ha definito da Settembre.
In ogni caso si poteva scegliere un altro giorno, non mi pare che la Hack abbia particolari premure. Si poteva anticipare o posticipare. Curioso che l'assessore non abbia pensato a questo. Dopotutto bastava un colpo di telefono ai gestori del cinema(sono 6000 abitanti, vuoi che non si conoscano? L'assessore alla cultura(mi pare) e il gestore del cinema? ma va la...)
Inoltre parrebbe che i gestori del teatro ne siano venuti a conoscenza solo il 26 Febbraio e solo leggendo la locandina dell'evento su un giornale locale.


Più controversa, forse, è l'altra questione.
La presentazione dei un libro è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No.
La presentazione di un libro di Margherita Hack è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No. *
La presentazione di un libro di bioetica è un evento in contrasto con la Dottrina della Chiesa? No.
Ma allora?
Allora: sappiamo che questo personaggio, simpatico e un po' tenero non si è mai risparmiato esternazioni poco tenere sul Vaticano e sulla Chiesa. Intolleranti, bigotti, oscurantisti, etc...
Possiamo dire che parte della sua fama le derivi proprio da questa sua poca tolleranza della Chiesa.
Ma allora la Chiesa è intollerante e poco aperta al dialogo, anzi, rifugge ogni confronto da chi la pensa in modo diverso?
Direi di no, come sempre fa più notizia un albero che cade che una foresta che cresce. E i media si sa han bisogno di rumore.
Ma allora almeno QUEL parroco, non la Chiesa tutta, è intollerante?
Nemmeno.
Probabilmente QUEL parroco semplicemente non aveva intenzione di avere come ospite QUEL giorno QUELLA persona.



Postilla.
Ovvero la versione di Leo della questione:

la Hack ha scritto un libro che nessuno si fila.(E' una astronoma, che scrive di bioetica, forse non la persona più preparata in merito...).
Se si organizzasse la presentazione in un teatro con più di 200 posti in una paese con più di 6000 anime ne verrebbe fuori una sala semideserta, un flop.
Allora che si fa? Si cerca una sala parrocchiale di un paese sperduto, magari con qualche clausola che ci permetta di gridare "all'inquisizione, all'inquisizione", si fissa la data il Venerdì Santo, giusto per essere sicuri.
Si aspetta il normale rifiuto.
Si monta un caso.
Si fa sapere a tutti che la Hack ha scritto un libro.
Si attende che un teatro più grande si offra di accogliere l'evento, a spese proprie.
Si osserva compiaciuti la sala di 600 posti gremita.
Gli editori gongolano.
Mi pare buon marketing.

Se quanto sopra NON vi sfagiola, chiedetevi come mai la Hack si sia trovata costretta a cercare un buco nella programmazione di un teatro di un paesello di 6000 persone.
Sinceramente, fosse una delle menti più brillanti che abbiamo in Italia, non avrebbe potuto ambire a palchi un filino più prestigiosi?


* In effetti, a ben guardare sembra proprio che la Hack, se c'è possibilità di insultare i credenti  pare non si faccia troppe remore.

22 febbraio 2012

Poco prolisso come sempre... ma va bene così.

Il prof. Paolo Tortora è professore ordinario di Biochimica presso l’università di Milano Bicocca, dove è anche Coordinatore del Dottorato in Biologia. È referee per alcune riviste scientifiche internazionali e collabora con l’Istituto Iinserm U710 di Montpellier (Francia). Ha cortesemente risposto così a due nostre domande:

“Prof. Tortora, la teoria di Darwin ha secondo lei la capacità di negare l’esistenza di un Creatore, così come insegnato dalla teologia cristiana? Può eventualmente contribuire in qualche modo alla riflessione teologico-filosofica?”
«Questa domanda rimanda a una problematica più generale: vale a dire se l’osservazione della realtà, e in particolare di alcuni suoi aspetti, possa dare un’indicazione, parziale o conclusiva, in merito all’esistenza e alla natura di una realtà trascendente. Come è universalmente noto, si tratta di un problema che accompagna la riflessione umana fin dalla più remota antichità. In epoche più recenti, lo straordinario sviluppo scientifico occorso soprattutto a partire dal XIX secolo ha fatto da propulsore a correnti di pensiero che, di pari passo che si approfondiva la comprensione delle leggi che governano il mondo fisico, arrivavano nella sostanza a negare ogni dimensione trascendente. Il concetto di fondo sotteso a queste concezioni è che la religione sia un surrogato all’ignoranza, ossia un tentativo umano di dare ragione di ciò che nella realtà materiale risulta ancora incompreso. Stando a questa visione, il movente originario del senso religioso non sarebbe l’interrogativo circa il mistero entro cui l’intera realtà è racchiusa, ma l’esigenza di dare spiegazioni opportune agli interrogativi circa il mondo visibile. Da tali presupposti discende come conseguenza necessaria che la visione religiosa debba arretrare di pari passo che si incrementa la conoscenza scientifica.
In un contesto culturale europeo che era già in parte orientato in tal senso, nel 1859 Darwin pubblica la sua opera principale (denominata sinteticamente “L’origine delle specie”). Non mi sembra questa la sede per delineare nel dettaglio la teoria darwiniana. È tuttavia indispensabile menzionarne almeno gli aspetti essenziali come premessa alle riflessioni che seguiranno. Darwin asseriva che nelle specie biologiche si genera un’ampia variabilità dei caratteri (la cui reale genesi gli era comprensibilmente ignota, date le conoscenze dell’epoca), che i singoli individui sono continuamente in lotta per la sopravvivenza all’interno e all’esterno della specie, e che sopravvivono solo i più adatti, vale a dire quelli le cui caratteristiche fisiche li rendono più adatti a procurarsi le risorse necessarie per la vita e a sottrarsi agli attacchi dei predatori (in termini più moderni potremmo dire: gli individui che possiedono le mutazioni più adatte allo scopo). Tali individui otterrebbero un vantaggio riproduttivo propagando il loro patrimonio genetico. Ciò spiegherebbe sia la trasformazione di una specie in un’altra come adattamento a variate condizioni ambientali, sia la divergenza delle specie, vale a dire la genesi di due specie da una sola, che può aver luogo a seguito della segregazione degli individui della stessa specie in due popolazioni distinte che, come conseguenza, potrebbero evolvere indipendentemente.
Questo detto, è sommamente opportuno precisare, prima di ogni riflessione critica in merito, che l’evoluzione biologica è un dato stabilito dalle attuali conoscenze scientifiche al di là di ogni ragionevole dubbio. Questa semplice osservazione preliminare intende mettere al riparo di grossolani equivoci che purtroppo ancora oggi così spesso confondono il dibattito a questo riguardo. La teoria evoluzionistica darwiniana non è infatti sinonimo di evoluzione, talché le possibili critiche alla teoria dello scienziato britannico debbano necessariamente essere classificate come negazioni dell’evoluzione biologica. Come ben sappiamo, fin dall’inizio le discussioni attorno alla teoria darwiniana furono accesissime e ancora oggi non hanno cessato di esserlo. Soprattutto sono due gli aspetti attorno ai quali ruota il dibattito. Uno, di carattere generale è il principio secondo il quale il mondo biologico è dotato di una intrinseca capacità di evolvere, ultimamente governata da dinamiche puramente immanenti e apparentemente casuali. L’altro, più specifico (che soprattutto gli inizi incontrò uno sdegnato rifiuto), consegue dagli aspetti generali della teoria, ed è il concetto che “l’uomo discende dalla scimmia” (in realtà, si dovrebbe dire più correttamente, che l’uomo discende da specie le cui caratteristiche fisiche e cognitive erano comparabili a quelle delle attuali scimmie antropomorfe).
Nell’ambito di varie confessioni cristiane sorse inizialmente un rifiuto, per delle ragioni ultimamente sostenute dal concetto che in base alla rivelazione fosse possibile stabilire anche le modalità di intervento di Dio nel mondo naturale. Se inserita nel contesto culturale dell’epoca, la reazione di rifiuto era comprensibile, in quanto la teoria darwiniana introduceva indubbiamente degli elementi di rottura, soprattutto in relazione all’approccio metodologico su cui si basava (ma non del tutto quanto ai contenuti, dato che il concetto di evoluzione biologica è ben più antico di Darwin). D’altra parte, il pensiero materialista brandì la teoria di Darwin come un’arma per sbaragliare ogni credenza religiosa, fondando questa pretesa su diverse motivazioni. Da un lato la teoria (o più propriamente: l’evidenza dell’evoluzione biologica che divenne chiara con Darwin) dimostrava effettivamente la insostenibilità dell’interpretazione letterale della Bibbia. Molto di più, la posizione culturale materialista faceva leva sul concetto che la teoria darwiniana rendeva superfluo il ricorso a un principio trascendente per giustificare la comparsa del mondo biologico e soprattutto dell’uomo. In una parola, essa sembrava espungere dal mondo ogni intervento soprannaturale. Non denominerei darwinismo questa posizione culturale, ma piuttosto ideologia darwiniana. Non è inutile osservare, a questo riguardo, che lo stesso Darwin nell’opera sopra citata osservò: “Non vedo nessuna ragione valida sul fatto che le teorie sostenute in questo volume possano urtare la sensibilità religiosa di qualcuno” (bisogna anche dire che nel corso degli anni egli si allontanò progressivamente dalla fede). Se ci si riflette, le due posizioni culturali sopra delineate (quella dei credenti e quella dei materialisti), sono basate su errori uguali e contrari, in quanto entrambe promanano dalla presunzione di poter definire le modalità di intervento di Dio nel mondo, entrando persino nel merito delle leggi naturali. Più specificamente, la posizione materialista sembra stabilire in modo molto perentorio un “a priori” per quanto riguarda ciò che è incompatibile con l’esistenza di un Creatore benefico e ciò che non lo è. Lo stesso Darwin poco dopo la pubblicazione della sua opera scriveva, commentando un caso ben noto di parassitismo nel mondo animale: “Non riesco a persuadermi che un Dio benefico e onnipotente abbia volutamente creato gli Icneumonidi con l’espressa intenzione che essi si nutrano entro il corpo vivente dei bruchi”. È evidente che in qualche senso siffatte posizioni “dettano le condizioni a Dio”, stabilendo in anticipo quale debba essere la fisionomia di un Ente creatore. Questa stessa osservazione mette in risalto, a mio avviso in modo conclusivo, che il problema si situa a un livello metodologico inaccessibile alla conoscenza e al metodo scientifico in quanto tali: infatti, non potrà essere certo la scienza a stabilire la natura dell’Ente Creatore.
In ogni caso, basterebbe rifarsi alla storia del pensiero fino ai nostri giorni, rilevando così che anche tra gli scienziati si sono sempre annoverati tanto i non credenti quanto i credenti, mentre quando si tratta di teorie scientifiche, la comunità scientifica finisce presto o tardi per far proprie quelle indiscutibilmente avvalorate dalle evidenze sperimentali. Anche solo questa elementare osservazione rende evidente che in materia di trascendenza il solo approccio scientifico è intrinsecamente incapace di portare a qualsiasi conclusione. Ciò nondimeno, non è mancato chi in tempi recentissimi ha asserito letteralmente: “Le ragioni per non credere non vogliono essere argomentazioni filosofiche compatibili con o dedotte da conoscenze scientifiche, bensì “ragioni scientifiche” tout court, perché le scienze naturali sono l’unica sorgente di conoscenza attendibile sul mondo” (T. Pievani – “La vita inaspettata”, 2011). Qui è del tutto evidente, a mio parere, il corto circuito logico, laddove l’asserto principale (“le scienze naturali sono l’unica sorgente di conoscenza”) è un a priori che non deriva certo dalla sperimentazione scientifica!
Per quel che riguarda il merito della teoria darwiniana, non mi è possibile entrare nel dettaglio (è ben chiaro che ciò richiederebbe uno spazio smisurato). Mi limiterò quindi ad alcune brevi osservazioni.
Indiscutibilmente, la fortuna della teoria è legata anche alla sua struttura concettuale apparentemente semplice, che la rende comprensibile a chiunque, e al contempo la rende potenzialmente capace di rendere conto di una complessità di fattori; d’altro canto, il suo successo paradossalmente discende anche dal fatto che è ben difficile se non proprio impossibile verificarla o falsificarla in senso metodologico, come invece accade nel caso delle ordinarie teorie scientifiche. Verificabilità o falsificabilità significa infatti avere a disposizione un sistema sperimentale sul quale sia possibile intervenire, sottoponendolo a condizioni definite a piacere dallo sperimentatore, ed effettuare successivamente delle misure in tali condizioni, valutando infine se i risultati siano in accordo con la teoria medesima. È evidente che ciò non è attuabile in questo contesto specifico, e come conseguenza la teoria risulta difficilmente attaccabile sul piano sperimentale. Detto questo, non sorprendentemente la teoria darwiniana è soggetta a limiti notevoli, se si pensa a quanto esigue fossero le conoscenze dell’epoca in materia di biologia: praticamente nulla era noto circa i meccanismi molecolari di immagazzinamento dell’informazione genetica, della sua trasmissione e delle funzioni biologiche fondamentali. Senza la pretesa di dare una elencazione esaustiva, tra i problemi aperti posso citare a titolo esemplificativo, la difficoltà concettuale nell’immaginare la generazione di strutture straordinariamente complesse a partire da organismi molto semplici per graduale accumulo di mutazioni; oppure l’esistenza di strutture corporee alle quali è virtualmente impossibile assegnare un significato adattativo. Ma più sostanzialmente, in tempi recenti più voci hanno messo in evidenza l’ipotesi che il reale propulsore dell’evoluzione non sarebbe la pressione ambientale ma una dinamica evolutiva interna agli organismi (si veda in particolare il libro di Jerry Fodor e Massimo Piattelli-Palmarini: “What Darwin got wrong”; edito in Italia da Feltrinelli). Non voglio entrare in questa sede nel merito di tali critiche e delle problematiche ad esse correlati: con ciò voglio semplicemente dire che la teoria di Darwin dovrebbe essere criticabile come qualsiasi altra teoria scientifica, in una sana dialettica solo tesa ad approfondire sempre di più la verità. Sembra invece che chi ha l’ardire di muovere critiche siffatte si renda colpevole di “lesa maestà” (così è stato anche nel caso del libro citato), e quasi invariabilmente viene gratificato dell’epiteto di creazionista. Questo clima ancora oggi così “surriscaldato” lascia chiaramente intendere che uno dei moventi del dibattito sul darwinismo non sia puramente scientifico, ma chiami in causa una visione complessiva della realtà.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda (“Può la teoria di Darwin eventualmente contribuire in qualche modo alla riflessione teologica-filosofica?”), le riflessioni che ho riportato sopra mettono in evidenza che la teoria ha di fatto contribuito a tale riflessione. Non ho gli strumenti per sviluppare in modo dettagliato le problematiche che sono associate alla domanda postami, in quanto la teologia e la filosofia non sono il mio ambito di competenza; tuttavia posso dire che a questo riguardo si osserva una dinamica riscontrabile anche in molti (se non tutti) gli altri ambiti della conoscenza scientifica. Vale a dire, a seconda della attitudine personale le reazioni degli scienziati (ma potrei dire anche di ogni uomo) sono state le più disparate. Questo è evidentemente la conseguenza della condizione di “penombra” in cui l’uomo si trova nella conoscenza della realtà. In altre parole, nulla di ciò che conosciamo può portare a una negazione di una dimensione trascendente, ma al contempo nulla può costituire una evidenza matematica della sua esistenza. Personalmente faccio mia la riflessione del fisico britannico Paul Davies, il quale scrisse: “Noi vogliamo sapere perché le leggi della natura sono quelle che sono, in particolare perché sono così ingegnose e appropriate da permettere a materia ed energia di autoorganizzarsi nella maniera sorprendente che ho descritto, una maniera che suggerisce l’esistenza di uno scopo”. La mia professione mi porta a investigare i meccanismi che governano il funzionamento delle molecole proteiche e delle cellule, e io non cesso di stupirmi di come abbiano potuto svilupparsi dal nulla strutture tanto complesse e al contempo così armonicamente ordinate alla loro funzione. Ciò nondimeno, l’americano Steven Weinberg, premio Nobel per la fisica, scrisse: “Quanto più l’universo ci appare comprensibile, tanto più ci appare senza scopo”. Dunque, la dinamica della libertà, e non certo la conoscenza scientifica, è il fattore decisivo a questo riguardo».

“Cosa ne pensa di queste giornate celebrative di Darwin, anche laddove non c’è particolare contrasto alla sua teoria? Perché, secondo lei, non accade lo stesso per altri celebri uomini di scienza?”
«La mia risposta a questa domanda sarà in realtà brevissima, in quanto è nella sostanza già contenuta nelle riflessioni che ho prodotto nella precedente risposta. Oggi esistono infatti in Occidente (e così pure in Italia) orientamenti culturali sostenuti da circoli di scienziati e pensatori che usano della scienza come strumento ideologico per diffondere nel comune sentire una concezione atea e materialista. Ebbene, il darwinismo (o meglio l’ideologia darwiniana come ho osservato in precedenza) è una delle “teste d’ariete” di questa operazione, che fa un uso surrettizio della scienza, o meglio di un certo modo di presentarla all’opinione pubblica».


 fonte

04 dicembre 2011

Così funziona il mondo.

Un uomo da da mangiare al suo pitone un gattino.
La fine del mondo.

Perché?

Su youtube ci sono centinaia di video che mostrano i più svariati animali vivi mangiare i più svariati animali vivi.
Centopiedi che mangiano topi.
Pesci che mangiano centopiedi.
Pesci che mangiano pesci.
Gatti che mangiano pesci.
Serpenti che mangiano conigli.
Gatti che mangiano uccellini.
Serpenti che mangiano topi.
Ragni che mangiano topi.
Io stesso al mio piccolissimo centopiedi(Lithobius sp.) do i ragnetti che trovo, vivi.
Mi pare la cosa più naturale al mondo.
Un carnivoro che mangia. Che fa quello per cui è stato perfezionato da millenni di evoluzione. Uccidere. 
E di certo è più naturale così che non uccidere animali vari, triturarne le carcasse, impastarle con cereali e quant'altro, fare seccare queste specie di impasto di cadaveri e poi darli al nostro gattino.

Gatto che ricordiamo essere un felide, la famiglia che tra i mammiferi, ahimé pur da amante dei cani lo devo riconoscere, è la più efficiente nella caccia(e quindi nell'uccidere).
Se un gatto è quello che è, sinuoso, agile, silenzioso, sveglio etc..., lo è per il semplice fatto che così uccide meglio, di più e con maggior efficienza.
Ah, più ancora dell'uomo, i gatti sono STRETTAMENTE carnivori.
Senza carne muoiono.
Gli animali non sono peluches.
Sono animali.



IAMS. with succulent roast Chicken

19 novembre 2011

Staminali, dal Papa no alla ricerca

Staminali, dal Papa no alla ricerca:
«Distruzione embrioni è contro vita»


«Ingiustificabile» distruggere anche una sola vita umana per dare beneficio a un'altra



CITTÀ DEL VATICANO - «La distruzione anche di una sola vita umana non può mai giustificarsi in termini di beneficio che può plausibilmente portare a un'altra». Così il Papa ha ribadito oggi il no alla ricerca sulle cellule staminali embrionali, che «nega l'inalienabile diritto alla vita di tutti gli esseri umani, dal concepimento alla morte naturale».[...]

Fonte


Ma siamo proprio sicuri che abbia detto questo? Siamo proprio sicuri che il titolo dell'articolo sia corretto?


Per fortuna il Vaticano ha un sito carino, immediato e pulito che riporta OGNI parola che dice il Papa. Per questo bastano 30 secondi 30 per trovare OGNI discorso. Non lo fa il giornalista del corriere, lo facciamo noi.


Copincollo:


Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,
Eccellenze, distinti ospiti, cari amici,

desidero ringraziare il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, per le sue cordiali parole e per aver promosso questa Conferenza Internazionale su Cellule staminali adulte: la scienza e il futuro dell’uomo e della cultura. Desidero ringraziare anche l’Arcivescovo Zygmunt Zimowski, Presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari (per la Pastorale della Salute), e il Vescovo Ignacio Carrasco de Paula, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, per il loro contributo a questo sforzo particolare. Una speciale parola di gratitudine va ai numerosi benefattori il cui sostegno ha reso possibile questo evento. A tale proposito, desidero esprimere l’apprezzamento della Santa Sede per tutta l’opera svolta da varie istituzioni per promuovere iniziative culturali e formative volte a sostenere una ricerca di massimo livello sulle cellule staminali adulte e a studiare le implicazioni culturali, etiche e antropologiche del loro uso.
La ricerca scientifica offre una opportunità unica per esplorare la meraviglia dell’universo, la complessità della natura e la bellezza peculiare dell’universo, inclusa la vita umana. Tuttavia, poiché gli esseri umani sono dotati di anima immortale e sono creati a immagine e somiglianza di Dio, ci sono dimensioni dell’esistenza umana che stanno al di là di ciò che le scienze naturali sono in grado di determinare. Se questi limiti vengono superati, si corre il grave rischio che la dignità unica e l’inviolabilità della vita umana possano essere subordinate a considerazioni meramente utilitaristiche. Tuttavia, se, invece, questi limiti vengono doverosamente rispettati, la scienza può rendere un contributo veramente notevole alla promozione e alla tutela della dignità dell’uomo: infatti in questo sta la sua utilità autentica. L’uomo, l’agente della ricerca scientifica, a volte, nella sua natura biologica, sarà l’oggetto di quella ricerca. Ciononostante, la sua dignità trascendente gli dà il diritto di restare sempre il beneficiario ultimo della ricerca scientifica e di non essere mai ridotto a suo strumento.
In questo senso, i benefici potenziali della ricerca sulle cellule staminali adulte sono considerevoli, poiché essa dà la possibilità di guarire malattie degenerative croniche riparando il tessuto danneggiato e ripristinando la sua capacità di rigenerarsi. Il miglioramento che queste terapie promettono costituirebbe un significativo passo avanti nella scienza medica, portando rinnovata speranza ai malati e alle loro famiglie. Per questo motivo, naturalmente la Chiesa offre il suo incoraggiamento a quanti sono impegnati nel condurre e sostenere ricerche di questo tipo, sempre che vengano condotte con il dovuto riguardo per il bene integrale della persona umana e il bene comune della società.
Questa condizione è della massima importanza. La mentalità pragmatica che tanto spesso influenza il processo decisionale nel mondo di oggi è fin troppo pronta ad approvare qualsiasi strumento disponibile a ottenere l’obiettivo desiderato, nonostante siano ampie le prove delle conseguenze disastrose di questo modo di pensare. Quando l’obiettivo prefissato è tanto desiderabile quanto la scoperta di una cura per malattie degenerative, è una tentazione per gli scienziati e per i responsabili delle politiche ignorare tutte le obiezioni etiche e proseguire con qualunque ricerca sembri offrire la prospettiva di un successo. Quanti difendono la ricerca sulle cellule staminali embrionali nella speranza di raggiungere tale risultato compiono il grave errore di negare il diritto inalienabile alla vita di tutti gli esseri umani dal momento del concepimento fino alla morte naturale. La distruzione perfino di una sola vita umana non si può mai giustificare nei termini del beneficio che ne potrebbe presumibilmente conseguire per un’altra. Tuttavia, in generale, non sorgono problemi etici quando le cellule staminali vengono prese dai tessuti di un organismo adulto, dal sangue del cordone ombelicale al momento della nascita o da feti che sono morti per cause naturali (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, istruzione Dignitas personae, n. 32).
Ne consegue che il dialogo fra scienza ed etica è della massima importanza per garantire che i progressi medici non vengano mai compiuti a un prezzo umano inaccettabile. La Chiesa contribuisce a questo dialogo aiutando a formare le coscienze secondo la retta ragione e alla luce della verità rivelata. Così facendo, cerca, non di impedire il progresso scientifico, ma, al contrario, di guidarlo in una direzione che sia veramente feconda e benefica per l’umanità. Infatti, la Chiesa è convinta che tutto ciò che è umano, inclusa la ricerca scientifica, «non solamente è accolto e rispettato dalla fede, ma da essa è anche purificato, innalzato e perfezionato» (ibidem, n. 7). In questo modo, la scienza può essere aiutata a servire il bene comune di tutta l’umanità, con particolare riguardo per i più deboli e i più vulnerabili.
Nel richiamare l’attenzione sui bisogni degli indifesi, la Chiesa non pensa soltanto ai nascituri, ma anche a quanti non hanno accesso facile a trattamenti medici costosi. La malattia non è selettiva con le persone e la giustizia richiede che venga fatto ogni sforzo per porre i frutti della ricerca scientifica a disposizione di tutti coloro che sono nella condizione di averne bisogno, indipendentemente dalle loro possibilità economiche. Oltre a considerazioni meramente etiche, bisogna affrontare questioni di natura sociale, economica e politica per garantire che i progressi della scienza medica vadano di pari passo con una offerta giusta ed equa dei servizi sanitari. Qui, la Chiesa è in grado di offrire assistenza concreta attraverso il suo vasto apostolato sanitario, attivo in così tanti Paesi nel mondo e volto a una sollecitudine particolare per i bisogni dei poveri del mondo.
Cari amici, concludendo le mie osservazioni, desidero assicurarvi del mio ricordo speciale nella preghiera e affido alla intercessione di Maria, Salus infirmorum, tutti voi che lavorate tanto duramente per portare guarigione e speranza a quanti soffrono. Prego affinché il vostro impegno nella ricerca sulle cellule staminali adulte porti grandi benedizioni per il futuro dell’uomo e arricchimento autentico alla sua cultura. A voi, alle vostre famiglie e ai vostri collaboratori nonché a tutti i pazienti che possono beneficiare della vostra generosa competenza e dei risultati del vostro lavoro, imparto volentieri di tutto cuore la mia Benedizione Apostolica. Grazie molte!


Fonte
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Credo che più chiari di così si muore.
E il ragionamento non fa una grinza una.

Come sempre si parte dal presupposto che la vita parta dal concepimento.
Ma chi può negare scientificamente questo fatto?

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Ma che vantaggi ha il corriere a scrivere il falso? O meglio, che vantaggi ha il corriere(e mille altri a ruota) a scrivere il falso contro la Chiesa?
Mah...


13 aprile 2011

Una storia triste.


Tenta il suicidio e perde la bambina
Ora dovrà rispondere di omicidio 

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Fermiamoci al titolo. Ci immaginimo una donna che prova a suicidarsi. Per sua fortuna non ci riesce ma nel fare questo la piccola che porta in grembo muore.



Riprendiamo a leggere...
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L'America si divide sulla storia di Bei Bei Shuai. «Persecuzione». «No, contano di più i diritti del feto»

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Si parla anche qui di feto. Scopriremo solo piu' avanti che invece...
Continuamo la lettura.

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dal nostro inviato  MASSIMO GAGGI





NEW YORK – Sopravvissuta a un tentativo di suicidio, persa la bimba che aveva in grembo*, depressa, dopo un mese di cure in clinica, Bei Bei Shuai, 34enne proprietaria di un ristorante cinese di Indianapolis, a metà marzo ha tentato di tornare ad una vita normale. Ma, arrivata al suo ristorante, ha trovato ad accoglierla non un assistente sociale ma la polizia. Che l’ha arrestata con una doppia imputazione: omicidio e tentativo di sopprimere un feto. In carcere da quasi un mese, Bei Bei è diventata l’oggetto di una lotta furibonda tra, da un lato, leghe per i diritti civili e organizzazioni femminili** che considerano quella in atto un’ingiusta persecuzione, visto che in Indiana il tentato suicidio non è perseguito come reato, e, dall’altro, il tribunale che, invece, ha concentrato la sua attenzione sui diritti del feto. Violati dalla Shuai secondo i giudici. La Corte di Indianapolis si è riunita per decidere se rilasciare su cauzione la donna dopo una settimana di testimonianze dalle quali è emerso il quadro di un dramma umano che, però, non ha commosso gli arcigni magistrati.  
IL TENTATO SUICIDIO - Alla vigilia di Natale Bei Bei, alla 33esima settimana di gravidanza***, si sente dire dal fidanzato (e futuro padre) che tutto quello che gli ha raccontato fin lì è falso: non la sposerà e non riconoscerà il bambino. Lui è già sposato e non ha alcuna intenzione di abbandonare la sua famiglia. Fatta la sua confessione in un parcheggio, l’ormai ex partner se ne va, lasciandola da sola, in ginocchio, in lacrime. Quando alza gli occhi, la donna disperata vede un davanti a sé un negozio di ferramenta. Entra, compra del veleno per topi e si avvelena. Ma, con sua sorpresa, non muore. All’inizio non si sente nemmeno male. Qualche ora dopo incontra amici ai quali confessa quella che ha fatto, mentre il veleno comincia a fare effetto.
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Attenzione adesso arriva la parte interessante...

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Viene ricoverata: le salvano la vita ma il feto soffre. Alla vigilia di Capodanno i medici la fanno partorire. La neonata viene battezzata. Ma Angel sopravvive a fatica, deve essere intubata.
IL DECESSO DELLA BIMBA - Il due gennaio Bei Bei la tiene con sè, fuori dall’incubatrice, per cinque ore. La piccola muore. E’ questa parte della storia, probabilmente******, che ha ispirato la durezza dei giudici*******. Ma con la donna cinese si sono schierate anche le organizzazioni dei medici per le quali i diritti del feto**** non possono cancellare i diritti civili dei genitori ai quali, in condizioni estreme, tocca decidere se «staccare la spina»*****. Un giudizio assurdamente severo, avvertono i medici, rischia di allontanare dagli ospedali le donne che vivono gravidanze problematiche.

Fonte

Allora, procediamo con calma...

*La bambina non era in grembo. Era stata fatta nascere ed e' stata prelevata dall'incubatrice dove lottava contro la morte dalla mamma che soffriva di depressione.


**Ovviamente del fatto che la piccolA erA unA bambinA, e quindi FEMMINA fottesega a nessuno. Diciamocelo, alle femministe interessano solo le donne emancipate e forti. Quelle deboli, cazzi loro...


*** praticamente all'8 mese. Wiki ci dice che nascere alla 33esima settimana puo' succedere. L'ostetrica di famiglia conferma. Ovvio, non va bene, ma si sopravvive senza troppe complicazioni se seguiti in ospedale. Sempre da wiki apprendo che:  >26 settimane: prognosi molto buona.

**** e ridaje. E' nata, nemmeno troppo prematuramente. Non e' piu' un feto. E' una bambina! Era. Forse sarebbe morta comunque. Forse sarebbe sopravvissuta.

***** genitori un cazzo, staccare la spina un cazzo. Se secondo voi una donna talmente depressa da tentare il suicidio, che esce da una storia non serena e' in grado di intendere e di volere, e' in pieno possesso delle proprie facolta'... bah... io ho i miei dubbi.

******ma solo probabilmente, non si sa mai cosa gli passa nella testa a questi giudici un po' pazzerelli...

*******pazzerelli e duri. Molto duri. Quasi dispotici. Sicuramente chissa' che lavaggio della testa hanno subito. In ogni caso hanno torto. E puzzano.

Detto questo, mi pare evidente che della donna e della bambina interessi poco o nulla ai sedicenti enti per i diritti umani. Si sta cercando di abbassare ancora un po' l'astina "etica" giusto per rosicchiare qualcosa ancora.

Detto questo, mi pare che questo articolo sia stato scritto da una angolatura ben precisa e un po' con il culo. E il titolo ancora peggio.





PS:Tra l'altro, il titolo che appare nella home e' diverso da quello poi dell'articolo.
Indovinate un po' che titolo sara' mai?
Eh... immancabile il corrierone. Che sia per avere piu' clik? Io in effetti ho abboccato come un pollo.

PPS: ma i polli perche' abboccano?

10 gennaio 2011

Team B

...Continua da prima

Staminali adulte, progressi
contro le grandi malattie

Da molto tempo, ormai, le cellule staminali sono al centro della ricerca scientifica mondiale, nel 2010 appena concluso, però, dobbiamo registrare nuovi approcci e risultati soprattutto nel campo di malattie importanti e di grande diffusione come il diabete, sindromi genetiche o neurodegenerative, strategie innovative contro i tumori o addirittura le infezioni virali.

Il tempo, insomma, ha dato ragione a chi ha visto nell’utilizzo delle cellule staminali adulte o riprogrammate realistiche speranze di soluzioni a patologie incurabili. Pur con la dovuta cautela e attenzione nella comunicazione delle scoperte, infatti, rimane il fatto che gli studi sperimentali avanzano a piccoli passi in molti casi verso l’applicazione sull’uomo, per alcune condizioni già in corso o effettuata con successo, in altri ragionevolmente auspicabile viste le premesse degli studi pre-clinici.
Insomma, molte delle aspettative non sono state deluse e si continua a credere nel progresso delle ricerche, arricchitosi in questi ultimi tre anni della possibilità di ottenere da cellule adulte specializzate cellule non differenziate mediante il metodo della riprogrammazione genetica. Moltissimi laboratori sparsi in tutto il mondo hanno raccolto questa sfida intuendone le enormi potenzialità, tra le quali quella di creare in laboratorio modelli di ogni malattia da poter studiare. E nuovi scenari si sono aperti nel settore della medicina rigenerativa.
Ma la ricerca risulta "al bivio" per tanti diversi approcci che hanno permesso di avvicinarsi alle malattie maggiormente diffuse. Nell’ambito genetico, la possibilità di mappare il genoma di ognuno, con costi che non sono più proibitivi come un tempo, concede di avanzare nell’idea di una medicina "personalizzata" mentre la terapia genica sta cominciando ad estendersi anche a patologie non rare.
Infine, si avvicina la sperimentazione clinica di fase I su pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica con cellule staminali cerebrali prodotte dal "Laboratorio cellule staminali, Cell Factory e Biobanca" dell’Azienda ospedaliera di Terni, guidato da Angelo Vescovi. Si concluderà a breve, infatti, il complesso iter burocratico che ha visto ad ottobre l’Agenzia italiana del farmaco concedere l’autorizzazione allo studio.

LESIONI SPINALI: DOPO 15 GIORNI RIPARATO IL MIDOLLO
COSI I TOPI HANNO RIPRESO A CAMMINARE
C’è chi da anni lavora anche in Italia sul trauma spinale nel tentativo di evidenziare una possibile via di cura. L’equipe di Alfredo Gorio, ordinario di farmacologia della facoltà di Medicina dell’Università di Milano, indaga le lesioni del midollo dal punto di vista neurologico e traumatologico, approfondendo il meccanismo della risposta neuroinfiammatoria e ischemica acuta dopo il trauma e il possibile ruolo terapeutico delle cellule staminali in questo ambito. I risultati ottenuti sono stati notevoli: iniettando in topi staminali adulte prelevate dal loro cervello, 24 ore dopo l’induzione di un trauma, è stato visto che il 2-3% di queste cellule raggiunge il midollo ed entro 15 giorni l’animale ricomincia a camminare perché recupera la funzionalità degli arti posteriori. È stato evidenziato un sottotipo di cellule capace di bloccare l’azione di eliminazione da parte dei macrofagi e di differenziarsi in neuroni riparando il tessuto lesionato. E, in un passo successivo, staminali capaci di resistere in questo ambiente povero di ossigeno grazie alla regolazione dell’ormone eritropoietina che ne induce la trasformazione stabile in neuroni facendo perdurare così nel tempo l’azione riparatrice. Diversi i risultati sulle staminali embrionali di topo ugualmente testate: colonizzano anche aree di tessuto nervoso intatto perché meno controllabili nei loro effetti. «Siamo molto soddisfatti e fiduciosi della nostra ricerca – ha dichiarato il farmacologo – e il prossimo obiettivo è quello di indagare la presenza di queste staminali resistenti nell’uomo».

DIABETE: DAL TRAPIANTO DI CELLULE DEL PANCREAS
ALL’AUTOPRODUZIONE DI INSULINA
Avanza la strada della terapia cellulare per la cura del diabete: la strategia innovativa basata sul trapianto di cellule del pancreas è un traguardo meno lontano per Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute and Cell Transplant Center di Miami. Il protocollo si basa sull’estrazione e purificazione delle "isole di Langerhans", i grappoli di cellule endocrine che contengono le cellule beta produttrici di insulina, dal pancreas umano, generalmente di un donatore multiorgano deceduto. Le isole vengono trapiantate nel fegato del ricevente inducendo il fegato a diventare un doppio organo nella funzione. A questi trapianti, tuttora sperimentali e con il rischio di rigetto, si affianca la ricerca per ottenere cellule che producano insulina da staminali o tramite riprogrammazione cellulare. Il vantaggio sta nel fatto che ogni paziente potrebbe diventare la fonte stessa della propria cura e non occorrerebbe alcuna terapia anti-rigetto. Vengono attualmente studiati il cordone ombelicale e il tessuto adiposo, capaci di produrre staminali in quantità illimitata. «Non ho dubbi – ha affermato Ricordi – che il futuro del trattamento del diabete richiederà una terapia cellulare o una strategia di medicina rigenerativa dove il trapianto lascerà il posto alla prevenzione del danno permanente o alla rigenerazione della funzione compromessa. Questa strada non tratta il diabete solo in senso migliorativo come i farmaci, senza alcun impatto sulla frequenza della malattia che affligge ben 240 milioni di persone al mondo, ma è capace di risolvere il problema».

TUMORI: CELLULE MODIFICATE CON LA PROTEINA
CHE AGISCE COME KILLER SELETTIVO
Un possibile nuovo ruolo delle staminali nella lotta ai tumori. Questo è ciò che ha messo a punto il gruppo guidato da Alessandro Massimo Gianni, direttore della Struttura complessa di Medicina oncologica 3 dell’Istituto nazionale dei tumori, studiando come sfruttare il naturale meccanismo di eliminazione del sistema immunitario mediante il riconoscimento delle molecole di membrana. Nella fattispecie, staminali ematopoietiche sono state dotate del recettore di una proteina già conosciuta per le sue proprietà killer contro i tumori, la proteina "trial". Inserendo nelle staminali il gene per questa molecola tramite un vettore virale, le cellule si sono dimostrate capaci in vitro di eliminare tessuti tumorali di tutti i tipi, sia epiteliali che del sangue, con un’efficienza maggiore rispetto alla forma solubile di "trail" utilizzata già come farmaco. Negli animali, inoltre, iniettando le cellule modificate in topolini malati di linfoma, ben il 40% è sopravvissuto e non ha più sviluppato tumori a lungo termine. L’obiettivo è quello di passare al trattamento clinico di pazienti con questa procedura, e, parallelamente, per avere una possibilità applicativa maggiore, produrre dalle staminali modificate microvescicole, ossia frammenti di cellule, o microsfere per veicolare la proteina come farmaco personalizzato. Gli autori scommettono su risultati molto positivi di questo studio date le premesse: la molecola, infatti, non è tossica ed è ben tollerata, mentre il suo recettore è ubiquitariamente espresso da tutti i tumori.

AIDS: APERTA UNA NUOVA POSSIBILITA':
UNA MODIFICA GENETICA CURA L'INFEZIONE
Nel campo dell’ematologia è stata pubblicata a fine anno sulla rivista "Blood" la notizia che un uomo affetto da leucemia e Aids è completamente guarito – a distanza di quattro anni – grazie a un trapianto di staminali midollari da donatore compatibile. Il donatore era portatore di una rara mutazione genetica posseduta dall’1% della popolazione mondiale di razza caucasica, che determina la caratteristica di resistere al virus dell’HIV. Il paziente dunque, sieropositivo e affetto da leucemia mieloide acuta, a meno di quattro anni dall’intervento non ha più tracce nel proprio sangue e nel liquido spinale del virus e il suo sistema immunitario ha ripreso perfettamente a funzionare. La strada del trapianto è una procedura estremamente rischiosa e non applicabile su larga scala ma questo caso ha fornito un utile contributo alla ricerca. «Questo studio è assai interessante – commenta Mario Milco D’Elios, immunologo di fama internazionale dell’Università di Firenze – poiché apre la strada a nuove terapie personalizzate per la cura dell’Aids. Dimostra, infatti, che il trapianto di cellule staminali ottenute da un soggetto sano portatore di una rara mutazione genetica, quella a carico del recettore ’CCR5’ che è indispensabile al virus HIV per infettare il linfocita T, e quindi capace di rendere resistenti al virus stesso, è in grado di curare l’infezione».

TALASSEMIA: TERAPIA GENICA MIRATA
PRONTA ALLA «RIPRODUZIONE»
Dopo dieci anni di sperimentazione preclinica e altrettanti di lavoro clinico, presso il Dipartimento di bioterapia dell’Ospedale pediatrico Necker di Parigi, un paziente affetto da beta talassemia è risultato guarito da ben tre anni grazie a un trapianto di staminali corrette geneticamente. Un vero e proprio protocollo di terapia genica: la beta talassemia è infatti una malattia ereditaria molto diffusa caratterizzata da un’insufficiente produzione di emoglobina dovuta a una mutazione del gene delle beta-globine, che formano con le alfa-globine la molecola. La pediatra ed ematologa Marina Cavazzana-Calvo ha guidato il team che ha raggiunto questo risultato. Sono state isolate le staminali del midollo osseo del paziente e modificate in vitro con la copia sana del gene. Dopo vari controlli di sicurezza, le cellule sono state reinfuse nel paziente sottoposto a chemioterapia per disattivare le funzioni del suo midollo osseo. Il monitoraggio del risultato continuerà a lungo ma il clone "buono" che produce emoglobina sana si è stabilizzato. «La terapia genica è uno dei versanti caldi della ricerca», ha commentato il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Fino ad ora elitaria e riservata a malattie rarissime quali alcune immunodeficienze congenite e poche altre, la terapia genica sta per fare il salto che ci aspettavamo da anni, quello cioè di curare una malattia a diffusione mondiale come la talassemia. È importante, infatti, riprodurre il successo terapeutico sul maggior numero possibile di pazienti».
Alessandra Turchetti


Fonte



Tirate voi le fila della storia.

Se voi foste... non sentireste odore di marcio(o di zolfo)

Immaginate di essere una famosa e importante multinazionale.
Dovete sviluppare una nuova tecnologia per lanciare sul mercato un prodotto nuovo, innovativo, che possa conquistare il mercato.
Pagate due equipe di ricercatori affinche' provino indipendentemente l'una dall'altra a raggiungere l'obiettivo che gli richiedete.
Questi lavorano e dopo Xmesi, come da contratto, vi portano i loro lavori in modo da valutare l'operato fino ad oggi svolto e ridefinire i finanziamenti in base ai possibili sviluppi del loro lavoro.
Il team A ha trovato una tecnologia che non funziona benissimo, ha ancora grossi problemi anche se teoricamente funziona e inoltre alcune fasi di produzione inquinano moltissimo, il che potrebbe comportare, se il cliente lo venisse a sapere, un boicottaggio del prodotto o comunque, le ire di varie associazioni di consumatori e dei soliti  ambientalisti, senza dimenticare che inquina proprio tanto, e quindi anche eticamente non e' proprio la scelta migliore.
Il team B ha sviluppato una tecnologia che funziona meglio di quella di A, da gia' degli ottimi risultati anche se necessita di ulteriori migliorie ma sembra essere piu' efficace e per di piu' non inquina, in quanto tutta la fase produttiva ha un impatto zero sull'ambiente, anzi, alcune sue futuribili applicazioni possono addirittura portare alla salvaguardia dell'ambiente.

Ora, torniamo a noi, se voi foste la grande azienda, come ridistribuireste i finanziamenti per il secondo periodo di ricerca?

Se foste mossi solo da interesse per il prodotto finale, anche senza considerare le implicazioni ecologiche che comunque sembrano favorire la scelta piu' profiqua, non credo ci siano molti dubbi su cosa finanziare e che direzione prendere.


E se voi foste gli ambientalisti, e veniste accusati di essere contro l'azienda e contro il prodotto che sta sviluppando, solo perche avete contestato le tecnologie del team A (che nel frattempo ha preso la maggior parte dei finanziamenti, non si capisce bene perche', forse ci lavora la nipote del megadirettore dell'azienda, altrimenti boh) ma senza essere contrari al prodotto finale, anzi, avete accolto entusiasticamente le notizie del team B, perche' il prodotto sviluppato e' proprio utile e interesante, e la tecnologia che hanno sviluppato offre scenari non dico illimitati, ma sicuramente positivi, anche per l'ambiente(che e' la cosa che piu' vi sta a cuore, in quanto ambientalisti) non vi sentireste aggrediti per nulla?
E, sempre supponendo la vostra vocazione ambientalista, vi dicessero che la grande multinazionale ha deciso di finanziare team A, non vi verrebbe da chiedervi come mai questa scelta? Non sentireste puzza di bruciato? Non cerchereste di esternare le vostre perplessita', cercando di capire perche' mai A e' stato ritenuto meglio di B. Non vi verrebbe il dubbio che la multinazionale in realta' ha degli interessi nella ricerca di team A che probabilmente deve tenere nascosti, perche' altrimenti non sarebbero solo gli ambientalisti a contestare la sua scelta. E alla luce di questo, non potreste leggere le critiche mosse a voi ad inizio paragrafo (di essere contro la multinazionale a prescindere e di rigettare tanto A quanto B, quando in realta' a voi B va benissimo, anzi, vi piace) come un tentativo per delegittimare la vostra voce, cercando di muovere contro di voi la pubblica opinione? Non leggereste in tutto questo qualcosa di marcio, se addirittura i media si mettono a collaborare con la multinazionale e con team A, cercando di tappare la bocca all'unica voce critica, ignorando l'evidenza, cioe' che B potrebbe davvero essere la soluzione? E se inoltre la multinazionale ricevese pure ingenti finanziamenti dallo stato?



15 novembre 2010

Staminali si.

Produrre sangue umano dalle cellule staminali della pelle, sangue, ovviamente, identico a quello del paziente.

Potrebbe essere una svolta rivoluzionaria per le trasfusioni di sangue la scoperta degli scienziati della McMaster University di Hamilton, Ontario, che hanno scoperto come produrre sangue umano da pelle umana adulta.

La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, potrebbe significare che in futuro ai pazienti bisognosi di sangue (durante un intervento chirurgico, un trattamento antitumorale, un trapianto o moltissime altre applicazioni) potrebbe essere trasfuso il sangue composto da cellule con il loro stesso Dna.

I tempi? Secondo gli scienziati, gli studi clinici sull'uomo potrebbero partire nel 2012. Mick Bhatia, direttore scientifico della McMaster's Stem Cell e Cancer Research Institute della G. Michael Degroote School of Medicine, e il suo team di ricercatori, hanno inoltre dimostrato che la 'conversione' da cellule della pelle a cellule del sangue è diretta, non richiede il passaggio intermedio di trasformare le staminali della pelle in staminali pluripotenti per poi trasformarle in cellule del sangue.

"Abbiamo dimostrato che questo funziona con la pelle umana. Sappiamo come funziona e credo si possa anche migliorare il processo", ha detto Bhatia. "Siamo al lavoro - ha aggiunto - per ricavare altri tipi di cellule dalle staminali della pelle".

La scoperta è stata replicata più volte nell'arco di due anni con pelle umana sia da giovani che meno giovani per dimostrare che funziona per qualsiasi età.

I ricercatori hanno prelevato campioni di pelle per poi coltivare in laboratorio le staminali ricavate. Poi è stato sufficiente aggiungere alle staminali un fattore di trascrizione, cioè una proteina che induce i geni ad 'accendersi', per riprogrammare le cellule direttamente e trasformarle in cellule del sangue.
Fonte