Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



30 aprile 2012

L'Egitto fa il bis in pochi giorni

Il tribunale egiziano ha archiviato per "mancanza di prove" il processo - a carico di "ignoti" - sul massacro di Maspero del 9 ottobre scorso, in cui sono morti 27 cristiani copti e oltre 320 sono rimasti feriti. La sentenza è arrivata il 24 aprile, quando i giudici nominati dal ministero della Giustizia hanno deciso di chiudere il procedimento; illustrando il verdetto Sarwat Hammad ha sottolineato che "mancano gli elementi" per poter procedere "all'identificazione dei colpevoli" che hanno assassinato la recluta Mohammad Shata e nove manifestanti, tutti cristiani copti, a colpi di arma da fuoco, quindi hanno tentato di fare irruzione in un edificio governativo e assaltato elementi dell'esercito.

I giudici hanno lasciato cadere anche le accuse contro 28 copti e l'attivista musulmano Alaa Abdel-Fatah, arrestato in precedenza, pure in questo caso per mancanza di prove. Molti degli arrestati sono stati fermati dopo il massacro del 9 ottobre, alcuni dei quali non erano nemmeno presenti sul luogo al momento della tragedia ma sono stati indentificati e presi solo perché "cristiani".

Il paradosso è che, secondo la magistratura egiziana, sarebbero stati dei cristiani e sparare e ammazzare i propri confratelli. Dalle immagini diffuse su internet all'indomani della tragedia appariva al contrario evidente il coinvolgimento dell'esercito, che ha aperto il fuoco contro i manifestanti pacifici e investito con i propri mezzi le persone in piazza.

Commentando la decisione dei giudici, l'avvocato Said Fayez ha affermato sarcastico all'agenzia Aina: "Sono felice di sapere che abbiamo potuto provare l'innocenza degli imputati copti, che avrebbero [secondo l'accusa] ucciso i propri fratelli copti". Egli aggiunge che i diritti delle vittime e dei familiari sono stati negati da un sistema giudiziario fallimentare. Ancora più dure le parole di Vivian Magdi, fidanzata di Michael Mosad, ucciso durante la protesta da un mezzo militare che lo ha investito e schiacciato. "Aver archiviato un caso - sottolinea la donna - in cui nessuno era imputato è una vera e propria farsa". E conclude: "fin da subito abbiamo chiesto che il procedimento fosse seguito da un tribunale internazionale, perché in Egitto per i martiri è impossibile ricevere giustizia"

Fonte

Sarà discriminazione questa?
Certo, non ai livelli europei, ma discriminazione anche questa a me pare.

Choice and Prejudice: Discrimination Against Muslims in Europe

 Fonte

Certo qualcuno farà notare ad Amnesty che forse tanto discriminati non sono se continuano a restare in Europa a vivere, anzi, non solo restano ma addirittura arrivano. Quindi o io ho frainteso il significato di discriminare o forse tutta questa discriminazione non c'è.
Di contro, in Egitto, i Copti sono vessati e tartassati, subiscono nell'indifferenza occidentale le più umilianti vessazioni tanto da essere costretti a scappare dall'Egitto, già, scappare, abbandonare tutto perchè il clima è resto davvero invivibile dalle continue discriminazioni.







Etc...


Secondo voi Amnesty perde tempo a raccontare di queste mezze discriminazioni? Di queste storie poco credibili, senza vittime vere, senza veri aguzzini, senza leggi veramente discriminatorie?

No.


Amen.

Non è un problema se Amnesty non ne parla, avranno i loro motivi.
Che mi piacerebbe sapere, questo si, ma sono sicuro che sono validissimi e sensati.
Mi rifiuto di pensare che non ci sia un vero motivo sotto.




Sovrano Gesù,
proteggimi e vieni in aiuto alla mia debolezza
Abba Barsanufio (V-VI sec.)


28 aprile 2012

Rivoluzione, se... rivoluzione d'Egitto



Fare sesso con la moglie morta? In Egitto presto sarà possibile, anche legalmente. La notizia è riportata dal Daily Mail, che riprende quanto apparso su alcuni media egiziani. I mariti potranno 'consumare' con le mogli defunte fino a sei ore dopo il decesso di queste ultime.

La nuova legge dovrebbe essere inserita all'interno di un pacchetto di misure che stanno per essere approvate dal Parlamento (a maggioranza islamista). Fra queste, anche l'abbassamento a 14 anni dell'età minima per contrarre matrimonio e l'abolizione dei diritti all'istruzione e al lavoro per le donne.

Immediata la presa di posizione del National Council for Women egiziano, organizzazione che difende i diritti delle donne, che ha lanciato una campagna contro questi 'cambiamenti'. Secondo il National Council for Women, l'emarginazione e l'indebolimento dello status delle donne potrebbero influire negativamente sullo sviluppo umano dell'Egitto.


 Ma no, ma davvero?
Ma non doveve essere la rivoluzione di primavera? La rinascita dei diritti dopo la terribile dittatura di Mubarak? Il trionfo della democrazia, etc...

Ma tutti i somari che di questo periodo, un anno fa, esultava e giubilava, ora, che diranno?

Che era imprevedibile, che non si poteva... ma per piacere.
Si sapeva che avrebbe preso questa piega, lo sapevano tutti, in molti lo avevano già denunciato...

Vabbè, tanto mica ci abitano loro in Egitto, si arrangeranno.




Comunque dopo la Libia e l'Egitto quali altri stati saranno dati in pasto all'Islam (ma moderato, oh!)

Da notare come il cuore di ogni articolo in rete, al momento, sia solo sul sesso con il cadavere... mah...

27 aprile 2012

Antifascisti e antifascisteremo!


Sull'antifascimo non si può costruire nulla, il vero problema è questo.
L'antifascimo ha come solo obiettivo la distruzione di qualcosa, qualcosa di sbagliato vero, ma non ci da garanzie sul dopo.
Sull'antifascismo non si può costruire nulla.
L'antifascismo è nulla.

Sarebbe un errore pretendere di unire, di dare una identità costruttiva a una nazione su un sentimento di per se distruttivo.

Sul sentimento democratico si può costruire.
Sul Sentimento Italiano si può costruire.
Su questi due pilastri s'è fatta l'Italia, s'è combattuto, s'è vinto.

Rigetto oggi ogni ombra antifascista che può celare qualunque cosa sotto il suo velo, che è troppo vaga e senza meta, che non ha senso d'esistere oggi che il fascimo se c'è ancora ha cambiato faccia, nome, volto, oggi che il nemico vero è un'altro, antifascista anch'esso.
Rigetto l'antifascismo e tutti gli "anti" elevati cemento sociale. Non è quella la loro funzione.

È tempo di darsi una bella scrollata e soffiare via per sempre questa polvere secca che 70 anni fa sarà stata anche un bel sasso. 70 anni fa.
Le idee hanno bisogno di acqua fresca.


Un po' come l'antiberlusconismo.
Legittimo, possibile, volendo anche giusto, ma sul quale io non costruirei mai nulla. Ha una funzione che non può essere costruttiva. Si costruisce su altro.
Si dovrebbe costruire su altro.

24 aprile 2012

1915




Ahhh ahhh ahhh...

Can you feel their haunting presence?
Can you feel their haunting presence?

Liar, Killer, Demon
Back to the river Aras

Someone's blank stare deemed it warfare

Liar, Killer, Demon
Back to the river Aras

Freedom, Freedom, We're Free, We're Free

Can you hear the holy mountains?

Liar, Killer, Demon
Back to the river Aras

Someone's mouth said paint them all red

Liar, Killer, Demon
Back to the river Aras

Freedom, Freedom, We're Free, We're Free

They have all returned
Resting on the mountainside
We have learned that you have no

They have returned
Resting on the mountainside
We have learned that you have no

Honor, Murderer, Sodomizer
Back to the river Aras

They have returned
Resting on the mountainside
We have learned that you have no

Honor, Murderer, Sodomizer
Back to the river Aras

Freedom, Freedom, We're Free, We're Free

Ahhh ahhh ahhh...



Gli ideali che il mondo occidentale ha difeso - cioè le nozioni che esso ha santificato - sono il liberalismo e la democrazia: non identici né inseparabili. Il termine liberalismo è il più chiaramente ambiguo, ed ha perso una parte del favore di cui godeva; ma la democrazia è al culmine della sua popolarità. Quando una parola è diventata così universalmente sacra come " democrazia " per noi, io comincio a domandarmi se, significando troppe cose, essa significhi ancora qualcosa. Forse la potremmo paragonare ad un imperatore merovingio; quando la si invoca, viene fatto di cercare il maestro di palazzo.
Alcuni sono arrivati fino ad affermare, come cosa intuitiva, che la democrazia è l'unico regime compatibile con il cristianesimo; d'altra parte, anche coloro che simpatizzano con il governo nazista non rinunziano a usare questa parola. Se qualcuno si risolvesse ad attaccare la democrazia, potrei rendermi conto di ciò che essa significa. In un certo senso, l'Inghilterra e l'America sono indubbiamente più democratiche della Germania; tuttavia i fautori d'un sistema totalitario possono sostenere con argomenti plausibili che la nostra non è una democrazia, ma un'oligarchia finanziaria. Christopher Dawson ritiene che gli Stati non dittatoriali, oggi, non difendono il liberalismo, ma la democrazia, e prevede l'avvento, in tali Stati, di un tipo di democrazia totalitaria. Io condivido le sue previsioni; ma esaminando non soltanto gli Stati non dittatoriali, ma anche le società alle quali essi appartengono, trovo che la sua affermazione non rende giustizia all'influenza che il liberalismo esercita ancora sulla nostra mentalità e sul nostro atteggiamento verso gran parte della vita. Che il liberalismo possa concludersi in qualche cosa di assai diverso dal liberalismo stesso è implicito nella sua natura, poiché esso tende a lasciar sfuggire delle energie piuttosto che ad accumularle, ad allentare piuttosto che a tendere. È un movimento più dichiarato nella sua spinta iniziale che nella meta, che prende l'avvio da qualcosa di definito più che indirizzarvisi. Il nostro punto di partenza ci è più chiaro e reale di quello d'arrivo, il quale, una volta raggiunto, potrà differire in molti modi dalla nostra immagine vaga. Distruggendo le tradizioni sociali di un popolo, dissolvendo in fattori individuali la naturale coscienza collettiva, concedendo libertà alle opinioni più sciocche, sostituendo l'istruzione all'educazione, incoraggiando l'abilità piuttosto che la saggezza, gli “arrivisti” a preferenza dei qualificati, introducendo il principio del “farsi strada” come unica alternativa ad una apatia senza speranza, il liberalismo può aprire le porte a ciò che è la sua stessa negazione: il controllo artificiale, meccanico e brutale che è il disperato rimedio al suo caos.
Voglio che sia chiaro che io parlo di liberalismo in un senso molto più ampio di quel che può venire dedotto, dalla storia di un partito politico, e più ampio di quanto non sia stato mai usato nelle controversie ecclesiastiche. È vero che le tendenze del liberalismo possono venir illustrate più chiaramente dalla storia della religione anziché dalla politica, dove i principi vengono diluiti dalla necessità e l'osservazione oggettiva viene confusa dai particolari e distratta da riforme, ognuna delle quali è valida solo nel proprio ambito ristretto. In religione, il liberalismo può venire definito come un abbandono progressivo di elementi storici del cristianesimo che appaiono superflui, sorpassati, intrecciati a pratiche o ad abusi che è legittimo attaccare. Ma risentendo il suo cammino più della spinta iniziale che dell'attrazione di una meta, esso s'affloscia dopo una serie di assalti, e non avendo più nulla da distruggere, resta anche senza bersaglio e senza stendardo. Tuttavia il liberalismo religioso non m'interessa più particolarmente del liberalismo politico; m'interessa invece un atteggiamento mentale che in determinate circostanze può diventare universale ed impadronirsi ugualmente di amici e di nemici. Mi sarò espresso molto male se avrò dato l'impressione di considerare il liberalismo semplicemente come qualcosa da rifiutare e da estirpare, come un male per cui esiste una sola, semplice, alternativa. È un elemento negativo necessario; e quando ne avrò detto il peggio, avrò detto soltanto che è sconsigliabile far servire un elemento negativo ad un fine positivo.
Liberalismo e conservatorismo, quando vengono opposti l'uno all'altro, possono essere entrambi da respingere: se il liberalismo può significare il caos, il conservatorismo può significare la pietrificazione. Il nostro eterno quesito è "che cosa dev'essere distrutto?" e "che cosa dev'essere conservato?". Né il liberalismo né il conservatorismo, che non sono filosofie e forse si riducono ad abiti mentali, bastano a guidarci.

[...]

Se dunque il liberalismo scomparirà dalla filosofia di vita di un popolo, che cosa resterà di positivo? Non ci rimarrà che il termine "democrazia", una parola che per la generazione presente conserva ancora una risonanza di "libertà". Ma il totalitarismo può mantenere i termini libertà e democrazia e dar loro un significato diverso: e il suo diritto di far questo non può venir negato così facilmente come pensa chi è infiammato dalle passioni politiche. Noi corriamo il pericolo di trovarci senza nient'altro da sostenere fuorché la nostra avversione per ogni istituzione tedesca o russa: una avversione che, essendo frutto di campagne di stampa scandalistiche e di prevenzioni, può avere due risultati ad un tempo, che sembrano a tutta prima incompatibili. Può condurci a rifiutare eventuali progressi pur di non seguire l'esempio di uno o di entrambi quei paesi; e con altrettanta probabilità può renderci imitatori à rebours, facendoci accettare senza critiche tutto o quasi tutto ciò che un'altra nazione rifiutai.

[...]

La mia tesi sinora è stata semplice: una società liberale o negativa non può che avviarsi ad un declino di cui non vediamo la fine, oppure (sia come risultato di una catastrofe o no) ritornare ad una forma positiva che con ogni probabilità sarà efficiente e laica. Per provar timore di fronte ad una simile evoluzione non occorre pensare che questo laicismo somiglierà da vicino ad un qualsiasi sistema politico passato o presente: la capacità degli anglosassoni di diluire la propria religione supera certamente quella di ogni altra nazione. Ma, a meno di accontentarsi di una o dell'altra di queste prospettive, l'unica alternativa che ci resta è la creazione di una società cristiana positiva. Questa terza soluzione farà presa soltanto su coloro che sono uniti in un comune giudizio della situazione presente, e che capiscono come le conseguenze di una società completamente laica sarebbero rifiutate anche da chi non dà un'importanza capitale alla sopravvivenza del cristianesimo di per se stesso.

[...]

A questo punto è necessario sia chiaro che con la qualifica di "cristiano" io non intendo uno Stato i cui capi vengono scelti per i loro meriti, ed ancor meno per la loro eminenza, di cristiani. Un governo di santi finirebbe per diventare troppo scomodo. Non nego che uno Stato cristiano possa ricavare qualche vantaggio dal fatto che i suoi funzionari più autorevoli siano cristiani. Questo accade qualche volta anche ai nostri tempi. Ma pure se oggi tutte le persone che ricoprono le più alte cariche fossero cristiani devoti ed ortodossi, non per questo dovremmo aspettarci che il modo di trattare gli affari pubblici fosse molto diverso. Il cristiano e l'incredulo non si comportano né possono comportarsi molto diversamente nell'esercizio del loro ufficio, perché il contegno degli uomini di Stato è determinato non tanto dalla loro personale devozione, quanto dalla mentalità diffusa nel popolo che governano. Accettiamo pure l'affermazione - di F. S. Oliver - dopo quel che avevano già detto al riguardo Bulow e Disraeli - che i veri uomini di Stato sono ispirati soltanto dal desiderio istintivo del potere e dall'amor patrio: quel che conta non è tanto il cristianesimo degli uomini di Stato quanto che essi siano obbligati, dal carattere e dalle tradizioni del popolo che governano, a realizzare le loro ambizioni e contribuire alla prosperità ed al prestigio del loro paese entro una cornice cristiana. Potranno trovarsi spesso costretti a compiere atti non cristiani; ma non dovranno mai tentare una difesa delle loro azioni facendo ricorso a principi non cristiani.
Coloro che oggi governano, o aspirano a governare, possono dividersi in tre categorie, con una classificazione che non tiene conto delle differenze tra fascismo, comunismo e democrazia. Vi sono quelli che hanno accolto o adattato una filosofia, sia di Marx o di S. Tommaso; quelli che, combinando inventiva ed eclettismo, hanno creato una filosofia propria (priva generalmente della profondità e della consistenza che ci si attende da una dottrina di vita); infine coloro che adempiono ai propri compiti senza alcuna filosofia apparente. lo non pretendo che i governanti di uno Stato cristiano siano filosofi, né che tutte le volte che devono prendere una decisione abbiano presente la massima che un'esistenza virtuosa è il fine di ogni società umana - virtuosa... vita est congregationis humanae finis - ; ma non li vorrei autodidatti, né vorrei che fossero passati in gioventù soltanto per quel sistema di istruzione, eterogenea o specializzata, che passa per educazione: in una parola la loro educazione dovrebbe essere cristiana. Il proposito di un'educazione cristiana non sarebbe soltanto di creare uomini e donne pii: un sistema inteso troppo rigidamente a questo solo fine sarebbe oscurantista. Un'educazione cristiana abituerebbe in primo luogo gli uomini a pensare secondo categorie cristiane, pur non costringendoli alla fede e non imponendo loro l'obbligo di professioni di fede insincere.
Ciò che i governanti crederebbero sarebbe meno importante delle credenze alle quali essi sarebbero costretti a conformarsi. L'uomo di Stato scettico ed indifferente, obbligato a lavorare entro una cornice cristiana, potrebbe svolgere opera più efficace di un cristiano devoto il quale dovesse costringere la propria azione entro una cornice laica. Al primo, infatti, si chiederebbe una politica che servisse al governo di una società cristiana.


T. S. Eliot, L'idea di una società cristiana


16 aprile 2012

Guinea Bissau, golpe militare


La giunta al potere grazie al golpe del 12 aprile scorso ha annunciato il blocco delle frontiere marittime e aeree, dopo che il Portogallo ha deciso di inviare due navi e un aereo militare per una eventuale evacuazione dei propri cittadini. Il comando militare, in un comunicato, annuncia di aver deciso il blocco delle frontiere, senza precisare i termini temporali. Il Portogallo – potenza coloniale del paese africano – ha inviato la “forza di reazione immediata” nel caso si rendesse necessaria l’evacuazione di cittadini portoghesi e di altri paesi. Ma la reazione dei golpisti è stata netta.
Reazione verificatasi nonostante l’incontro – avvenuto ieri sera a Bissau – tra i golpisti ed esponenti dei partiti politici. Intanto, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Misna che cita alcuni giornalisti dell’emittente “Radio Sol Mansi”, il primo ministro Carlos Gomes Junior sarebbe stato arrestato e trasferito nella base dell’esercito a San Vicente, circa 45 chilometri a nord della capitale. Certo appare, invece, l’arresto del presidente Raimundo Pereira.
“Per ora – sottolineavano ieri sera le fonti della Misna – all’incontro stanno partecipando i rappresentanti del partito di Koumba Yala, ma non di quello di Gomes, il candidato vincitore del primo turno delle elezioni presidenziali”. In una nota diffusa nel pomeriggio i militari avevano sostenuto di convocare la riunione con i partiti con l’obiettivo di trovare “una soluzione politica” a “una situazione di caos e paura”.
La situazione resta, infatti, grave. Le frontiere via terra sono chiuse da giorni; la tv di Stato ha ripreso a trasmettere, ma manda in onda soltanto musica; le strade principali del paese restano presidiate dai militari; e la condanna dell’Unione Africana e dell’Onu tuona severa.
I golpisti avrebbero agito per stroncare un presunto piano governativo che avrebbe demolito l’esercito.

Fonte


Manette al capo dello Stato
​ «Ho sentito spari ed esplosioni di granate intorno alle 19,45 di giovedì. La residenza di Carlos Gomes Junior non è distante, stamattina (ieri per chi legge, ndr) ho provato ad avvicinarmi ma le strade erano chiuse dai militari, sono riuscito a stento ad arrivare alla sede della nostra radio, che come le altre non può però trasmettere per un divieto imposto dai golpisti». È la voce di padre Davide Sciocco, missionario del Pime, a raccontare all’agenzia Misna qualche dettaglio dell’ennesimo colpo di Stato che sta sconvolgendo la Guinea Bissau, al centro di una nuova lotta di potere a pochi giorni dal ballottaggio delle presidenziali.

L’unica nota positiva è che finora non si segnalano vittime dopo il putsch effettuato dai militari l’altra sera. Non si segnalano scontri, ma ieri molti negozi nella capitale Bissau sono rimasti chiusi mentre i soldati pattugliavano le strade. Il presidente ad interim Raimundo Pereira – in carica da gennaio, quando è morto il capo dello Stato, Malam Bacai Sanha – e il primo ministro Carlos Domingos Gomes Junior sono stati catturati dai golpisti. «Siamo stati assaliti a colpi di bazooka e siamo stati obbligati a battere in ritirata», ha dichiarato un poliziotto presente davanti all’abitazione di Gomes Junior.

Le operazioni sarebbero guidate dal capo dell’esercito, Antonio Indjai, già implicato in un golpe contro Gomes junior nel 2000. Nelle scorse settimane l’omicidio del colonnello Samba Djalo e la messa in fuga dell’ex capo di Stato maggiore José Zamora Induta (uomini entrambi vicini a Gomes) sarebbero stati messaggi precisi indirizzati dai militari al premier.

Ieri i golpisti hanno spiegato di aver agito non per ambizione di potere ma a causa di un «documento segreto», secondo il quale le forze armate rischiavano di essere attaccate da «forze militari straniere» per volontà del governo di Bissau. Con tutta probabilità il riferimento è alla missione militare angolana attualmente in corso nel Paese. In serata, poi, i golpisti hanno convocato una riunione con tutti i partiti per «trovare una via politica per uscire dall’attuale situazione», con l’obiettivo di «un rapido ritorno alla normalità».

Il golpe è avvenuto mentre il piccolo Paese africano sulle rive dell’Atlantico si preparava al secondo turno delle presidenziali, fissato per il 29 aprile. Gomes junior (quasi il 49% dei voti al primo turno) era considerato favorito rispetto al leader dell’opposizione, Kumba Yala (26% dei consensi). Yala aveva lanciato un appello al boicottaggio del voto, denunciando una serie di irregolarità. La settimana scorsa, l’Angola ha ritirato la promessa di fornire 30 milioni di dollari nell’ambito di un programma di riforma della sicurezza che avrebbe provveduto a finanziare le pensioni di migliaia di militari. Ex colonia portoghese, la Guinea Bissau è sempre stata instabile dopo l’indipendenza nel 1974 tanto che nessun presidente è mai riuscito a completare il suo mandato.

La storia del Paese è segnata da successivi colpi di Stato e continue tensioni fra il governo e i militari, sulle quali influiscono anche i traffici di cocaina proveniente dal Sudamerica. L’Unione Africana ha sottolineato che «non accetterà alcuna presa di potere per via anticostituzionale» e il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha «condannato con forza» il golpe.* Ma sono minacce deboli. Tanto che negli ultimi quattro anni questo è il sesto golpe che si registra in Africa Occidentale.

Fonte


(ANSA) - TUNISI - I militari che ieri sera hanno annunciato di avere preso il potere in Guinea Bissau avrebbero arrestato il presidente della repubblica ad interim Raimundo Pereira. Lo ha riferito, si legge su alcuni media online della regione, una radio guineana. Ieri sera un gruppo di militari, con un annuncio fatto attraverso la radio nazionale, oltre al golpe, hanno anche reso noto di avere arrestato alcuni esponenti politici.

Fonte
(si sono sprecati molto in quel di via Solferino...)

(ASCA-AFP) - Bissau, 13 apr - L'esercito della Guinea Bissau ha detto di non avere intenzione di prendere il potere nel paese, dopo l'apparente golpe militare che ha portato all'arresto del primo ministro Carlos Gomez Junior e del presidente ad interim Raimundo Perreira.

''Il comando militare non nutre alcuna ambizione per il potere. E' stato costretto ad agire per difendersi dalle manovre diplomatiche del governo, finalizzate all'utilizzo di una forza militare straniera per eliminare le forze armate della Guinea Bissau'', si legge in un comunicato dell'esercito che fa riferimento alla missione militare attualmente in corso nel paese da parte dell'Angola.

fonte


Due messaggi da una nostra amica:

"CEU E TERRAS":
La situazione per i nostri ammalati e' sempre complicata. Ci sono delle difficolta' per la distribuzione dei farmaci antiretrovirali, fondamentali per la stabilita' dei nostri pazienti e non abbiamo cibo, ne latte pediatrico da distribuire per le nostre donne e bambini.
Non sappiamo quando si trovera' un po' di stabilita' perche' risulta difficile per le nostre donne arrivare in clinica con la mancanza dei mezzi di trasporto. Loro sono debole e le distanze sono quasi insuperabili senza i mezzi publici.
L'Associazione continua a fare di tutto per non abbandonare i nostri pazienti in questi momenti difficili.
Un abbraccio e grazie della vostra solidarieta'.
Per gli aiuti in Italia contattare:
Kibinti Onlus
in Svizzera ( Patrizia Cameroni)
Associazione "Samori"
GRAZIE DI TUTTO.
Un abbraccio a tutti


  Carissimi amici
la situazione in Guinea e' complicata.
I nostri ammalati hanno bisogno di farmaci, e cibo!!!
No ce benzina per i generatori percio' non funziona nulla!!!
Speriamo che tutto possa tornare al piu' presto alla "normalita" perche' altrimenti ci saranno tante persone a soffrire le conseguenze.
Un abbraccio e grazie della solidarieta'.





* Ridicoli come solo loro sanno essere.
fonte

14 aprile 2012

Donne.




 
Le donne cancellate dalla storia 
E non dite che la religione non c’entra
Beninteso, non perché la cosa non sia vera. Quello che le donne hanno detto, scritto e fatto è certamente qualcosa che la storia non ha registrato.
Sin dal suo nascere, del resto, il movimento femminista ha fondato le sue rivendicazioni sulla denuncia della cancellazione, da parte degli uomini, del contributo femminile alla storia della civiltà e della cultura. Quello che mi ha colpito non è, dunque, questa ulteriore (oggi, direi, ormai scontata) denuncia. E’ la tesi sostenuta dalla Hughes, secondo la quale sarebbe esistita un’età dell’oro (sconosciuta, dice, alla maggior parte di noi) nella quale le donne avrebbero potuto realizzarsi, raggiungendo i loro obiettivi e il successo con il sostegno della religione.
Secondo la Hughes, infatti, la religione sarebbe un bersaglio facile (e sbagliato) delle accuse di repressione e misoginia. In realtà le donne avrebbero avuto spesso la possibilità di realizzarsi nella sfera del sacro, e di conseguenza in quella socio-politica, grazie non alla forza fisica ma al loro cervello. Seguono gli esempi, tra i quali quello di Teodora, imperatrice di Bisanzio, sul quale vale la pena soffermarsi.
Teodora (una ex ballerina dai costumi molto chiacchierati) divenne imperatrice a seguito del matrimonio con l’imperatore Giustiniano. E raggiunta questa posizione (a garantirle la quale in verità non è chiaro quale ruolo abbia avuto la religione), secondo la Hughes sarebbe diventata anche legislatrice, avrebbe introdotto nuove leggi e sarebbe arrivata nientedimeno che a collaborare con il marito al Codice Giustinianeo: il testo, dice Hughes, che sta alla base di gran parte del diritto europeo. Senonchè, a prescindere dal fatto che alla base del diritto europeo non sta il Codice, ma l’intera grande compilazione giustinianea -il Corpus Iuris Civilis- del quale il Codice è solo una parte, il fatto è che la compilazione del Codice, così come delle altre parti della compilazione, venne affidata da Giustiniano a una commissione composta dai migliori giuristi dell’epoca, sotto la direzione di Triboniano. Della presunta attività legislativa di Teodora non esiste traccia alcuna. Né ripeto, si capisce cosa c’entri il sostegno della religione (nella specie cristiana) a queste sue presunte realizzazioni.
Non mi soffermo sugli altri esempi, se non per osservare che se contengono la quantità per così dire di sviste contenute nelle notizie su Teodora, difficilmente possono portare argomenti a sostegno della tesi di fondo. Quel che mi sembra interessante, in questo articolo, è qualcosa che va al di là della pertinenza degli esempi portati a suo sostegno, ed è il ruolo dalla religione nel determinare la condizione e le possibilità di realizzazione delle donne.
Per cominciare, a me pare si debba dire che c’è religione e religione, e personalmente non mi sento, per mancanza di competenza, di discutere di Islam o di Buddismo. Ma quantomeno per quanto riguarda la religione cristiana, mi sembra che la tesi della Hughes urti contro la realtà di una misoginia difficilmente contestabile.
Mi limito ad alcuni esempi, tratti da opere dei Padri della Chiesa: l’elenco delle loro invettive contro le donne sarebbe troppo lungo:
“Donna, tu sei la porta del diavolo”,
dice Tertulliano.
Per Clemente Alessandrino
“a ogni donna reca vergogna il solo pensare che è donna”
e “le donne debbono cercare la saggezza, come gli uomini, anche se gli uomini sono superiori e hanno in ogni campo il primo posto, a meno che non siano troppo effeminati.”
Per Origene
“è veramente maschio colui che ignora il peccato, ossia la fragilità femminile”,
e “la donna rappresenta la carne e le passioni, mentre l’uomo è il senso razionale e l’intelletto”.
Secondo Giovanni Crisostomo
“la mente della donna è alquanto infantile”.
Ma è con Agostino, forse, che il cristianesimo raggiunge l’apice della misoginia. La conversione è vista da Agostino come liberazione dal desiderio, dalle tentazioni della carne, e lo stato di grazia può essere raggiunto solo esorcizzando la donna.
“Non c’è nulla che io debba fuggire più del talamo coniugale – scrive nei Soliloquia – niente getta più scompiglio nella mente dell’uomo delle lusinghe della donna, e di quel contatto dei corpi senza il quale la sposa non si lascia possedere.”
Dunque “poiché non avete altro modo di avere dei figli acconsentite all’opera della carne solo con dolore, poiché è una punizione di quell’Adamo da cui discendiamo.”
Mi fermo qui, anche se potrei continuare. Ma mi piacerebbe sapere cosa ne pensate: qual è il ruolo della religione in generale (per chi ha competenza in materia di religioni diverse dal cristianesimo)? E qual è stato e qual è, anche oggi, quello della religione cristiana?

fonte


Articolo pessimo, proprio contenutisticamente; per due volte ci assicura che ci sarebbero molti altri argomenti a sostegno della sua tesi ma che non è il caso di analizzarli. Dovremmo crederle sulla fiducia, quindi. Non c'è che dire.
Senza contare che l'articolo originale parla marginalmente della religione, soffermandosi maggiormente su un concetto generale, di donne cancellate dalla storia.

 Boh.
La Eva c'aveva un po' voglia di rompere le palle, si vede.

In effetti però non ci sono figure femminili degne di nota nella storia della Chiesa.


Poi c'è lei, certo, Maria, ma era sempre rappresentata sottomessa all'uomo, mai elevata.




























Si ma poi basta, in effetti, solo lei.





Santa Rita da Cascia

Sant' Anna 
Santa Lucia
Santa Barbara
Santa Chiara
Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa

Sant' Agata
Santa Laura di Cordova
Santa Teresa d'Avila, dottore della Chiesa

Santa Caterina da Siena, Dottore della chiesa, patrona d'Italia
Santa Sara 
Beata Diana degli Andalò
Santa Giulia
Santa Cecilia
Sant' Agnese
Sant' Agata
Santa Brigida di Svezia
Sante Barbara Kim e Barbara Yi
Santa Caterina d'Alessandria 
Santa Damaride
Santa Dafrosa di Roma
Santa Daria
Santa Demetria di Roma


Sant' Elisabetta d'Ungheria
Sant' Edvige
Santa Francesca Romana
Santa Fabiola di Roma
Santa Geltrude (Gertrude) la Grande
Santa Giovanna Francesca de Chantal
Santa Hunna
Santa Ia 

Beata Ifigenia di S. Matteo
Beata Jutta (Giuditta) di Sangerhausen
Santa Kinga (Cunegonda)
Santa Laura di Cordova
Santa Maria Maddalena

Santa Monica
Santa Natalia e compagni
Santa Natalia di Tolosa
Beata Oda
Sant' Odilia (Ottilia) di Hohenbourg
Santa Odrada
Sante Perpetua e Felicita
Sante Palazia e Laurenzia   

Santa Quiteria
Santa Rita da Cascia 

Santa Radegonda 

Santa Sabina e sorelle
Beata Salomea da Cracovia
Beata Sancia del Portogallo
Santa Tecla
Santa Taziana di Roma
Santa Ubaldesca Taccini
Santa Valdetrude
Sante Valeria e compagne
Santa Wang-Hoei 

Santa Wivine
Santa Xenia
Santa Yi Zhenmei
Santa Zdislava 

Santa Zaira

 In ordine alfabetico, alcune.


'A Eva, ma famme'l piacere, va...


C'è un bellissimo libro di un Giuseppe, Donne nel Medioevo. Il genio femminile nella storia del popolo di Dio.
Ma non può certo parlare in nome di tutta la Chiesa, il pensiero ufficiale non lo permetterebbe mai.

13 aprile 2012

Tituli 0 - S.Luigi 1

Viterbo, scompaiono i cinema E si dirà messa in sala: per evitare l'Imu

Chiusi il Lux, l'Azzurro, il Metropolitan, il San Leonardo. E adesso il Trieste: contratto scaduto con la Curia, che sembra intenzionata a trasformare lo spazio in luogo di culto


ROMA - Il cinema Lux. L'Azzurro. Il Metropolitan. Il Corso. Il San Leonardo. E l'ultimo caduto: il cinema teatro Trieste. Una via crucis sui luoghi perduti della vita culturale. Una sorta di funerale pubblico in programma il prossimo 21 aprile a Viterbo: La tappa più dolorosa è di fresca chiusura: il Trieste, che ha salutato i suoi spettatori pochi giorni fa con una proiezione gratuita di «The Artist», era l'ultimo spazio in città dove vedere film d'autore e spettacoli teatrali. Sala strapiena, commozione, racconta l'esercente Michele Sessa, che con il padre Paolo da vent'anni gestiva la sala parrocchiale che tra un film e l'altro ospitava spettacoli e laboratori teatrali.

Il pubblico in sala al «Trieste» durante una delle ultime proiezioni
I Sessa hanno restituito le chiavi alla Curia, il contratto era scaduto. Erano certi lo avrebbero rinnovato. Invece il vescovo, raccontano gli animatori del Comitato che si è formato in città in difesa del Trieste, ha fatto sapere che si riprendono le mura.
Qualcuno racconta che il sabato il vescovo ha in programma di celebrarci la Messa, trasformando quel cinema-teatro da 200 posti in un luogo di culto. Forse la ricostruzione in chiave anti-Imu è eccessiva, resta il fatto che Viterbo, città d'arte, centro storico bellissimo, perde uno spazio che offriva alternative serali ai tanti studenti anche fuorisede, oltre che ai residenti. «Il Trieste era rinato nel 1992 proprio con l'idea di assicurare alternative al nulla ai giovani: in accordo con il parroco di allora, don Sebastiano Fasone, lo gestivamo come spazio aperto alla città» ricorda Michele Sessa. «Le mura sono della Curia, hanno diritto di farne ciò che vogliono. Ma tra poco, quando chiuderà per ristrutturazione anche il cinema Genio, di proprietà comunale, qui in città non resterà nulla».
Chi vuole vedere un film a Viterbo deve prendere la macchina arrivare alla multisala di Vitorchiano, oppure fermarsi al Trento, altra sala parrocchiale dal futuro incerto. La crisi della sale indipendenti (spesso ospitate in edifici religiosi) è drammatica. Non va meglio per il teatro: quello comunale è chiuso per ristrutturazione, non si sa quando riaprirà. Bisogna spingersi a Tuscania. «Per questo ci stiamo attivando», spiegano gli animatori del Comitato «Cinema Trieste aperto», che hanno attivato un gruppo su Facebook. «Chiudere spazi per la cultura è un danno, la città rischia di morire».
Il 21 sperano di chiamare a raccolta tanti viterbesi, fedeli cinefili e non solo. L'amministrazione, raccontano con rammarico, per ora tace. Parlano invece i simpatizzanti del Trieste che rimbalzano tra radio (se n'è occupata RadioDue con Caterpillar) e Twitter. Dove Giovanni Veronesi ha lanciato un appello per il cinema Trieste: non lasciatelo morire». Il regista lancia una proposta: «Dobbiamo farlo riaprire a costo di occuparlo come il Valle». Ma non tutti a Viterbo sono pronti a seguirlo in un'eventuale occupazione. «Non siamo contro la Curia, sia chiaro». In fondo è pur sempre la città dei Papi.

Fonte

Tituli 0

Inutile sottolineare che il titolo si basa tutto su un "Qualcuno racconta"che potrebbe tranquillamente essere l'amico di mio cuggino che fa karate e se glielo dico io poi lui ti picchia.
Ma vabbè, lo sappiamo.

S.Luigi 1

Il resto dell'articolo, tutto l'articolo, parla invece di un tema interessante, la scomparsa delle sale indipendenti o comunque la loro difficoltà a sopravvivere.
Nel caso specifico probabilmente la Curia non ha rinnovato il contratto perchè non doveva essere particolarmente in attivo o perchè il canone era troppo basso, e mi pare legittima come scelta, dopotutto i soldi non crescono sugli alberi, nemmeno in Vaticano.
Tralasciamo il fatto che almeno una parte di chi si lamenta ora per la morte della cultura, etc... avrà anche manifestato affinchè la chiesa paghi l'IMU su tutto il possibile (nella pratica non cambia nulla, quello che veniva pagato prima verrà pagato anche adesso, e ciò che era esente prima è esente adesso, però è il concetto che si manda in cortocircuito da solo, pretendi cultura da chi vuoi mazziare?).

Come fare a gestire un cinema parrocchiale?
Come cavolo fanno gli altri cinema parrocchiali a funzionare, se ne esistono che funzionano? Sono sicuro che i multisala non sono solamente a Viterbo e dintorni, magari sono anche a Vimercate,  e che in ogni caso la concorrenza è forte ovunque.
Come fa un cinema, diciamo a Concorezzo, vicino a Vimercate, a sopravvivere e a continuare a proporre cultura?

Limitando le spese non pagando gli stipendi a chi ci lavora, facile.
Schiavismo? Servitù?
Volontariato.
Un esercito di volontari.
Adolescenti, universitari, adulti e pensionati che ogni giorno si danno da fare per tenere viva questa realtà.
Il bello è che nostro il cinema non si limita a vivacchiare, non annaspa sotto il pelo dell'acqua con difficoltà, spinto nell'abisso dalle Torri, stretto da debiti a da scarse entrate a corto di energie.
Se la cava egregiamente, certo, non utili stellari, non il giro di spettatori delle Torri ma si tira avanti senza preoccuparsi troppo.
E il cuore di tutto questo sono proprio i volontari (e il palinsesto teatrale, in effetti).

Non certo stacanovisti, pazzi furibondi votati alla causa della cultura fino alla morte.
Vedo mio fratello, un turno ogni due settimane circa, fatto senza particolare entusiasmo, ma fatto bene.
Oppure penso a me fino all'anno scorso, che ogni tanto qualche turno lo saltavo per dimenticanza, ma 6-7 orette al mese le trovavo senza salti acrobatici o virtuosismi dell'agenda.
E questo per citare "i meno meglio".
E penso a tutti gli altri che tutt'ora dedicano come minimo qualche sera, anche qualche Sabato sera, della loro vita per tenere aperto un cineteatro di provincia con professionalità e serietà ineccepibili.
Baristi, palchisti, macchinisti, cassieri, le sciure della pulizia, chi organizza tutto il palinsesto, chi tiene i conti, chi commenta i film d'essai, chi aggiorna il sito internet...
E un cineteatro va avanti sul loro lavoro, sul loro lavoro volontario, senza mugugni, senza occupazioni, senza rumore.

Niente concessioni, niente contratti, solo l'affetto per un luogo, l'amore per il bello e la convinzione che le cose belle meritino i nostri sforzi, con gioia.

Quindi chi protesta per la chiusura del Trieste non pensi nemmeno per un istante ad occuparlo, se lo tolga dalla mente; venga a Concorezzo al S. Luigi a vedere come si fa.
O in un'altra delle centinaia di sale che vivono rombando con lo stesso motore, con il medesimo carburante.
Poi tornino a Viterbo, gli concedo due settimane per organizzarsi, contarsi, guardarsi in faccia  e poi vadano dal parroco e si propongano di tenere loro aperto il cinema una sola sera a settimana.
Il Lunedì sera, cinema d'essai, tutto qua.
Fatto, il cinema è salvato, poi magari negli anni il gruppo si affiata, cresce, prende fiducia e si implementa la proiezione del Venerdì, del Sabato, poi due film a settimana, i volontari diventano 100, lo si apre tutte le sere...
Basta farlo.

Citare Kennedy sarebbe fin troppo banale, ma evidentemente la banalità è andata persa.


"Non chiedetevi cosa può fare il vostro paese per voi.
Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro paese."
O meglio

"Non chiedetevi cosa può fare il vostro X per voi.
Chiedetevi che cosa potete fare voi per il vostro X."
Con X=cinema, città, scuola, comune, etc...


Ovviamente questo funziona se esiste un concetto di società alla base, una cultura della comunità, una comunità. Chi fa il volontario non cresce dal nulla. Anche i funghi anno bisogno come minimo di una spora e di parecchia acqua.
Oggi, nelle nostre città, acqua e spore dove stanno, se ci stanno?

Ovviamente, questo è il nostro cinema.

09 aprile 2012

Nuova Creazione



Cari fratelli e sorelle!
Pasqua è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso. “Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio”, aveva detto Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (15,50). Lo scrittore ecclesiastico Tertulliano, nel secolo III, in riferimento alla risurrezione di Cristo e alla nostra risurrezione aveva l’audacia di scrivere: “Abbiate fiducia, carne e sangue, grazie a Cristo avete acquistato un posto nel Cielo e nel regno di Dio” (CCL II 994). Si è aperta una nuova dimensione per l’uomo. La creazione è diventata più grande e più vasta. La Pasqua è il giorno di una nuova creazione, ma proprio per questo la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a capire bene quella nuova. Perciò all’inizio della Liturgia della Parola nella Veglia pasquale c’è il racconto della creazione del mondo. In relazione a questo, due cose sono particolarmente importanti nel contesto della liturgia di questo giorno. In primo luogo, la creazione viene presentata come una totalità della quale fa parte il fenomeno del tempo. I sette giorni sono un’immagine di una totalità che si sviluppa nel tempo. Sono ordinati in vista del settimo giorno, il giorno della libertà di tutte le creature per Dio e delle une per le altre. La creazione è quindi orientata verso la comunione tra Dio e creatura; essa esiste affinché ci sia uno spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà. In secondo luogo, del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: “Dio disse: «Sia la luce!» (Gen 1,3). Il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce. Il sole e la luna vengono creati solo nel quarto giorno. Il racconto della creazione li chiama fonti di luce, che Dio ha posto nel firmamento del cielo. Con ciò toglie consapevolmente ad esse il carattere divino che le grandi religioni avevano loro attribuito. No, non sono affatto dei. Sono corpi luminosi, creati dall’unico Dio. Sono però preceduti dalla luce, mediante la quale la gloria di Dio si riflette nella natura dell’essere che è creato.
Che cosa intende dire con ciò il racconto della creazione? La luce rende possibile la vita. Rende possibile l’incontro. Rende possibile la comunicazione. Rende possibile la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità. E rendendo possibile la conoscenza, rende possibile la libertà e il progresso. Il male si nasconde. La luce pertanto è anche espressione del bene che è luminosità e crea luminosità. È giorno in cui possiamo operare. Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima  del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il “no”.
A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: “Sia la luce!”. Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. “Sia la luce!”, dice Dio, “e la luce fu”. Gesù risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio. Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi.
Ma come può avvenire questo? Come può tutto questo giungere fino a noi così che non rimanga solo parola, ma diventi una realtà in cui siamo coinvolti? Mediante il Sacramento del battesimo e la professione della fede, il Signore ha costruito un ponte verso di noi, attraverso il quale il nuovo giorno viene a noi. Nel Battesimo, il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D’ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera. Per questo, la Chiesa antica ha chiamato il Battesimo “photismos” – illuminazione.
Perché? Il buio veramente minaccioso per l’uomo è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga. Dove vada la stessa nostra vita. Che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo. Oggi possiamo illuminare le nostre città in modo così abbagliante che le stelle del cielo non sono più visibili. Non è questa forse un’immagine della problematica del nostro essere illuminati? Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce.
Cari amici, vorrei aggiungere, infine, ancora un pensiero sulla luce e sull’illuminazione. Nella Veglia pasquale, la notte della nuova creazione, la Chiesa presenta il mistero della luce con un simbolo del tutto particolare e molto umile: con il cero pasquale. Questa è una luce che vive in virtù del sacrificio. La candela illumina consumando se stessa. Dà luce dando se stessa. Così rappresenta in modo meraviglioso il mistero pasquale di Cristo che dona se stesso e così dona la grande luce. Come seconda cosa possiamo riflettere sul fatto che la luce della candela è fuoco. Il fuoco è forza che plasma il mondo, potere che trasforma. E il fuoco dona calore. Anche qui si rende nuovamente visibile il mistero di Cristo. Cristo, la luce, è fuoco, è fiamma che brucia il male trasformando così il mondo e noi stessi. “Chi è vicino a me è vicino al fuoco”, suona una parola di Gesù trasmessa a noi da Origene. E questo fuoco è al tempo stesso calore, non una luce fredda, ma una luce in cui ci vengono incontro il calore e la bontà di Dio.
Il grande inno dell’Exsultet, che il diacono canta all’inizio della liturgia pasquale, ci fa notare in modo molto sommesso un altro aspetto ancora. Richiama alla memoria che questo prodotto, il cero, è dovuto in primo luogo al lavoro delle api. Così entra in gioco l’intera creazione. Nel cero, la creazione diventa portatrice di luce. Ma, secondo il pensiero dei Padri, c’è anche un implicito accenno alla Chiesa. La cooperazione della comunità viva dei fedeli nella Chiesa è quasi come l’operare delle api. Costruisce la comunità della luce. Possiamo così vedere nel cero anche un richiamo a noi stessi e alla nostra comunione nella comunità della Chiesa, che esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo.
Preghiamo il Signore in quest’ora di farci sperimentare la gioia della sua luce, e preghiamoLo, affinché noi stessi diventiamo portatori della sua luce, affinché attraverso la Chiesa lo splendore del volto di Cristo entri nel mondo (cfr LG 1). Amen.


07 aprile 2012




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Geduld!
Wenn mich falsche Zungen stechen.
Leid ich wider meine Schuld
Schimpf und Spott,
Ei, so mag der liebe Gott
Meines Herzens Unschuld rächen.

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Am Abend, da es kühle war,
 Ward Adams Fallen offenbar;
 Am Abend drücket ihn der Heiland nieder.
  Am Abend kam die Taube wieder
  Und trug ein Ölblatt in dem Munde.
   O schöne Zeit! O Abendstunde!
    Der Friedensschluß ist nun mit Gott gemacht,
     Denn Jesus hat sein Kreuz vollbracht.
     Sein Leichnam kömmt zur Ruh,
      Ach! liebe Seele, bitte du,
      Geh, lasse dir den toten Jesum schenken,
      O heilsames, o köstlichs Angedenken!

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Wir setzen uns mit Tränen nieder
Und rufen dir im Grabe zu:
Ruhe sanfte, sanfte ruh!
Ruht, ihr ausgesognen Glieder!
Euer Grab und Leichenstein
Soll dem ängstlichen Gewissen
Ein bequemes Ruhekissen
Und der Seelen Ruhstatt sein.
Höchst vergnügt schlummern da die Augen ein.
 

06 aprile 2012

Rinnovamento

Cari amici, resta chiaro che la conformazione a Cristo è il presupposto e la base di ogni rinnovamento. Ma forse la figura di Cristo ci appare a volte troppo elevata e troppo grande, per poter osare di prendere le misure da Lui. Il Signore lo sa. Per questo ha provveduto a “traduzioni” in ordini di grandezza più accessibili e più vicini a noi. Proprio per questa ragione, Paolo senza timidezza ha detto alle sue comunità: imitate me, ma io appartengo a Cristo. Egli era per i suoi fedeli una “traduzione” dello stile di vita di Cristo, che essi potevano vedere e alla quale potevano aderire. A partire da Paolo, lungo tutta la storia ci sono state continuamente tali “traduzioni” della via di Gesù in vive figure storiche. Noi sacerdoti possiamo pensare ad una grande schiera di sacerdoti santi, che ci precedono per indicarci la strada: a cominciare da Policarpo di Smirne ed Ignazio d’Antiochia attraverso i grandi Pastori quali Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno, fino a Ignazio di Loyola, Carlo Borromeo, Giovanni Maria Vianney, fino ai preti martiri del Novecento e, infine, fino a Papa Giovanni Paolo II che, nell’azione e nella sofferenza ci è stato di esempio nella conformazione a Cristo, come “dono e mistero”. I Santi ci indicano come funziona il rinnovamento e come possiamo metterci al suo servizio. E ci lasciano anche capire che Dio non guarda ai grandi numeri e ai successi esteriori, ma riporta le sue vittorie nell’umile segno del granello di senape.

[...]

L’ultima parola-chiave a cui vorrei ancora accennare si chiama zelo per le anime (animarum zelus). È un’espressione fuori moda che oggi quasi non viene più usata. In alcuni ambienti, la parola anima è considerata addirittura una parola proibita, perché – si dice – esprimerebbe un dualismo tra corpo e anima, dividendo a torto l’uomo. Certamente l’uomo è un’unità, destinata con corpo e anima all’eternità. Ma questo non può significare che non abbiamo più un’anima, un principio costitutivo che garantisce l’unità dell’uomo nella sua vita e al di là della sua morte terrena. E come sacerdoti naturalmente ci preoccupiamo dell’uomo intero, proprio anche delle sue necessità fisiche – degli affamati, dei malati, dei senza-tetto. Tuttavia noi non ci preoccupiamo soltanto del corpo, ma proprio anche delle necessità dell’anima dell’uomo: delle persone che soffrono per la violazione del diritto o per un amore distrutto; delle persone che si trovano nel buio circa la verità; che soffrono per l’assenza di verità e di amore. Ci preoccupiamo della salvezza degli uomini in corpo e anima. E in quanto sacerdoti di Gesù Cristo, lo facciamo con zelo. Le persone non devono mai avere la sensazione che noi compiamo coscienziosamente il nostro orario di lavoro, ma prima e dopo apparteniamo solo a noi stessi. Un sacerdote non appartiene mai a se stesso. Le persone devono percepire il nostro zelo, mediante il quale diamo una testimonianza credibile per il Vangelo di Gesù Cristo. Preghiamo il Signore di colmarci con la gioia del suo messaggio, affinché con zelo gioioso possiamo servire la sua verità e il suo amore. Amen.






04 aprile 2012

03 aprile 2012

Stabat Mater





Stabat Mater dolorosa

iuxta crucem lacrimosa,
dum pendebat Filius.

Cuius animam gementem,
contristatam et dolentem
pertransivit gladius.

Christe, cum sit hinc exire,
da per Matrem me venire,
ad palmam victoriae.

Quando corpus morietur,
fac ut animae donetur
Paradisi gloria. Amen.

01 aprile 2012

Sei solo un somaro.

MILANO - Ha iniziato vendendo a molti giornali italiani (Libero, circuito QN, quotidiani locali del gruppo L’Espresso e Il Piccolo di Trieste) interviste a scrittori famosi (da Philip Roth a John Grisham, passando per Paul Auster e Gore Vidal, fino al Nobel per la letteratura del 2009 Herta Muller), ai quali attribuiva dichiarazioni perlomeno sorprendenti («Obama? Una grandissima delusione», fece dire a Roth alla fine del 2009 su Libero) ma tutte inventate *1; poi, una volta sbugiardato a livello planetario da un’indagine del New Yorker dell’aprile del 2010, iniziata dopo l’intervista (questa sì vera) rilasciata un mese prima dallo stesso Roth a Repubblica (nella quale ammetteva di non aver mai parlato con Libero), nel giugno del 2010 Tommaso Debenedetti ha raccontato allo spagnolo El Paisla sua verità. Ovvero, che è stato tutto uno scherzo, orchestrato *2 «per dimostrare che in Italia fare informazione culturale seria è impossibile, perché è tutto falso» *3. Un giochetto di cui Debenedetti, professore di italiano e storia in una scuola di Roma, figlio di Antonio e nipote di Giacomo Debenedetti (entrambi scrittori e critici letterari), si dice soddisfatto al punto di autoproclamarsi «il campione italiano della menzogna per aver inventato un genere nuovo di informazione» *4
e di annunciare il suo sbarco sul web «dove spero di poter pubblicare nuovi falsi». Detto, fatto. Lo scorso anno Debenedetti ha creato falsi profili su Facebook di Mario Vargas Llosa, Almudena Grandes, Abraham B.Yeoshua, Umberto Eco e altri «per dimostrare la vulnerabilità del social network» e poi, complice la crescente popolarità, è sbarcato anche su Twitter, dove si è inventato account tarocchi (@presMarioMonti; @CardBertone; @MinistroMontoro) per annunciare morti illustri (nell’ordine, Fidel Castro, Papa Benedetto XVI e il regista Pedro Almodovar) e per esprimere giudizi politici sull’attacco Usa contro i civili afghani (come @PresHamidKarzai) e sui documenti pubblicati dal giornale inglese Guardian contro il presidente siriano Assad (come @PresAssadSyria).
L'INTERVISTA - «Twitter funziona bene per le notizie false – racconta oggi Debenedetti proprio al Guardian – perché i social media sono la fonte di informazione meno verificabile del mondo, ma i news media ci credono per il loro bisogno di rapidità nelle informazioni. Non ho fatto quello che ho fatto per soldi, visto che ho sempre preso fra i 20 e i 40 euro ad intervista, ma per dimostrare quanto debole fosse l’informazione in Italia. Qui non si controlla nulla, *5 soprattutto se quello che scrivi è vicino alla loro linea politica: ecco perché a Libero, che è di destra, è piaciuta la storia di Roth che attaccava Obama. Ad un certo punto ho avuto anche il sospetto che i direttori sapessero che le interviste erano finte, ma che le prendessero comunque». Dopo essere stato scoperto, Debenedetti ha chiuso con le interviste e si è messo a scrivere mail ai giornali, fingendosi Umberto Eco che criticava la guerra in Libia con l’International Herald Tribune («dopo che l’hanno pubblicata, li ho chiamati per farglielo sapere») e lo scrittore marxista Paco Ignacio Taibo che celebrava il Papa sull’Avvenire (che mise la testimonianza in prima pagina, prima di ricevere la chiamata di Debenedetti che ne rivendicava la paternità). Ma, più ancora di Facebook («dove hai un accesso limitato per via degli “amici”», spiega ancora il professore), la vera svolta è stata Twitter, dove il finto giornalista ha iniziato la sua cinguettante avventura come Henning Mankell, costringendo il vero scrittore svedese a negare sui giornali di casa le considerazioni a lui attribuite sul finto account.*5
LA VERITA' SU TWITTER - «Su Twitter puoi essere sicuro che la gente ti seguirà e il social network è usato come una vera fonte di informazioni in tempo reale e senza controllo. Prendete il caso di Montoro (al secolo Cristobal Montoro, ministro delle finanze spagnolo spesso usato da Debenedetti per i suoi finti tweet, ndr): lui ha ripetuto più volte che quell’account a suo nome è falso, eppure 3mila persone continuano a seguirlo. È tutto così facile».


*1 Non è truffa? Se io compro qualcosa, mi aspetto che sia effettivamente quello che mi hai detto essere. Se non lo è, mi stai truffando. Non sei furbo, sei un criminale.

*2 Scherzo? Orchestrato? Diffondere informazioni false non è uno scherzo, ripeto, si chiama truffa. Non è una cosa da neoeroi o di cui vantarsi.

*3 Calma, ci sono stati già casi di persone interessate a smascherare la scarsa professionalità dei giornali. Hanno inventato una notizia e appena ha cominciato a diffondersi tra le testate, hanno subito smascherato la fola, loro stessi, dimostrando così la loro tesi. Qui mi pare che questo ci abbia marcito sopra per anni, vendendo, e creando lui stesso disinformazione. Si è comportato esattamente come, se non peggio, i media che vuole accusare. Ma da che pulpito?

*4 Qui siamo al delirio puro. Soddisfatto di essere il più grande contapalle d'italia? Tesoro, guarda, stai prendendo un granchio. C'è poco da essere fieri e soddisfatti. Mi pare che questo soggetto abbia totalmente perso il senno e/o ogni etica professionale.
L'oggetto poi della sua soddisfazione è poi clamoroso. Non ha inventato un "nuovo tipo di informazione". Ha riproposto il solito tipo di disinformazione. 
Emblematico il fatto che ritenga inventare interviste un normale strumento di informazione. È convinto veramente di stare informando?
È come se un medico somministrasse curaro al paziente per protestare contro i casi di malasanità e poi, non soddisfatto, si dice orgoglioso di aver inventato un nuovo metodo di cura del paziente.
Boh. Totale deriva.

*5 Ennò, nel momento in cui io compro qualcosa, a prescindere dal prezzo, mi aspetto che quella cosa sia effettivamente quella che mi viene venduta. Non posso pensare ogni volta che mi venga venduta qualcosa tocchi a me dimostrare che sia effettivamente quella cosa. Se compro della ricotta al supermercato, foss'anche iperscontata, mi aspetto di trovare, dentro la confezione, della ricotta. Magari scarsa, non eccelsa, ma ricotta. Se trovo dentro del polistirolo non è sintomo della mia creduloneria o della scarsa attenzione degli italiani nel fare la spesa. Si tratta di truffa. Poi il produttore può raccontare che si tratta di una analisi di mercato per risolvere il problema della fame nel mondo e la pace in medio oriente, ma la verità del fatto resta una. Mi hai venduto come ricotta qualcosa che ricotta non è. Io non voglio estinguere la fame nel mondo. Non voglio risolvere la crisi mediorientale. Voglio solo mangiarmi la mia benedetta ricotta.

*6 Bellissimo esempio di onestà intellettuale. Bravo.

L'ultimo paragrafo poi è tutto un capolavoro, merita di esere riletto per intero.
LA VERITA' SU TWITTER - «Su Twitter puoi essere sicuro che la gente ti seguirà e il social network è usato come una vera fonte di informazioni in tempo reale e senza controllo. Prendete il caso di Montoro (al secolo Cristobal Montoro, ministro delle finanze spagnolo spesso usato da Debenedetti per i suoi finti tweet, ndr): lui ha ripetuto più volte che quell’account a suo nome è falso, eppure 3mila persone continuano a seguirlo. È tutto così facile».
Il problema, e forse a debenedetti sfugge, è che twitter, come ogni cosa in questo mondo, FA PARTE di questo mondo.
Non ha senso parlare di Verità su twitter, come se fosse una cosa slegata o disgiunta dalla realtà.
Il grosso problema è che il paragrafo dovrebbe intitolarsi LA VERITÀ NEL MONDO.
Esiste ancora?
Ovvio, è facile truffare, inventarsi una "verità". Sicuramente più semplice che cercarla.

Il problema è che non c'è possibilità di paragone tra una "verità" e LA Verità.
Le due cose non sono ambivalenti, interscambiabili senza problema.
Una vera intervista di Eco(che personalmente non apprezzo) non è paragonabile ad una falsa intervista ad Eco. Non sono due informazioni con lo stesso valore, con la stessa importanza.

La Verità, come in tutte le cose, è una sola.
Dovremmo tutti cercarla, sinceramente e appassionatamente.
Basterebbe questo sforzo, prima ancora della risposta.