Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



30 dicembre 2010

La sagra della vergogna


LO AFFERMANO FONTI DEL PAESE

Nigeria, 8o morti in scontri
tra cristiani e musulmani

Gli incidenti alla vigilia di Natale. Un funzionario: «Abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos»

Nigeria, 8o morti in scontri
tra cristiani e musulmani
Gli incidenti alla vigilia di Natale. Un funzionario: «Abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos»
MILANO - Almeno 80 persone sono morte negli attentati e negli scontri della vigilia di Natale tra giovani cristiani e musulmani nella Nigeria centrale. Lo affermano fonti ufficiali nigeriane.
Sabato la polizia aveva parlato di 32 morti, con un centinaio di feriti. «Finora abbiamo recuperato 80 cadaveri a Jos», ha dichiarato Daniel Gambo, funzionario dell'agenzia per le emergenze nigeriana. Il capo di stato maggiore delle forze armate ha detto che due persone sono state arrestate lunedì a Jos, capitale dello stato del Plateau, per possesso di dinamite e armi.
(Fonte Ansa).

Fonte

Un po' come dire che verso la meta' del secolo scorso ci furono, in europa centrale, qualche milione di morti negli scontri tra nazisti ed ebrei.
Ok, non e' proprio questo l'esempio perfetto ma rende abbastanza l'idea della idiozia insita nel titolo. Non sono affatto scontri. Le vittime non sono equamente distribuite. Cosi' come i violenti, non sono da ambo le parti. C'è da dire che ogni tanto anche i cristiani alzano le mani, non sono dei santi. Non tutti, almeno. Ma sfido chiunque nella loro situazione a subire e basta.

E che una bomba in una Chiesa possa rientrare nella categoria "incidenti" lo trovo quantomento disgustoso.


Per chi volesse sapere come vanno i fatti, come si svolgono quelli che qui si vogliono far passare come tafferugli tra giovani facinorosi che si lasciano un po' prendere la mano da una parte e dall'altra, ecco qui .

 Mi chiedo pero' se il giornalista del corriere abbia scritto per ignoranza o deliberatamente.

22 dicembre 2010

LA SFERA E LA CROCE

Avevo iniziato a scrivere una mia "recensione", piu' che altro un commento a seguito della lettura di questo libro.
"recensione" che pero' impallidisce dopo poche righe di quest'altra, per poi scioglersi e liquefarsi del tutto.
Quindi lasciamo fare ad altri quindi, sicuramente piu' competenti di me.







In una celebre caricatura G.K. Chesterton, in groppa a un ronzino che scompare sotto la sua mole portentosa, brandisce allegramente una penna a mo’ di lancia: e non si capisce se il caricaturista avesse in mente san Giorgio, Sancho Panza, o tutti e due.
Uno dei motivi per cui lo scrittore inglese viene oggi riscoperto nel nostro Paese è sicuramente il suo stile inconfondibile: polemista e apologeta, difensore della ragione e della fede, in Chesterton confluiscono il buonsenso di san Tommaso e il buonumore di san Francesco – il Bue Muto e Fratello Somaro – ai quali lo scrittore inglese dedicò due studi nella maturità. Questa serena complementarietà assume forme ben più vivaci nel romanzo giovanile La sfera e la croce, appena tornato nelle nostre librerie in una traduzione nuova e finalmente integrale.
La storia è presto detta: come in un poema dove ci si batte per l’onore dell’amata, il cattolico Evan Mac Jan sfida all’arma bianca l’ateo James Turnbull, reo di aver pubblicato un articolo carico di basse insinuazioni sulla verginità della Madonna. Turnbull accetta subito e ringrazierebbe Dio, se ci credesse, perché finalmente ha incontrato qualcuno per cui esistono ancora il vero e il falso, le idee hanno peso e le conseguenze tagliano come il filo di una lama.
Ma la grigia e torpida Londra ha un sentire tutt’altro che epico e blocca i due sfidanti ogni volta sguainano le spade. Costretti a una fuga continua, il romanzo – come già L’osteria volante e L’uomo che fu Giovedì – si trasforma in un rocambolesco susseguirsi di avventure on the road tra inseguimenti, storie d’amore, incontri inquietanti e ostacoli sempre maggiori, fino allo scontro con il mondo intero! A scendere in campo, infatti, sarà niente meno che il dottor Lucifero, con un vascello volante che pare uscito da Peter Pan e una clinica fin troppo simile a un campo di rieducazione: una «reclusione scientifica» dove nulla manca al benessere degli imprigionati, a parte lo scopo delle loro azioni.
Tutto per cancellare ogni traccia del duello. E della questione che ne è alla base: esiste una qualche verità? E, se esiste, potrà essere tanto importante da giustificare che ci si batta per essa? Nella comune lotta per la sopravvivenza delle domande Mac Jan e Turnbull, il fanatico e il razionalista, impareranno a stimarsi fino a considerarsi fratelli, «fratelli d’arme».
E mentre la compiaciuta autoreferenzialità del dottor Lucifero si esprime nella chiusa perfezione della sfera, l’infinito scontro tra i due contendenti si rispecchierà in quell’«eterna contraddizione» che è la croce, con le sue linee che si aprono in ogni direzione e custodiscono nel mezzo Colui che venne a portare la spada (Mt 10,34). Colui che chiese di prendere posizione. Chesterton posizione la prese praticamente su ogni argomento e così pure i suoi più cari nemici-amici. E abbracciò i suoi rivali, anche se sparò a vista alle loro idee. Una lezione che gli ha guadagnò la stima di tutti e che ancora oggi risplende fino a noi.


GILBERT KEITH CHESTERTON
La sfera e la croce
Morganti, pagine 330, euro 15
 
fonte



21 dicembre 2010

MORALITA', NON MORALISMO

La riscoperta dell'etica

Ora che finalmente ci si sente meno condi­zionati dall’attualità, dato che si è (alme­no parzialmente) conclusa la vicenda del voto di fiducia al governo Berlusconi, è possibile tornare ad aprire una seria riflessione sul­l’' etica pubblica' e sulla sua attuale, profonda crisi. Colpisce quali e quante riflessioni siano state dedicate a questo tema nelle ultime set­timane e a tanti diversi livelli (dagli editoriali alle interviste sui giornali, da opere saggistiche a conferenze nelle scuole, dalle omelie a lezio­ni e seminari universitari). Colpisce indubbia­mente il tono nostalgico con cui alcuni parte­cipanti ad appassionati dibattiti hanno ricor­dato epoche della vita politica italiana, gene­ralmente etichettate come quelle della Prima Repubblica, ritenendole politicamente ben più nobili dell’attuale (epoche che, a chi le ha dav­vero vissute, appaiono invece molto meno lim­pide di quanto non si voglia far credere). E col­pisce soprattutto il moltiplicarsi delle 'invet­tive': e, si sa, l’invettiva è l’anticamera del mo­ralismo, cioè della peggior deformazione che si possa immaginare dell’autentica moralità. È per questo che chi, come noi, crede profon­damente nell’esistenza e soprattutto nella ne­cessità dell’etica pubblica ha il dovere di dis­sociarsi da tutti coloro che parlano di questa dimensione dell’etica, senza averne però un’a­deguata consapevolezza teoretica.

L’etica pubblica, infatti, è esigente. È esigen­te almeno sotto tre profili. In primo luogo, chi crede nell’etica pubblica non può non crede­re alla sua assolutezza: non è possibile, infat­ti, elogiare l’etica pubblica e nello stesso tem­po cedere a tentazioni relativistiche. Se l’eti­ca è relativa non può non esserlo in tutte le sue dimensioni e quindi anche a livello pubblico. Se nella vita privata si pensa che le scelte eti­che siano plurime e insindacabili, non si ve­de perché non debbano essere parimenti plu­rime e insindacabili le scelte etiche pubbli­che. Per criticare come immorali le scelte pub­bliche dei politici, dobbiamo avere la serena coscienza che è legittimo criticare anche le scelte immorali dei privati. Il relativismo eti­co corrode la vita sociale, esattamente come corrode (anche se molti non vogliono am­metterlo) la vita individuale. Secondo profilo, peraltro strettamente con­nesso al precedente.

Non è possibile tematiz­zare l’etica pubblica se si separa radicalmen­te, come oggi va di moda fare, il diritto dalla morale o se si riduce il diritto a mera proce­dura formale, moralmente neutrale. Con que­sto non s’intende dire che ci sia sempre un’as­soluta coincidenza tra diritto e morale, dato che è evidente che molti comportamenti pri­vati, pur moralmente condannabili (ricordia­mo l’esempio classico della golosità) non a­vendo rilevanza sociale sono da ritenere giu­ridicamente irrilevanti. Se però tra diritto e morale si pone un rigido steccato, secondo gli insegnamenti delle principali correnti del po­sitivismo giuridico, arriviamo rapidamente al­l’atrofizzazione etica della vita sociale, in tut­te le sue dimensioni. Esempio eclatante è quello del deficit di etica che sta contrasse­gnando l’economia in questi ultimi anni in contesti giuridico-formali pensati come pu­ramente funzionali; un deficit che ha prodot­to non solo la crisi finanziaria che tutti cono­sciamo, ma una vera e propria crisi morale del capitalismo, da cui non si sa esattamente co­me si potrà venir fuori. Il terzo profilo è probabilmente quello decisi­vo, per chi abbia davvero a cuore l’etica pub­blica. Si tratta di riconfigurare la stessa perce­zione di ciò che chiamiamo 'pubblico'.

La mo­dernità ha appreso da Machiavelli che la scien­za politica non ha per suo oggetto il bene co­mune, ma 'il potere', per come lo si può con­quistare, per come lo si deve gestire, per come si può evitare di perderlo. Fino a quando que­sto paradigma, in tutte le sue innumerevoli va­rianti, resterà quello dominante, ogni perora­zione per l’etica pubblica suonerà inevitabil­mente come falsa e ipocrita. Fino a quando non si cesserà di pensare al potere come auto­referenziale e non si ricondurrà la dimensione di ciò che è 'pubblico' a incentrarsi sul bene umano oggettivo, sul bene di tutti e non sem­plicemente di una classe politica, di un’etnia o di una confessione religiosa, la stessa espres­sione 'etica pubblica' resterà vuota di senso, per quanto possa apparire a molti irrinuncia­bile e affascinante. Non è l’etica pubblica ad avere un valore in sé, bensì gli esseri umani: e questo loro 'valore' è davvero un assoluto non negoziabile.
Francesco D'Agostino
 
 
 
Perfettamente allineato al leopensierio. Il che, in fondo, e' del tutto irrilevante.

18 dicembre 2010

Narnia, le cronache di una conversione.




Esce oggi sugli schermi il film Il viaggio del veliero, terzo episodio della saga cinematografica de Le Cronache di Narnia, tratta dall’omonimo capolavoro dello scrittore anglo-irlandese C. S. Lewis, ed è subito polemica.
«Narnia film di fede?» titolava nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica, sostenendo - anche attraverso le dichiarazioni di qualche attore - che una lettura cristiana dell’opera è una forzatura a fini commerciali, visto il clima di buoni sentimenti pre-natalizi, e una concessione indebita ad un sedicente «religiosamente corretto» che secondo il quotidiano starebbe prendendo sempre più piede. Perplessità sono state espresse dal buon Liam Neeson, che dà la voce al leone Aslan, e che pur ammettendo che tale personaggio ha evidenti simbolismi cristologici afferma che «rappresenta anche Maometto, Budda e i grandi leader spirituali»; e dal co-produttore del film Mark Johnson che a detta di Repubblica avrebbe sostenuto che «la resurrezione esiste in così tante religioni, in una forma o nell'altra, che è difficile definirla come un'esclusiva del cristianesimo».
Eppure è innegabile che l’opera di Lewis, al pari del Signore degli Anelli del suo grande amico Tolkien, è una grande epica religiosa e cristiana. Il Ciclo di Narnia prese il via con il romanzo Il leone, la strega e l’armadio, seguito da Il Principe Caspian, e quindi - tra il 1950 e il 1956 - furono in tutto sette i libri che uscirono, e che ebbero uno straordinario successo in tutto il mondo. Da allora generazioni di lettori, giovani e non solo, hanno attinto a tutta la bellezza e il fascino delle imprese dei quattro fratelli, del leone Aslan, e di altri indimenticabili personaggi, come quell’Eustachio Scrubb protagonista del Viaggio del veliero la cui vicenda rappresenta, con un simbolismo in realtà molto intuibile, il cammino della conversione e la salvezza rispetto alla triste sorte (diventare draghi, ovvero mostri) che ci riserverebbe l’essere schiavi del peccato.
Un tema che era molto caro al suo autore: C. S. Lewis, irlandese protestante di Belfast, nel nord dell’Irlanda, ferocemente anti-cattolico, poi ateo militante, infine convertito al Cristianesimo (nella Chiesa Alta Anglicana) grazie al suo migliore amico, il fervente cattolico J. R. R. Tolkien. Il suo itinerario spirituale fu complesso e tormentato, e quando infine giunse all’ammissione dell’esistenza di Dio, si definì il «convertito più riluttante di tutta l’Inghilterra». Ben presto tuttavia divenne uno degli scrittori cristiani più apprezzati della sua generazione, un’apologeta acuto quanto appassionato, autore di testi famosissimi come Le Lettere di Berlicche.
Lewis divenne un appassionato apologeta del Cristianesimo, e il modo che scelse per raccontare la propria conversione non si limitò alla saggistica, ma trovò il luogo più appropriato nell’allegoria, nel racconto fantastico. Questo tipo di narrativa offrì a Lewis la possibilità di descrivere, con il linguaggio del mito, lo scenario complesso, contraddittorio ma affascinant, della condizione umana, così come andava facendo il suo amico Tolkien. Entrambi avevano intrapreso il cammino della Mitopoiesi, ovvero della costruzione di miti, descrivendo mondi che, all’interno del romanzo, hanno una loro piena coerenza.
Lewis si affidò alla ragionevolezza delle fiabe in un mondo apparentemente razionale ma in realtà solo razionalistico, e più folle e intriso di male e di ingiustizia di qualsiasi racconto di orchi e draghi o streghe. Quella contenuta nelle favole è d’altra parte una ragionevolezza e una saggezza antica: queste storie meravigliose collocate nel magico reame del «c’era una volta» e della narrativa per l’infanzia hanno le loro radici nei racconti popolari. Dietro l’apparenza del racconto per ragazzi si cela un ciclo epico in cui si fondono grandi temi: un mosaico di miti e di simboli, che correttamente decifrati svelano al lettore più accorto come ogni elemento narrativo sia funzionale alla rappresentazione grandiosa e terribile dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, tra Dio e il Nemico. Nell’opera di Lewis l’intento non è affatto equivocabile: prendere profondamente sul serio questa evidenza, prendere cioè sul serio il Cristianesimo stesso.



Articolo di Paolo Gulisano del 17 dicembre 2010

Quanto voglio bene a quest'uomo! 



17 dicembre 2010

Airone, fai il bravo



Un golletto puo' anche farcelo, non mi offendo. Ma poi basta.

16 dicembre 2010

Perche' non votero' MAI la sinistra.


Proviamo a liofilizzare quello che e' successo negli schieramenti politici negli ultimi tempi.
Parte dei senatori della maggioranza sono passati all'opposizione.
Parte dei senatori dell'opposizione, sono passati alla maggioranza.
Piu' o meno.
Si tratta della stessa medesima cosa, in fin dei conti.
Personaggi che sono stati votati in quanto membri di un certo schieramento (in italia ricordo che non si possono votare i singoli senatori) sono passati all'altro schieramento.
Easy.
Tradimento? Mancanza di etica? Spostamento legittimo? Non mi interessa.
I fatti sono questi. E alla fine sono i fatti che contano.

Non ne parlerei qui, come non ne ho parlato prima e come difficilmente parlo di politica Italiana, se non fosse per un buffo e curioso strascico che questi eventi hanno comportato.

Quando chi si e' spostato dalla maggioranza all'opposizione l'ha fatto, dalla maggioranza sono piovute critiche, scomposte, sguaiate, urlate, ma tutto sommato pulite. Si parlava di tradimento, di bassezza politica, di colpo infame. E tante'.
Dall'opposizione, ovviamente, invece, voci di lode e plauso. Finalmente rinsaviti, il lume della ragione s'è acceso in loro. Quelli che prima erano schiavi del padrone, finalmente alzano gli occhi e vedono la luce.
Tutte posizioni legittime, daltronde sta nel gioco delle parti. Mi sarei meravigliato se fosse successo altrimenti.
Da notare come tutte le accuse/apprezzamenti, sono rimasti sul piano morale, senza alzare eccessivamente i toni. O almeno, a me e' parso cosi'.

Quando invece due giorni fa, un giorno fa, quand'è stata votata la fiducia? Dicevamo, quando due giorni fa tre, e dico tre senatori sono passati dall'opposizione alla maggioranza, apriti cielo.
Dalla maggioranza, boh, non ho avuto tutto questo tempo libero per sentire cos'hanno detto.
Dall'opposizione, invece, anche se di tempo comunque non ne avevo, fiumi di parole. Strepiti, urla sguaiate. Prezzolati! Corrotti! Puttani! Al soldo del nemico! Venduti!
Ahi... qui il piano si sposta dal morale al legale. Il che, a mio avviso non e' legittomo.
Lo chiamo giocare sporco. Andare oltre a quella linea che delimita il gioco delle parti, che appunto, gioco non e' piu'.
E ritengo che non siano paragonabili le reazioni dei due schieramenti di fronte al voltafaccia di alcuni loro membri.
Proprio non mi e' piaciuto, anzi, proprio mi ha fatto schifo come certi elementi del PD e del mondo sinistrorso in genere hanno reagito. Non lo tollero. Stesso livello, stessa bassezza di certe uscite, tanto deplorevoli, dell'attuale maggiornaza. Non siete poi cosi' diversi.

Se uno fa un passo a sinistra, sicuramente e' rinsavito, sicuramente s'è tolto il giogo del silvio padrone, sicuramente ragiona.
Se uno fa un passo, ma anche solo un passettino verso destra, he... corrotto, pagato, verme, uomo(ma si e' ancora umani se si passa dall'altra parte) del nemico, ipnotizzato, lobotomizzato, etc..

Mi e' sempre piu' chiaro perche' non votero' MAI questa sinistra.
Doppiopesismo, autoincensazione , autoinnalzamento ad unico punto di riferimento morale etico culturale e ragionevole d'italia, conseiderazione delle posizioni altrui, dell'altrui spirito critico e dell'altrui intelligenza prossima allo sterco di porco.

E poi ci chiediamo come mai silvio continua a vincere.
Non credo che la maggioranza di oggi si impegni a vincere. A loro basta non perdere.
A farli vincere, tanto, ci pensano gli altri.





E a difendermi, tanto, ci pensa il mio ombrello verde.

C.L. Lewis

Ci sono altri mondi oltre il nostro? O intelligenze diverse, se non addirittura superiori?
Sono alcune delle domande che rimbalzano appena spuntano gli Ufo o un satellite sbarca su pianeti lontanissimi. E se davvero queste realtà esistono, potrebbero aver vissuto un’esperienza entusiasmante e tormentata simile alla nostra con un Dio che si è incarnato, è morto ed è risorto? Questi interrogativi frullavano anche nella mente di un professore di letteratura inglese di Oxford, un certo Clive Staples Lewis, il «convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra», come si era definito. «Supponiamo – dichiarò in un’intervista del 1950 – che ci sia una terra come Narnia. E che il Figlio di Dio diventi in questa un Leone, come è diventato un Uomo nel nostro mondo. Quindi immaginiamo cosa succede». La sua immaginazione ha, così, creato le avventure dei quattro fratelli Pevensie che ripercorrono i grandi temi della fede, non come in un «catechismo in briciole» ma attraverso una piacevole storia per bambini partendo dall’«immagine di un fauno, un fauno che porta un ombrello, una regina su una slitta e un magnifico leone». In un secondo tempo, i vari personaggi del fantasy sono stati letti secondo i canoni di una vera allegoria cristiana. Se nel «Leone, la strega e l’armadio» i lettori del romanzo e gli spettatori del film hanno assistito a una rivisitazione del mistero degli «ultimi giorni di Cristo», nel «Viaggio del veliero» si imbatteranno in altri temi religiosi, come la vita sacramentale della Chiesa. La storia narra di Edmund e Lucy, due dei fratelli Pevensie, che insieme allo spigoloso e irascibile cugino, Eustachio Scrubb, per magia vengono trasportati da un antico quadro appeso al muro su un veliero in mezzo al mare. Al timone ritrovano il valoroso Principe Caspian alla ricerca di 7 amici di suo padre, che erano stati precedentemente allontanati dal perfido zio, il re Miraz. Edmund e Lucy, attraverso una serie incredibile di peripezie vissute come ragazzi «umili e credenti», cercano di condurre il miscredente Eustachio sul grande «Veliero». Esso rappresenta «l’equipaggio» della Chiesa che lotta contro le seduzioni della Strega Bianca, la quale cerca di ostacolarli in tutti i modi. Il giovane Eustachio, per quanto caratterialmente difficile, dimostra come non sia facile essere pazienti, temperanti e comprensivi quando l’amore è lontano chilometri dal proprio cuore. Solo diventando più caritatevoli, il Signore (il Leone Aslan) corre in aiuto. Ed è proprio il Leone a guidare il ragazzo su un alto monte, metafora di Dio che conduce la persona pentita sul «monte» della sua sapienza, stimolando e spronando la sua anima a togliersi l’abito logoro del peccato – come la «pelle squamosa» di Eustachio, tramutato in drago a causa della sua cupidigia – e a vestirsi di abiti nuovi. Lewis, infine, con l’allusione al banchetto eucaristico, ricorda che avvicinarsi ad esso col cuore irato non fa raggiungere né la pacificazione e neppure la grazia dello Spirito Santo. Chi invece si riconcilia con Dio è invitato da un agnello a mangiare con lui del pesce arrostito in segno di comunione. Aslan infine rivela a Lucy due grandi segreti. Il primo: per raggiungere il «suo Regno bisogna attraversare un fiume, ma non c’è da temere perché egli è colui che costruisce il ponte» (cfr. Apocalisse 22, 1-2). Il secondo segreto è che il Leone è presente anche nel nostro mondo, con un nome diverso.


Da Avvenire

11 dicembre 2010

Chi ben comincia

...ben comincia.
1-3 al bernareggio, in casa loro. Prima di campionato.

Inutile dire che non e' per nulla merito mio, anzi...
Ma si fa quel che si puo'.

09 dicembre 2010

Il presepe (o presepio) è una rappresentazione della nascita di Gesù, derivata da tradizioni medievali.

Il termine deriva dal latino praesaepe, cioè greppia, mangiatoia, composto da prae = innanzi e saepes = recinto, ovvero luogo che ha davanti un recinto.
Il presepe moderno indica una ricostruzione tradizionale della natività di Gesù Cristo durante il periodo natalizio: si riproducono quindi tutti i personaggi e i posti della tradizione, dalla grotta alle stelle, dai Re Magi ai pastori, dal bue e l'asinello agli agnelli, e così via. La rappresentazione può essere sia vivente che iconografica.



Direi che e' ora di tirarlo fuori.

06 dicembre 2010

Si spiega il successo di certi programmi tv.

Un italiano su due non legge. Nemmeno un libro l'anno. Insomma non rientra nemmeno in quella categoria poco onorevole del «lettore debole» (per gli esperti in questa categoria rientrano quelli che si sciroppano ben tre volumi l'anno). Insomma siamo ancora un Paese dove la cultura è un orticello di pochi e dove la lettura non rientra nelle priorità della vita quotidiana. Eppure già si parla di «boom di lettori nel 2010». A seguire i dati proposti dall'Istat, infatti, sono un milione in più gli italiani che si sono avvicinati alla lettura quest'anno. Si arriva così a quasi metà della popolazione italiana che si dichiara lettrice, anche se di «almeno un libro», e si scopre che dal 1995 sono oltre 5 milioni gli italiani che hanno cominciato a leggere. I lettori forti restano però il 15%. Oggi legge il 46, 8% degli italiani con più di sei anni, quasi due punti percentuali in più rispetto allo scorso anno quando erano il 45, 1%.
Questo secondo l'indagine Istat 2010 presentata nella giornata inaugurare della Fiera della piccola e media editoria «Più libri più liberi», ospitata al Palazzo dei Congressi di Roma.
Nel 2010 sono stati oltre 26, 4 milioni gli italiani con più di 6 anni che hanno dichiarato di leggere nel tempo libero (+1, 7% sul 2009). Rispetto al 1995 si è registrato un aumento di 7, 7%, vale a dire oltre 5 milioni e mezzo di italiani e il trend si conferma in questi ultimi anni in crescita.
Inoltre, dall'indagine emerge che il lettore del 2010 è giovane (65, 4% nella fascia 11-14 anni, con 42 punti percentuali in più rispetto agli anziani over 75), è per lo più donna (53, 1% rispetto al 40, 1% degli uomini) e in tutte le fasce di età le lettrici superano sempre i lettori, risiede al Nord (per il 54% rispetto al 35, 2% del Mezzogiorno), ha alti titoli di studio (laureati oltre l'80%), ricopre alti incarichi (è dirigente, imprenditore, libero professionista, quadro per oltre il 62%) o è studente (65, 2%). Ma, il rapporto tra gli italiani e il libro è ancora debole e occasionale. Degli oltre 26, 4 milioni di italiani che leggono, i lettori forti (più di 12 libri l'anno) sono solo 4 milioni, il 15, 1% dei lettori e il 7, 1% della popolazione con più di 6 anni. La maggioranza è composta di lettori deboli (oltre 11, 7 milioni), cioè quelli che hanno letto al massimo 3 libri in un anno (in media un libro ogni 4 mesi!). Il limite strutturale della crescita è che i nuovi lettori sono soprattutto deboli.
Restano ancora ampie differenze territoriali. Guida la classifica il Trentino Alto Adige con il 57, 9% della popolazione che legge almeno un libro all'anno. Agli ultimi posti invece la Basilicata (31, 4%), la Sicilia (32, 8%) e la Campania (33. 3%). Anche nel lungo periodo (se si considera il trend dal 1995) rimane inalterato il differenziale tra Nord e Sud.
Comunque, come sottolinea il presidente dell'associazione Italiana Editori (Aie), Marco Polillo: «Mi sembrano dati incoraggianti dal momento che evidenziano una crescita costante dei lettori nel lungo periodo. Se però andiamo a esaminare il numero di libri che gli italiani leggono effettivamente scopriamo un'altra realtà: i lettori forti in Italia sono solo il 15%. Credo quindi che ci sia ancora molto da lavorare perché l'Italia si metta al passo con gli altri paesi europei, dove realmente libro e lettura sono considerati elementi di grande forza e importanza».

Fonte





PS: Iniziato Ortodossia.
Ci sarebbe da citarne ogni 5-6 righe. Di una intensita' impensabile. Fortemente consigliato.

PPS: mio fratello rientra nei lettori forti. Non puo' che essere una burla... e di pessimo gusto pergiunta.

05 dicembre 2010

Pesca allo squalo



 3-0 e il condroitto di qualche chilo l'abbiamo portato a casa.

03 dicembre 2010

VERSO LA DIAGNOSI PREIMPIANTO
Il sì dei giudici della Corte di Cassazione di Lipsia ha aperto il dibattito
di Paul De Maeyer
Tratto dal sito ZENIT, Agenzia di notizie l'1 dicembre 2010
Nella Germania della cancelliera democristiana Angela Merkel (CDU), il dibattito politico sulla cosiddetta “diagnosi preimpianto” o PID (acronimo inglese di “Preimplantation Diagnosis”, nota anche come PDG o “Preimplantation Genetic Diagnosis”) prende slancio.
La PID viene eseguita nelle primissime fasi della vita di un embrione creato in vitro, cioè nel momento in cui è costituito da appena otto cellule. Una o al massimo due delle cellule vengono prelevate e poi analizzate per individuare eventuali anomalie cromosomiche, difetti genetici o per stabilire se sarà compatibile come donatore di sangue, midollo o tessuti per un fratellino o una sorellina malata (i cosiddetti “designer babies” o “bébés-medicaments”).
Ad aprire il dibattito sulla prassi, messa al bando dalla legge sulla protezione degli embrioni (Embryonenschutzgesetz o EschG) del 1991, è stata una sentenza emessa il 6 luglio scorso dalla Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof o BGH), con sede a Lipsia. Secondo il tribunale, che ha assolto il ginecologo Matthias Bloechle, non si può proibire il ricorso alla PID di embrioni creati in vitro ed impedire a genitori con una predisposizione a gravi difetti genetici di optare per la selezione embrionale. Nel 2005 e 2006, il medico aveva seguito nel suo centro di medicina della riproduzione o “Kinderwunschzentrum” a Berlino tre coppie con una predisposizione a malattie genetiche, delle quali una aveva già una figlia handicappata, e trasferito nell'utero delle donne in questione solo embrioni rivelatisi “sani” dopo una PID.
Mentre l'Associazione dei medici tedeschi – la Bundesärztekammer – e il ministro della Giustizia, Sabine Leutheusser-Schnarrenberger (FDP, liberali) hanno accolto con soddisfazione la sentenza, i movimenti pro vita, molti politici dei partiti democristiani CDU e CSU, e la Chiesa cattolica sono rimasti “costernati”. In una presa di posizione, la Conferenza dei Vescovi Tedeschi (Deutsche Bischofskonferenz o DBK) ha dichiarato che scartare e uccidere embrioni con difetti genetici è inaccettabile e “contraddice la nostra comprensione dell'essere umano”. Per il delegato del governo tedesco per le persone disabili, Hubert Hüppe, la tecnica della PID significa che “le persone con un handicap vengono scartate ancora prima della nascita”. Un giudizio simile lo ha pronunciato anche la presidente dei Cristiano-Democratici per la Vita (CDL), Mechthild Löhr: saranno ormai i medici e i genitori a decidere se una vita concreta “merita di essere vissuta” o no (Die Tagespost, 8 luglio).
In un'intervista con la Domradio di Colonia, padre Josef Schuster, gesuita e professore di Teologia morale alla Facoltà teologica di Sankt Georgen, a Francoforte sul Meno, ha espresso inoltre i suoi timori per una “rottura della diga” (Dammbruch). Secondo l'accademico, non si può arginare la prassi (Domradio, 7 luglio). Proprio come nel caso del cosiddetto “aborto terapeutico”, si rischia infatti di finire sul temuto “slippery slope” (piano scivoloso), ovvero dalla diagnosi di patologie gravi a quelle meno gravi, dalla diagnosi di una malattia alla suscettibilità ad una data malattia, o ancora dalla malattia a certe caratteristiche somatiche (ad esempio il sesso del nascitura), fino alla creazione di veri e propri bambini “su misura” secondo i gusti o anche le necessità dei futuri genitori.
Riunita in congresso a Karslruhe, nel Baden-Württemberg, la CDU (Unione Cristiano-Democratica) ha seguito la linea della cancelliera Angela Merkel e ha votato due settimane fa – il 16 novembre – a favore di un divieto della diagnosi preimpianto. La discussa tecnica ha però anche i suoi sostenitori in seno alla formazione democristiana, fra i quali la vicepresidente della CDU ed ex ministro per la Famiglia, Ursula von der Leyen, e l'attuale titolare, Kristina Schröder, che la promuovono per le coppie geneticamente predisposte. Il “no” alla PID, approvato sul filo di lana da una maggioranza davvero strettissima di congressisti (il 51% contro il 49% ovvero 408 delegati su 799) dimostra come il tema spacchi il partito. Una realtà che rispecchia la profonda spaccatura in seno alla società tedesca sulla liceità della tecnica. Questa divisione costringe sia i sostenitori che gli oppositori a questa prassi medica a costruire maggioranze trasversali in vista di una prossima votazione nel Bundestag (la Camera Bassa federale).
Come ha scritto il capo redattore della Augsburger Allgemeine Zeitung (19 novembre), Markus Günther, “non bisogna demonizzare i sostenitori della PID”, ma comunque la tecnica “apre la porta alla selezione di esseri umani” e aumenta le pressioni sulle coppie, che in caso della nascita di un figlio handicappato o con la sindrome di Down rischiano ormai di doversi giustificare. Secondo l'autore, “il desiderio di voler controllare e decidere autonomamente tutto è forse vecchio quanto l'umanità ma contraddice i fondamenti della Conditio humana”.
Il 27 novembre, in occasione della “Veglia di preghiera per la vita nascente”, il vescovo della diocesi di Fulda (in Assia), monsignor Heinz Josef Algermissen, ha criticato la recente giurisprudenza delle corti tedesche in materia di bioetica. Nell'omelia pronunciata nel Duomo di Fulda, il presule ha respinto espressamente la sentenza del 6 luglio, la quale ha “di fatto autorizzato la diagnosi preimpianto, per impedire la nascita [... ] di bambini malati”. Per monsignor Algermissen, ci troviamo davanti ad un “meccanismo di rimozione molto sofisticato”. “Vengono rimosse infatti – così ha detto il presule - la risposta alla domanda fondamentale e decisiva sulla personalità della vita umana non ancora nata e la verità che l'embrione si sviluppa come essere umano e non verso un essere umano”. Il presule ha ricordato anche l'istruzione “Dignitas Personae” della Congregazione per la Dottrina della Fede (resa pubblica il 12 dicembre 2008), che nel numero 37 chiede il coraggio di “opporsi a tutte quelle pratiche che determinano una grave e ingiusta discriminazione nei confronti degli esseri umani non ancora nati, che hanno la dignità di persona, creati anch'essi ad immagine di Dio” (Kathnet, 27 novembre).
Non va dimenticato inoltre che la PID non è infallibile e che il rischio di errori è sempre dietro l'angolo, nel senso sia di “falsi positivi” che di “falsi negativi” (l'embrione viene impiantato ma il bambino nasce poi con la patologia che doveva essere evitata). Per le patologie cromosomiche, la percentuale di errori può essere dell'ordine del 15%. Lo ha ricordato nel 2008 il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e copresidente di Scienza & vita, in un'intervista ad Avvenire (8 maggio 2008). Sempre nel 2008, una coppia di genitori australiani aveva fatto causa contro il centro IVF (In Vitro Fertilizzazione) della Monash University di Melbourne (Stato di Victoria). Il loro figlio – uno dei primi bambini australiani concepiti in vitro ad essere sottoposti alla PID per la presenza di un tumore ereditario – è nato comunque con il gene difettoso (The Herald Sun, 20 gennaio 2008).






Il diritto ad una vita dignitosa, si perde guadagna  con questa via?

02 dicembre 2010

Si, si, si si!




titolo: Il ritorno di Don Chisciotte

autore: Gilbert Keith Chesterton

traduzione di Paolo Morganti

anno: 2011

pagine: 288

ISBN: 978-88-95916-12-5

prezzo: 15.00

stato: uscita prevista marzo 2011


Michael Herne è il meticoloso e solitario bibliotecario di Abbey Seawood. Quando la figlia di lord Ashley, proprietario della tenuta, decide di mettere in scena con alcuni suoi amici una commedia intitolata Blondel il Trovatore, egli si trova costretto a vestire i panni di un re del Medio Evo. Nonostante le poche battute che dovrà recitare, il bibliotecario inizierà un’accurata e trascinante ricerca storica sulla cultura di quel periodo storico. Il guaio si presenterà quando, dopo la recita, Herne, che ha preso troppo sul serio il suo personaggio, si rifiuterà di togliersi il costume da re e deciderà di vivere alla maniera medioevale. Lo scrittore inglese fa di questo personaggio buffo e romantico il suo Don Chisciotte, colui che smette i panni moderni e decide di assumere un’identità di pazzo, in un mondo che sente non appartenergli. Non manca l’alter ego di Sancho Panza, impersonato dal buono, colto e concreto Douglas Murrel. Il libro, per gli argomenti e l’ambientazione, è il seguito ideale del capolavoro di Chesterton, Uomovivo.




30 novembre 2010

Fazio nel paese delle meraviglie

Premetto che a me Fazio, di base, non piace.
Non mi piacciono le sue intervitse a Che tempo che fa, sempre banali, e quando l'ospite alza il tiro, eccolo li ad evitare che s'alzi troppo, con una battutina, sviando il discorso o infischiandosene e passando ad altro, a quello che lui vuole sentire, che non necessariamente e' piu' interessante di quello che l'ospite stava per dire, anzi.

Ma veniamo al succo.

"ho imparato che qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potesse definirsi pro-morte"

Quante volte l'ha ripetuto? Al tg3, mi pare, a varie interviste, ieri sera...
In loop, con questa frase che rimbomba nelle orecchie e dagli e dagli qualcuno poi ci crede.
Ho imparato che qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potessi definirsi pro-morte.
Eggia' perche' in Italia cose di queto genere non se ne sono mai viste.
Nessuno mai prima d'ora s'era messo a cavalcare un tema, che sarebbe stato neutro, per definisrsi e darsi una connotazione.
Basta pensare al Ddl Gelmini. E a chi manifesta sui tetti facendolo pro-ricerca e pro-universita'.
Ora, non voglio entrare nel merito della questione, non mi interessa in questo momento. Credete che la Gelmini non creda di agire pro-ricerca e pro-universita'? Probabilmente e' pienamente convinta di fare bene il suo lavoro. E come reagireste se vi dicesse:
"ho imparato che qualcuno si definisce pro-istruzione universitaria, come se qualcun altro potesse definirsi pro-ignoranza universitaria"

Oppure Silvio, pungolato dall'IDV che dice:
"ho imparato che qualcuno si definisce pro-giustizia, come se qualcun altro potesse definirsi pro-ingiustizia"
Possiamo fare questo giochino all'infinito, Bush-Guerra, Ahmadinejad e i diritti umani...



L'effetto che mi fa Fazio e' identico a quello che mi farebbe Berlusconi se pronunciasse quella frase.
Puzza enormemente di presa per il sedere.
E se i 9mln che lo guardano se la bevono, perche' ovvio, se la bevono, non e' forse un caso di circonvenzione di incapaci?
Fazio ha chiaramente fatto delle scelte, invitando Englaro e la vedova di Welby.
Si difende dicendo che sono esperienze di vita, non opinioni.
Si, e io c'ho scritto boccalone sulla fronte.
Non sono uno di quelli di cui sopra, non attacca con me.
Credete davvero che, pescando a caso tra le mille esperienze di vita possibili e vissute, toh, casualmente Englaro e casualmente Welby?
Di certo non li ha chiamati in studio per parlare di cucina, oppure dell'inter Benitez. Guarda caso hanno parlato della figlia e del marito.
Non sono opinioni?
Forse, ma non mi si puo' dire che siano neutre.
Non mi si puo' dire che e' stata la stessa cosa che invitare una famiglia che continua a curare la figlia invalida.

Fazio ha dato una chiara impostazione al tema Eutanasia/ Testamento Biologico, non nascondiamoci dietro a false scuse.
E non e' la stessa idea dei "Pro-life".
Non venga a fare il meravigliato, adesso, o peggio ancora, non provi a sostenere che in fondo, siamo tutti pro-life, tutti diciamo la stessa cosa.





Lanci il sasso e nascondi la mano?

Senza palle.

27 novembre 2010

Avevamo detto mai piu'

Avevamo detto mai piu', mai piu', quando oltre cinquant'anni fa furono scoperchiati i tetti dei lager nazisti.
Mai piu' una cosa dl genere in suolo europeo.
Vigilanza alta, leggi contro il nazismo e il negazionismo in alcuni stati.
E la quasi certezza che, a parte un branco di mentecatti qua e la, a nessuno potesse piu' venire in mente un progetto simile.
Poi le dichiarzioni di Ahmadinejad, distruggere Israele, ma vabbe', e' islamico, si puo' forse dirgli qualcosa? L'imperialismo occidentale, la differente cultura, la tolleranza... Senza contare che e' antiamericano! Puo' un antiamericano dire mai qualcosa di sbagliato?
E poi l'Iran e' lontano, cosa ce ne frega? Avevamo detto mai piu' sul suolo europeo. Il resto fottesega.
Senza contare che Israele non ci sta nemmeno tanto simpatico, a dirla tutta.
Quindi si lascia correre, alla fine e' il pensiero di un matto, mica lo vanno ad insegnare nelle scuole. E' solo un episodio.

E anche la Chiesa ci si mette, i lefebvriani, Ratzinga che da fanciullo militava nelle gioventu' naziste. Quindi in definitiva poche e piccole voci. Dei cretini e basta.

E poi si scopre che in Inghilterra, nella tollerante, nella multiculturale, nell'aperta, nella cara vecchia Inghilterra si va ad insegnare che gli Ebrei sono poco piu' che scimmie o maiali.

Cavoli, che scoop! Che sgamo!
Maledetti neonazi, lo sapevamo che erano in agguato.
Si sentiva pero', era nell'aria, avremmo potuto prevederlo.
Le destre xenofobe e neofasciste di tutti gli stati d'europa, Lega docet, stanno facendo il pienone di voti. E' normale che in un clima d'odio e di intolleranza, di ignoranza e di violenza qualcosa del genere ci scappi. Sono anni che lo diciamo.

Prima erano i marocchini, poi la minaccia "islamica". Ma da li il passo verso l'antisemitismo e' breve.
E infatti, hehe, colti in castagna.



L'articolo:

Lezioni di antisemitismo

UK: libri contro ebrei in scuole islamiche.
Un particolare dei libri di testo incriminati: gli insegnamenti sull'amputazione di mani e piedi ai ladri (Andrew Testa per New York Times).

Si parte con un invito: elenca le qualità «riprovevoli» dell'essere ebrei. Poi gli insegnamenti: «Ecco come si amputano le mani e i piedi dei ladri». Infine i gay: «Qual è il modo migliore di giustiziarli? Li lapidiamo, li bruciamo vivi, o li buttiamo giù da una rupe?» .
Tutto nero su bianco stampato sui testi scolastici di un network di 40 scuole part-time islamiche, chiamato Saudi Students Schools and Clubs, collegate all'Ufficio culturale dell'Arabia Saudita. Che cosa c'è di strano? Che le scuole sono a Londra, Liverpool e Manchester; non a Riyad o a Jedda.
Il ministro: «Non tolleriamo alcun materiale anti-semita»

È stato un documentario trasmesso dalla Bbc lunedì 22 novembre a servire sulle tavole inglesi uno spicchio di realtà di casa. Nei 30 minuti del programma Panorama, si è appreso che i testi su cui studiano circa 5 mila ragazzi in Gran Bretagna descrivono gli ebrei come «somiglianti a scimmie e maiali», che i sionisti vogliono arrivare alla «dominazione del mondo», e che chiunque muoia lontano dall'Islam brucerà per sempre in un «inferno di fiamme». Per quanto riguarda i dettami della sharia in materia di amputazione di arti da infliggere ai ladri, i testi sono corredati da disegni e schemi che aiutano l'assimilazione del concetto.
Non c'è neanche bisogno di dirlo : a Londra è scoppiato un pandemonio. Il ministro dell'Educazione Michael Gove ha rilasciato al programma della televisione pubblica una dichiarazione in cui precisa che il governo non può tollerare «alcun materiale antisemita» .
I sauditi: «Non ne sappiamo nulla». Ma vengono smentiti

Ai giornali Glove ha poi esteso il diktat governativo alle posizioni sessiste contro gay e lesbiche tentando di allargare il tiro alla casa madre, Riyad: «L'Arabia Saudita è uno Stato sovrano e noi non abbiamo alcun desiderio di intervenire nel suo sistema educativo. Ma sia chiaro che non accettiamo che materiale antisemita sia utilizzato nelle scuole inglesi» .
Le autorità saudite hanno negato qualsiasi collegamento ufficiale con il network di scuole part-time, anche se i fatti sembrano evidenziare l'opposto. Per prima cosa, Panorama ha mostrato nel video l'edificio di Londra dove ha ritrovato i testi scolastici incriminati: in effetti si tratta di una proprietà appartenente al governo di Riyad. A peggiorare la posizione ufficiale poi, sono intervenute le dichiarazioni del direttore educativo del Saudi Students Schools and Clubs che ha ammesso che è proprio l'ufficio culturale saudita ad avere giurisdizione sull'operato del network.

Fonte









No, hei, i cattivi dovevano essere gli altri...
La multiculturalita'...
Il rispetto del diverso...
Se la pensano cosi', chi siamo noi per imporgli il nostro punto di vista? Chi dice che loro hanno torto?

Bye bye europa.







PS: ricordo che in inghilterra la Shari'ah e' accettata e adottata dallo stato. Alla facciazza nostra e dei nostri diritti umani. Un po' come se in italia i peccati secondo la Chiesa fossero reati. Vi immaginate il putiferio? (e giustamente)

26 novembre 2010

Ai limiti dell'indecenza

Anche Pyongyang condanna le esercitazioni

Manovre Usa-Seul, stop della Cina

Pechino: sono previste nella nostra zona economica
Uditi colpi d'artiglieria sull'isola Yeonpyeong

ANCHE Pyongyang condanna le esercitazioni
Manovre Usa-Seul, stop della Cina
Pechino: sono previste nella nostra zona economica
Uditi colpi d'artiglieria sull'isola Yeonpyeong 

MILANO - La Cina dice no alle manovre militari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, già condannate con durezza dalla Corea del Nord. Secondo Pechino, le manovre saranno condotte nella sua zona economica esclusiva. Lo afferma l'agenzia Nuova Cina, citando un comunicato del ministero degli esteri cinese, che in questo modo rende esplicito il suo appoggio alla Corea del Nord, di cui è tradizionalmente alleata. Intanto è ancora allarme nell'area di crisi tra le due Coree. Colpi d'artiglieria sono stati esplosi dalla Corea del nord vicino alla frontiera marittima con il sud, in quella che è probabilmente un'esercitazione militare. Lo ha riferito un portavoce del ministero della Difesa di Seul. I colpi, che sono finiti in territorio nordcoreeano, erano stati uditi anche sull'isola di Yeonpyeong, nel Mar Giallo, la stessa colpita martedì in un attacco del nord che ha innescato una nuova crisi tra Pyongyang e Seul.

LE MANOVRE - Intanto il regime di Pyongyang, secondo l’agenzia ufficiale Kcna, denuncia le manovre navali di Stati Uniti e Corea del sud, che innervosiscono anche la Cina e che avranno inizio domenica prossima: secondo i nordcoreani, le esercitazioni portano la penisola coreana «sull’orlo della guerra». le manovre «degli imperialisti americani e del loro burattino guerrafondaio sudcoreano» sono dirette contro la Corea del Nord, sostiene Pyongyang. «La situazione della penisola coreana si avvicina all’orlo della guerra a causa del progetto imprudente di questi esagitati con il dito sul grilletto», si aggiunge in un comunicato ufficiale nordcoreano. Per la prima volta dalla guerra delle Coree, nel 1950-1953), la Corea del Nord ha bombardato martedì una zona abitata sudcoreana. Quattro persone sono morte e una ventina sono rimaste ferite sull’isola di Yeonpyeong. L’attacco ha provocato la risposta militare di Seul, che ha incassato il sostegno degli Stati Uniti.
fonte



Pyongyang condanna le esercitazioni?
Cioe' secondolo loro va tutto bene se si bombarda un'isola, abitata, e si uccidono 4 persone (ma tanto sono sudcoreani) mentre se i sudcoreani, che poverini non hanno fatto nulla, solo un po' alzato la mano per dire che forse forse non andava fatto, danno il via a delle esercitazioni militari, senza sconfinare nel territorio della corea del nord, non va bene.


Bombardare si.
Esercitarsi a difendersi no.
Noi dovremmo dialogare con delle persone cosi'?



«La situazione della penisola coreana si avvicina all’orlo della guerra a causa del progetto imprudente di questi esagitati con il dito sul grilletto»
Saremmo portati, dopo aver letto questa dichiarazione che il premier/diplomatico/ambasciatore di Seul ha rilasciato, a sottolineare la scarsa dimostrazione di diplomaticita' ammettendo pero' che in una situazione del genere e' sono anche fin troppo poco incisive; in via definitiva finiremmo pero' con il condividere queste parole.
Le rileggeremmo una seconda volta, visto che la prima e' stata di sfuggita, sfogliando l'articolo alla caccia di stimoli, giusto per darsi un'idea meno sommaria di quella dataci dal titolo.
E scopriremmo nostro malgrado, e con nostro profondo sbigottimento, che queste parole sono state scritte nel comunicato della Corea del Nord. Si, proprio quella che ha sparato.

 Saremmo portati, a questo punto, a cercare altri episodi, visto che dichiarazioni talmente fuori dal mondo sono per noi inconcepibili. Il nostro ragionamento ci porta a credere che, se i nord coreani si permettono di dire questo, forse ne hanno motivo.

Bingo, qualche mese fa hanno affondato a silurate una nave, 40 vittime, hehe, lo sapevo io, altro che le 4 fatte Pyon... no aspetta, erano stati i nordcoreani a sparare, anche quella volta...


Ma di che grilletto stanno parlando allora? Di quale minaccia?

Come si fa a dire impunemente una cosa che cosi' palesemente fuori dalla realta' dei fatti, e pretendere che qualcuno ci creda?
Perche' nessuno e' cosi' meschino e ideologizzato da crederci, vero?





Nel frattempo, ecco una seconda notizia, tra il faceto e il grottesco.
Mentre Pyongyang preocede con il programma nucleare, i suoi cittadini muoiono di fame.

Il tutto nel piu' completo silenzio. E credo che il colore dominante nella foto possa essere uno dei motivi di questo silenzio.

24 novembre 2010

ELDORADO

http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=258


http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=111


Come se non avessi troppa altra roba da leggere...
Ma ben volentieri!

Egotismo

Secondo Newman.
Sicuramente da riprendere, come concetto.
Intanto metto in tasca goloso e custodisco.


Sulle tracce di Gilbert.

20 novembre 2010

Grande risultato della scienza. Debellata l'influenza!

Grandissimo risultato degli scienziati dei laboratori di tutto il mondo.
Un grandissimo colpo anche dell'industria farmaceutica.
Per il primo anno da che mi ricordi, l'autunno e' arrivato senza che nessuna superinfluenza, la piu' terribile di sempre, ogni anno, ha seminato panico e vittime(?) per il globo terracqueo tutto.
Un risultato davvero lodevole, ottenuto dopo gli immani sforzi dello scorso anno dei vari governi mondiali, che hanno fatto confluire nelle tasche casse dei colossi del farmaco centinaia di milioni di euro.
Grazie ai fondi che ci hanno rubato abbiamo generosamente versato, hanno infatti potuto finanziare ricerche approfonditissime, sfruttando fino all'ultimo ogni nostro centesimo. Non e' infatti avanzato nulla.
E i risultati sono ecclatanti, come mai prima d'ora nella storia dell'uomo.
Provate a tendere un po' l'orecchio, non s'ode nulla. Calma piatta.
Niente piu' lamenti di moribondi affetti da suina. Niente piu' strida di malati condannati. Niente piu' jinglin nelle tasche dei medici.
Quasi un miracolo.
Decisamente un miracolo della scienza.

Un grazie a tutti loro.



E un grazie a tutti i giornalisti, si vede che ancora si vergognano dall'anno scorso.






Ma il pericolo e' dietro l'angolo... pardon, starnuto.

18 novembre 2010

Cosa mi piace?

A me piace cio' che e' evocativo. Fortemente evocativo. Grandiosamente evocativo.
Semplicemente questo.
Un libro, un film, un anime, una poesia devono risvegliare in me immagini dal sapore ampio, maestoso, vive.
Paesaggi vissuti e persone vere.
Immagini che ri-diventano parte di me e che posso rivivire aprendo il libro o premendo play.
Che ti lasciano in bocca quel senso di grandioso e di epico che poi ti resta dentro.
Che ti fanno galoppare i brividi sulla schiena.
E che probabilmente non potrai condividere con nessuno mai.




17 novembre 2010

Carta dei doveri del giornalista

(sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana l’8 luglio 1993)


PREMESSA

Il lavoro del giornalista si ispira ai principi della libertà d'informazione e di opinione, sanciti dalla Costituzione italiana, ed è regolato dall'articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963:

«E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori»

Il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista. Per promuovere e rendere più saldo tale rapporto i giornalisti italiani sottoscrivono la seguente Carta dei doveri.

PRINCIPI

Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile.

Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici.

La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato.

Il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche.

Il giornalista corregge tempestivamente e accuratamente i suoi errori o le inesattezze, in conformità con il dovere di rettifica nei modi stabiliti dalla legge, e favorisce la possibilità di replica.

Il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione d'innocenza.

Il giornalista è tenuto ad osservare il segreto professionale, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario delle sue fonti. In qualsiasi altro caso il giornalista deve dare la massima trasparenza alle fonti.

Il giornalista non può aderire ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l'articolo 18 della Costituzione.

Il giornalista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale.

Il giornalista non deve omettere fatti o dettagli essenziali alla completa ricostruzione dell'avvenimento. I titoli, i sommari, le fotografie e le didascalie non devono travisare, né forzare il contenuto degli articoli o delle notizie.

Non deve inoltre pubblicare immagini o fotografie particolarmente raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive della dignità della persona; né deve soffermarsi sui dettagli di violenza o di brutalità, a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale. Non deve intervenire sulla realtà per creare immagini artificiose.

Il commento e l'opinione appartengono al diritto di parola e di critica e pertanto devono essere assolutamente liberi da qualsiasi vincolo, che non sia quello posto dalla legge per l'offesa e la diffamazione delle persone.

DOVERI
Responsabilità del giornalista

Il giornalista è responsabile del proprio lavoro verso i cittadini e deve favorire il loro dialogo con gli organi d'informazione. E si impegna a creare strumenti idonei (garanti dei lettori, pagine per i lettori, spazi per repliche, ecc.) e dando la massima diffusione alla loro attività.

Il giornalista accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla Carta dei doveri.

Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico.

Il giornalista rispetta il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e rilevante interesse pubblico e rende, comunque, sempre note la propria identità e professione quando raccoglie tali notizie.

I nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca non vanno pubblicati a meno che ciò sia di rilevante interesse pubblico; non vanno comunque resi pubblici nel caso in cui ciò metta a rischio l'incolumità delle persone, né si possono pubblicare altri elementi che rendano possibile una identificazione (fotografie, immagini, ecc.).

I nomi delle vittime di violenze sessuali non vanno pubblicati né si possono fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto dalle stesse vittime per motivi di rilevante interesse generale.

Il giornalista presta sempre grande cautela nel rendere pubblici i nomi o comunque elementi che possano condurre all'identificazione dei collaboratori dell'autorità giudiziaria o delle forze di pubblica sicurezza, quando ciò possa mettere a rischio l'incolumità loro e delle famiglie.

Rettifica e replica Il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive.

Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità.

Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il pubblico. In ogni caso prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato.

Presunzione d'innocenza In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo.

Il giornalista non deve pubblicare immagini che presentino intenzionalmente o artificiosamente come colpevoli persone che non siano state giudicate tali in un processo.

In caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o di un inquisito, il giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia, anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati precedentemente.

Il giornalista deve osservare la massima cautela nel diffondere nome e immagini di persone incriminate per reati minori o di condannati a pene lievissime, salvo i casi di particolare rilevanza sociale.

Le fonti Il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti, per accertarne l'attendibilità e per controllare l'origine di quanto viene diffuso all'opinione pubblica, salvaguardando sempre la verità sostanziale dei fatti.
Nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate, il giornalista deve rispettare il segreto professionale e avrà cura di informare il lettore di tale circostanza.

In qualunque altro caso il giornalista deve sempre rispettare il principio della massima trasparenza delle fonti d'informazione, indicandole ai lettori o agli spettatori con la massima precisione possibile. L'obbligo alla citazione della fonte vale anche quando si usino materiali delle agenzie o di altri mezzi d'informazione, a meno che la notizia non venga corretta o ampliata con mezzi propri, o non se ne modifichi il senso e il contenuto.

In nessun caso il giornalista accetta condizionamenti dalle fonti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione.

Informazione e pubblicità I cittadini hanno il diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli.

I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni.

Il giornalista è tenuto all'osservanza dei principi fissati dal Protocollo d'intesa sulla trasparenza dell'informazione e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico; deve sempre rendere riconoscibile l'informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale.

Incompatibilità Il giornalista non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza, non può turbare inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e circostanze riferibili al proprio tornaconto.

Il giornalista non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, né può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o debba occuparsi a breve termine.

Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale.

Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale.

Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo.

Minori e soggetti deboli Il giornalista rispetta i principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e le regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo sia come vittima di un reato. In particolare:
a) non pubblica il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca;
b) evita possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamente il proprio interesse;
c) valuta, comunque, se la diffusione della notizia relativa al minore giovi effettivamente all'interesse del minore stesso.

Il giornalista tutela i diritti e la dignità delle persone disabili siano esse portatrici di handicap fisico o mentale, in analogia con quanto già sancito dalla Carta di Treviso per i minori.

Il giornalista tutela i diritti dei malati, evitando nella pubblicazione di notizie su argomenti medici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate. In particolare: a) non diffonde notizie sanitarie che non possano essere controllate con autorevoli fonti scientifiche;
b) non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorire il consumo del prodotto;
c) fornisce tempestivamente il nome commerciale dei prodotti farmaceutici ritirati o sospesi perché nocivi alla salute.

Il giornalista si impegna comunque ad usare il massimo rispetto nei confronti dei soggetti di cronaca che per ragioni sociali, economiche o culturali hanno minori strumenti di autotutela.

La violazione di queste regole integranti lo spirito dell'art. 2 della legge 3.2.1963 n. 69 comporta l'applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge.

16 novembre 2010

«no kids»

Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»

«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi

Società Strutture studiate per clienti adulti in nome della tranquillità
Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»
«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi
MILANO - In Italia il testimonial ideale potrebbe essere Alessadro Piperno, l'autore di Persecuzione, l'unico che ha avuto il coraggio di ammettere nel salotto buono di Daria Bignardi: «I bambini mi irritano anche ai ristoranti». In Germania si sono portati avanti. Infatti gli annunci immobiliari promettono senza remore: «Neu für ältern ohne kinder», nuovo per adulti senza bambini. La tendenza si è già estesa a ristoranti, alberghi e caffè, gaiamente kinder verboten, dove cioè le piccole pesti (ma anche quelle angeliche) sono bandite. E non si tratta dell'evoluzione postmoderna di lontani divieti impronunciabili. Semplicemente di una ricerca del silenzio, della tranquillità: come quando la Svizzera ha predisposto carrozze senza cellulari, pur lasciando, evidentemente, quelle per i telefonino-dipendenti.
Anche nella «children-amichevolissima» Svezia molti hotel non accettano prole sotto i dodici anni. In Spagna, ha raccontato ItaliaOggi, la catena Iberostar accetta ospiti a partire dai 14 anni. La Sandals dai diciotto. In Austria l'albergo Cortisen è vietato ai bambini ed è sempre pieno. La compagnia inglese Thomas Cook Airlines vola già due volte alla settimana per Creta e Gran Canaria solo con adulti, perlopiù diretti verso villaggi e hotel che condividono la stessa filosofia. E negli Stati Uniti la National Transportation Safety Board ha scritto alla Federal Aviation Administration per far introdurre la regola «un passeggero-un posto». Più che un sistema antirischio, un dissuasore di mobilità infantile. Forse è l'effetto della generazione No Kid, cui si era appellata nel 2008 la scrittrice francese Corinne Maier, peraltro mamma due volte, che in un libro aveva elencato quaranta ragioni per non avere figli. «Da noi nessuno lo vorrà mai ammettere, ma garantisco che nei locali più trendy il bambino non è mai ben visto. Ricordo quando a Massimiliano Ossini fu impedito di entrare al Coast Music Bar di Porto Cervo all'ora dell'aperitivo perché era in compagnia dei figli piccoli», racconta Roberto Piccinelli, autore dell'annuale Guida al piacere e al divertimento.
Barbara Casillo, direttore di Confindustria Alberghi, assicura che «non è possibile vietare l'ingresso ai bambini, lo proibisce la legge. Un albergatore è tenuto a respingere un cliente soltanto se non ha con sé un documento di identità». Però aggiunge: «Tecnicamente non mi scandalizzo all'idea che un esercente possa decidere di investire su un particolare target». Come, per esempio, l'Alpin Garden in Val Gardena, il Palazzo Hedone a Scicli, la Scalinatella di Capri, che non fanno mistero di prediligere i clienti adulti.

Del resto, che l'Italia non sia un Paese per piccoli non lo dice solo quel risicato indice di natalità - 1,2 - che ci inchioda all'ultimo posto tra le nazioni industrializzate. Luca, papà di quattro bambini, il 20 luglio scorso ha denunciato sul sito dell'Associazione nazionale famiglie numerose che «un noto ristorante a Sottomarina Chioggia (Venezia)» gli ha negato un tavolo sostenendo che era tutto già prenotato. Peccato che a una seconda telefonata, omettendo la presenza dei bambini, il tavolo sia comparso magicamente. La curatrice del sito, Regina Maroncelli, di Bergamo, anche lei quattro figli, ricorda invece di quella volta a Santa Margherita Ligure che fu cacciata fuori da un negozio di giocattoli (sic!) a causa della prole numerosa. E Cristina Bazzani, romana, ha messo in evidenza tutte le difficoltà a trovare un appartamento in affitto nella capitale con otto figli. Suo marito Mauro ora dice: «Le iniziative tedesche e svedesi non mi scandalizzano. Loro almeno da quarant'anni hanno messo in piedi politiche per la famiglia, adesso possono permettersi di fare delle cose per chi è senza figli».

Fonte



Curioso.
Da una parte si millantano diritti di avere figli ad ogni costo(o quasi).
Dall'altra(ma e' davvero un altra?) si limita la liberta' di chi ne ha.
Ma qualcuno che pensa a loro? Qualcuno pensa ai bambini?
Un bambino passeggia per strada e vede un cartello "io non posso entrare" con la sua sagoma.
Normale, direi. Quasi giusto.
O forse no?

Ah, ma dimenticavo che questa e' la societa' del consumo mio e solo mio. Dei diritti ma solo quelli che interessano a me.
Del tutto relativo quando fa comodo al mio Io, che impazza e giganteggia gettando ombra su tutto il resto.
Ovvio che in un paese di tanti piccoli io, gli altri, quelli piu' deboli, che non possono ancora fare a spallate con il mondo, sono calpestati.
In una societa' cosi', in effetti, che c'entrano i bambini?

Ma una societa' cosi', in effetti, esiste?
Quattro sfigati intolleranti sono meritevoli della prima pagina sul corriere?
E tutti gli altri? Le milioni di famiglie che nonostante questi veleni puzzolenti vanno avanti, dove sono? Non e' chic parlarne?
Daltronde, basta aprire una finestra(due e' meglio) che questa puzza va via, e possiamo tornare a respirare a casa nostra.






PS:  L'articolo e' di oggi, ma e' da un po' che si respira questo miasma fetido.
E' civilta' quella che non ama i propri figli e che non li protegge?
Forse.
Di sicuro pero' non puo' durare piu' di una generazione. E se lo fa, e' proprio grazie a quei "figli" contro cui rema.

PPS:
E non scordiamo che se anche non tutti siamo padri di certo siamo tutti Figli.
Qualcuno forse non se lo ricorda.

15 novembre 2010

Staminali si.

Produrre sangue umano dalle cellule staminali della pelle, sangue, ovviamente, identico a quello del paziente.

Potrebbe essere una svolta rivoluzionaria per le trasfusioni di sangue la scoperta degli scienziati della McMaster University di Hamilton, Ontario, che hanno scoperto come produrre sangue umano da pelle umana adulta.

La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, potrebbe significare che in futuro ai pazienti bisognosi di sangue (durante un intervento chirurgico, un trattamento antitumorale, un trapianto o moltissime altre applicazioni) potrebbe essere trasfuso il sangue composto da cellule con il loro stesso Dna.

I tempi? Secondo gli scienziati, gli studi clinici sull'uomo potrebbero partire nel 2012. Mick Bhatia, direttore scientifico della McMaster's Stem Cell e Cancer Research Institute della G. Michael Degroote School of Medicine, e il suo team di ricercatori, hanno inoltre dimostrato che la 'conversione' da cellule della pelle a cellule del sangue è diretta, non richiede il passaggio intermedio di trasformare le staminali della pelle in staminali pluripotenti per poi trasformarle in cellule del sangue.

"Abbiamo dimostrato che questo funziona con la pelle umana. Sappiamo come funziona e credo si possa anche migliorare il processo", ha detto Bhatia. "Siamo al lavoro - ha aggiunto - per ricavare altri tipi di cellule dalle staminali della pelle".

La scoperta è stata replicata più volte nell'arco di due anni con pelle umana sia da giovani che meno giovani per dimostrare che funziona per qualsiasi età.

I ricercatori hanno prelevato campioni di pelle per poi coltivare in laboratorio le staminali ricavate. Poi è stato sufficiente aggiungere alle staminali un fattore di trascrizione, cioè una proteina che induce i geni ad 'accendersi', per riprogrammare le cellule direttamente e trasformarle in cellule del sangue.
Fonte

14 novembre 2010

13 novembre 2010

Pagare con il sangue.

Punjab, donna cristiana condannata a morte per blasfemia
Per la prima volta una donna viene condannata a morte per questo “reato” in Pakistan. La legge sulla blasfemia è stata introdotta nel 1986 dal dittatore pakistano Zia-ul Haq ed è diventata uno strumento di discriminazioni e violenze. La norma del codice penale pakistano punisce con l’ergastolo chi offende il Corano e con la condanna a morte chi insulta Maometto.

Islamabad (AsiaNews/Agenzie) – Il Pakistan ha "varcato una linea" condannando a morte una donna cristiana per blasfemia. Asia Bibi, madre di due bambini, operaia agricola di 37 anni, ha ricevuto la sua sentenza da un tribunale del Punjab domenica sera. E’ stata giudicata colpevole di blasfemia, commessa di fronte ad alcuni colleghi di lavoro, in una discussione molto animata avvenuta nel giugno 2009 a Ittanwali. Alcune delle donne che lavoravano con lei cercavano di convincerla a rinunciare al cristianesimo e a convertirsi all’islam. Durante la discussione, Bibi ha risposto parlando di come Gesù sia morto sulla croce per i peccati dell’umanità, e ha chiesto alle altre donne che cosa avesse fatto Maometto per loro.
Le musulmane si sono offese, e dopo aver picchiato Bibi l’hanno chiusa in una stanza. Secondo quanto raccolto da “Release International” una piccola folla si è radunata e ha cominciato a insultare lei e i bambini. L’organizzazione caritativa, che sostiene i cristiani perseguitati, ha detto che su pressione dei leader musulmani locali è stata sporta denuncia per blasfemia contro la donna. Il direttore di “Release International”, Andy Dipper, ha espresso il suo shock verso la sentenza di domenica. “Il Pakistan ha varcato una linea – ha detto – condannando a morte una donna per blasfemia”. Bibi inoltre è stata multata dell’equivalente di due anni e mezzo di del suo stipendio.
Un’altra donna cristiana, Martha Bibi (non è parente di Asia), è sotto processo per blasfemia a Lahore. Secondo i dati della Commissione nazionale di giustizia e pace della Chiesa cattolica (Ncjp), dal 1986 all’agosto del 2009 almeno 964 persone sono state incriminate per aver profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto. Fra questi 479 erano musulmani, 119 cristiani, 340 ahmadi, 14 indù e altri 10 di altre religioni. La legge sulla blasfemia costituisce anche un pretesto per attacchi, vendette personali o omicidi extra-giudiziali: 33 in tutto, compiuti da singoli o folle inferocite.


fonte



Essere Cristiani significa pagarlo con il sangue.
Mi e' rimbombato dentro.

Ma e' cosi'. Non c'è altro calice.

Non posso pero' non chiedermi: io, al suo posto, che farei? Io cosa posso fare? Io cosa faccio?
Di fronte a queste persone, questi martiri, mi sento ancora piu' piccolo.
E un po' meno Cristiano.
Il mio sangue? La mia testimonianza?
A volte rifiuto persino di sporcarmi le mani.

12 novembre 2010

Il mondo nuovo

Ho terminato oggi di leggere questo terribile eppur magnetico romanzo di Huxley, che tra l'altro ho scoperto essere il nipote del forse piu' celebre Huxley, quello di "Se dovessi scegliere per mio antenato fra una scimmia e un uomo che, per quanto istruito, usi la sua ragione per ingannare un pubblico incolto, [...] non esiterei un istante a preferire una scimmia."... cose da biologi, fate pure finta di nulla.
Libro interessantissimo, che finalmente ho avuto occasione di leggere, erano mesi che me lo ripromettevo e poi tra un libro e l'altro questo finiva sempre nel dimenticatoio. Finche' non l'ho comprato e l'ho avuto in casa, sullo scaffale di fronte al mio letto a fissarmi interessato ogni volta che alzavo lo sguardo.

Piu' che nel romanzo, che comunque presenta un panorama molto attuale e intrigante, pur restando terribile, mi ha affascinato il saggio che Huxley ha scritto 26 anni dopo il romanzo. Era il 1958 e l'ombra del comunismo era si presente, ma meno oppressiva che in Orwell, per esempio.
Affascinato perche' parte dei ragionamenti che fa, sono dubbi che sovente mi si sono presentati piu' volte nel corso degli ultimi anni, facciamo ultimi 7 anni, giusto per dare un minimo di coordinate.
Credevo fossero sempre miei esclusivi viaggi mentali, ma a quanto pare tanto esclusivi non lo sono affatto. Credo che abbia usato le mie stesse parole, anzi, che io abbia usato le sue stesse parole nell'esprimere un mio cruccio non di poco conto.

Il curare malattie genetiche, permettendo al portatore malato di riprodursi, (cosa che, senza la cura non sarebbe successa, esendo morto prima) non porta a un peggioramento delle condizioni globali? Trasmettendo ai figli, che non avrebbe mai avuto questa malattia, e cosi' a cascata?
Oppure aiutare tramite fecondazione assistita omologa una coppia che e' infertile per motivazioni genetiche(che non e' la sola causa, ma potrebbe) di uno dei partner , non potrebbe trasmettere al figlio (che normalmente non esisterebbe) questo problema, obbligandolo a ricorrere ance lui alla fecondazione assistita in un futuro prossimo, incrementando quindi nella popolazione la % di persone con questo problema ( e aumentando quindi i profitti delle aziende del settore) ?
 Oppure perche' ci ostiniamo a cercare di allungare la nostra aspettativa di vita, in modo assurdo. L'invecchiamento della popolazione e' uno dei mali del XXI secolo, pero' ci sono ancora numerosissme ricerche alla caccia dell'elisir della lunga vita.  Questo shift in avanti della vita delle persone, non e' accompagnato da uno shift altrettando significativo del ciclo riproduttivo.

Mi chiedo spesso se ha senso questa corsa ai farmaci.

11 novembre 2010

Baghdad, strage nelle case dei cristiani.

Trattati come il peggiore dei nemici. Li hanno massacrati, dieci giorni fa, mentre pregavano in chiesa: 58 fedeli uccisi, tra cui tre sacerdoti. Li hanno attaccati l’altra notte e all’alba di ieri mentre dormivano nei loro letti: sei morti e 33 feriti. Bombe, 13, e colpi di mortaio a ripetizione contro le loro abitazioni, ormai “fronte” indifeso di una guerra unilaterale e vile.


«Cosa possiamo fare? Ci stanno dando la caccia casa per casa», dice affranto il patriarca caldeo Emmanuel Delly. Cosa possono fare? La comunità locale non ce la fa più. Nessun posto è più sicuro, nemmeno casa. E la gente si chiede perché è finita dritta nel mirino di al-Qaeda. Della cellula irachena di al-Qaeda.

Sono quelli di al-Qaeda che hanno minacciato, il 31 ottobre, dopo l’attacco alla cattedrale siro-cattolica Nostra Signora del perpetuo soccorso di Baghdad, di colpire i cristiani ovunque, dentro e fuori il Paese. Sono quelli di al-Qaeda che stanno mantenendo la folle promessa, in un’escalation di violenza senza precedenti. La seconda ondata di attentati contro l’indifesa comunità cristiana è iniziata l’altra notte nei quartieri di Amiriya e di al-Mansour, nella parte occidentale della capitale. Tre abitazioni sono state bersagliate da ordigni esplosivi artigianali e granate a mano lanciati da un gruppo di terroristi. Secondo il vicario episcopale siro-cattolico, monsignor Pios Kasha, tre persone sono rimaste ferite, tra cui un bambino di quattro mesi. Poi all’alba, tra le quattro e le sei, la strage. Due ore di autentico inferno. Prima sono state fatte esplodere alcune bombe proprio sull’uscio di quattro abitazioni nel distretto meridionale di al-Dora (quello a maggiore presenza cristiana). Gli edifici sono stati parzialmente distrutti dalla potenza delle esplosioni. Poco più tardi, altri ordigni e colpi di mortaio hanno raggiunto le case cristiane nelle zone orientali di Zaytouna e di Camp Sara. Case di famiglie che erano tornate recentemente a vivere nel loro Paese. È stata presa di mira anche una chiesa, che è rimasta gravemente danneggiata.

La gente vuole andarsene. «Negli ultimi due anni mia moglie ha cercato più volte di convincermi ad abbandonare il Paese ma non ero d’accordo – racconta Raed Wissan, cristiano di Dora –. Oggi credo abbia ragione: non voglio sentirmi colpevole se accadrà qualcosa di male ai miei figli». La comunità è ormai una pedina sulla scacchiera di al-Qaeda. I terroristi, che hanno perso terreno e bastioni in Iraq, colpiscono la minoranza più fragile per seminare il caos. La strategia in atto nel Paese è lampante. Come conferma Philippe Najm, procuratore della Chiesa caldea presso la Santa Sede: «Stiamo assistendo al tentativo di trasformare lo scontro politico in scontro religioso, etnico e confessionale, utilizzando il popolo per raggiungere questo scopo». Restare, in queste condizioni, è sempre più difficile. Anche perché «nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest’ondata di violenza che ci travolge», spiega monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad. «Il terrore bussa alle nostre porte. Le famiglie sono sconvolte – aggiunge – Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo». Quindi l’appello: «Chiediamo un pronto intervento della Comunità internazionale e supplichiamo il Papa e la Chiesa universale di venire in nostro aiuto. Oggi non possiamo fare altro che sperare e pregare in lacrime».

Il Consiglio di sicurezza dll’Onu si è detto «sconcertato» dagli attacchi ai cristiani in Iraq. Cristiani che sono l’«avamposto della democrazia nel Paese», ha commentato l’ambasciatore francese. La Farnesina ha «condannato con forza», l’ondata di violenza e Franco Frattini (che ai primi di dicembre sarà a Baghdad) ha «sollecitato una discussione a Bruxelles in occasione del prossimo Consiglio dei ministri degli Esteri». Gli occhi del mondo devono tornare sull’Iraq.

L'appello dell'arcivescovo di Baghdad.
Un accorato appello al Papa, alla Chiesa universale e alla comunità internazionale è stato lanciato attraverso l'agenzia vaticana Fides, da monsignor Atanase Matti Shaba Matoka, arcivescovo siro-cattolico di Baghdad,  "Il terrore - ha detto Matoka - bussa alle nostre porte. Vogliono cacciarci via, e ci stanno riuscendo. Il paese è in preda alla distruzione e al terrorismo. I cristiani soffrono sempre più e vogliono abbandonare il paese. Non abbiamo più parole". Nonostante i proclami, il governo non fa nulla per fermare quest'ondata di violenza che ci travolge - denuncia l'arcivescovo - Ci sono poliziotti davanti alle chiese, ma oggi sono le case dei nostri fedeli a essere aggredite. Sono state colpite famiglie cristiane caldee, siro-cattoliche, assire e di altre confessioni, nel distretto di Doura". Quindi ha affermato: "Un profondo sconforto avvolge la nostra comunità. L'ondata di attacchi è sempre più forte. Dieci giorni fa la strage nella nostra cattedrale. Oggi hanno colpito le nostre case. Le famiglie piangono, tutti vogliono fuggire. È terribile".

Bertone. Il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, auspica che "le autorità irachene prendano in seria considerazione" la situazione dei cristiani nel Paese, dopo la nuova ondata di attacchi a Baghdad questa mattina. Rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della presentazione a Roma del primo bilancio della fondazione della Casa sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, il "primo ministro" vaticano ha ricordato che "è una sofferenza indicibile quella delle comunità cristiane sparse nel mondo e in questo momento soprattutto in Iraq".

L'attentato di oggi, ha proseguito, "è un fatto molto doloroso. Stiamo riflettendo, come ha già fatto il Sinodo dei vescovi su questo grosso problema della persecuzione dei cristiani. Questa sofferenza indicibile delle comunità cristiane sparse nel mondo è, in questo momento, soprattutto in Iraq. Ma pensiamo anche ad altri paesi come il Pakistan e altri". Il Vaticano, ha spiegato Bertone, è "riconoscente perchè sia il governo francese che quello italiano hanno messo a disposizione mezzi per trasportare i feriti più gravi".

Fonte


Circa gli infedeli (coloro che non si sottomettono all’Islam) essi sono “gli inveterati nemici” dei musulmani [Sura 4:101]
I musulmani devono “arrestarli, assediarli e preparare imboscate in ogni dove” [Sura 9:95]
I musulmani devono anche “ circondarli e metterli a morte ovunque li troviate, uccideteli ogni dove li troviate, cercate i nemici dell’Islam senza sosta” [Sura 4:90]
“Combatteteli finché l’Islam non regni sovrano” [Sura 2:193]
“tagliate loro le mani e la punta delle loro dita” [Sura 8:12]
Un musulmano deve “combattere per la causa di Allah con la devozione a Lui dovuta” [Sura 22:78]
I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro [Sura 9:123]
I musulmani devono essere “brutali con gli infedeli” [Sura 48:29]
Un musulmano può uccidere ogni persona che desidera se è per “giusta causa” [Sura 6:152]- Allah ama coloro che “combattono per la Sua causa” [Sura 6:13]
Chiunque combatta contro Allah o rinunci all’Islam per abbracciare un’altra religione deve essere “messo a morte o crocifisso o mani e piedi siano amputati da parti opposte” [Sura 5:34]
“Chiunque abiuri la sua religione islamica, uccidetelo”. [Sahih Al-Bukhari 9:57] “Assassinate gli idolatri ogni dove li troviate, prendeteli prigionieri e assediateli e attendeteli in ogni imboscata” [Sura 9:5]
“Prendetelo (l’infedele n.d.t.) ed incatenatelo ed esponetelo al fuoco dell’inferno” [Sura 69:30]
“Instillerò il terrore nel cuore dei non credenti, colpite sopra il loro collo e tagliate loro la punta di tutte le dita” [Sura 8:12]

Mi si obbiettera' che anche nella Bibbia, Dio e' Il signore degli eserciti, che anche nella Bibbia sono presenti scenedi violenza varia, di uccisioni, che non sono solo prerogativa del Corano, etc..

Verissimo.
Non lo nego. Sarei bugiardo. La Bibbia e' piena di termini militari, di guerre, di uccisioni.
2010 anni fa, pero', mi pare successe qualcosa che merita di essere quantomento ricordato, non fosse altro che stravolse totalmente il mondo, compreso l'Antico Testamento. Non ve lo dico, provate ad immaginare a cosa mi riferisco.
Cambia il modo di Dio di rapportarsi con l'uomo.
Viene dato pieno compimento alle Scritture.
Qualunque interpretazione, quindi, che prescinde da questo, non e' veritiera.
Qualunque lettura della Bibbia che non viene fatta attraverso la lente di Cristo non puo' essere Cristiana. Strano, neh?

Non esiste quindi nessun parallelismo, nessun punto di similarita' tra Corano e Bibbia.

Non stiamo parlando della stessa cosa. Di due sfumature dello stesso colore.
Sono il bianco  e il nero.

Questi stanno applicando alla lettera queste Sure e sono buoni Islamici.
Non esiste altra chiave di lettura.

Le religioni non sono uguali. Non sono lo stesso brodo.
Non sono la stessa salsa.

Anzi, oso di piu'. L'islam non e' una religione, non solo quello almeno. Non ammette divisione tra politica e fede, l'Islam e' Integralista per sua natura.
E' un sistema politico teocratico, che vede Dio non come Padre, ma come dominatore.

Non sono un islamista. Pero' leggo. E ho uno sguardo libero e mi guardo intorno.
E vorrei sbagliarmi, in questo caso.








Una chicca OT. Petroldollari in azione. E cervelli in modalita' OFF.