Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



31 gennaio 2011

déjà vu ?


[...]
NARRATORE
Ma come sono iniziate esattamente queste rivoluzioni? Chi le ha ispirate,
preparate e finanziate? E quali saranno i prossimi paesi della lista? Per
rispondere a queste domande, abbiamo cominciato un viaggio che dalla
Slovacchia attraversa la Serbia, Georgia, Ucraina e Kyrgyzstan... e
ovviamente Mosca e Washington.
[…]

[…]
NARRATORE
Questa borsa contiene il kit del rivoluzionario di ultima generazione: un
CD, magliette e un album. […]

[…]
PAGE REIFFE - CASA BIANCA
Questa nuova ondata, indipendentemente da dove essa si trovi, spazzerà via
come uno tsunami personaggi come Vladimir Putin o Loukachenko. […]

[…]
VLADISLAV KASKIV - LEADER MOVIMENTO PORA
Diremo a George Bush che dovrebbe ricorrere a noi per portare la
democrazia in tutta l’ex Unione Sovietica! In Bielorussia, in Armenia, in
Azerbaijan, in Kyrgyzstan... e nella Russia stessa. E’ un’occasione unica
per far trionfare la democrazia a livello globale. E ci riusciremo! […]

[…]
NARRATORE
Edil ha già visto il film decine di volte. Come molti altri suoi compagni
ha studiato negli Stati Uniti grazie ad una borsa di studio concessa dal
governo americano. E adesso lavora per il National Democratic Institute,
presieduto da Madeleine Albright. Il suo lavoro è quello di reclutare
osservatori indipendenti per monitorare le elezioni. […]

[…]
NARRATORE
Gran parte del sostegno logistico e dei fondi provenivano dagli Stati
Uniti, che nell’anno delle elezioni elargì all’Ucraina quasi sessanta
milioni di dollari. Anche il Kyrgyzstan viene ricoperto di dollari.
Cinquanta milioni per la locazione della base aerea. Altri cinquanta per
incoraggiare i gruppi pro-democratici. Per monitorare le elezioni,
l’associazione di Edil viene pagata 110 mila dollari. E l’associazione
ringrazia sulla prima pagina della newsletter. […]

[…]

NARRATORE
La nostra telecamera coglie il senatore McCain nell’atto di attraversare
con una certa soddisfazione quella sottile linea di confine che fa la
differenza tra sostenere i movimenti democratici e interferire con gli
affari di un paese indipendente. Stufo dei tagli all’elettricità che
alimenta la tipografia, chiede a Mike Stone di metterlo in contatto
telefonico con il ministro degli esteri del Kyrgyzstan. E quando il
senatore statunitense chiede... il ministro Kyrgyzo risponde. […]

[…]
NARRATORE
Qualche mese prima della caduta di Milosevic, l’istituto presieduto dal
senatore McCain – lo stesso che sovvenziona la tipografia di Mike Stone a
Bishkek e ha fatto la predica al ministro del Kyrgyzstan – ha chiesto a
Bob Helvey di recarsi di persona tra i giovani serbi. A Belgrado
incontriamo Serdja Popovic, uno dei primi serbi indottrinati da Bob
Helvey. L’ex leader rivoluzionario oggi gestisce un caffè molto trendy a
Belgrado.[…]

[…]
… […]




Questi sono spezzoni di un servizio di Report del 2007 (non ho trovato il video).
In fin dei conti non e' cosi' difficile ribaltare un governo, se chi ti appoggia e' pieno di soldi.
Altro che rivoluzioni spontanee.

Ora, guardandoci intorno, cambiano gli attori, cambiano le scenografie, ma il copione e' fin troppo simile, no?



La rivoluzione non e' MAI una cosa seria.

27 gennaio 2011

Ricordare

Ricordare e basta, per pochi minuti, per un giorno appena, non ha senso.
Non ha senso se poi ci fermiamo li.
Non ha senso se  tutte le frasi che scrivete sui vostri profili di facebook restano trofei da esibire, carta al macero offerta all'altare del politically correct.
Non ha senso se poi, quando ci giungono echi da paesi lontani di massacri, di minacce di stermini, di pulizie etniche vere o presunte cerchiamo una giustificazione che in cuor nostro sappiamo non necessaria e che consente al nostro orgoglio di poter scaricare la colpa sul nostro nemico di sempre, sull'ombra che a detta nostra appesta il mondo.
Non ha senso se e' una memoria fine a se stessa, per soddisfare la nostra sete di giustizia, come se un bicchiere potesse placare la sete di una gol riarsa dal sale.

Apriamo il cuore, svegliamo il cervello.
Conserviamo queste frasi ogni giorno, custodendole con cura.
Perche' davvero abbiano a dare frutto in noi, nella nostra voce, nel momento in cui saremo chiamati ad alzarci in piedi e a non essere complici silenziosi anche noi.

Perche' non illudiamoci che queste cose non succederanno mai piu'. O non stiano gia' succedendo.



Chesterton: la ricchezza va redistribuita


I personaggi principali sono Hudge, Gudge e Jones. Volendo tradurre in italiano, potremmo parlare dell’onorevole Pinco, del suo collega Panco e del povero Rossi. L’idealista Pinco Hudge, convinto di migliorare le condizioni di vita del proletariato, riesce a far abbattere le catapecchie in cui Rossi Jones abita in compagnia dei suoi simili e si fa promotore della costruzione di casermoni popolari imponenti quanto deprimenti. Il che dà allo smaliziato Panco Gudge il destro di elogiare il buon tempo andato, quando i miserabili avevano sulla testa un tetto modesto finché si vuole, ma almeno non così disumano. Entrambi i politici fanno carriera, Pinco Hudge trasformandosi in disilluso conservatore, mentre Panco Gudge è tutto preso da una personale forma di ecologismo estremo. Di Rossi Jones si perdono le tracce, però c’è da scommettere che non stia meglio di prima.

Scritto appena ieri, e cioè nel 1910, esattamente un secolo e un anno fa, da uno dei più lucidi e temibili polemisti che l’apologetica cristiana ricordi. Gilbert Keith Chesterton, proprio lui: l’inventore di padre Brown, l’ammiratore di Tomaso d’Aquino, il sostenitore dell’ortodossia senza se e senza ma. Di lui il lettore italiano conosce molto, e di sicuro il meglio, anche se a ondate editoriali intermittenti, eppure resta ancora parecchio da scoprire. Per esempio questo Ciò che non va nel mondo (di cui a fianco pubblichiamo un estratto), di cui Lindau manda domani in libreria la prima edizione italiana (traduzione di Gianluca Perrini, pagine 312, euro 22,00). Un’opera minore nella peraltro sterminata bibliografia chestertoniana? Non proprio, anche se di sicuro si tratta di uno dei libri che, all’epoca, più fecero scalpore, attirando severe critiche sul prolifico intellettuale britannico, che in quel momento era già incamminato nel lungo cammino interiore destinato a culminare nella conversione al cattolicesimo, datata 1922.

Gli anni che precedono la Prima guerra mondiale coincidono, tra l’altro, con l’attivismo delle "suffragette", impegnate nella battaglia per il riconoscimento del diritto di voto alle donne. Ed è su questo argomento che Chesterton assume le posizioni più paradossali, sostenendo in buona sostanza che il problema non è se le donne siano o non siano buone per il voto, quanto piuttosto se il voto sia o non sia una cosa buona per le donne, che in questo modo si ritroverebbero a essere "complici" di un processo decisionale del quale fanno parte la guerra, la pena di morte e tutta una serie di simili brutture. Paradossale, l’abbiamo già detto, eppure la lettura di Ciò che non va nel mondo lasciò una traccia profonda, per esempio, nella giovane Dorothy Sayers, futura autrice di gialli di successo. Segno, probabilmente, del fatto che il movimentato saggio di Chesterton non era affatto antifemminista, ma portatore semmai di una diversa, non convenzionale idea di femminilità. Antimoderna, forse, ma a suo modo libera da pregiudizi.

Nel libro, del resto, le osservazioni sulla condizione della donna e sui guasti di un malinteso pedagogismo sono poste al servizio di una riflessioni più ampia, che si sarebbe tentati di definire poetico-economica. Mettendo alla berlina gli Hudge & Gudge di ogni latitudine, infatti, Chesterton intende anzitutto ribadire la bontà del distributismo, l’innovativa visione della proprietà privata di cui si era reso paladino insieme con un piccolo e combattivo gruppo di intellettuali, dei quali facevano parte il fratello Cecil, l’inseparabile amico Hilaire Belloc e padre Vincent McNabb, il frate domenicano al quale è stata dedicata di recente un’agile biografia italiana (Paolo Gulisano, Babylondon, Edizioni Studio Domenicano). Di che cosa si tratta? Di una "terza via" tra capitalismo e comunismo, basata sul concetto che la proprietà non è un male in sé: il male deriva invece dall’accentramento di molti beni materiali nelle mani di pochi. «Possiamo evitare il socialismo - scrive infatti Chesterton - soltanto con un cambiamento vasto quanto il socialismo. Per salvare la proprietà dobbiamo distribuirla, e nel fare ciò dobbiamo mostrarci inflessibili e radicali, quasi come i rivoluzionari francesi. Per preservare la famiglia dobbiamo rivoluzionare la nazione». Un programma che, a un secolo e un anno di distanza, pare non aver perduto nulla in termini di straordinaria, dirompente attualità, specie per tutti i Rossi Jones del pianeta.
Alessandro Zaccuri


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E pensare che ne avevo parlato 2-3 giorni fa, non di piu'.
Ed e' una cosa che mi capita piuttosto spesso.

25 gennaio 2011

Sono un prete stufo di fango

Sono un prete. Un prete della Chiesa cattolica. Uno dei tanti preti italiani. Seguo con interesse e ansia le vicende del mio Paese. Non avendo la bacchetta ma­gica per risolvere i problemi che affliggo­no l’Italia, faccio il mio dovere perché ci sia in giro qualche lacrima in meno e qualche sorriso in più.

Sono un uomo che come tanti lotta, sof­fre, spera. Che si sforza ogni giorno di es­sere più uomo e meno bestia. Sono un uo­mo che rispetta tutti e chiede di essere ri­spettato. Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Da nessuno. Inutilmente. Pubblicamente. Vigliacca­mente.

Sono un prete che lavora e riesce a dare gioia, pane, speranza a tanta gente bi­strattata, ignorata, tenuta ai margini. Un prete che ama la sua Chiesa e il Papa. Un prete che non vuole privilegi e non pre­tende di far cristiano chi non lo desidera, che mai si è tirato indietro per dare una mano a chi non crede.

Un prete che, prima della Messa della se­ra, brucia incenso in chiesa per elimina­re il fetore sprigionato dalle tonnellate di immondizie accumulate negli anni ai margini della parrocchia in un cosiddet­to cdr e che vanno aumentando in questi giorni.

Sono un prete che si arrabbia per le inef­ficienze dello Stato ai danni dei più debo­li e indifesi. Che organizza doposcuola per bambini che la scuola non riesce ad inte­ressare e paga le bollette di luce e gas per­ché le case dei poveri non si trasformino in tuguri.Sono un prete, non sono un pedofilo.

So che al mondo ci sono uomini che pro­vano interesse per i bambini e, in quanto uomo, vorrei morire dalla vergogna. So che costoro sono molti di più di quanto credono gli ingenui. So anche che poco o nulla finora è stato fatto per tentare di ca­pire e curare codesta maledizione.

Piaga purulenta la pedofilia. Spaventosa. Crudele. Vergognosa. Tra coloro che si so­no macchiati di codesto delitto ci sono pa­dri, zii, nonni, professionisti, operai, gio­vani, vecchi e anche preti.

Giovedì sera, trasmissione Annozero di Michele Santoro. Tantissimi italiani guar­dano il programma. Si discute di Silvio Berlusconi. Alla fine esce, come al solito, il signor Vauro con le sue vignette che do­vrebbero far ridere tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti innocenti. Ma non si deve dire. È politi­camente scorretto. È la satira. Il nuovo i­dolo davanti al quale inchinarsi. La sati­ra, cioè il diritto dato ad alcuni di dire, of­fendere, infangare, calunniare gli altri sen­za correre rischi di alcun genere. Una vi­gnetta rappresenta il Santo Padre che par­lando di Berlusconi dice: «Se a lui piac­ciono tanto le minorenni, può sempre far­si prete». Gli altri, compreso Michele Santoro, rido­no. Che cosa ci sia da ridere non riesco a capirlo. Ma loro sono fatti così, e ridono. Ridono di un dramma atroce e di inno­centi violentati. Ridono di me e dei miei confratelli sparsi per il mondo impegna­ti a portare la croce con chi da solo non ce la fa. Ridono sapendo che tanta gente da­vanti alla televisione in quel momento si sente offesa in ciò che ha di più caro e sof­fre. Soffre per il Santo Padre offeso e per­ché la menzogna, che non vuol morire, ancora riesce a trionfare. Per bastonare Berlusconi, si fa ricorso alla calunnia. E gli altri ridono.

Vado a letto deluso e amareggiato, sempre più convinto che con la calunnia e la men­zogna – decrepite come la befana o come le invenzioni di qualche battutista e di qualche sussiegoso giornalista-presenta­tore televisivo – non si potrà mai costrui­re niente di nuovo e stabile. E il giorno dopo scopro che alla Rai, final­mente, stavolta qualcuno s’è indignato. Spero solo che adesso Vauro e Santoro e qualcun altro che non sto a ricordare non facciano, loro, le vittime. E che in Italia ci sia più di qualcuno che comincia a farsi a­vanti e, senza ridere, dice chiaro e tondo che non si può continuare a infangare im­punemente quegli onesti cittadini dell’I­talia e del mondo che sono i preti


 fonte


Essi', sono cittadini italiani anche loro, a tutti gli effetti.

14 gennaio 2011

Islam: quali Diritti dell’uomo?


Le difficoltà di molti cristiani del Medio Oriente e dell’Asia che vivono in Paesi musulmani, le limitazioni del diritto di culto, le uccisioni di cristiani in Iraq, l’uso della Blasphemy Law come strumento per limitare la libertà religiosa in Pakistan, l’atteggiamento anti-cristiano di gruppi fondamentalisti musulmani in Oriente e in Occidente ed altre situazioni simili hanno aperto da noi il dibattito sulla concezione che il mondo musulmano ha dei diritti umani e in particolare della libertà religiosa.

Se ci si rifà al momento della promulgazione della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo del 1948, non è difficile notare che furono pochi gli Stati con popolazione a maggioranza musulmana che parteciparono fin dall’inizio alla sua elaborazione e che molti aderirono alle Nazioni Unite solo più tardi e si trovarono perciò obbligati a ratificarne in qualche modo il contenuto, spesso con una generica adesione di principio presente nelle loro costituzioni. Inoltre sono rari i Paesi che hanno ratificato e firmato l’insieme degli accordi, protocolli e convenzioni che ne esplicitano il contenuto e gli conferiscono valore giuridico.

È noto, infatti, che a suo tempo l’Arabia Saudita si astenne dal voto definitivo, poiché rifiutava l’articolo 18 che riconosce la libertà di coscienza, compresa quella di cambiare religione. Ma la cosa che più sorprende è il fatto che il mondo musulmano abbia voluto esprimere in maniera totalmente autonoma una propria concezione dei diritti umani tramite la promulgazione di «dichiarazioni» proprie quali la Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo nell’islam, promulgata nel 1981 per iniziativa del Consiglio Islamico per l’Europa, e la Dichiarazione dei Diritti dell’uomo nell’islam approvata al Cairo il 4 agosto 1990 dai Ministri degli Esteri dei 45 Stati che aderiscono all’Organizzazione della Conferenza Islamica.

Nei due testi la questione della libertà religiosa viene affrontata in maniera diversa, anche se non è difficile rilevare il comune sostrato. La Dichiarazione di Parigi esprime, infatti, la salvaguardia delle minoranze religiose, affermando che «la condizione religiosa delle minoranze è fondata sul principio coranico: "Non c’è costrizione nella religione" (Cor. 2, 256)» (art. 10), e sottolinea che «ogni persona ha il diritto di pensare e di credere, e di esprimere quello che pensa e crede, senza intromissione alcuna da parte di chicchessia» (art. 12), citando poi la frase coranica: «A voi la vostra religione, a me la mia» (Cor. 109, 6). Tuttavia ad essa aggiunge un’affermazione che rende tutto il discorso ambiguo: «Fino a che rimane nel quadro dei limiti generali che la Legge islamica prevede a questo proposito. La Dichiarazione del Cairo d’altro canto afferma che «l’islam è la religione della natura dell’uomo» (art. 10), sottintendendo con ciò che va applicato ancor oggi per i non musulmani il «regime di minoranze protette» (dhimma).

Si lascia così immutato il quadro classico della shar’îa nell’ambito dell’organizzazione della società e si prendono le distanze da una visione egualitaria del pluralismo religioso e dalla laicità dello Stato, che è un principio fondante per molti Stati moderni. In fondo, questi testi si rifanno alla visione della libertà religiosa ad intra e ad extra sviluppatasi nel mondo musulmano con l’evoluzione della scienza del diritto che ha limitato, col passare del tempo, la libertà di dibattito e di opinione, assai ricca nei primi secoli, all’interno dell’islam stesso e presente, anche nella sua forma apologetica, negli incontri con esponenti delle altre religioni.

Con l’avvento della modernità e il nascere degli Stati nazionali, il desiderio di coesione tra le varie espressioni della società ha portato molte nazioni a maggioranza musulmana a sottolineare l’importanza della libertà religiosa e di una certa laicità dello Stato. Così è stato per il nascente Bangladesh o prima ancora con la promulgazione in Indonesia del Pancasila, anche se non sono mancati qua e là negli anni passati tentativi – come nel Pakistan di Ziaul-Haqq, nell’Arabia Saudita, in Iran e in Sudan – di riattivare nella legislazione elementi del diritto tradizionale, proprio in materia di libertà religiosa.

Ma non mancano ancor oggi capi di Stato musulmani che riaffermano il principio della libertà religiosa, come ha fatto alcuni giorni or sono la premier del Bangladesh Sheikh Hasina, la quale, partecipando a una festività indù, ha dichiarato che «la laicità (dello Stato del Bangladesh) non significa assenza di religione. Significa che gli appartenenti a a tutte le religioni hanno il diritto di praticare la propria, come è rammentato nel Sacro Corano».
Francesco Zannini
 
 
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11 gennaio 2011

Il mio Gilbert

Chesterton, era un santo?


di Marco Sermarini


ROMA, venerdì, 7 gennaio 2011 (ZENIT.org).- E' uscito da qualche settimana il volume "The Holiness of G. K. Chesterton", frutto della conference dello scorso anno della Società Chestertoniana Inglese sulla "santità" di Gilbert Keith Chesterton (1874 - 1936), lo scrittore inglese convertito al cattolicesimo autore de I Racconti di Padre Brown e di un vasto numero di pubblicazioni in cui fede e ragione sono coniugate costantemente in reciproco accordo.
Si indaga sulla santità di questo uomo grande nel senso di grosso ma anche nel senso di gigante della fede, visto che sono in molti a sospettare che, dietro il suo corpaccione e la sua allegria contagiosa, si celi un vero eroe del cattolicesimo.
L'impulso è partito da oltre l'Oceano Atlantico, visto che William Oddie, attuale presidente della Società Chestertoniana Inglese, editorialista del Catholic Herald, curatore ed editore del volume, il quale ha preso sul serio la seguente domanda posta da uno dei partecipanti ad un incontro negli USA sull'autore inglese a cui era intervenuto come relatore: "Come va la causa di beatificazione di Chesterton?".
Oddie dovette precisare che non c'era nessuna causa perché non ci sarebbe stata nessuna evidenza o prova della "santità" di Chesterton. Gli fu obiettato che una sala piena di circa quattrocento persone riunite a causa di Chesterton non poteva che essere una tale evidenza.
Oddie prese quindi sul serio la cosa e organizzò nel luglio 2009 una delle conference della Società da lui presieduta sull'argomento invitando alcuni degli studiosi di lingua inglese che più hanno prodotto sull'argomento. Il volume ne è la sintesi. E' curato ed edito dallo stesso Oddie e riporta gli interventi programmati per la due giorni del 2009.
G. K. Chesterton fu uno degli scrittori inglesi del XX secolo più provocatori e amati, noto per la sua attività di giornalista - che lo fece conoscere al grande pubblico - e per i suoi saggi e romanzi. Gli italiani devono sapere che già negli anni '10 del secolo scorso un grande anglista come Emilio Cecchi lo presentò su La Ronda di Prezzolini e Papini pubblicandone a puntate il meraviglioso Le Avventure di un Uomo Vivo, ritornato di recente al grande successo con il titolo originale di Uomovivo e la nuova traduzione resa da Morganti Editori, che ne ha già tirate ben due edizioni in pochi mesi.
Autore di un'ottantina di volumi, circa duecento brevi racconti, almeno quattrocento saggi ed alcune opere teatrali, fu paladino della fede cattolica stretta per mano alla ragione già prima del suo ingresso nella Chiesa di Roma nel 1922 (si veda in proposito il suo capolavoro assoluto Ortodossia, riedito di recente da Lindau in una nuova traduzione). La sua opera è specchio dello stupore e della gioia ritrovate nella loro vera casa.
Uno dei frutti del nascente movimento verso questo brillante scrittore, un interesse decisamente unico è una preghiera, nata in ambiente anglofono ma che già circola negli ambienti chestertoniani di tutto il mondo e tradotta anche in italiano, che parla esplicitamente della fede, della speranza e della carità di Chesterton come fatti evidenti ed utili a tutti coloro che lo hanno in qualche modo incontrato.
Il volume si chiede se queste e tante altre cose siano terreno per considerare la sua canonizzazione, ma tra gli appassionati di Chesterton si osserva che uno dei frutti della lettura delle sue opere è proprio quello del consolidarsi della fede, anzi, dello strutturarsi del cattolicesimo in forma di ragionevolezza. Qualcuno a questo proposito lo ha anche definito "il San Tommaso d'Aquino del XX e del XXI secolo", visto che si ritiene che il suo genio non abbia pari anche oggi.
E' indubbia e numerosa la schiera di persone più o meno note che debbono a lui la conversione al cattolicesimo o più in generale il ritorno alla fede cristiana (mons. Ronald Knox, Clive Staples Lewis, Marshall McLuhan, Joseph Pearce, sir Alec Guinness solo per citare i più noti).
William Oddie, nelle prime righe della sua introduzione, riferisce di un episodio occorso a Maisie Ward prima biografa di Chesterton, che incontrò una vicina di casa del grande scrittore inglese nei giorni successivi alla sua morte e che lo apostrofò subito come "una sorta di santo" la cui vicinanza ("il solo stendergli il cappello", dice la testimone) "faceva sentire maestosi".
L'episodio somiglia molto a quello che interessò un santo molto popolare, il beato Pier Giorgio Frassati, riconosciuto tale da una delle donne di servizio di casa che appuntò sul calendario il giorno stesso della sua nascita al cielo "oggi è morto un santo". La fama di santità è uno degli elementi principali per l'inizio di un processo canonico che valuti quanto un uomo si sia avvicinato alla perfezione cristiana.
Il vero e proprio endorsement della causa chestertoniana Oddie l'ha fatto con un articolo pubblicato sul Catholic Herald all'indomani della visita di Papa Benedetto XVI in Inghilterra lo scorso settembre per la beatificazione del cardinale John Henry Newman, e l'eloquente titolo era: "Chi sarà il prossimo, ora che Newman è stato elevato agli onori degli altari? Sicuramente può essere solo Chesterton".
Oddie intravede delle similitudini tra la vicenda del cardinale inglese e quella dell'autore di Ortodossia, tra cui il fatto che si tratta di due intellettuali di cui inizialmente tutti ammiravano le doti strettamente culturali ma pochi coglievano l'aspetto della santità, oltre che la partenza dal basso dell'interessamento per una simile "elezione".
Il volume fa luce sullo spirito d'infanzia e la metafisica della meraviglia (argomento a cura di John Saward), l'humour e la santità in Chesterton (di Ian Ker), il cristiano come Dottore della Chiesa (con il saggio di padre Aidan Nichols, domenicano inglese già autore del volume Chesterton, Theologian). Nicholas Madden e il gesuita padre Bob Wild si chiedono inoltre se Chesterton fosse un mistico (e pare ve ne siano delle prove) e Sheridan Gilley svolge il tema "Chesterton: Il giornalista come santo".
C'è pure un'interessante appendice dal titolo "Il filosemitismo di G. K. Chesterton", che va a contrastare la diceria diffusa in ambiente inglese sul suo presunto antisemitismo, che riteniamo infondata proprio a fronte delle sue numerose amicizie di una vita intera con molti ebrei.
Il volume allo stato attuale è solo in lingua inglese, anche se ci sono alcuni editori italiani che stanno prendendo in esame la sua traduzione e pubblicazione, visto il crescente interesse sull'argomento Chesterton.
In Italia in questo momento sono almeno cinque o sei gli editori che stanno lavorando con costanza sull'autore inglese e si posso registrare diverse sue opere tradotte ed edite contemporaneamente da più di un editore.

Fonte
 
 
 

10 gennaio 2011

Team B

...Continua da prima

Staminali adulte, progressi
contro le grandi malattie

Da molto tempo, ormai, le cellule staminali sono al centro della ricerca scientifica mondiale, nel 2010 appena concluso, però, dobbiamo registrare nuovi approcci e risultati soprattutto nel campo di malattie importanti e di grande diffusione come il diabete, sindromi genetiche o neurodegenerative, strategie innovative contro i tumori o addirittura le infezioni virali.

Il tempo, insomma, ha dato ragione a chi ha visto nell’utilizzo delle cellule staminali adulte o riprogrammate realistiche speranze di soluzioni a patologie incurabili. Pur con la dovuta cautela e attenzione nella comunicazione delle scoperte, infatti, rimane il fatto che gli studi sperimentali avanzano a piccoli passi in molti casi verso l’applicazione sull’uomo, per alcune condizioni già in corso o effettuata con successo, in altri ragionevolmente auspicabile viste le premesse degli studi pre-clinici.
Insomma, molte delle aspettative non sono state deluse e si continua a credere nel progresso delle ricerche, arricchitosi in questi ultimi tre anni della possibilità di ottenere da cellule adulte specializzate cellule non differenziate mediante il metodo della riprogrammazione genetica. Moltissimi laboratori sparsi in tutto il mondo hanno raccolto questa sfida intuendone le enormi potenzialità, tra le quali quella di creare in laboratorio modelli di ogni malattia da poter studiare. E nuovi scenari si sono aperti nel settore della medicina rigenerativa.
Ma la ricerca risulta "al bivio" per tanti diversi approcci che hanno permesso di avvicinarsi alle malattie maggiormente diffuse. Nell’ambito genetico, la possibilità di mappare il genoma di ognuno, con costi che non sono più proibitivi come un tempo, concede di avanzare nell’idea di una medicina "personalizzata" mentre la terapia genica sta cominciando ad estendersi anche a patologie non rare.
Infine, si avvicina la sperimentazione clinica di fase I su pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica con cellule staminali cerebrali prodotte dal "Laboratorio cellule staminali, Cell Factory e Biobanca" dell’Azienda ospedaliera di Terni, guidato da Angelo Vescovi. Si concluderà a breve, infatti, il complesso iter burocratico che ha visto ad ottobre l’Agenzia italiana del farmaco concedere l’autorizzazione allo studio.

LESIONI SPINALI: DOPO 15 GIORNI RIPARATO IL MIDOLLO
COSI I TOPI HANNO RIPRESO A CAMMINARE
C’è chi da anni lavora anche in Italia sul trauma spinale nel tentativo di evidenziare una possibile via di cura. L’equipe di Alfredo Gorio, ordinario di farmacologia della facoltà di Medicina dell’Università di Milano, indaga le lesioni del midollo dal punto di vista neurologico e traumatologico, approfondendo il meccanismo della risposta neuroinfiammatoria e ischemica acuta dopo il trauma e il possibile ruolo terapeutico delle cellule staminali in questo ambito. I risultati ottenuti sono stati notevoli: iniettando in topi staminali adulte prelevate dal loro cervello, 24 ore dopo l’induzione di un trauma, è stato visto che il 2-3% di queste cellule raggiunge il midollo ed entro 15 giorni l’animale ricomincia a camminare perché recupera la funzionalità degli arti posteriori. È stato evidenziato un sottotipo di cellule capace di bloccare l’azione di eliminazione da parte dei macrofagi e di differenziarsi in neuroni riparando il tessuto lesionato. E, in un passo successivo, staminali capaci di resistere in questo ambiente povero di ossigeno grazie alla regolazione dell’ormone eritropoietina che ne induce la trasformazione stabile in neuroni facendo perdurare così nel tempo l’azione riparatrice. Diversi i risultati sulle staminali embrionali di topo ugualmente testate: colonizzano anche aree di tessuto nervoso intatto perché meno controllabili nei loro effetti. «Siamo molto soddisfatti e fiduciosi della nostra ricerca – ha dichiarato il farmacologo – e il prossimo obiettivo è quello di indagare la presenza di queste staminali resistenti nell’uomo».

DIABETE: DAL TRAPIANTO DI CELLULE DEL PANCREAS
ALL’AUTOPRODUZIONE DI INSULINA
Avanza la strada della terapia cellulare per la cura del diabete: la strategia innovativa basata sul trapianto di cellule del pancreas è un traguardo meno lontano per Camillo Ricordi, direttore del Diabetes Research Institute and Cell Transplant Center di Miami. Il protocollo si basa sull’estrazione e purificazione delle "isole di Langerhans", i grappoli di cellule endocrine che contengono le cellule beta produttrici di insulina, dal pancreas umano, generalmente di un donatore multiorgano deceduto. Le isole vengono trapiantate nel fegato del ricevente inducendo il fegato a diventare un doppio organo nella funzione. A questi trapianti, tuttora sperimentali e con il rischio di rigetto, si affianca la ricerca per ottenere cellule che producano insulina da staminali o tramite riprogrammazione cellulare. Il vantaggio sta nel fatto che ogni paziente potrebbe diventare la fonte stessa della propria cura e non occorrerebbe alcuna terapia anti-rigetto. Vengono attualmente studiati il cordone ombelicale e il tessuto adiposo, capaci di produrre staminali in quantità illimitata. «Non ho dubbi – ha affermato Ricordi – che il futuro del trattamento del diabete richiederà una terapia cellulare o una strategia di medicina rigenerativa dove il trapianto lascerà il posto alla prevenzione del danno permanente o alla rigenerazione della funzione compromessa. Questa strada non tratta il diabete solo in senso migliorativo come i farmaci, senza alcun impatto sulla frequenza della malattia che affligge ben 240 milioni di persone al mondo, ma è capace di risolvere il problema».

TUMORI: CELLULE MODIFICATE CON LA PROTEINA
CHE AGISCE COME KILLER SELETTIVO
Un possibile nuovo ruolo delle staminali nella lotta ai tumori. Questo è ciò che ha messo a punto il gruppo guidato da Alessandro Massimo Gianni, direttore della Struttura complessa di Medicina oncologica 3 dell’Istituto nazionale dei tumori, studiando come sfruttare il naturale meccanismo di eliminazione del sistema immunitario mediante il riconoscimento delle molecole di membrana. Nella fattispecie, staminali ematopoietiche sono state dotate del recettore di una proteina già conosciuta per le sue proprietà killer contro i tumori, la proteina "trial". Inserendo nelle staminali il gene per questa molecola tramite un vettore virale, le cellule si sono dimostrate capaci in vitro di eliminare tessuti tumorali di tutti i tipi, sia epiteliali che del sangue, con un’efficienza maggiore rispetto alla forma solubile di "trail" utilizzata già come farmaco. Negli animali, inoltre, iniettando le cellule modificate in topolini malati di linfoma, ben il 40% è sopravvissuto e non ha più sviluppato tumori a lungo termine. L’obiettivo è quello di passare al trattamento clinico di pazienti con questa procedura, e, parallelamente, per avere una possibilità applicativa maggiore, produrre dalle staminali modificate microvescicole, ossia frammenti di cellule, o microsfere per veicolare la proteina come farmaco personalizzato. Gli autori scommettono su risultati molto positivi di questo studio date le premesse: la molecola, infatti, non è tossica ed è ben tollerata, mentre il suo recettore è ubiquitariamente espresso da tutti i tumori.

AIDS: APERTA UNA NUOVA POSSIBILITA':
UNA MODIFICA GENETICA CURA L'INFEZIONE
Nel campo dell’ematologia è stata pubblicata a fine anno sulla rivista "Blood" la notizia che un uomo affetto da leucemia e Aids è completamente guarito – a distanza di quattro anni – grazie a un trapianto di staminali midollari da donatore compatibile. Il donatore era portatore di una rara mutazione genetica posseduta dall’1% della popolazione mondiale di razza caucasica, che determina la caratteristica di resistere al virus dell’HIV. Il paziente dunque, sieropositivo e affetto da leucemia mieloide acuta, a meno di quattro anni dall’intervento non ha più tracce nel proprio sangue e nel liquido spinale del virus e il suo sistema immunitario ha ripreso perfettamente a funzionare. La strada del trapianto è una procedura estremamente rischiosa e non applicabile su larga scala ma questo caso ha fornito un utile contributo alla ricerca. «Questo studio è assai interessante – commenta Mario Milco D’Elios, immunologo di fama internazionale dell’Università di Firenze – poiché apre la strada a nuove terapie personalizzate per la cura dell’Aids. Dimostra, infatti, che il trapianto di cellule staminali ottenute da un soggetto sano portatore di una rara mutazione genetica, quella a carico del recettore ’CCR5’ che è indispensabile al virus HIV per infettare il linfocita T, e quindi capace di rendere resistenti al virus stesso, è in grado di curare l’infezione».

TALASSEMIA: TERAPIA GENICA MIRATA
PRONTA ALLA «RIPRODUZIONE»
Dopo dieci anni di sperimentazione preclinica e altrettanti di lavoro clinico, presso il Dipartimento di bioterapia dell’Ospedale pediatrico Necker di Parigi, un paziente affetto da beta talassemia è risultato guarito da ben tre anni grazie a un trapianto di staminali corrette geneticamente. Un vero e proprio protocollo di terapia genica: la beta talassemia è infatti una malattia ereditaria molto diffusa caratterizzata da un’insufficiente produzione di emoglobina dovuta a una mutazione del gene delle beta-globine, che formano con le alfa-globine la molecola. La pediatra ed ematologa Marina Cavazzana-Calvo ha guidato il team che ha raggiunto questo risultato. Sono state isolate le staminali del midollo osseo del paziente e modificate in vitro con la copia sana del gene. Dopo vari controlli di sicurezza, le cellule sono state reinfuse nel paziente sottoposto a chemioterapia per disattivare le funzioni del suo midollo osseo. Il monitoraggio del risultato continuerà a lungo ma il clone "buono" che produce emoglobina sana si è stabilizzato. «La terapia genica è uno dei versanti caldi della ricerca», ha commentato il genetista Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. «Fino ad ora elitaria e riservata a malattie rarissime quali alcune immunodeficienze congenite e poche altre, la terapia genica sta per fare il salto che ci aspettavamo da anni, quello cioè di curare una malattia a diffusione mondiale come la talassemia. È importante, infatti, riprodurre il successo terapeutico sul maggior numero possibile di pazienti».
Alessandra Turchetti


Fonte



Tirate voi le fila della storia.

Se voi foste... non sentireste odore di marcio(o di zolfo)

Immaginate di essere una famosa e importante multinazionale.
Dovete sviluppare una nuova tecnologia per lanciare sul mercato un prodotto nuovo, innovativo, che possa conquistare il mercato.
Pagate due equipe di ricercatori affinche' provino indipendentemente l'una dall'altra a raggiungere l'obiettivo che gli richiedete.
Questi lavorano e dopo Xmesi, come da contratto, vi portano i loro lavori in modo da valutare l'operato fino ad oggi svolto e ridefinire i finanziamenti in base ai possibili sviluppi del loro lavoro.
Il team A ha trovato una tecnologia che non funziona benissimo, ha ancora grossi problemi anche se teoricamente funziona e inoltre alcune fasi di produzione inquinano moltissimo, il che potrebbe comportare, se il cliente lo venisse a sapere, un boicottaggio del prodotto o comunque, le ire di varie associazioni di consumatori e dei soliti  ambientalisti, senza dimenticare che inquina proprio tanto, e quindi anche eticamente non e' proprio la scelta migliore.
Il team B ha sviluppato una tecnologia che funziona meglio di quella di A, da gia' degli ottimi risultati anche se necessita di ulteriori migliorie ma sembra essere piu' efficace e per di piu' non inquina, in quanto tutta la fase produttiva ha un impatto zero sull'ambiente, anzi, alcune sue futuribili applicazioni possono addirittura portare alla salvaguardia dell'ambiente.

Ora, torniamo a noi, se voi foste la grande azienda, come ridistribuireste i finanziamenti per il secondo periodo di ricerca?

Se foste mossi solo da interesse per il prodotto finale, anche senza considerare le implicazioni ecologiche che comunque sembrano favorire la scelta piu' profiqua, non credo ci siano molti dubbi su cosa finanziare e che direzione prendere.


E se voi foste gli ambientalisti, e veniste accusati di essere contro l'azienda e contro il prodotto che sta sviluppando, solo perche avete contestato le tecnologie del team A (che nel frattempo ha preso la maggior parte dei finanziamenti, non si capisce bene perche', forse ci lavora la nipote del megadirettore dell'azienda, altrimenti boh) ma senza essere contrari al prodotto finale, anzi, avete accolto entusiasticamente le notizie del team B, perche' il prodotto sviluppato e' proprio utile e interesante, e la tecnologia che hanno sviluppato offre scenari non dico illimitati, ma sicuramente positivi, anche per l'ambiente(che e' la cosa che piu' vi sta a cuore, in quanto ambientalisti) non vi sentireste aggrediti per nulla?
E, sempre supponendo la vostra vocazione ambientalista, vi dicessero che la grande multinazionale ha deciso di finanziare team A, non vi verrebbe da chiedervi come mai questa scelta? Non sentireste puzza di bruciato? Non cerchereste di esternare le vostre perplessita', cercando di capire perche' mai A e' stato ritenuto meglio di B. Non vi verrebbe il dubbio che la multinazionale in realta' ha degli interessi nella ricerca di team A che probabilmente deve tenere nascosti, perche' altrimenti non sarebbero solo gli ambientalisti a contestare la sua scelta. E alla luce di questo, non potreste leggere le critiche mosse a voi ad inizio paragrafo (di essere contro la multinazionale a prescindere e di rigettare tanto A quanto B, quando in realta' a voi B va benissimo, anzi, vi piace) come un tentativo per delegittimare la vostra voce, cercando di muovere contro di voi la pubblica opinione? Non leggereste in tutto questo qualcosa di marcio, se addirittura i media si mettono a collaborare con la multinazionale e con team A, cercando di tappare la bocca all'unica voce critica, ignorando l'evidenza, cioe' che B potrebbe davvero essere la soluzione? E se inoltre la multinazionale ricevese pure ingenti finanziamenti dallo stato?



LA NONNA DEL DRAGO


Questa che mi accingo a scrivere è una recensione particolare di un libro molto particolare: "La nonna del drago e altre serissime storie" (editrice Guerrino Leardini), sapiente raccolta di raccontini divertenti e acuti scaturiti dalla penna (ed oserei dire pure dal pennello) di Gilbert Keith Chesterton (1874-1936). Recensione particolare non significa particolareggiata, anche se mi soffermerò su alcuni particolari di questa raccolta particolarmente significativi. Desidero sentitamente ringraziare la traduttrice-prefatrice Sabina Nicolini (Nipote del Drago) e chi ha curato questa rilevante edizione, fra Roberto Brunelli (Patriota Cosmico) e l'amico gaudente spassoso Marco Sermarini (UomoVivo) che con la crassa postfazione faziosa si è volutamente e giustamente schierato dalla parte di questo gigante dell'ortodossia cattolica: Chesterton. Con lui potremmo cantare all'unisono il refrain di quel carosello di antica memoria: "Gigante, pensaci tu". La cooperazione tra il Centro Missionario Francescano e la Società Chestertoniana Italiana, dopo aver felicemente pubblicato il saggio Ortodossia di Chesterton, ha nuovamente centrato l'obiettivo di farci divertire, appassionare e pensare con questa brillante miscellanea di brani, quasi tutti inediti in lingua italiana. Il libro, spudoratamente fazioso, non poteva non avere una pre e una post fazione, entrambe illuminanti e illuminate dalla fertile scrittura di questo autentico paladino della visione cattolica del mondo. Visione perché Chesterton è autore che ci fa vedere cose che ordinariamente non riusciamo a vedere e non riusciamo a vederle perché paradossalmente si ripresentano puntualmente ai nostri occhi. Chesterton ci fa scoprire una miniera di idee, di cose che ci vengono restituite se solamente ci accingessimo con candore e semplicità a guardarle. Vorrei qui sottolineare sinteticamente alcuni particolari tratti dall'opera Tremendous Trifles del 1909. Nel racconto Un pezzo di gesso che apre la raccolta, Chesterton descrive se stesso alle prese con la sua vocazione primitiva, la pittura (ritengo che il termine primitivo corrisponda effettivamente alla tempra spirituale del Nostro, come si evince dal grande saggio L'Uomo eterno). E' bello immaginarlo armato di bastone e temperino, gessetti e carta marrone in un campo, intento a disegnare l'anima della mucca, tutta porpora e argento, con sette corna e quel mistero che appartiene a tutte le bestie. Dall'arte alla filosofia, dalla religione alla morale il passo è breve: " Il primo asserto della morale religiosa è che il bianco è un colore. La virtù non è assenza di vizi o lontananza da pericoli morali: la virtù è un'entità vivida e separata". Come il bianco, che è un colore e non un'assenza di colore, così la virtù non è assenza di vizi ma è qualcosa di vivo. Il gesso bianco fa ricordare la collina di Uffington, nella quale compare stilizzata la figura gigantesca di un cavallo bianco, che ispirò lo scrittore londinese a comporre i magnifici versi del poema epico ispirato a Re Alfred e all'incontro dell'Inghilterra con la fede cattolica nel IX secolo. La tradizione orale e popolare tramandata di generazione in generazione, così come raccolta nella Ballata del cavallo bianco, viene assunta anche nel racconto La nonna del drago, a difesa delle fiabe: "La tradizione di un popolo implica che l'anima sia sana, ma che l'universo sia imprevedibile e pieno di meraviglie". Bisogna fare molta attenzione: Chesterton, tomista e realista, è anche un poeta mistico e ci ammonisce a difendere un sano realismo da un altro realismo piatto, ottuso di chi non sa meravigliarsi. "Il realismo finisce per dire che il mondo è noioso e si ripete sempre, mentre l'anima è malata e urla di dolore". Ma il problema posto dalla fiaba è un altro: "Cosa farà un uomo sano in un mondo fantastico?...A partire da questo centro di sanità lo scrittore si diverte ad immaginare cosa accadrebbe se il mondo intero impazzisse tutto intorno". Al contrario del romanzo moderno, in cui ci si può chiedere cosa farà un pazzo in un mondo stanco, le vecchie fiabe piene di saggezza hanno reso l'eroe ordinario (e non pazzo) e la storia straordinaria (e non un mondo stanco). In questi brevi racconti Chesterton non ci narra solamente la morale delle favole (seppur importante come aveva scritto nell' Ortodossia) quando afferma che il bimbo ha conosciuto intimamente il drago fin da quando possiede l'immaginazione, ma ciò che la fiaba gli offre è un San Giorgio che uccida il drago; ancor di più, ci sprona Chesterton, è come ci disponiamo a guardare il mondo pieno di meraviglie, a viverlo autenticamente come una fiaba, con gli occhi gioiosi e seri di un fanciullo.
Ci invita così a diventar nani come Peter: "Ho i miei dubbi su tutto questo grande valore dell'andare in montagna, di arrivare alla cima di tutto e guardare tutto dall'alto. Satana divenne la guida alpina più illustre, quando portò Gesù sulla cima di un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni della terra. Ma la gioia di Satana nello stare su un picco non è gioia per la grandezza, ma una gioia nel vedere la piccolezza, per il fatto che tutti gli uomini sembrano insetti ai suoi piedi". Sappiamo che questa immagine dall'alto scompaginò la mente di un reverendo che uccise il fratello in un racconto di Padre Brown: "Il martello di Dio". Attenzione alle vertiginose visioni, ammonisce il grande scrittore di Beaconsfield. Affermerà ancora nel racconto Grandi cose da nulla : "Tutto sta in una disposizione della mente, e in questo momento io sono in una disposizione molto comoda. Siederò tranquillo e lascerò che prodigi e avventure si posino su di me come mosche. Ce ne sono molti, ve l'assicuro. Il mondo non morirà mai per assenza di meraviglie, ma solo per assenza di meraviglia".L'importanza della visione mistica e metafisica è accentuata nel racconto Quello che mi sono trovato in tasca laddove afferma: "Nego assolutamente che qualunque cosa sia, o possa essere, priva d'interesse". Non solo l'oggetto materiale della metafisica, ovvero tutta la realtà, è posta sotto la nostra attenzione e visione, ma anche l'atteggiamento di come noi la guardiamo, la osserviamo, come si evince da Dodici uomini : "A tutti noi succede ogni giorno di vedere sempre meno il significato del cielo e delle pietre, a meno che non sproniamo noi stessi all'umiltà e alla gratitudine". Umiltà e gratitudine quali ingredienti essenziali per saper vedere oltre, per saper guardare meglio. La disposizione d'animo e del corpo viene mirabilmente esposta nel penetrante Dello stare coricati a letto, dove l'autore inglese invita: "Se rimanete a letto badate bene di farlo senza motivo o giustificazione di alcun genere" in quanto un conto sono i principi fondamentali e altro sono le disposizioni secondarie: "Da parte mia vorrei che gli uomini avessero opinioni forti e ben radicate, ma per quanto riguarda la colazione, la facciano qualche volta in giardino, qualche volta a letto, qualche volta sul tetto e qualche volta sull'albero". L'atteggiamento riprovevole condannato da Chesterton è quello della superbia. Se dovessi predicare una sola volta, sarebbe contro l'orgoglio ed ancora : "L'orgoglio è un veleno così mortale, che non solo avvelena le virtù: avvelena anche gli altri vizi". Anche la povera gente che frequenta le osterie, asserisce Chesterton, avverte che vi è qualcosa di diabolico nell'uomo che pretende di rassomigliare tanto da vicino al Padreterno.
Consiglio vivamente di leggere questa fantastica raccolta di scritti inediti chestertoniani per rendersi esatto conto (se ce ne fosse ancora bisogno) della statura gigantesca delle osservazioni acutissime e penetranti di Gilbert Keith Chesterton. Plaudo ancora all'iniziativa e sinceramente rinnovo il mio personale ringraziamento.

                                                                                                            FABIO TREVISAN



09 gennaio 2011

Il podio di mamma e papa'

Usa: via «padre» e «madre»
dai moduli per il passaporto

Le parole "padre" e "madre" non saranno più usate nei nuovo moduli americani per chiedere il passaporto: col proposito dichiarato di adeguare i moduli alla realtà di unioni composte a volte da genitori dello stesso sesso, nel formulario saranno usati i termini "primo genitore" e "secondo genitore".

Un'annotazione sul sito web del dipartimento di stato sottolinea che "questi miglioramenti sono fatti per fornire una descrizione neutrale del genere dei genitori di una persona e per prendere atto del fatto che esistono diversi tipi di famiglie".

La decisione è stata elogiata dai movimenti gay, che da tempo chiedevano alle autorità Usa una misura del genere.

Fonte



Mah, non so voi, ma io non vorrei essere il "secondo genitore" di mio figlio.
E non vorrei che mia moglie lo fosse.
Trovo molto piu' discriminante definire i genitori, "primo" e "secondo" che non chiamarli con il loro vero nome, Padre e Madre.
Mi incazzerei parecchio se ma un giorno dovessi vivere anche io in questo miasma politically correct.
Che diamine.
Non saro' mai un secondo genitore. Ne tantomeno un primo genitore.
Da quando e' un concorso a premi, la genitorialita'? Non ricordo di aver mai sentito esistesse un podio, anche perche', nel caso, il bronzo a chi lo diamo? Alla madre/padre biologico di turno?

Il tutto per soddisfare una frazione minoritaria della popolazione che si sentiva offesa dal fatto che un bambino debba avere un padre e una madre.
Boh...

Io fossi in tutti i secondi genitori, mi sentirei davvero offeso da questo.
Secondi a chi? E perche' mai?

 Questa e' un'ulteriore dimostrazione, come se ce ne fosse bisogno, del fatto che nel nome della politically correctness vengono oggi compiuti atti e azioni che delegittimano o vanno a danneggiare una parte maggioritaria della popolazione.
Ovviamente in questo caso non si danneggia nessuno(o forse si?) pero' e' palese che, per volere di una minoranza, rumorosa quanto si vuole, debole o presunta tale, si toglie ad una Mamma e ad un Papa' la possibilita' di essere riconosciuti nonimalmente in quanto tali. E' vero che nella sostanza non cambia nulla, ma e' come se da domani tutti per legge siamo catalogati con un numero. Continueremmo ad essere Leonardo, Daniele, Cecilia, ok, ma a me personalmente darebbe fastidio(*). Anzi, un po' piu' di fastidio.
Pero' guai a chi parla, perche' sicuramente verra' tacciato di omofobia, etc..

Trovo tutto questo ridicolo. Anche che se ne parli.
Ma evidentemente se hanno cambiato le cose, qualcuno avra' rotto le scatole non poco. In nome di cosa? Come se "genitore 1" e "genitore 2" potesse nascondere la natura dei fatti. Cosa faremo quando il bambino andra' a scuola e studiera' l'apparato sessuale? Immagino che maschi e femmine non andra' piu' bene, sara' demode', od offensivo verso chi e' indeciso... Alfa e Gamma.
Potremo poi aggiungerci un Beta a piacere o secondo necessita'.




* L'ultima volta che sono andato dal dentista, non mi hanno chiamato per nome, ma per numero, perche' leggevo su un avviso, qualcuno si era lamentato della scarsa privacy insita nel chiamare i pazienti per nome e cognome.
Mi perplime alquanto la cosa. Puzza di ipocrisia da un kilometro. Immagino che chi si sia lamentato, abbia poi anche chiuso facebook, si sia fatto togliere dalle pagine bianche, eliminare le foto in street view, etc...
Io pretendo di essere chiamato per nome, Leonardo Mariani. Specie dal medico.
Vorrei che si ricordasse che tra me e una garza usa e getta rimane tuttora un po' di differenza, almeno per me.

05 gennaio 2011

Aperta la caccia ai Copti.

Una lista di oltre 200 cristiani copti che vivono nei paesi occidentali, e che «è lecito uccidere», gira su internet ed è la dimostrazione più clamorosa che la persecuzione non si limita ai paesi a maggioranza islamica, ma è ormai una realtà anche in Europa.
E quel che è peggio, i governi europei sembrano incapaci di confrontarsi con questa realtà. Un allarme in questo senso era già stato lanciato il 2 gennaio in Germania dal vescovo copto Anba Damian che, in una intervista alla Bild am Sonntag, ha detto che in Germania i copti sono minacciati come in Egitto e ha chiesto protezione per la comunità. «Internet è piena di minacce contro di noi. La polizia ci ha detto diverse volte di stare in guardia contro possibili attacchi di estremisti musulmani», ha detto il presule, che ha scritto al ministro dell'Interno per chiedere protezione.
Su Internet in effetti circola liberamente una lista di cristiani copti da uccidere con nome, fotografia, indirizzo e-mail e numero di telefono, e molti di loro hanno già testimoniato di aver ricevuto minacce di morte. La metà di questi obiettivi si trova in Canada, tanti altri sono sparsi in Europa. La lista è diffusa da un sito vicino ad al Qaeda, Shumukh-al-Islam, che ha una pagina dedicata alle «Informazioni complete sui Copti» volta a «identificare e nominare tutti i copti nel mondo che vogliono diffamare l’islam». Il sito chiama i cristiani copti che vivono fuori dall’Egitto «cani della diaspora». Alcuni di loro sono accusati di voler convertire i musulmani, altri di aver pubblicamente criticato i crimini dei fondamentalisti. Shumukh-al-Islam è anche il sito che ha fornito le generalità e la foto del “fratello” responsabile dell’attentato avvenuto a Stoccolma lo scorso 11 dicembre. Sul sito inoltre si trova l’elenco di chiese copte da colpire in Francia, Gran Bretagna e Germania, oltre alle 50 in Egitto inclusa quella dei Santi ad Alessandria, obiettivo dell’attentato del 1° gennaio.
Ma il problema in Occidente non si limita ai copti, anzi i casi più gravi di violenze e intimidazioni si registrano contro gli stessi islamici immigrati in Europa, che non vogliono aderire al fondamentalismo o – peggio - si espongono pubblicamente criticandolo. «Tutti i giorni, tutti i giorni siamo sotto tiro», ci dice Souad Sbai, giornalista, fondatrice dell’Associazione delle donne marocchine in Italia (Acmid) ed eletta deputata nell’ultima legislatura nelle liste del Partito della Libertà. Anche in questo caso, posta elettronica e internet sono un mezzo formidabile per fare arrivare minacce e intimidazioni: «Insulti di ogni tipo, articoli minacciosi sul web, ma non solo: poche settimane fa a un nostro amico è stata fatta trovare nella sua macchina la testa di un animale morto». La cosa sconcertante è l’apparente impunità di cui godono gli estremisti: «Da mesi – prosegue Souad Sbai – su un blog di estremisti hanno messo anche il tipo di fucile con cui dovrei essere colpita. Ho sporto denuncia, ma il blog è ancora lì con la minaccia contro di me».
Come mai non si interviene? «E’ ormai chiaro che questi fondamentalisti godono di protezioni e complicità importanti a tutti i livelli: hanno spazi, hanno mezzi finanziari, hanno libertà di azione. Solo in Italia ci sono quasi 800 “moschee-fai-da-te”, controllate dalle frange più radicali e guai chi si azzarda a criticare ciò che dicono o i mezzi che usano per controllare la gente. Eppure, agli occhi dell’opinione pubblica, ormai si stanno rovesciando le parti, i cattivi siamo diventati noi».
Le complicità non sono difficili da individuare. Dice Souad Sbai: «A livello politico è innegabile che in questi anni una certa sinistra abbia aiutato gli estremisti. Le faccio solo un esempio: il leader di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero ha sostenuto i corsi di alfabetizzazione in moschee gestite dai fondamentalisti, accettando metodi e programmi diversi per uomini e donne. A noi invece nessuno dà una mano per sostenere corsi di alfabetizzazione che rispettino la pari dignità trauomini e donne. A livello economico, abbiamo banche – come è successo a Siena – che concedono prestiti per la costruzione di moschee pur sapendo di avere a che fare con un’associazione islamista radicale. E poi non parliamo della stampa: è ormai chiaro che c’è una lobby di giornalisti italiani convertiti all’islam – ma non dichiarati – che si preoccupa di dare spazio e una buona immagine ai fondamentalisti. Al contrario, i giornalisti critici vengono intimiditi, vengono sistematicamente denunciati, querelati, così che non si parli del fondamentalismo islamico, della situazione delle donne, delle conversioni».
E’ una circostanza che ci conferma Valentina Colombo, giornalista, autrice di diversi libri tra cui il recente “Vietato in nome di Allah” (editrice Lindau, 2010), vittima anch’essa di quella che è ormai definita “la jihad in tribunale”. «Basta citare testualmente qualcuno dei loro leader e puntualmente arriva una querela. E’ un modo subdolo per mettere a tacere qualsiasi critica. E purtroppo bisogna constatare che il sistema funziona, perché gli editori piuttosto che affrontare costose spese legali preferiscono evitare pubblicazioni scomode».



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Ah, ovviamente la seconda parte dell'articolo, ci insegnano, non e' criticabile altrimenti si e' razzisti, diversofobi, salcazzofobi.
Pero' c'è da ammettere che forse una Sbai ha un po' piu' credito di molti altri per parlare di Islam. No?