Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



16 novembre 2010

«no kids»

Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»

«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi

Società Strutture studiate per clienti adulti in nome della tranquillità
Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»
«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi
MILANO - In Italia il testimonial ideale potrebbe essere Alessadro Piperno, l'autore di Persecuzione, l'unico che ha avuto il coraggio di ammettere nel salotto buono di Daria Bignardi: «I bambini mi irritano anche ai ristoranti». In Germania si sono portati avanti. Infatti gli annunci immobiliari promettono senza remore: «Neu für ältern ohne kinder», nuovo per adulti senza bambini. La tendenza si è già estesa a ristoranti, alberghi e caffè, gaiamente kinder verboten, dove cioè le piccole pesti (ma anche quelle angeliche) sono bandite. E non si tratta dell'evoluzione postmoderna di lontani divieti impronunciabili. Semplicemente di una ricerca del silenzio, della tranquillità: come quando la Svizzera ha predisposto carrozze senza cellulari, pur lasciando, evidentemente, quelle per i telefonino-dipendenti.
Anche nella «children-amichevolissima» Svezia molti hotel non accettano prole sotto i dodici anni. In Spagna, ha raccontato ItaliaOggi, la catena Iberostar accetta ospiti a partire dai 14 anni. La Sandals dai diciotto. In Austria l'albergo Cortisen è vietato ai bambini ed è sempre pieno. La compagnia inglese Thomas Cook Airlines vola già due volte alla settimana per Creta e Gran Canaria solo con adulti, perlopiù diretti verso villaggi e hotel che condividono la stessa filosofia. E negli Stati Uniti la National Transportation Safety Board ha scritto alla Federal Aviation Administration per far introdurre la regola «un passeggero-un posto». Più che un sistema antirischio, un dissuasore di mobilità infantile. Forse è l'effetto della generazione No Kid, cui si era appellata nel 2008 la scrittrice francese Corinne Maier, peraltro mamma due volte, che in un libro aveva elencato quaranta ragioni per non avere figli. «Da noi nessuno lo vorrà mai ammettere, ma garantisco che nei locali più trendy il bambino non è mai ben visto. Ricordo quando a Massimiliano Ossini fu impedito di entrare al Coast Music Bar di Porto Cervo all'ora dell'aperitivo perché era in compagnia dei figli piccoli», racconta Roberto Piccinelli, autore dell'annuale Guida al piacere e al divertimento.
Barbara Casillo, direttore di Confindustria Alberghi, assicura che «non è possibile vietare l'ingresso ai bambini, lo proibisce la legge. Un albergatore è tenuto a respingere un cliente soltanto se non ha con sé un documento di identità». Però aggiunge: «Tecnicamente non mi scandalizzo all'idea che un esercente possa decidere di investire su un particolare target». Come, per esempio, l'Alpin Garden in Val Gardena, il Palazzo Hedone a Scicli, la Scalinatella di Capri, che non fanno mistero di prediligere i clienti adulti.

Del resto, che l'Italia non sia un Paese per piccoli non lo dice solo quel risicato indice di natalità - 1,2 - che ci inchioda all'ultimo posto tra le nazioni industrializzate. Luca, papà di quattro bambini, il 20 luglio scorso ha denunciato sul sito dell'Associazione nazionale famiglie numerose che «un noto ristorante a Sottomarina Chioggia (Venezia)» gli ha negato un tavolo sostenendo che era tutto già prenotato. Peccato che a una seconda telefonata, omettendo la presenza dei bambini, il tavolo sia comparso magicamente. La curatrice del sito, Regina Maroncelli, di Bergamo, anche lei quattro figli, ricorda invece di quella volta a Santa Margherita Ligure che fu cacciata fuori da un negozio di giocattoli (sic!) a causa della prole numerosa. E Cristina Bazzani, romana, ha messo in evidenza tutte le difficoltà a trovare un appartamento in affitto nella capitale con otto figli. Suo marito Mauro ora dice: «Le iniziative tedesche e svedesi non mi scandalizzano. Loro almeno da quarant'anni hanno messo in piedi politiche per la famiglia, adesso possono permettersi di fare delle cose per chi è senza figli».

Fonte



Curioso.
Da una parte si millantano diritti di avere figli ad ogni costo(o quasi).
Dall'altra(ma e' davvero un altra?) si limita la liberta' di chi ne ha.
Ma qualcuno che pensa a loro? Qualcuno pensa ai bambini?
Un bambino passeggia per strada e vede un cartello "io non posso entrare" con la sua sagoma.
Normale, direi. Quasi giusto.
O forse no?

Ah, ma dimenticavo che questa e' la societa' del consumo mio e solo mio. Dei diritti ma solo quelli che interessano a me.
Del tutto relativo quando fa comodo al mio Io, che impazza e giganteggia gettando ombra su tutto il resto.
Ovvio che in un paese di tanti piccoli io, gli altri, quelli piu' deboli, che non possono ancora fare a spallate con il mondo, sono calpestati.
In una societa' cosi', in effetti, che c'entrano i bambini?

Ma una societa' cosi', in effetti, esiste?
Quattro sfigati intolleranti sono meritevoli della prima pagina sul corriere?
E tutti gli altri? Le milioni di famiglie che nonostante questi veleni puzzolenti vanno avanti, dove sono? Non e' chic parlarne?
Daltronde, basta aprire una finestra(due e' meglio) che questa puzza va via, e possiamo tornare a respirare a casa nostra.






PS:  L'articolo e' di oggi, ma e' da un po' che si respira questo miasma fetido.
E' civilta' quella che non ama i propri figli e che non li protegge?
Forse.
Di sicuro pero' non puo' durare piu' di una generazione. E se lo fa, e' proprio grazie a quei "figli" contro cui rema.

PPS:
E non scordiamo che se anche non tutti siamo padri di certo siamo tutti Figli.
Qualcuno forse non se lo ricorda.

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