Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



09 maggio 2012

Ozanam. E chi lo conosceva?



Il primo bisogno dell'uomo, il primo bisogno della società sono le idee religiose: il cuore ha sete di infinito. Se esiste un Dio e degli uomini, occorrono dei rapporti fra loro e quindi una religione. La vita religiosa è quella che si è trasmessa dal primo uomo alla sua discendenza. Questa enorme colonna a cui tutti ci aggrappiamo è illuminata dai raggi della Gloria, della Scienza e della Bellezza. Allora uniremo i nostri sforzi e creeremo un'opera insieme. La società si raccoglierà tutta intera sotto quest'ombra protettrice; il Cattolicesimo pieno di gioventù e di forza si eleverà ad un tratto sul mondo, si metterà alla testa del secolo per condurlo alla felicità!!! (A Hippolyte Fortoul E Huchard, Lione, 15 gennaio 1831, p. 37).

Ora, noi altri siamo troppo giovani per intervenire nella lotta sociale: resteremo dunque inerti in mezzo al mondo che soffre e geme ? No, c'è stata aperta una via preparatoria: prima di fare il bene pubblico, possiamo fare il bene individuale. (A Ernest Falconnet, Parigi, 21 luglio 1834, p. 33).

Bisogna quindi formare un'associazione di mutuo incoraggiamento per i giovani cattolici, dove si trovi amicizia, sostegno ed esempi, dove si possa trovare un simulacro della famiglia religiosa nella quale si sia stati nutriti. Il legame più forte è la carità: e la carità non può esistere nei cuori di più senza espandersi all'esterno. La fede e la virtù non hanno bisogno dell'associazione per conservarsi, ma solamente per svilupparsi. Occorre che ci siano contatti più frequenti, che ci diano una lodevole emulazione per il bene, e che ci rendano comunque la gioia dei successi di ciascuno. (A Leonce Curnier, 4 novembre 1834, p. 41).

La carità non deve mai guardare dietro di sé, ma sempre avanti poiché il numero delle sue buone opere passate è sempre troppo piccolo e perché infinite sono le miserie presenti e future, che essa deve alleviare. (A Leonce Curnier, Parigi, 23 febbraio 1835, p. 48).

Credo che sia una follia consumare i propri giorni ad accumulare ciò di cui non si potrà godere. Sollevate il velo e vi vedrete sotto l'egoismo che trova nella proprietà un mezzo per estendere e prolungare in qualche modo il personalismo. Io sento anche che quest'umile condizione in cui mi trovo, mi dà la capacità di meglio servire i miei simili. Se deve essere la lotta tra quelli che nulla hanno e quelli che troppo hanno, il nostro dovere di cristiani, è di interporci tra questi nemici irriconciliabili. Che l'uguaglianza si restauri! Che la carità faccia da sola ciò che la giustizia non riesce a fare ! Io so che Dio e la Chiesa non hanno bisogno né di poeti né di dottori; ma quelli che ne hanno bisogno, sono i deboli credenti scandalizzati dalle defezioni. Sì, noi siamo degli inutili servitori; ma noi rimaniamo dei servitori, e il salario non ci verrà dato che a condizione del lavoro che faremo nella "vigne del Signore" nella parte che ci verrà assegnata. Sì, la vita è spregevole. Ma se noi vediamo l'uso che se ne possiamo fare, se noi la consideriamo come l'opera più perfetta. Del Creatore, la vita allora è degna di rispetto ed amore. Preghiamo l'uno per l'altro. Diffidiamo delle nostre noie, delle nostre tristezze e delle nostre diffidenze. Andiamo semplicemente dove la Provvidenza misericordiosa ci conduce. Superiamo spesso le distanze col pensiero, scriviamoci, consigliamoci, sosteniamoci. (A Francoise Lallier, 5 novembre 1836, p. 84).

La questione che divide gli uomini dei nostri giorni non è più una questione di forme politiche ma una questione sociale; si tratta di sapere chi avrà la meglio, se lo spirito dell'egoismo o lo spirito del sacrificio; se la società non sarà altro che un grande sfruttamento a profitto dei più forti o la consacrazione di ciascuno al bene di tutti e specialmente alla protezione dei deboli. Vi sono molti uomini che hanno troppo e che vogliono avere ancora; ve ne sono molti di più che non hanno abbastanza, che non hanno niente e che vogliono prendere se non gli dà. Fra queste due classi di uomini una lotta si prepara; e questa lotta minaccia di essere terribile: da una parte la potenza dell'oro, dall'altra la potenza della disperazione. Tra questi due eserciti nemici, noi dovremmo precipitarci, se non per impedire, almeno per attutire lo scontro. La nostra età giovanile, la nostra media condizione ci rendono più facile questo ruolo di mediatori che ci è posto come obbligo dal nostro titolo di Cristiani. (A Louis Janmot, Lione, 13 novembre 1836, p. 93)

La giustizia è l'ultimo asilo morale, l'ultimo santuario dell'attuale società; vederla circondata d'immondizia è per me motivo d'indignazione che si rinnova ogni istante. (A Francois Lallier, Pierre Benite (LN), 5 ottobre 1837, p. 108).

La Chiesa è ancora la sola istituzione in cui si sono rifugiati l'eroismo e la devozione.
Il Cattolicesimo è ancora in grado di rinnovare i prodigi dei suoi primi secoli.
Forse io mi appassiono molto per un progetto senza consistenza. Ma a dire il vero più vedo agire contro di noi, più vorrei vedere noi stessi agire per la difesa della verità e del bene. È impossibile che una città così caritatevole come Parigi non si associ ad un genere di elemosina che è al più sacra di tutte, l'elemosina della verità. (A Dominique Meynis, Parigi, 12 luglio 1845, p. 223).

Christus vincit! Christus regnat! Christus imperat! (Al Presidente della Società di San Vincenzo de Paoli del Messico, Parigi, 19 settembre 1845, p. 232).

Sappiamo che le circostanze sono minacciose e che la Rivoluzione può schiacciarci, ma crediamo che la Provvidenza ha il suo disegno. La Repubblica può morire da un momento all'altro, ma la democrazia è maestra. Noi non siamo più socialisti, perché non vogliamo lo sconvolgimento della società, ma vogliamo una riforma libera, progressiva, cristiana. Bisogna coraggiosamente porre mano alla piaga del pauperismo. È stata proposta l'imposta progressiva, si potrebbero fare tre classi:
la piccola proprietà che pagherebbe un ventesimo
la media che pagherebbe un decimo
la grande un quinto.
Temo che se la proprietà non saprà spogliarsi liberamente, presto o tardi sarà violentemente compromessa. (Ad Alexandre Dufieux, Parigi, 31 maggio-2 giugno 1848, p. 309).

È arrivato il momento per i cattolici di passare ai barbari (il proletariato n.d.r.), cioè alla democrazia, al partito del popolo. Dietro alla rivoluzione politica c'è una rivoluzione sociale: lavoro, riposo, salario. D'altra parte far intervenire lo Stato per far tariffare il lavoro, vuol dire rovinare l'industria. Due cose mi rassicurano:
La prima è che la classe operaia mi sembra molto più preparata e morale. C'è molta ignoranza, ma non i vizi delle classi superiori.
Nei giorni che seguirono la vittoria, non hanno saccheggiato Parigi, ma hanno rispettato Dio nelle sue Chiese e nei suoi sacerdoti. Il popolo si è convinto di avere più alleati tra padri e fratelli della dottrina cristiana che fra giornalisti e avvocati.
Il secondo motivo è la Provvidenza.
Il governo disponeva di una forza immensa di baionette ed interessi: è caduto tuttavia con un soffio e nessuno sa spiegarselo.
Credo di scoprire il piano divino che sta per svilupparsi: per diciotto anni Luigi Filippo aveva sostenuto l'ordine materiale del mondo, ora Pio IX ha ristabilito l'ordine morale.
Se le grandi cose scuotono i cuori, al tempo stesso esse si elevano; e se è giunto il momento dei grandi tradimenti è giunto anche quello in cui la devozione diventa più facile, considerato che si tenga meno agli interessi di cui si è vista la fragilità.
Niente vigliaccheria, in fondo il "loro" motto Libertà, Uguaglianza e Fraternità è il Vangelo stesso. (Al Rev. Alphonse Ozanam, Parigi, 6 marzo 1848, p. 300).

sono stato di quelli che credono nel partito della fiducia e credo nella possibilità di una democrazia cristiana; idee generali che possono trionfare nel tumulto delle passioni. (Ad Alexadre Dufieux, Parigi, 31 maggio-2 giugno 1848, p. 311) 

 Non male per uno che è morto nel 1853 a quarant'anni.




Maledetti Cattolici, sono ovunque...

Nessun commento: