Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



30 novembre 2010

Fazio nel paese delle meraviglie

Premetto che a me Fazio, di base, non piace.
Non mi piacciono le sue intervitse a Che tempo che fa, sempre banali, e quando l'ospite alza il tiro, eccolo li ad evitare che s'alzi troppo, con una battutina, sviando il discorso o infischiandosene e passando ad altro, a quello che lui vuole sentire, che non necessariamente e' piu' interessante di quello che l'ospite stava per dire, anzi.

Ma veniamo al succo.

"ho imparato che qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potesse definirsi pro-morte"

Quante volte l'ha ripetuto? Al tg3, mi pare, a varie interviste, ieri sera...
In loop, con questa frase che rimbomba nelle orecchie e dagli e dagli qualcuno poi ci crede.
Ho imparato che qualcuno si definisce pro-vita, come se qualcun altro potessi definirsi pro-morte.
Eggia' perche' in Italia cose di queto genere non se ne sono mai viste.
Nessuno mai prima d'ora s'era messo a cavalcare un tema, che sarebbe stato neutro, per definisrsi e darsi una connotazione.
Basta pensare al Ddl Gelmini. E a chi manifesta sui tetti facendolo pro-ricerca e pro-universita'.
Ora, non voglio entrare nel merito della questione, non mi interessa in questo momento. Credete che la Gelmini non creda di agire pro-ricerca e pro-universita'? Probabilmente e' pienamente convinta di fare bene il suo lavoro. E come reagireste se vi dicesse:
"ho imparato che qualcuno si definisce pro-istruzione universitaria, come se qualcun altro potesse definirsi pro-ignoranza universitaria"

Oppure Silvio, pungolato dall'IDV che dice:
"ho imparato che qualcuno si definisce pro-giustizia, come se qualcun altro potesse definirsi pro-ingiustizia"
Possiamo fare questo giochino all'infinito, Bush-Guerra, Ahmadinejad e i diritti umani...



L'effetto che mi fa Fazio e' identico a quello che mi farebbe Berlusconi se pronunciasse quella frase.
Puzza enormemente di presa per il sedere.
E se i 9mln che lo guardano se la bevono, perche' ovvio, se la bevono, non e' forse un caso di circonvenzione di incapaci?
Fazio ha chiaramente fatto delle scelte, invitando Englaro e la vedova di Welby.
Si difende dicendo che sono esperienze di vita, non opinioni.
Si, e io c'ho scritto boccalone sulla fronte.
Non sono uno di quelli di cui sopra, non attacca con me.
Credete davvero che, pescando a caso tra le mille esperienze di vita possibili e vissute, toh, casualmente Englaro e casualmente Welby?
Di certo non li ha chiamati in studio per parlare di cucina, oppure dell'inter Benitez. Guarda caso hanno parlato della figlia e del marito.
Non sono opinioni?
Forse, ma non mi si puo' dire che siano neutre.
Non mi si puo' dire che e' stata la stessa cosa che invitare una famiglia che continua a curare la figlia invalida.

Fazio ha dato una chiara impostazione al tema Eutanasia/ Testamento Biologico, non nascondiamoci dietro a false scuse.
E non e' la stessa idea dei "Pro-life".
Non venga a fare il meravigliato, adesso, o peggio ancora, non provi a sostenere che in fondo, siamo tutti pro-life, tutti diciamo la stessa cosa.





Lanci il sasso e nascondi la mano?

Senza palle.

27 novembre 2010

Avevamo detto mai piu'

Avevamo detto mai piu', mai piu', quando oltre cinquant'anni fa furono scoperchiati i tetti dei lager nazisti.
Mai piu' una cosa dl genere in suolo europeo.
Vigilanza alta, leggi contro il nazismo e il negazionismo in alcuni stati.
E la quasi certezza che, a parte un branco di mentecatti qua e la, a nessuno potesse piu' venire in mente un progetto simile.
Poi le dichiarzioni di Ahmadinejad, distruggere Israele, ma vabbe', e' islamico, si puo' forse dirgli qualcosa? L'imperialismo occidentale, la differente cultura, la tolleranza... Senza contare che e' antiamericano! Puo' un antiamericano dire mai qualcosa di sbagliato?
E poi l'Iran e' lontano, cosa ce ne frega? Avevamo detto mai piu' sul suolo europeo. Il resto fottesega.
Senza contare che Israele non ci sta nemmeno tanto simpatico, a dirla tutta.
Quindi si lascia correre, alla fine e' il pensiero di un matto, mica lo vanno ad insegnare nelle scuole. E' solo un episodio.

E anche la Chiesa ci si mette, i lefebvriani, Ratzinga che da fanciullo militava nelle gioventu' naziste. Quindi in definitiva poche e piccole voci. Dei cretini e basta.

E poi si scopre che in Inghilterra, nella tollerante, nella multiculturale, nell'aperta, nella cara vecchia Inghilterra si va ad insegnare che gli Ebrei sono poco piu' che scimmie o maiali.

Cavoli, che scoop! Che sgamo!
Maledetti neonazi, lo sapevamo che erano in agguato.
Si sentiva pero', era nell'aria, avremmo potuto prevederlo.
Le destre xenofobe e neofasciste di tutti gli stati d'europa, Lega docet, stanno facendo il pienone di voti. E' normale che in un clima d'odio e di intolleranza, di ignoranza e di violenza qualcosa del genere ci scappi. Sono anni che lo diciamo.

Prima erano i marocchini, poi la minaccia "islamica". Ma da li il passo verso l'antisemitismo e' breve.
E infatti, hehe, colti in castagna.



L'articolo:

Lezioni di antisemitismo

UK: libri contro ebrei in scuole islamiche.
Un particolare dei libri di testo incriminati: gli insegnamenti sull'amputazione di mani e piedi ai ladri (Andrew Testa per New York Times).

Si parte con un invito: elenca le qualità «riprovevoli» dell'essere ebrei. Poi gli insegnamenti: «Ecco come si amputano le mani e i piedi dei ladri». Infine i gay: «Qual è il modo migliore di giustiziarli? Li lapidiamo, li bruciamo vivi, o li buttiamo giù da una rupe?» .
Tutto nero su bianco stampato sui testi scolastici di un network di 40 scuole part-time islamiche, chiamato Saudi Students Schools and Clubs, collegate all'Ufficio culturale dell'Arabia Saudita. Che cosa c'è di strano? Che le scuole sono a Londra, Liverpool e Manchester; non a Riyad o a Jedda.
Il ministro: «Non tolleriamo alcun materiale anti-semita»

È stato un documentario trasmesso dalla Bbc lunedì 22 novembre a servire sulle tavole inglesi uno spicchio di realtà di casa. Nei 30 minuti del programma Panorama, si è appreso che i testi su cui studiano circa 5 mila ragazzi in Gran Bretagna descrivono gli ebrei come «somiglianti a scimmie e maiali», che i sionisti vogliono arrivare alla «dominazione del mondo», e che chiunque muoia lontano dall'Islam brucerà per sempre in un «inferno di fiamme». Per quanto riguarda i dettami della sharia in materia di amputazione di arti da infliggere ai ladri, i testi sono corredati da disegni e schemi che aiutano l'assimilazione del concetto.
Non c'è neanche bisogno di dirlo : a Londra è scoppiato un pandemonio. Il ministro dell'Educazione Michael Gove ha rilasciato al programma della televisione pubblica una dichiarazione in cui precisa che il governo non può tollerare «alcun materiale antisemita» .
I sauditi: «Non ne sappiamo nulla». Ma vengono smentiti

Ai giornali Glove ha poi esteso il diktat governativo alle posizioni sessiste contro gay e lesbiche tentando di allargare il tiro alla casa madre, Riyad: «L'Arabia Saudita è uno Stato sovrano e noi non abbiamo alcun desiderio di intervenire nel suo sistema educativo. Ma sia chiaro che non accettiamo che materiale antisemita sia utilizzato nelle scuole inglesi» .
Le autorità saudite hanno negato qualsiasi collegamento ufficiale con il network di scuole part-time, anche se i fatti sembrano evidenziare l'opposto. Per prima cosa, Panorama ha mostrato nel video l'edificio di Londra dove ha ritrovato i testi scolastici incriminati: in effetti si tratta di una proprietà appartenente al governo di Riyad. A peggiorare la posizione ufficiale poi, sono intervenute le dichiarazioni del direttore educativo del Saudi Students Schools and Clubs che ha ammesso che è proprio l'ufficio culturale saudita ad avere giurisdizione sull'operato del network.

Fonte









No, hei, i cattivi dovevano essere gli altri...
La multiculturalita'...
Il rispetto del diverso...
Se la pensano cosi', chi siamo noi per imporgli il nostro punto di vista? Chi dice che loro hanno torto?

Bye bye europa.







PS: ricordo che in inghilterra la Shari'ah e' accettata e adottata dallo stato. Alla facciazza nostra e dei nostri diritti umani. Un po' come se in italia i peccati secondo la Chiesa fossero reati. Vi immaginate il putiferio? (e giustamente)

26 novembre 2010

Ai limiti dell'indecenza

Anche Pyongyang condanna le esercitazioni

Manovre Usa-Seul, stop della Cina

Pechino: sono previste nella nostra zona economica
Uditi colpi d'artiglieria sull'isola Yeonpyeong

ANCHE Pyongyang condanna le esercitazioni
Manovre Usa-Seul, stop della Cina
Pechino: sono previste nella nostra zona economica
Uditi colpi d'artiglieria sull'isola Yeonpyeong 

MILANO - La Cina dice no alle manovre militari congiunte tra Stati Uniti e Corea del Sud, già condannate con durezza dalla Corea del Nord. Secondo Pechino, le manovre saranno condotte nella sua zona economica esclusiva. Lo afferma l'agenzia Nuova Cina, citando un comunicato del ministero degli esteri cinese, che in questo modo rende esplicito il suo appoggio alla Corea del Nord, di cui è tradizionalmente alleata. Intanto è ancora allarme nell'area di crisi tra le due Coree. Colpi d'artiglieria sono stati esplosi dalla Corea del nord vicino alla frontiera marittima con il sud, in quella che è probabilmente un'esercitazione militare. Lo ha riferito un portavoce del ministero della Difesa di Seul. I colpi, che sono finiti in territorio nordcoreeano, erano stati uditi anche sull'isola di Yeonpyeong, nel Mar Giallo, la stessa colpita martedì in un attacco del nord che ha innescato una nuova crisi tra Pyongyang e Seul.

LE MANOVRE - Intanto il regime di Pyongyang, secondo l’agenzia ufficiale Kcna, denuncia le manovre navali di Stati Uniti e Corea del sud, che innervosiscono anche la Cina e che avranno inizio domenica prossima: secondo i nordcoreani, le esercitazioni portano la penisola coreana «sull’orlo della guerra». le manovre «degli imperialisti americani e del loro burattino guerrafondaio sudcoreano» sono dirette contro la Corea del Nord, sostiene Pyongyang. «La situazione della penisola coreana si avvicina all’orlo della guerra a causa del progetto imprudente di questi esagitati con il dito sul grilletto», si aggiunge in un comunicato ufficiale nordcoreano. Per la prima volta dalla guerra delle Coree, nel 1950-1953), la Corea del Nord ha bombardato martedì una zona abitata sudcoreana. Quattro persone sono morte e una ventina sono rimaste ferite sull’isola di Yeonpyeong. L’attacco ha provocato la risposta militare di Seul, che ha incassato il sostegno degli Stati Uniti.
fonte



Pyongyang condanna le esercitazioni?
Cioe' secondolo loro va tutto bene se si bombarda un'isola, abitata, e si uccidono 4 persone (ma tanto sono sudcoreani) mentre se i sudcoreani, che poverini non hanno fatto nulla, solo un po' alzato la mano per dire che forse forse non andava fatto, danno il via a delle esercitazioni militari, senza sconfinare nel territorio della corea del nord, non va bene.


Bombardare si.
Esercitarsi a difendersi no.
Noi dovremmo dialogare con delle persone cosi'?



«La situazione della penisola coreana si avvicina all’orlo della guerra a causa del progetto imprudente di questi esagitati con il dito sul grilletto»
Saremmo portati, dopo aver letto questa dichiarazione che il premier/diplomatico/ambasciatore di Seul ha rilasciato, a sottolineare la scarsa dimostrazione di diplomaticita' ammettendo pero' che in una situazione del genere e' sono anche fin troppo poco incisive; in via definitiva finiremmo pero' con il condividere queste parole.
Le rileggeremmo una seconda volta, visto che la prima e' stata di sfuggita, sfogliando l'articolo alla caccia di stimoli, giusto per darsi un'idea meno sommaria di quella dataci dal titolo.
E scopriremmo nostro malgrado, e con nostro profondo sbigottimento, che queste parole sono state scritte nel comunicato della Corea del Nord. Si, proprio quella che ha sparato.

 Saremmo portati, a questo punto, a cercare altri episodi, visto che dichiarazioni talmente fuori dal mondo sono per noi inconcepibili. Il nostro ragionamento ci porta a credere che, se i nord coreani si permettono di dire questo, forse ne hanno motivo.

Bingo, qualche mese fa hanno affondato a silurate una nave, 40 vittime, hehe, lo sapevo io, altro che le 4 fatte Pyon... no aspetta, erano stati i nordcoreani a sparare, anche quella volta...


Ma di che grilletto stanno parlando allora? Di quale minaccia?

Come si fa a dire impunemente una cosa che cosi' palesemente fuori dalla realta' dei fatti, e pretendere che qualcuno ci creda?
Perche' nessuno e' cosi' meschino e ideologizzato da crederci, vero?





Nel frattempo, ecco una seconda notizia, tra il faceto e il grottesco.
Mentre Pyongyang preocede con il programma nucleare, i suoi cittadini muoiono di fame.

Il tutto nel piu' completo silenzio. E credo che il colore dominante nella foto possa essere uno dei motivi di questo silenzio.

24 novembre 2010

ELDORADO

http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=258


http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=111


Come se non avessi troppa altra roba da leggere...
Ma ben volentieri!

Egotismo

Secondo Newman.
Sicuramente da riprendere, come concetto.
Intanto metto in tasca goloso e custodisco.


Sulle tracce di Gilbert.

20 novembre 2010

Grande risultato della scienza. Debellata l'influenza!

Grandissimo risultato degli scienziati dei laboratori di tutto il mondo.
Un grandissimo colpo anche dell'industria farmaceutica.
Per il primo anno da che mi ricordi, l'autunno e' arrivato senza che nessuna superinfluenza, la piu' terribile di sempre, ogni anno, ha seminato panico e vittime(?) per il globo terracqueo tutto.
Un risultato davvero lodevole, ottenuto dopo gli immani sforzi dello scorso anno dei vari governi mondiali, che hanno fatto confluire nelle tasche casse dei colossi del farmaco centinaia di milioni di euro.
Grazie ai fondi che ci hanno rubato abbiamo generosamente versato, hanno infatti potuto finanziare ricerche approfonditissime, sfruttando fino all'ultimo ogni nostro centesimo. Non e' infatti avanzato nulla.
E i risultati sono ecclatanti, come mai prima d'ora nella storia dell'uomo.
Provate a tendere un po' l'orecchio, non s'ode nulla. Calma piatta.
Niente piu' lamenti di moribondi affetti da suina. Niente piu' strida di malati condannati. Niente piu' jinglin nelle tasche dei medici.
Quasi un miracolo.
Decisamente un miracolo della scienza.

Un grazie a tutti loro.



E un grazie a tutti i giornalisti, si vede che ancora si vergognano dall'anno scorso.






Ma il pericolo e' dietro l'angolo... pardon, starnuto.

18 novembre 2010

Cosa mi piace?

A me piace cio' che e' evocativo. Fortemente evocativo. Grandiosamente evocativo.
Semplicemente questo.
Un libro, un film, un anime, una poesia devono risvegliare in me immagini dal sapore ampio, maestoso, vive.
Paesaggi vissuti e persone vere.
Immagini che ri-diventano parte di me e che posso rivivire aprendo il libro o premendo play.
Che ti lasciano in bocca quel senso di grandioso e di epico che poi ti resta dentro.
Che ti fanno galoppare i brividi sulla schiena.
E che probabilmente non potrai condividere con nessuno mai.




17 novembre 2010

Carta dei doveri del giornalista

(sottoscritta dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana l’8 luglio 1993)


PREMESSA

Il lavoro del giornalista si ispira ai principi della libertà d'informazione e di opinione, sanciti dalla Costituzione italiana, ed è regolato dall'articolo 2 della legge n. 69 del 3 febbraio 1963:

«E' diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e della buona fede. Devono essere rettificate le notizie che risultino inesatte e riparati gli eventuali errori. Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori»

Il rapporto di fiducia tra gli organi d'informazione e i cittadini è la base del lavoro di ogni giornalista. Per promuovere e rendere più saldo tale rapporto i giornalisti italiani sottoscrivono la seguente Carta dei doveri.

PRINCIPI

Il giornalista deve rispettare, coltivare e difendere il diritto all'informazione di tutti i cittadini; per questo ricerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse, nel rispetto della verità e con la maggiore accuratezza possibile.

Il giornalista ricerca e diffonde le notizie di pubblico interesse nonostante gli ostacoli che possono essere frapposti al suo lavoro e compie ogni sforzo per garantire al cittadino la conoscenza ed il controllo degli atti pubblici.

La responsabilità del giornalista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qualsiasi altra. Il giornalista non può mai subordinarla ad interessi di altri e particolarmente a quelli dell'editore, del governo o di altri organismi dello Stato.

Il giornalista ha il dovere fondamentale di rispettare la persona, la sua dignità e il suo diritto alla riservatezza e non discrimina mai nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche.

Il giornalista corregge tempestivamente e accuratamente i suoi errori o le inesattezze, in conformità con il dovere di rettifica nei modi stabiliti dalla legge, e favorisce la possibilità di replica.

Il giornalista rispetta sempre e comunque il diritto alla presunzione d'innocenza.

Il giornalista è tenuto ad osservare il segreto professionale, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario delle sue fonti. In qualsiasi altro caso il giornalista deve dare la massima trasparenza alle fonti.

Il giornalista non può aderire ad associazioni segrete o comunque in contrasto con l'articolo 18 della Costituzione.

Il giornalista non può accettare privilegi, favori o incarichi che possano condizionare la sua autonomia e la sua credibilità professionale.

Il giornalista non deve omettere fatti o dettagli essenziali alla completa ricostruzione dell'avvenimento. I titoli, i sommari, le fotografie e le didascalie non devono travisare, né forzare il contenuto degli articoli o delle notizie.

Non deve inoltre pubblicare immagini o fotografie particolarmente raccapriccianti di soggetti coinvolti in fatti di cronaca, o comunque lesive della dignità della persona; né deve soffermarsi sui dettagli di violenza o di brutalità, a meno che non prevalgano preminenti motivi di interesse sociale. Non deve intervenire sulla realtà per creare immagini artificiose.

Il commento e l'opinione appartengono al diritto di parola e di critica e pertanto devono essere assolutamente liberi da qualsiasi vincolo, che non sia quello posto dalla legge per l'offesa e la diffamazione delle persone.

DOVERI
Responsabilità del giornalista

Il giornalista è responsabile del proprio lavoro verso i cittadini e deve favorire il loro dialogo con gli organi d'informazione. E si impegna a creare strumenti idonei (garanti dei lettori, pagine per i lettori, spazi per repliche, ecc.) e dando la massima diffusione alla loro attività.

Il giornalista accetta indicazioni e direttive soltanto dalle gerarchie redazionali della sua testata, purché le disposizioni non siano contrarie alla legge professionale, al Contratto nazionale di lavoro e alla Carta dei doveri.

Il giornalista non può discriminare nessuno per la sua razza, religione, sesso, condizioni fisiche o mentali, opinioni politiche. Il riferimento non discriminatorio, ingiurioso o denigratorio a queste caratteristiche della sfera privata delle persone è ammesso solo quando sia di rilevante interesse pubblico.

Il giornalista rispetta il diritto alla riservatezza di ogni cittadino e non può pubblicare notizie sulla sua vita privata se non quando siano di chiaro e rilevante interesse pubblico e rende, comunque, sempre note la propria identità e professione quando raccoglie tali notizie.

I nomi dei congiunti di persone coinvolte in casi di cronaca non vanno pubblicati a meno che ciò sia di rilevante interesse pubblico; non vanno comunque resi pubblici nel caso in cui ciò metta a rischio l'incolumità delle persone, né si possono pubblicare altri elementi che rendano possibile una identificazione (fotografie, immagini, ecc.).

I nomi delle vittime di violenze sessuali non vanno pubblicati né si possono fornire particolari che possano condurre alla loro identificazione a meno che ciò sia richiesto dalle stesse vittime per motivi di rilevante interesse generale.

Il giornalista presta sempre grande cautela nel rendere pubblici i nomi o comunque elementi che possano condurre all'identificazione dei collaboratori dell'autorità giudiziaria o delle forze di pubblica sicurezza, quando ciò possa mettere a rischio l'incolumità loro e delle famiglie.

Rettifica e replica Il giornalista rispetta il diritto inviolabile del cittadino alla rettifica delle notizie inesatte o ritenute ingiustamente lesive.

Rettifica quindi con tempestività e appropriato rilievo, anche in assenza di specifica richiesta, le informazioni che dopo la loro diffusione si siano rivelate inesatte o errate, soprattutto quando l'errore possa ledere o danneggiare singole persone, enti, categorie, associazioni o comunità.

Il giornalista non deve dare notizia di accuse che possano danneggiare la reputazione e la dignità di una persona senza garantire opportunità di replica all'accusato. Nel caso in cui ciò sia impossibile (perché il diretto interessato risulta irreperibile o non intende replicare), ne informa il pubblico. In ogni caso prima di pubblicare la notizia di un avviso di garanzia deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato.

Presunzione d'innocenza In tutti i casi di indagini o processi, il giornalista deve sempre ricordare che ogni persona accusata di un reato è innocente fino alla condanna definitiva e non deve costruire le notizie in modo da presentare come colpevoli le persone che non siano state giudicate tali in un processo.

Il giornalista non deve pubblicare immagini che presentino intenzionalmente o artificiosamente come colpevoli persone che non siano state giudicate tali in un processo.

In caso di assoluzione o proscioglimento di un imputato o di un inquisito, il giornalista deve sempre dare un appropriato rilievo giornalistico alla notizia, anche facendo riferimento alle notizie ed agli articoli pubblicati precedentemente.

Il giornalista deve osservare la massima cautela nel diffondere nome e immagini di persone incriminate per reati minori o di condannati a pene lievissime, salvo i casi di particolare rilevanza sociale.

Le fonti Il giornalista deve sempre verificare le informazioni ottenute dalle sue fonti, per accertarne l'attendibilità e per controllare l'origine di quanto viene diffuso all'opinione pubblica, salvaguardando sempre la verità sostanziale dei fatti.
Nel caso in cui le fonti chiedano di rimanere riservate, il giornalista deve rispettare il segreto professionale e avrà cura di informare il lettore di tale circostanza.

In qualunque altro caso il giornalista deve sempre rispettare il principio della massima trasparenza delle fonti d'informazione, indicandole ai lettori o agli spettatori con la massima precisione possibile. L'obbligo alla citazione della fonte vale anche quando si usino materiali delle agenzie o di altri mezzi d'informazione, a meno che la notizia non venga corretta o ampliata con mezzi propri, o non se ne modifichi il senso e il contenuto.

In nessun caso il giornalista accetta condizionamenti dalle fonti per la pubblicazione o la soppressione di una informazione.

Informazione e pubblicità I cittadini hanno il diritto di ricevere un'informazione corretta, sempre distinta dal messaggio pubblicitario e non lesiva degli interessi dei singoli.

I messaggi pubblicitari devono essere sempre e comunque distinguibili dai testi giornalistici attraverso chiare indicazioni.

Il giornalista è tenuto all'osservanza dei principi fissati dal Protocollo d'intesa sulla trasparenza dell'informazione e dal Contratto nazionale di lavoro giornalistico; deve sempre rendere riconoscibile l'informazione pubblicitaria e deve comunque porre il pubblico in grado di riconoscere il lavoro giornalistico dal messaggio promozionale.

Incompatibilità Il giornalista non può subordinare in alcun caso al profitto personale o di terzi le informazioni economiche o finanziarie di cui sia venuto comunque a conoscenza, non può turbare inoltre l'andamento del mercato diffondendo fatti e circostanze riferibili al proprio tornaconto.

Il giornalista non può scrivere articoli o notizie relativi ad azioni sul cui andamento borsistico abbia direttamente o indirettamente un interesse finanziario, né può vendere o acquistare azioni delle quali si stia occupando professionalmente o debba occuparsi a breve termine.

Il giornalista rifiuta pagamenti, rimborsi spese, elargizioni, vacanze gratuite, trasferte, inviti a viaggi, regali, facilitazioni o prebende, da privati o da enti pubblici, che possano condizionare il suo lavoro e l'attività redazionale o ledere la sua credibilità e dignità professionale.

Il giornalista non assume incarichi e responsabilità in contrasto con l'esercizio autonomo della professione, né può prestare il nome, la voce, l'immagine per iniziative pubblicitarie incompatibili con la tutela dell'autonomia professionale.

Sono consentite invece, a titolo gratuito, analoghe prestazioni per iniziative pubblicitarie volte a fini sociali, umanitari, culturali, religiosi, artistici, sindacali o comunque prive di carattere speculativo.

Minori e soggetti deboli Il giornalista rispetta i principi sanciti dalla Convenzione ONU del 1989 sui diritti del bambino e le regole sottoscritte con la Carta di Treviso per la tutela della personalità del minore, sia come protagonista attivo sia come vittima di un reato. In particolare:
a) non pubblica il nome o qualsiasi elemento che possa condurre all'identificazione dei minori coinvolti in casi di cronaca;
b) evita possibili strumentalizzazioni da parte degli adulti portati a rappresentare e a far prevalere esclusivamente il proprio interesse;
c) valuta, comunque, se la diffusione della notizia relativa al minore giovi effettivamente all'interesse del minore stesso.

Il giornalista tutela i diritti e la dignità delle persone disabili siano esse portatrici di handicap fisico o mentale, in analogia con quanto già sancito dalla Carta di Treviso per i minori.

Il giornalista tutela i diritti dei malati, evitando nella pubblicazione di notizie su argomenti medici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate. In particolare: a) non diffonde notizie sanitarie che non possano essere controllate con autorevoli fonti scientifiche;
b) non cita il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorire il consumo del prodotto;
c) fornisce tempestivamente il nome commerciale dei prodotti farmaceutici ritirati o sospesi perché nocivi alla salute.

Il giornalista si impegna comunque ad usare il massimo rispetto nei confronti dei soggetti di cronaca che per ragioni sociali, economiche o culturali hanno minori strumenti di autotutela.

La violazione di queste regole integranti lo spirito dell'art. 2 della legge 3.2.1963 n. 69 comporta l'applicazione delle norme contenute nel Titolo III della citata legge.

16 novembre 2010

«no kids»

Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»

«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi

Società Strutture studiate per clienti adulti in nome della tranquillità
Dagli aerei ai ristoranti
Avanza il fronte «no kids»
«Gli insofferenti» arrivano in Italia: ingresso vietato ai bimbi
MILANO - In Italia il testimonial ideale potrebbe essere Alessadro Piperno, l'autore di Persecuzione, l'unico che ha avuto il coraggio di ammettere nel salotto buono di Daria Bignardi: «I bambini mi irritano anche ai ristoranti». In Germania si sono portati avanti. Infatti gli annunci immobiliari promettono senza remore: «Neu für ältern ohne kinder», nuovo per adulti senza bambini. La tendenza si è già estesa a ristoranti, alberghi e caffè, gaiamente kinder verboten, dove cioè le piccole pesti (ma anche quelle angeliche) sono bandite. E non si tratta dell'evoluzione postmoderna di lontani divieti impronunciabili. Semplicemente di una ricerca del silenzio, della tranquillità: come quando la Svizzera ha predisposto carrozze senza cellulari, pur lasciando, evidentemente, quelle per i telefonino-dipendenti.
Anche nella «children-amichevolissima» Svezia molti hotel non accettano prole sotto i dodici anni. In Spagna, ha raccontato ItaliaOggi, la catena Iberostar accetta ospiti a partire dai 14 anni. La Sandals dai diciotto. In Austria l'albergo Cortisen è vietato ai bambini ed è sempre pieno. La compagnia inglese Thomas Cook Airlines vola già due volte alla settimana per Creta e Gran Canaria solo con adulti, perlopiù diretti verso villaggi e hotel che condividono la stessa filosofia. E negli Stati Uniti la National Transportation Safety Board ha scritto alla Federal Aviation Administration per far introdurre la regola «un passeggero-un posto». Più che un sistema antirischio, un dissuasore di mobilità infantile. Forse è l'effetto della generazione No Kid, cui si era appellata nel 2008 la scrittrice francese Corinne Maier, peraltro mamma due volte, che in un libro aveva elencato quaranta ragioni per non avere figli. «Da noi nessuno lo vorrà mai ammettere, ma garantisco che nei locali più trendy il bambino non è mai ben visto. Ricordo quando a Massimiliano Ossini fu impedito di entrare al Coast Music Bar di Porto Cervo all'ora dell'aperitivo perché era in compagnia dei figli piccoli», racconta Roberto Piccinelli, autore dell'annuale Guida al piacere e al divertimento.
Barbara Casillo, direttore di Confindustria Alberghi, assicura che «non è possibile vietare l'ingresso ai bambini, lo proibisce la legge. Un albergatore è tenuto a respingere un cliente soltanto se non ha con sé un documento di identità». Però aggiunge: «Tecnicamente non mi scandalizzo all'idea che un esercente possa decidere di investire su un particolare target». Come, per esempio, l'Alpin Garden in Val Gardena, il Palazzo Hedone a Scicli, la Scalinatella di Capri, che non fanno mistero di prediligere i clienti adulti.

Del resto, che l'Italia non sia un Paese per piccoli non lo dice solo quel risicato indice di natalità - 1,2 - che ci inchioda all'ultimo posto tra le nazioni industrializzate. Luca, papà di quattro bambini, il 20 luglio scorso ha denunciato sul sito dell'Associazione nazionale famiglie numerose che «un noto ristorante a Sottomarina Chioggia (Venezia)» gli ha negato un tavolo sostenendo che era tutto già prenotato. Peccato che a una seconda telefonata, omettendo la presenza dei bambini, il tavolo sia comparso magicamente. La curatrice del sito, Regina Maroncelli, di Bergamo, anche lei quattro figli, ricorda invece di quella volta a Santa Margherita Ligure che fu cacciata fuori da un negozio di giocattoli (sic!) a causa della prole numerosa. E Cristina Bazzani, romana, ha messo in evidenza tutte le difficoltà a trovare un appartamento in affitto nella capitale con otto figli. Suo marito Mauro ora dice: «Le iniziative tedesche e svedesi non mi scandalizzano. Loro almeno da quarant'anni hanno messo in piedi politiche per la famiglia, adesso possono permettersi di fare delle cose per chi è senza figli».

Fonte



Curioso.
Da una parte si millantano diritti di avere figli ad ogni costo(o quasi).
Dall'altra(ma e' davvero un altra?) si limita la liberta' di chi ne ha.
Ma qualcuno che pensa a loro? Qualcuno pensa ai bambini?
Un bambino passeggia per strada e vede un cartello "io non posso entrare" con la sua sagoma.
Normale, direi. Quasi giusto.
O forse no?

Ah, ma dimenticavo che questa e' la societa' del consumo mio e solo mio. Dei diritti ma solo quelli che interessano a me.
Del tutto relativo quando fa comodo al mio Io, che impazza e giganteggia gettando ombra su tutto il resto.
Ovvio che in un paese di tanti piccoli io, gli altri, quelli piu' deboli, che non possono ancora fare a spallate con il mondo, sono calpestati.
In una societa' cosi', in effetti, che c'entrano i bambini?

Ma una societa' cosi', in effetti, esiste?
Quattro sfigati intolleranti sono meritevoli della prima pagina sul corriere?
E tutti gli altri? Le milioni di famiglie che nonostante questi veleni puzzolenti vanno avanti, dove sono? Non e' chic parlarne?
Daltronde, basta aprire una finestra(due e' meglio) che questa puzza va via, e possiamo tornare a respirare a casa nostra.






PS:  L'articolo e' di oggi, ma e' da un po' che si respira questo miasma fetido.
E' civilta' quella che non ama i propri figli e che non li protegge?
Forse.
Di sicuro pero' non puo' durare piu' di una generazione. E se lo fa, e' proprio grazie a quei "figli" contro cui rema.

PPS:
E non scordiamo che se anche non tutti siamo padri di certo siamo tutti Figli.
Qualcuno forse non se lo ricorda.

15 novembre 2010

Staminali si.

Produrre sangue umano dalle cellule staminali della pelle, sangue, ovviamente, identico a quello del paziente.

Potrebbe essere una svolta rivoluzionaria per le trasfusioni di sangue la scoperta degli scienziati della McMaster University di Hamilton, Ontario, che hanno scoperto come produrre sangue umano da pelle umana adulta.

La scoperta, pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature, potrebbe significare che in futuro ai pazienti bisognosi di sangue (durante un intervento chirurgico, un trattamento antitumorale, un trapianto o moltissime altre applicazioni) potrebbe essere trasfuso il sangue composto da cellule con il loro stesso Dna.

I tempi? Secondo gli scienziati, gli studi clinici sull'uomo potrebbero partire nel 2012. Mick Bhatia, direttore scientifico della McMaster's Stem Cell e Cancer Research Institute della G. Michael Degroote School of Medicine, e il suo team di ricercatori, hanno inoltre dimostrato che la 'conversione' da cellule della pelle a cellule del sangue è diretta, non richiede il passaggio intermedio di trasformare le staminali della pelle in staminali pluripotenti per poi trasformarle in cellule del sangue.

"Abbiamo dimostrato che questo funziona con la pelle umana. Sappiamo come funziona e credo si possa anche migliorare il processo", ha detto Bhatia. "Siamo al lavoro - ha aggiunto - per ricavare altri tipi di cellule dalle staminali della pelle".

La scoperta è stata replicata più volte nell'arco di due anni con pelle umana sia da giovani che meno giovani per dimostrare che funziona per qualsiasi età.

I ricercatori hanno prelevato campioni di pelle per poi coltivare in laboratorio le staminali ricavate. Poi è stato sufficiente aggiungere alle staminali un fattore di trascrizione, cioè una proteina che induce i geni ad 'accendersi', per riprogrammare le cellule direttamente e trasformarle in cellule del sangue.
Fonte