Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



13 marzo 2011

Tre volte fessi, noi.

Italia-Francia, la nuova cortina di ferro

I profughi tunisini sognano di proseguire per Parigi
ma i controlli della polizia creano un muro invalicabile



VENTIMIGLIA (IM) - C’è ancora una frontiera da superare. L’ultima, quella più difficile. I tunisini in fuga dal Maghreb, raggiunta l’Italia, puntano alla Francia. Parigi, Nizza, Marsiglia, Lione. E’ lì che hanno amici e parenti. Ma il sogno transalpino, dopo aver risalito lo Stivale da Lampedusa, si fa sempre più irraggiungibile. Da Ventimiglia non si passa. Quella che, in tempi normali, è una frontiera spalancata, negli ultimi giorni è diventato un muro invalicabile, sprangato ermeticamente. Un incubo ricorrente, per i tunisini. Il ministro dell’Interno francese, Claude Gueant, è stato chiaro: «Chiediamo agli italiani di trattenere le persone che si presentano sul territorio italiano e di riprendersi quelle che vengono rinviate». E’ arrivato fino alla dogana, lunedì scorso, per far sentire il peso delle sue dichiarazioni. Detto fatto: i diktat dell’Eliseo sono già operativi. I controlli doganali sono diventati massicci. La frontiera si è «militarizzata». Dove prima c’erano un paio di agenti, oggi ce ne sono venti. I poliziotti francesi sono ovunque. La caccia al clandestino imperversa lungo tutta la linea di frontiera: stazioni, caselli, autostrade, strade statali, boschi.




SPERANZE TRADITE - Partiamo con un gruppo di cinque ragazzi tunisini in piena notte. Alle 4.42, alla stazione di Ventimiglia, c’è il primo treno utile per la Francia. Nei paraggi, a quest’ora, nessuna traccia di poliziotti italiani. Saliamo a bordo senza problemi. Il capotreno fischia, il convoglio si mette in marcia. Il sogno francese è a un tiro di schioppo. Adel resta in disparte. E’ molto teso. Molti suoi connazionali hanno già affrontato il viaggio, ma senza successo. Tra le mani stringe un rosario. La paura corre nei suoi occhi, mentre il treno sfreccia in direzione la Costa Azzurra. Fuori, buio pesto. Dopo neanche dieci minuti di viaggio, arriviamo alla stazione di Menton Garavan. Territorio francese. Occhiate fugaci dal finestrino. Deserto spettrale. Meglio approfittarne, pensano i tunisini. Qualcuno scende. Scendiamo con loro. Il treno riparte, allontanandosi nel buio della notte. Nella piccola stazione di Menton Garavan cala un silenzio tombale. Sono le 5 del mattino. Nessun passeggero intorno. Vuoto e speranza. Adel accenna un sorriso. Esce dalla stazione, assaggiando scampoli di libertà. Sembra fatta. «La France!», sussurra a bassa voce. All’improvviso, la doccia gelata. Da dietro l’angolo, spunta una pattuglia della gendarmerie. Un appostamento. In un lampo, i giovani tunisini sono circondati dagli agenti francesi. Chiedono i documenti anche a noi, insospettiti da un’insolita presenza. I tunisini vengono perquisiti. Nessuno di loro ha il permesso di soggiorno. Soltanto la richiesta d’asilo politico, rilasciata nei centri d’accoglienza italiani. Non è sufficiente per passare la frontiera. I ragazzi vengono caricati in macchina. Dietro front, direzione Ventimiglia, dove ad accoglierli c’è la polizia di frontiera italiana. Hanno la richiesta d’asilo e non possono essere trattenuti.
Nuovi sbarchi a Lampedusa

VENTIMIGLIA AL COLLASSO - E’ diventato quasi impossibile valicare il confine. I controlli sono diventati capillari. Spesso gli agenti francesi salgono direttamente a bordo dei treni provenienti da Ventimiglia. Setacciano ogni scompartimento. Meticolosamente. Alla dogana automobilistica, viene fermato chiunque abbia i tratti nordafricani. Inevitabilmente. Si perlustrano anche i cofani posteriori. I migranti potrebbero annidarsi ovunque. Non sarebbe la prima volta. Nonostante le difficoltà, il flusso di tunisini è continuo. Decine ogni giorno. Soltanto nelle ultime due settimane, ci hanno provato almeno in mille. Falliscono quasi tutti. Ma non demordono. Ritentano il giorno successivo. E quello dopo ancora. Attendono speranzosi, ora dopo ora, in quella grande sala d’attesa chiamata Ventimiglia. Il risultato, in paese, è sotto gli occhi di tutti. La città è quasi al collasso. Ogni giorno, nei dintorni della stazione, si ammassano decine di tunisini. Qualcuno è appena arrivato. Altri sono qui da molti giorni. Dormono per terra, ricoperti di stracci e cartoni. Un fatto inusuale, per la maggior parte di loro. In Tunisia non fanno certo la fame. Alcuni lavorano.


FINITI I SOLDI - «Abbiamo soltanto voglia di democrazia» spiega Samir. «E di una vita più dignitosa, con meno povertà» aggiunge Fouad. Sono a Ventimiglia da due giorni. A Parigi hanno amici e cugini. Quando hanno saputo degli sbarchi a Lampedusa, hanno trovato il coraggio di partire. Si sono imbarcati a Zarzis, con una carretta di cinque metri per due. Erano in quindici. «Durante il viaggio si è spento il motore - racconta Samir - Per fortuna avevamo un meccanico a bordo». Dopo un paio di giorni a Lampedusa, sono volati col ponte aereo al Cara di Bari. Cinque giorni per riprendere le energie, poi via, liberamente, verso la Francia. Habib ha finito tutti i soldi che aveva in tasca. I biglietti del treno tra Bari e Ventimigila costano cari. Sperava di poter dormire in albergo, invece ha rimediato due cartoni dai bidoni della spazzatura. Per continuare a vivere, si fa spedire i risparmi dei genitori, via Western Union. Ha già provato a superare la frontiera in treno. Gli è andata male. E’ stanco di dormire come un barbone. «E’ la prima volta in vita mia che mi riduco in queste condizioni”. Sta pensando alla soluzione più insidiosa: quella dei passeur, i trafficanti di clandestini.
I TRAFFICANTI - Il fenomeno sta dilagando in tutta Ventimiglia. Quattro arresti soltanto a marzo. I trafficanti sono quasi sempre nordafricani. Chiedono 100 euro per portarti dall’altra parte. Di solito il viaggio si fa a piedi, lungo tortuosi viottoli collinari, tra fango e boschi. C’è chi osa di più, nascondendo i migranti nei rimorchi. Habib è ancora indeciso. Sulla banchina della stazione, mentre si adagia per la notte, si avvicina un poliziotto italiano. Habib non ha paura: «I poliziotti italiani ci lasciano stare – dice – Noi abbiamo paura dei francesi. Sono loro che non ci vogliono tra i piedi». E in città, qualcuno comincia a vociferare: «Questa è la solidarietà dei francesi: ci rispediscono indietro ogni immigrato, mentre in Italia ne accogliamo cento al giorno».



La prima perche' con tutto quello che sta succedendo in Libia, abbiamo perso importanti investimenti e i trattati fatti con Gheddafi, un porco, ok, ma che ci permettevano una certa indipendenza energetica da altri poteri.
Ovviamente da domani, con la missione di pace Usa-Uk-Francia saranno loro a beneficiare dei gasdotti e del petrolio Libico, ma a noi ci sta bene, anzi, plaudiamo tutti insieme l'intervento di Obama(oh, e' Nobel alla pace, puo' fare cio' che vuole) e degli USA (che ricordo sono  gli stessi che sono dipinti come assassini,mercanti di morte, etc... in Iraq e Afghanistan).

La seconda perche' se solo osiamo aprire bocca sulle ondate di immigrati veniamo tacciati di essere razzisti e xenofobi da mezza europa, salvo poi accorgerci che chi predica tanto bene( chi ricorda cosa disse Sarkozy due settimane fa? disse qualcosa del genere <L'Italia adesso e' in gioco e deve giocare la sua parte fino in fondo> )  non razzola poi mica bene.
Questo il ruolo dell'Italia prendersi tutti i migranti, tenerseli, venire tacciati come razzisti e non vedere un becco di quattrino quando gli altri si divideranno la torta. E noi zitti.
In pratica assistiamo ad una perfetta applicazione de "Son tutti froci cor culo dell'altri " Dove noi mettiamo il culo e l'europa tutta si diletta ad usarlo.

La terza perche' sembra che ci vada bene cosi'.



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