Sotto l’azzurro fitto
del cielo
qualche uccello di mare se ne va

né sosta mai
perché tutte le immagini portano scritto

“più in là!”




.

"Io dichiaro la mia indipendenza. Io reclamo il mio diritto a scegliere tra tutti gli strumenti che l'universo offre e non permetterò che si dica che alcuni di questi strumenti sono logori solo perché sono già stati usati"

Gilbert Keith Chesterton



25 ottobre 2011

Sic... sich!!

Che dire di quello che è successo?
Le immagini le abbiamo viste tutti, purtroppo, aggiungo io.
Ho accuratamente evitato di farlo ma dopo 24h mi sono dovuto arrendere alla tv. Un attimo di distrazione a Studio Sport e Zac! Fregato. Non che avessi paura o schifo, semplicemente la morte di qualcuno non puo' essere spettacolarizzata. E non credo che le immagini del terribile incidente rientrino nel "diritto di cronaca". Giornalisticamente non danno nulla di più. Mi erano bastate le descrizioni scritte e la foto che dominava Corriere.it. Prima il Gheddy ora il Sic, in una tacita staffetta di offerte umane sull'altare della informazione.

Ma non è di questo che volevo parlare, mi sono uscite un po' a fiume in totale improvvisazione, e siccome mi uscivano bene dalla tastiera le ho lasciate, anche se totalmente OT rispetto alle intenzioni.
Quindi fate finta che quello di prima fosse una cosa a parte e adesso torniamo a piombo su ciò che volevo, e vorrei ancora, dire a proposito di questo avvenimento.

Eravamo partiti, anzi, ero, con una domanda. Che dire di quello che è successo?
Non credo si possano aggiungere altre parole al dolore, sul serio, per la notizia, arrivata come uno sparo mentre stavo parlando di tutt'altro.
Pero' dopo un paio di giorni, smaltita la botta e in tempi meno sospetti, posso provare ad approfondire una frase, che non credevo suscitasse così interesse, che ho detto a voce e scritto su FB e che non trovava nessuno d'accordo.
Provocatoriamente, forse esagerando, avevo paventato un "Basta con le moto, però".
Riflettendo a caldo sulla morte di Simoncelli, pilota per il quale "tifavo"(in realtà delle motoGP non è che mi interessava granchè, mi limitavo  guardare la partenza, ogni tanto, se proprio proprio mi trovavo davanti alla tele, addirittura anche gare intere e tenermi informato sui podi. E le pagelle a StudioSport) mi sono chiesto se alla fine il gioco vale la candela.
Cos'è il gioco? Uomini che a bordo di una moto sfrecciano a oltre 300km/h impegnandosi in staccate da folli portando al limite i loro mezzi.
Cos'è la candela? Tutto il Business che c'è dietro. Stipendi, sponsor, vendita di gadget, sviluppo dei mezzi. Tutto questo pero' è direttamente proporzionale al bacino di pubblico che segue lo sport. Quindi in definitiva lo scopo di tutto questo è divertire la gente a casa e gli spettatori al circuito. Se la gente si annoia, si chiude, se la gente apprezza, si va avanti.

Ora, secondo me, non è giusto che delle persone rischino la vita per regalare ad altre i brividi e le emozioni delle loro gesta.
Rischiano la vita? Beh, sì. C'è una componente si pericolosità intrinseca negli sport di velocità. Il portare al limite il mezzo, che alla fine e' quello per cui sono pagati i campioni, di piloti ordinari ce ne sono a palate, credo, significa ridurre al minimo il margine di errore. E un errore a 300km/h lo paghi. Una volta ti fratturi un osso, e ci può stare. Un'altra ti lussi la spalla, e ci può stare. Un'altra cadi e ti passano sopra 2 moto, muori e ci può... no calma, secondo me non ci può stare.
 Sono esseri umani, chiunque può sbagliare. Appunto.
 Cosa si può fare? Aumentare le protezioni o ridurre le velocità? Alla fine incidenti cosi' capiteranno sempre. Appunto.
Si possono cambiare le regole, modificare i regolamenti, ma gli interventi devono essere pesanti per poter cambiare le cose(ovvero il fatto che la morte di uno dei corridori sia un fattore non estraneo a queste competizioni). A questo punto non sarebbe quasi più MotoGP. Appunto.

Daltronde e' vero che ogni lavoro presenta un tasso minimo di rischio e che i morti sul lavoro sono una realtà quotidiana. Però è anche vero che chi lavora non mette la propria vita in pericolo per la sola soddisfazione di un pubblico pagante.
E secondo me e' qui che si gioca la differenza.
Non possiamo fermare il mondo, ogni lavoro e' rischioso, per evitare i morti.
Non è concepibile fermare, chessò, il traffico aereo perchè anche li un incidente può essere mortale. Però non possiamo, almeno per me, paragonare una gara di moto ad un volo aereo. Hanno due fini diversi, anche se gli esiti, fatali, possono coincidere.
Un aereo vola per portare merci e persone da una parte all'altra del mondo. Una frazione infinitesimale del traffico aereo è per diletto o per spettacolo. Il resto del traffico è un mezzo(di trasporto, appunto) e non un fine.
Le competizioni invece, in moto, in macchina, in aereo, sui motoscafi, sono fini a se stesse. Lo scopo del pubblico, dei piloti si gioca li, nella gara.
Ed e' questo che a mio parere stona.
Non si dovrebbe morire per una gara.
E non si dovrebbe aver piacere nel seguire uno sport che può avere come esito(non atteso, per carità, e nemmeno sicuro, ma possibile, in ogni momento della gara) la morte di uno degli atleti.

Propongo quindi la chiusura definitiva delle corse di velocità?
Boh, personalmente non ci troverei nulla di sbagliato in una decisione in questo senso.
So benissimo, d'altronde, che non ci si muoverà mai in questa direzione e che non convincerò nessuno.
Però credo sia importante riflettere, almeno noi spettatori, sul valore della vita.

La vita di un uomo 24enne, vale 2 ore la settimana di emozione?


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