Mississippi, si vota sullo status di persona per l'embrione
È nato come un movimento marginale, animato da una manciata di entusiasti sostenitori ma senza troppe probabilità di arrivare alla ribalta nazionale. Alla vigilia del voto di oggi, il referendum che chiede agli elettori del Mississippi di dichiarare «persona» un ovulo fecondato ha invece ricevuto attenzione in tutt’America e all’estero, e persino il supporto «incondizionato» del più probabile candidato repubblicano alla Casa Bianca, Mitt Romney.
La realtà è che il quesito sull’embrione ha ottime probabilità di essere approvato in Mississippi, dove sarà presente sulle schede insieme ai nomi degli aspiranti governatore. E se l’iniziativa passerà il test dello Stato del Sud verrà catapultata nel dibattito politico nazionale, e con ogni probabilità arriverà sul banco della Corte Suprema. Troppa enfasi su questa battaglia contro l’aborto legale negli Usa non è in realtà gradita a tutti i gruppi americani di difesa della vita.
La Conferenza episcopale americana, ad esempio, ha lodato l’iniziativa e lasciato completa libertà di decisione ai fedeli, in base alla loro coscienza. Ma ha anche ammonito che la strategia potrebbe rivelarsi controproducente. Come ha spiegato ad Avvenire il vescovo di Jackson, la capitale del Mississippi, Joseph Latino: «Da molti anni i vescovi cattolici degli Stati Uniti si adoperano per promuovere un emendamento alla Costituzione federale che rispetti la vita umana dal momento del concepimento. La sentenza che ha legalizzato l’aborto nel 1973 è una sentenza federale, non statale. Preferiamo quindi continuare con questi sforzi piuttosto che tramite ben intenzionate e nobili iniziative come quella del Mississippi». Pur definendo il referendum «lodevole», dunque, il vescovo teme che possa «danneggiare i nostri sforzi a livello nazionale».
Non la pensa così Stephen Crampton, avvocato e fra i fondatori del gruppo “Liberty Counsel”, che promuove il referendum. «Mentre aspettiamo che sia il momento giusto di sferrare un attacco legale alla sentenza della Corte Suprema, Roe contro Wade, centinaia di migliaia di vite vengono spezzate – spiega via posta elettronica da Jackson –. Abbiamo il dovere di difenderle come possiamo, al livello dove è più facile farlo, vale a dire quello statale».
È certo che una vittoria dei sì in Mississippi costringerebbe il movimento per la vita americana (che per ora si concentra sul far approvare leggi che limitano i casi in cui l’aborto è ammesso e che ne proibiscono il finanziamento pubblico) a prendere atto della nuova strategia. Altri otto Stati, fra cui Florida, Montana e Ohio, sono infatti pronti a porre ai loro elettori la stessa domanda nel novembre 2012, l’anno delle elezioni presidenziali. La posizione di Romney, inoltre, ne garantirà l’ammissione nei dibattiti degli aspiranti alla Casa Bianca, mentre il supporto che ha ricevuto da parte di molti democratici del Sud, compreso il candidato governatore del Mississippi Johnny Dupree, ne farà un tema difficile da relegare all’interno delle linee di partito.
Se però il referendum fallisse in Mississippi, uno degli Stati della Bible Belt, la fascia più religiosa del Paese e forse lo Stato più conservatore sui temi sociali, allora la spinta per la ridefinizione della parola «persona» nelle costituzioni statali subirebbe un duro contraccolpo.
Attualmente negli Stati Uniti non esiste infatti una legge che determini quando cominci la vita umana. Ma molti precedenti federali stabiliscono che i diritti di un feto inizino quando è in grado di sopravvivere all’esterno dell’utero materno, un traguardo che il progresso scientifico ha anticipato fino alla 20esima settimana di gestazione.
La realtà è che il quesito sull’embrione ha ottime probabilità di essere approvato in Mississippi, dove sarà presente sulle schede insieme ai nomi degli aspiranti governatore. E se l’iniziativa passerà il test dello Stato del Sud verrà catapultata nel dibattito politico nazionale, e con ogni probabilità arriverà sul banco della Corte Suprema. Troppa enfasi su questa battaglia contro l’aborto legale negli Usa non è in realtà gradita a tutti i gruppi americani di difesa della vita.
La Conferenza episcopale americana, ad esempio, ha lodato l’iniziativa e lasciato completa libertà di decisione ai fedeli, in base alla loro coscienza. Ma ha anche ammonito che la strategia potrebbe rivelarsi controproducente. Come ha spiegato ad Avvenire il vescovo di Jackson, la capitale del Mississippi, Joseph Latino: «Da molti anni i vescovi cattolici degli Stati Uniti si adoperano per promuovere un emendamento alla Costituzione federale che rispetti la vita umana dal momento del concepimento. La sentenza che ha legalizzato l’aborto nel 1973 è una sentenza federale, non statale. Preferiamo quindi continuare con questi sforzi piuttosto che tramite ben intenzionate e nobili iniziative come quella del Mississippi». Pur definendo il referendum «lodevole», dunque, il vescovo teme che possa «danneggiare i nostri sforzi a livello nazionale».
Non la pensa così Stephen Crampton, avvocato e fra i fondatori del gruppo “Liberty Counsel”, che promuove il referendum. «Mentre aspettiamo che sia il momento giusto di sferrare un attacco legale alla sentenza della Corte Suprema, Roe contro Wade, centinaia di migliaia di vite vengono spezzate – spiega via posta elettronica da Jackson –. Abbiamo il dovere di difenderle come possiamo, al livello dove è più facile farlo, vale a dire quello statale».
È certo che una vittoria dei sì in Mississippi costringerebbe il movimento per la vita americana (che per ora si concentra sul far approvare leggi che limitano i casi in cui l’aborto è ammesso e che ne proibiscono il finanziamento pubblico) a prendere atto della nuova strategia. Altri otto Stati, fra cui Florida, Montana e Ohio, sono infatti pronti a porre ai loro elettori la stessa domanda nel novembre 2012, l’anno delle elezioni presidenziali. La posizione di Romney, inoltre, ne garantirà l’ammissione nei dibattiti degli aspiranti alla Casa Bianca, mentre il supporto che ha ricevuto da parte di molti democratici del Sud, compreso il candidato governatore del Mississippi Johnny Dupree, ne farà un tema difficile da relegare all’interno delle linee di partito.
Se però il referendum fallisse in Mississippi, uno degli Stati della Bible Belt, la fascia più religiosa del Paese e forse lo Stato più conservatore sui temi sociali, allora la spinta per la ridefinizione della parola «persona» nelle costituzioni statali subirebbe un duro contraccolpo.
Attualmente negli Stati Uniti non esiste infatti una legge che determini quando cominci la vita umana. Ma molti precedenti federali stabiliscono che i diritti di un feto inizino quando è in grado di sopravvivere all’esterno dell’utero materno, un traguardo che il progresso scientifico ha anticipato fino alla 20esima settimana di gestazione.
Da una parte sono d'accordo con questo referendum, ovviamente nella speranza che questo status venga finalmente riconosciuto.
Alla fine, questa domanda, raggiunge finalmente il cuore della questione sull'aborto.
Alla fine, questa domanda, raggiunge finalmente il cuore della questione sull'aborto.
Se l'embrione è un essere umano è sbagliato in ogni caso ucciderlo.
Se l'embrione non è un essere umano, non c'è nulla di sbagliato nell'ucciderlo.
Punto.
Se ci fate caso, la posizione della Chiesa in merito parte proprio da questo punto. Parte, anzi, solo da questo punto; riconoscendo all'embrione la dignità di persona ed elevandolo allo status di Uomo la naturale conseguenza non può che essere un chiaro e netto no all'aborto. No ad un omicidio per un proprio tornaconto.
Posizione più che legittima, anzi, doverosa e coerente con la visione cristiana della vita e dell'uomo.
Porre finalmente al centro del dibattito il centro del problema, quindi, non può che giovare una seria trattazione della questione, senza fraintendimenti e senza incomprensioni.
Tutto il parlare che si fa sull'argomento, purtroppo, evita accuratamente(e forse di proposito) di addentrarsi così in profondità limitandosi a galleggiare in superficie e facendo passare il si o il no come due opzioni ambivalenti e puramente morali, il che, anche per colpa loro, forse, sega le gambe a chi è contrario all'aborto che ha come unico serio argomento proprio il riconoscere nell'embrione una persona.
(Anche chiamare l'aborto IVG, nome più asettico, aiuta ad allontanarci dal cuore del problema, ma questo è più che altro una mia impressione)
Se da una parte non posso non accogliere con favore, dicevo, questo referendum, dall'altra mi chiedo se questo strumento sia il più adeguato.
Possiamo infatti relegare alla decisione del popolo l'attribuzione dello status di persona ad un soggetto?
La natura dell'embrione non cambia sia che vinca il si sia che vinca il no.
La natura dell'embrione è quella a prescindere e una decisione che non la rispetti sarebbe sbagliata in un senso quanto nell'altro.
Preferirei si giungesse ad una definizione dell'embrione basata sulla natura intrinseca, scientifica, se si riuscisse e non su un voto, quindi come se fosse una questione arbitraria.
Mi sembra quindi che ridurre la questione, fondamentale, di cosa sia un Uomo ad una questione di quorum e voto sia un modo sbagliato di affrontare il problema.
Mi rendo anche conto che un approccio scientifico al problema forse non è nemmeno possibile e forse nemmeno il più corretto.
Siamo su un terreno, quello della bioetica, scivoloso e incerto, in quella terra di nessuno tra fisica e metafisica che è un po' il campo di molti e di nessuno allo stesso tempo(ed è per questo che il parere della Chiesa in merito è altrettanto autorevole di quello di altri scienziati).
Che fare quindi?
Boh.
Si sta a vedere che succede, certo.
Però possiamo riprendere ad interrogarci sul cuore della questione aborto che è però più grande della questione aborto, e andrebbe affrontato senza pensare ultimamente all'aborto, ma alla domanda in se stessa.
Perché un embrione dovrebbe essere considerato un Uomo a tutti gli effetti?
O
Cosa rende un Uomo Uomo?
1905, G.K.Chesterton.
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